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Sono stati identificati grazie alle testimonianze dei profughi

"Il numero 78. E il 109, il 36 e il 34: guidavano loro l'imbarcazione". I nomi non li conoscono, per identificarli hanno usato le foto scattate dagli investigatori.

 

 

Ed è stato grazie alle testimonianze dei migranti che la Procura di Palermo è riuscita a fermare quattro degli scafisti che hanno condotto il gommone con i profughi soccorsi il 16 agosto dalla nave Diciotti della Guardia Costiera.

I tre egiziani e un bengalese, dopo l'autorizzazione allo sbarco data dal Viminale sabato notte, sono stati portati nel centro di accoglienza di Messina insieme ai migranti con cui avevano fatto il viaggio.

Mimetizzati tra gli altri extracomunitari - 47 nel frattempo erano stati fatti scendere dalla Diciotti per ragioni di salute o perché minori non accompagnati - sono stati identificati e portati nel carcere di Gazzi.

Nell'attesa delle carte sull'inchiesta a carico del ministro dell'Interno Matteo Salvini, indagato dai pm di Agrigento per non aver fatto sbarcare i profughi e accusato di sequestro di persona, arresto illegale e abuso d'ufficio, la Procura di Palermo dunque prosegue gli accertamenti sui trafficanti.

Mercoledì, ricevuti gli atti dai colleghi della città dei templi, investirà il tribunale dei Ministri del procedimento sul titolare del Viminale. "Sarà un boomerang per i magistrati", dice il leader della Lega.

Sul caso Diciotti, dunque, ci sono due indagini che avranno tempi e iter molto diversi. Complessa e lunga quella sul politico, più rapida quella sugli scafisti.

Il gip di Messina, nei prossimi giorni dovrà interrogare e convalidare i fermi.

Pesanti le accuse: dall'associazione a delinquere finalizzata alla tratta di uomini e al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, alla violenza sessuale e al procurato ingresso illegale in Italia.

Oltre a indicare chi era alla guida del barcone, le vittime hanno descritto il capo dell'organizzazione criminale che organizza i viaggi: di lui conoscono solo il nome Abdusalam.

Si muove circondato da uomini armati e gestisce i gregari che si occupano di trovare le barche, reclutare i passeggeri, intascare i soldi, sorvegliare i migranti per mesi prigionieri nel campo libico in attesa della partenza e guidare le imbarcazioni.

"Gli uomini di Abdusalam ci impedivano di allontanarci dalla prigione e violentavano le donne", hanno raccontato i testimoni.

La magistratura ha delegato subito gli interrogatori dei primi 13 profughi fatti sbarcare a Lampedusa, poi quelli dei minori fatti scendere a Catania: i racconti si sono rivelati coincidenti.

Le indagini, coordinate dal capo della Procura Francesco Lo Voi e dall'aggiunto Marzia Sabella, però non si fermano e nei prossimi giorni verranno sentiti anche i migranti sbarcati sabato e ospiti del centro di accoglienza di Messina. Struttura che, dice il sindaco della città dello Stretto, Cateno De Luca, potrebbe essere abusiva.

Da http://palermo.repubblica.it/cronaca/

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La storia è quella dell'inchiesta sulla gestione Arpac, l'Agenzia regionale per l'Ambiente

Il GUP di Napoli aveva escluso l'accusa di associazione a delinquere contestata a Clemente Mastella .

Il pronunciamento del Gup venne impugnato in Cassazione dal Procuratore di Napoli.

La Suprema Corte, sesta sezione penale, ha accolto il ricorso ravvisando illogicità e carenze nella sentenza del Gup solo nella parte relativa al reato di associazione a delinquere.

La cassazione ha ritenuto «palesemente infondate le preliminari osservazioni del Gup» secondo cui l'accusa «non sarebbe in simmetria con lo schema tipico del reato di cui all'art 416 c.p.». Non solo ma ha ribadito che «Contrariamente a quanto affermato dal Gup, risultano contestati una serie di reati specifici, sia in questo che in altri procedimenti, alla cui commissione la contestata associazione sarebbe stata diretta»

Infine secondo i giudici della suprema Corte è «del tutto assertiva la constatazione del Gup in base alla quale da una lettura complessiva delle conversazioni telefoniche intercettare sarebbero emersi in capo agli imputati unicamente rapporti di amicizia e di interesse, collegamenti derivanti dalla comune appartenenza politica, ma non risulterebbe l'esistenza di un vincolo associativo diretto alla commissione di illeciti».

