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Il gip di Matera Rosa Nettis ha revocato gli arresti per il governatore lucano Marcello Pittella, ai domiciliari dal 6 luglio nell'ambito dell'inchiesta su concorsi truccati, corruttele e mala amministrazione nella sanità.

 

 

 

Il giudice ha accolto parzialmente l'istanza presentata dai suoi legali, Donatello Cimadomo e Franco Coppi, dopo la chiusura delle indagini sulle accuse per cui erano state disposte le misure cautelari.

Quindi ha convertito i domiciliari col divieto di dimora a Potenza.

Pittella resterà sospeso per effetto della Legge Severino, che impedisce l'esercizio del mandato agli amministratori che non possono raggiungere la sede di svolgimento del loro incarico elettivo.

D'altro canto tornerà libero di incontrare e comunicare con chiunque.

Agli inizi di settembre il governatore aveva presentato ricorso in Cassazione contro la decisione con cui il Riesame lo aveva lasciato agli arresti.

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L’autorevolezza e il potere conseguito dal presidente della giunta regionale Marcello Pittella «dopo anni di militanza nel Partito Democratico», con «amicizie, conoscenze e appoggi in bacini elettorali non solo regionali», gli hanno consentito «di “governare” procedure amministrative, conducendole secondo i suoi desiderata, senza esporsi in prima persona, ma profittando di personaggi-satelliti mossi con i fili sottilissimi ma tenaci della promessa di avanzamenti di carriera o di benefici vari».

Al punto che il «carisma politico ed istituzionale veniva percepito in modo distorto dai suoi funzionari maggiormente fidelizzati, che, infatti, riconoscevano in lui il “gerarca” da cui ottenere l'imprimatur del loro lavoro».

C’è la conferma delle accuse e la sottolineatura dei rischi di reiterazione dei reati e di inquinamento probatorio nelle motivazioni con cui il Riesame ha giustificato il suo no al ritorno in libertà di Pittella, ai domiciliari dal 6 luglio nell’ambito dell’inchiesta su concorsi truccati, corruttele e mala amministrazione nella sanità lucana.

L’ordinanza, su cui i legali del governatore hanno già annunciato ricorso in Cassazione, evidenzia che «Pittella, durante l'espletamento del suo mandato presso la Regione Basilicata, ha avuto la possibilità, sapientemente sfruttata, come dimostra la sua personalità sensibile alle relazioni di interesse, di coagulare intorno a sé un’aura di potere, che ora appare solo parzialmente scalfita dal suo allontanamento dal vertice della Regione, ben potendo l'indagato contare su nuovi incarichi nel partito o in settori comunque di influenza che gli darebbero rinnovate occasioni di inserirsi, seppur in modo indiretto, in ambienti amministrativi con potenzialità significative di distorsione dei pubblici apparati, come è accaduto nelle vicende che qui ora interessano».

Per il presidente del Riesame, Aldo Gubitosi, che è anche l’estensore della decisione, è quindi «altamente probabile» che Pittella, «se non sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, possa entrare in contatto con persone a lui ancora vicine, che, contando su un ritorno in termini di benefici personali, potrebbero indursi ad assecondare il suo volere e, abusando dei poteri esercitati nella pubblica amministrazione (...) manipolare procedure, condizionare e invadere illecitamente settori pubblici con interessi di rilievo, creare connivenze e partecipazioni soggettive in modo da conseguire risultati illeciti analoghi a quelli rivelati dalle indagini in corso».

In questo senso, tra le persone condizionabili, Gubitosi indica gli ex vertici dell’Azienda sanitaria di Matera, Pietro Quinto e Maria Benedetto, entrambi a loro volta agli arresti domiciliari e già dimessisi dagli incarichi, ma anche il direttore generale in carica del Crob di Rionero, Giovanni Bochicchio, indagato a piede libero.  

Per il Tribunale del riesame nell’Asm si sarebbe sviluppato un «sistema di accrescimento dellavisibilità e del potere personale» che ruotava attorno ai favori elargiti e alle relazioni intessute da Quinto, in cui «si era inserito perfettamente Pittella, i cui interessi erano con ogni probabilità legati alla ricerca di bacini elettorali dai quali attingere appoggio e consenso in vista di futuri incarichi politici e istituzionali».

«A tal fine - spiegano i magistrati -, aveva individuato i settori ed i personaggi in grado di fornirgli le necessarie spinte propagandistiche, propedeutiche alla formazione del gradimento sociale (...) Da una parte, la politica “deviata” con il suo know how tentacolare che si insinua, con strumenti illeciti, nel tessuto sociale, a sua volta, culturalmente e moralmente piegato alla logica del clientelismo; dall'altra, un gruppo di pubblici funzionari alla ricerca di visibilità e potere, orientati nelle loro scelte istituzionali da becera avidita personale, pronti a svendere le loro prerogative in cambio di “sistemazioni” privatistiche per se ed i propri familiari».

