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Nella spedizione dei Mille il ruolo della massoneria inglese fu determinante con un finanziamento di tre milioni di franchi ed il monitoraggio costante dell’ impresa.

Lo sostiene la Massoneria di rito scozzese, dell’ Obbedienza di Piazza del Gesù,

 

ricordando la data di nascita (4 luglio 1807) del nizzardo in una conferenza stampa ed un convegno alla presenza del Gran Maestro Luigi Pruneti e del Gran Maestro del Grande Oriente di Francia, Pierre Lambicchi.

«Il finanziamento – ha detto il prof. Aldo Mola, docente di storia contemporanea all’Università di Milano e storico della massoneria e del Risorgimento – proveniva da un fondo di presbiteriani scozzesi e gli fu erogato con l’impegno di non fermarsi a Napoli, ma di arrivare a Roma per eliminare lo Stato pontificio.

Tutta la spedizione garibaldina – ha aggiunto il professor Mola – fu monitorata dalla massoneria britannica che aveva l’obbiettivo storico di eliminare il potere temporale dei Papi ed anche gli Stati Uniti, che non avevano rapporti diplomatici con il Vaticano, diedero il loro sostegno».

«I fondi della massoneria inglese – ha aggiunto Mola – servirono a Garibaldi per acquistare a Genova i fucili di precisione, senza i quali non avrebbe potuto affrontare l’ esercito borbonico, che non era l’esercito di Pulcinella, ma un’armata ben organizzata.

Senza quei fucili, Garibaldi avrebbe fatto la fine di Carlo Pisacane e dei fratelli Bandiera».

«La sua appartenenza alla massoneria – ha detto ancora il prof. Mola – garantì a Garibaldi l’appoggio della stampa internazionale, sopratutto quella inglese, che mise al suo fianco diversi corrispondenti, contribuendo a crearne il mito, e di scrittori come Alexandre Dumas, che ne esaltarono le gesta.

Col senno di poi, è un po’ come se Garibaldi avesse detto “obbedisco!” non solo al re Vittorio Emanuele, ma anche ai Rothschild.

La storia, si sa, la scrivono i vincitori.

Ancora oggi i politici scrivono le “loro” verità, irreali, alternative, una diversa dall’altra; e lo fanno con la sicumera che nessuno mai li smentirà, tanto “loro” sanno che il popolo non ha il tempo di tentare di conoscere la “vera verità”

Per esempio questo è un articolo storico dal testo “ Quando gli inglesi finanziarono i Mille di Garibaldi”(1)

“Una esaustiva e definitiva conferma del principio che vuole i destini d’Italia strettamente connessi alle volontà di Londra: verità storica rimasta valida, quanto meno, fino all’indomani della seconda Guerra mondiale. La conferma viene da un libro di sicura importanza storica, che piazza definitivamente la casa editrice calabrese Rubbettino tra i più autorevoli produttori italiani di testi storici. L’autore è Eugenio Di Rienzo, docente, accademico, ma anche grande divulgatore. Il titolo è Il Regno delle Due Sicilie e le Potenze europee (1830-1861). Il primo a essersi accorto della validità di questo lavoro è stato Paolo Mieli, non a caso direttore dei libri Rizzoli, che gli ha dedicato due intere pagine sul Corriere della Sera.

Partiamo dal protagonista del libro, Fedinando II di Borbone. Il «Re bomba» (soprannome con cui si cercherà di ridicolizzarlo, soprattutto dopo la morte) sale al trono nel novembre 1830, alla morte del padre, Francesco I. Da oltre vent’anni l’Inghilterra è di fatto la protettrice del Regno, ma anche la sua sfruttatrice, non tanto delle risorse agricole del territorio, quanto delle miniere di zolfo della Sicilia, preziose per la produzione dell’acido solforico indispensabile per fabbricare la polvere da sparo. Ferdinando mostra fin dall’inizio insofferenza verso quella sorta di protettorato e aperte simpatie nei confronti della Francia, grande rivale dell’Inghilterra nella gara per il dominio del Mediterraneo. L’unità d’Italia sarà il frutto di un intrigo internazionale nel quale Londra giocò un ruolo determinante «ponendo fine, una volta per tutte», come scrive Di Rienzo, «alle velleità di autonomia del più grande “piccolo Stato” della Penisola, giustificando una delle prime e più gravi violazioni del diritto pubblico europeo della storia contemporanea».

Due le più clamorose intromissioni britanniche nelle sorti del Regno delle Due Sicilie. La prima ebbe luogo nel corso della rivolta di Palermo della primavera del ’48, che diede il via alla serie di rivolte e ribellioni in tutta Europa passate alla storia come «il Quarantotto».

Come dimostra, prove alla mano, il libro di Di Rienzo, la rivolta fu appoggiata e finanziata dal plenipotenziario inglese Henry Gilbert Elliot e dal ministro degli Esteri britannico John Temple, visconte di Palmerston. Gli inglesi premevano per sostituire i Borbone con un membro di Casa Savoia, mentre la Francia premeva per il figlio del Granduca di Toscana.

Ma entrambe le superpotenze avevano fatto male i loro calcoli. Sui quarantottini ebbero la meglio Ferdinando II e le sue truppe guidate da Carlo Filangieri. Le ostilità proseguirono su un piano non più strettamente militare, con le dure proteste inglesi per l’arresto, avvenuto a Napoli, di Carlo Poerio, già ministro della Cultura napoletano, ma considerato dal Re Ferdinando un traditore, e la sua condanna a 24 anni di galera. Assieme alle proteste, l’accusa al Re di avere voluto un feroce trattamento dei prigionieri politici.