Per questo la Cassazione ha rinviati gli atti al riesame del Gup.

Pubblicato in Italia

Un prefetto, l’ex provveditore regionale per le opere pubbliche e alcuni alti dirigenti di società partecipate o controllate da Finmeccanica. In tutto otto persone (ma quelle coinvolte sono 12) in carcere o ai domiciliari con le accuse di associazione a delinquere, corruzione, abuso di ufficio, turbativa d’asta, rivelazione del segreto d’ufficio, falso e frode in pubbliche forniture. Per aver favorito alcune società ‘amiche’ negli appalti e nell’acquisto di apparecchiature obsolete e inutilizzabili destinate al Centro elettronico nazionale della polizia di Stato con sede a Napoli. L’inchiesta della procura partenopea oggi è arrivata ad un punto di svolta, con la guardia di finanza che ha eseguito otto ordinanze di custodia cautelare e un sequestro preventivo di oltre 50 milioni di euro nei confronti delle compagnie finite nell’inchiesta. Gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione a delinquere, corruzione, abuso di ufficio, turbativa d’asta, frode in pubbliche forniture, rivelazione del segreto d’ufficio e falso.

 

Gli arrestati: nei guai anche Intini, l’amico di Gianpi Tarantini

Le presunte irregolarità riguardano il trasferimento del Cen della polizia dalla vecchia sede di via Conte della Cerra, nel quartiere Arenella a Napoli all’interno della Reggia di Capodimonte. Le aziende coinvolte sono la Elsag Datamat e la Electron del gruppo Finmeccanica, per cui la procura ha deciso il sequestro preventivo di 50 milioni di euro. Tra i destinatari delle ordinanze dei magistrati, invece, ci sono l’ex direttore delle specialità della polizia, prefetto ed ex questore di Napoli Oscar Fiorolli (ai domiciliari) e l’ex provveditore alle Opere pubbliche di Campania e Molise, Mario Mautone, già condannato nel processo per l’appalto Global Service. Ordinanze di custodia notificate anche ai manager di Elsag, Carlo Gualdaroni (ora amministratore di Telespazio) e Francesco Subbioni. I provvedimenti notificati sono in tutto 12: 4 ordinanze di custodia cautelare in carcere, 4 ai domiciliari e 4 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria. La Procura di Napoli, inoltre, ha chiesto l’interdizione dai pubblici uffici dei prefetti Nicola Izzo e Giovanna Iurato. Izzo, ex vice capo della Polizia, è stato anche protagonista per la vicenda dell’esposto che denunciava un sistema illegittimo degli appalti in Viminale. Da tempo indagato nell’inchiesta napoletana sul Cen, Izzo aveva rassegnato le sue dimissioni, respinte in un primo momento dal ministro dell’Interno, dopo che l’esposto era diventato di dominio pubblico. Il coinvolgimento di Izzo e Iurato si riferisce alla presunta turbativa d’asta per la fornitura di apparecchiature elettroniche al Cen. Il primo è indagato nella sua qualità di autorità di gestione dei fondi Pon sicurezza, mentre la Iurato è chiamata in causa nella qualità di direttore dell’asse 1 dei fondi Pon sicurezza.

 

Non solo. Arresti domiciliari anche nei confronti di Guido Nasta, Luigi De Simone e l’imprenditore pugliese Enrico Intini. Quest’ultimo è un personaggio noto alle cronache giudiziarie. Amico personale di Gianpaolo Tarantini, il suo nome è finito nelle carte dell’inchiesta sulle ‘serate eleganti’ di Berlusconi perché facente parte del comitato d’affari pugliese (oltre a Gianpi e Intini, anche Roberto De Santis e l’avvocato Salvatore Castellaneta, questi ultimi tre da tempo considerati vicini a pezzi da novanta del centrosinistra pugliese e nazionale) che puntava a entrare nella ‘short list’ della Protezione civile, ovvero nel novero di quelle aziende chiamate a gestire le situazioni di emergenza e le grandi opere pubbliche per chiamata diretta. Secondo gli inquirenti baresi, Tarantini mirava a compiacere l’ex premier per ‘sponsorizzare’ il suo gruppo di imprenditori in modo da avere contatti con Guido Bertolaso. Tornando allo ‘scandalo Cen’, le ordinanze di custodia cautelare in carcere sono invece state emesse, oltre che per Mautone, Gualdaroni e Subbioni, anche per Lucio Carmine Gentile.