I giudici parlano di «un quadro sociale degradato in modo incisivo», con «interessi distorti di ampi settori della vita pubblica, dalla politica alla Chiesa, per i quali la prassi della raccomandazione sembra avere assunto il crisma della legalità a discapito del pubblico interesse per l'efficienza e l'imparzialità degli apparati amministrativi».

Quanto alle accuse nei confronti del governatore, che risponde di abuso d’ufficio e falso per due dei presunti concorsi truccati, il Riesame cita un «patto di solidarietà» stretto da Pittella, Quinto e dalla Benedetto, per cui «non si limitavano a fornire e ricevere una mera “indicazione” asettica su candidati meritevoli di superare le prove selettive dei concorsi (...) ma agivano di comune accordo, preparando e coordinando le modalita delle prove stesse, per adattare il loro risultato ai desiderata del raccomandante, pur quando la preparazione dei raccomandati era pessima».

«In questa struttura affaristica - insistono i magistrati - si inserivano, con assoluta naturalezza, alti prelati e uomini degli apparati pubblici istituzioni». Quindi cita i casi del Questore di Matera, Paolo Sirna, del deputato Gaetano Piepoli, del segretario del Vescovo di Matera, don Angelo Gallitelli, ed il vice-ministro Bubbico «per interposta persona».

Sotto l’aspetto delle esigenze cautelari il Riesame non ha raccolto, infine, nemmeno le censure dei legali del governatore sui rischi prospettati dal gip rispetto all’annunciata ricandidatura in Regione di Pittella, «elemento questo ritenuto incerto» dagli stessi avvocati.

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I dati italiani sono i seguenti: Renzi 46,7%, Cuperlo 38,4%, Civati 9%, Pittella 5,1%

E' il giorno dei risultati delle primarie tra gli iscritti al Partito democratico. Zoggia, responsabile organizzazione, comunica i numeri (non definitivi): Matteo Renzi vince nei circoli con il 46,7%. Gianni Cuperlo è al 38,4%, Pippo Civati al 9,19% e Gianni Pittella leggermente sotto il 6%. Man mano che i dati arrivano il quadro dei risultati si fa un po' meno oscuro. Matteo Renzi è in vantaggio e per la prima volta è il suo sfidante Gianni Cuperlo ad ammetterlo.

Il suo comitato ha numeri leggermente diversi: «Dai dati in nostro possesso, su circa 269.140 voti espressi risulta che Matteo Renzi è al 44,6%, Gianni Cuperlo è al 40,5%, Pippo Civati al 9.8% e Gianni Pittella al 5.1. A questi dati mancano Reggio Calabria, Catanzaro, Caserta, Asti, Bolzano, Rovigo dove non si tiene la convenzione provinciale e i dati di Salerno dove noi abbiamo chiesto l'annullamento della convenzione».

Cuperlo non è deluso dallo svantaggio: «A settembre i sondaggi mi davano al 5%, poi ho fatto un balzo ed ero al 14 ed invece ho preso il 40%».

Il caso Salerno. Secondo Davide Zoggia, il voto sospeso a Salerno non può cambiare l'esito: «Non è stato fatto il conteggio sul differenziale che potrebbe portare un eventuale ribaltamento dell'esito del voto di Salerno sull'esito finale della corsa nei circoli dei candidati alla segreteria nazionale. Si tratta di 12 mila voti, il che può certamente impattare ma non cambiare il risultato finale».

In Calabria ,invece, ecco i dati.

A Cosenza, dopo l'elezione alla segreteria provinciale di Luigi Guglielmelli, gli ex diessini, guidati da Mario Oliverio e Nicola Adamo, ottengono per Cuperlo oltre il 48% degli iscritti, mentre Renzi si ferma al 39,8%.

Buono anche il 9% di Gianni Pittella, sostenuto dall'area che fa capo all'ex parlamentare Mimmo Pappaterra e al sindaco di Castrovillari Mimmo Lo Polito. Quest'ultimi, considerato che Pittella non ha ottenuto il pass per accedere alle primarie aperte dell'8 dicembre, hanno già fatto sapere di convergere nella seconda fase sul nome del rottamatore.

In questo modo Renzi supererebbe Cuperlo

Civati (per cui si stanno spendendo alcuni dirigenti come Peppuccio De Vuono e Giovanni Caporale) supera di poco il 3%.

A Reggio Calabria Cuperlo ottiene il 45% e Renzi il 44%. Pittella guadagna un buon 8% . Civati, invece, deve accontentarsi del rimanente 3%.

Anche a Vibo vince Cuperlo con oltre il 58%. Per Renzi, comunque,c’è una buona percentuale di oltre il 37%. Civati e Pittella non riescono a raggiungere nemmeno il 2% dei voti degli iscritti.

A Crotone Pittella raggiunge il 25,6%, Cuperlo ottiene il 25,9% , Civati prende poco più dell’1 % e Renzi arriva quasi al 48%.

A Catanzaro il Caos. Le due parti sono in un guerra dura e senza soluzione.

La Calabria, in sostanza, va contro corrente rispetto all’Italia.

All’8 dicembre, allora!

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