Nel gennaio ’55 Re Ferdinando respinge l’invito a schierarsi a fianco di Gran Bretagna e Francia nella guerra di Crimea, contrariamente al Regno di Sardegna, dove Cavour non aveva esitato a entrare in guerra accanto alle grandi potenze occidentali contro la Russia degli Zar. Convinto che i russi avrebbero avuto la meglio, Re Ferdinando promulgò un decreto che prevedeva «il divieto di concedere passaporto ai sudditi del Regno delle due Sicilie per evitare possibili arruolamenti nella Legione anglo-italiana».

La reazione di Palmerston non si fece attendere: aperta accusa al Regno di Napoli di essere diventato «uno Stato vassallo della Russia». Pochi giorni dopo, Palmerston finanziò una spedizione per liberare Luigi Settembrini, Silvio Spaventa e Filippo Agresti, già condannati a morte nel ’49, con condanna poi tramutata in ergastolo nell’isola di Santo Stefano. Ma la spedizione fallì. Seguirono numerose manifestazioni di ostilità da parte britannica, compresa una violenta campagna di stampa del Times che invocava, una spedizione punitiva di navi inglesi, con la scusa che non era più tollerabile un nemico come il Regno dei Borbone «a poche miglia da Malta».

Vi si oppose la regina Vittoria con un messaggio al governo riscoperto da Di Rienzo, nel quale si leggeva: «La Regina, dopo avere esaminato la documentazione da voi allegata, ha espresso la più decisa contrarietà ad una dimostrazione navale indirizzata a ottenere cambiamenti nel regime politico delle Due Sicilie».

Il 1856 fu l’anno della ripresa dei moti rivoluzionari antiborbonici, con un attentato alla vita di Re Ferdinando progettato da Agesilao Milano e sventato all’ultimo istante. L’anno seguente, Carlo Pisacane si bruciò, assieme ai suoi compagni, nella fallita spedizione di Sapri. Il piroscafo “Cagliari”, dal quale erano sbarcati gli insorti, era condotto da due macchinisti inglesi, arrestati dai gendarmi del Re.

Poi, nel maggio ’60, la scena passò a Giuseppe Garibaldi e ai suoi Mille, con le navi da guerra di Sua Maestà britannica schierate nella baia di Marsala per proteggere lo sbarco.

Scontato anche il fatto che l’azione fu finanziata dagli inglesi, circostanza che – come scrive Di Rienzo – «la storiografia ufficiale ha sempre accantonata, spesso con immotivata sufficienza».

Non mancano neppure le prove degli accordi tra camorra campana e insorti filo-garibaldini, per favorire la vittoria dell’Eroe dei Due Mondi.

In una nota del 9 luglio 1860 inviata dal diplomatico Henry George Elliot al Foreign Office si legge che «numerose bande camorristiche erano pronte a scendere in campo per contrastare, armi alla mano, la mobilitazione dei popolani rimasti fedeli alla dinastia borbonica, per presidiare il porto in modo da facilitare uno sbarco delle truppe piemontesi, e per controllare le vie d’accesso a Napoli al fine di rendere possibile l’ingresso dei volontari di Garibaldi».

Non mancarono i dissensi. In piena Camera dei Comuni il deputato conservatore parlò apertamente di «dirty affair» (sporco affare): una dura e sfrontata intromissione inglese negli affari della Penisola che si sarebbe ripetuta più volte nei decenni seguenti.”

  1. La Sicilia era ricca di zolfo,fondamentale anche per la produzione della polvere da sparo che nel XIX secolo era importantissimo. E l’Inghilterra era tra i maggiori acquirenti. Da qui l’ interesse a mandare via i Borboni.

Perviene e pubblichiamo il Comunicato stampa del Partito del Sud

“Il circolo del Partito del Sud di Longobardi a seguito del perdurante malfunzionamento della linea internet “veloce” sul territorio comunale promuove una petizione popolare che avrà luogo in questi giorni fra i cittadini di Longobardi .

Il Partito del Sud vuole ricordare alle istituzioni tutte che la nostra Carta Costituzionale all’Art. 3 parla di uguaglianza di tutti i cittadini in tutti gli ambiti della propria vita e, inoltre, che la “ Repubblica si impegna a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

E’ da sottolineare ancora, che la nostra terra calabrese è una delle poche regioni italiane dove la Telecom Spa è ancora unica proprietaria della linea telefonica e dati quindi non essendoci concorrenza è giocoforza che detta società non investa nell’aggiornare la stessa.

Si auspica che venga costituita una società terza a piena partecipazione statale che sia proprietaria delle infrastrutture (che quindi possa investire senza pensare al profitto) e che ne tragga profitto mediante la concessione alle società di telecomunicazione che ne fanno richiesta compresa la Telecom Spa.

Le soluzioni sono a volte più facili e semplici di quelle che appaiono se solo nella stanza dei bottoni si utilizzasse il buon senso.

Longobardi, li 26/06/2014                             Partito del Sud Circolo di Longobardi

NdR Eh Garibaldi, Garibaldi! Da noi la linea veloce di internet cammina ancora con il ciuccio; manco con il cavallo.

Pubblicato in Longobardi
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