 

La Dda: “Società illecitamente favorite in gare d’appalto”

Particolarmente dure le parole utilizzate dalla Dda di Napoli, secondo cui l’indagine avrebbe delineato “i tratti distintivi di una struttura organizzata e consolidata che opera con la finalità astrattamente lecita di aggiudicarsi appalti dalla committenza pubblica in materia di sicurezza, attraverso l’utilizzo di illeciti strumenti del tutto avulsi dalla dinamica contrattuale e dal rispetto delle norme che guidano l’agire della pubblica amministrazione”. Il fulcro centrale della presunta associazione, secondo gli investigatori, sarebbe costituito dai rappresentanti di due società appartenenti al gruppo Finmeccanica, Carlo Gualdaroni, amministratore delegato di Elsag Datamat Spa (ora Selex - Elsag Spa) e Francesco Subbioni, amministratore delegato di Electron Italia Srl, oltre che consigliere della Elsag (entrambi in carcere), i quali avvalendosi dell’apporto di collaboratori della società, in particolare Guido Nasta, consigliere Elsag, e Luigi De Simone, responsabile per la Campania Elsag, (entrambi agli arresti domiciliari), attraverso l’intermediazione di Lucio Gentile (in carcere), avrebbero stretto relazioni affaristiche con esponenti istituzionali, come Mario Mautone (in carcere), nella sua qualità di provveditore alle opere pubbliche della Campania e il Molise, e Oscar Fiorolli (ai domiciliari), all’epoca questore di Napoli.

 

Dalla Dda, inoltre, hanno spiegato che “nell’ambito di tale sistema si inserisce la figura di Enrico Intini, sottoposto ai domiciliari, amministratore del gruppo Intini, che attraverso il proprio contributo rappresentato dai mezzi imprenditoriali di natura edilizia ha concretizzato il binomio tecnologia-mattone secondo un modus operandi costantemente perseguito dalle imprese della holding Finmeccanica, potenziando il margine di guadagno dell’associazione”. Secondo gli inquirenti “la materia è oggetto di interesse degli associati, è infatti costituita in primo luogo dagli appalti che le pubbliche amministrazioni di volta in volta competenti dovevano affidare per realizzare l’ambizioso progetto della creazione di sistemi di videosorveglianza del territorio cittadino e provinciale, per poi giungere alla realizzazione di un sistema informatico complesso nel quale fare confluire tutti i dati raccolti attraverso i vari sistemi di videosorveglianza provenienti dai singoli presidi di sicurezza territoriali, il cosiddetto Cen, centro elaborazione nazionale da collocare nel costituendo centro polifunzionale della Polizia di Stato”.

 

Sono cinque gli appalti nel mirino della Procura

Oltre all’associazione a delinquere, agli indagati sono stati contestati i reati di turbativa d’asta e rivelazione di segreto di ufficio, abuso di ufficio e corruzione. Sono cinque i bandi di gara che sarebbero stati truccati e riguardano, oltre a quello per “il trasferimento, consolidamento e ottimizzazione della gestione del centro elettronico nazionale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza“, la ristrutturazione del commissariato Decumani, la videosorveglianza nel capoluogo partenopeo e in diversi comuni della provincia. Tutti gli appalti sono stati finanziati con i fondi del Programma operativo nazionale (Pon) Sicurezza. In particolare, un milione e centomila euro per il ‘Progetto per un sistema integrato di videosorveglianza territorialè dei comuni di Cercola, Massa di Somma, Pollena Trocchia, Sant’Anastasia, San Giorgio a Cremano, San Sebastiano al Vesuvio e Volla e dei quartieri di Napoli Forcella, Poggioreale, Ponticelli e Decumani; un milione e 250 mila euro sono invece andati per la fornitura di un sistema di videosorveglianza per i comuni di Arzano, Afragola, Cardito, Casandrino, Casavatore, Casoria, Frattamaggiore, Frattaminore e Grumo Nevano; 2 milioni per la fornitura di un sistema di videosorveglianza per i comuni dell’area di San Giovanni a Teduccio e Castellammare di Stabia; 3 milioni per la fornitura di un sistema di monitoraggio ambientale e videosorveglianza nell’agro nolano.

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