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Si chiama Mourad Sadaoui, 45 anni, algerino, l'uomo arrestato in mattinata ad Acerra con l'accusa di terrorismo.

Dal 2003 al 2012 l'uomo è stato residente nel casertano, con regolare permesso di soggiorno.

Tra il 2013 e il 2017, come certificato dall'Interpol, l'uomo combatte come foreign fighter per l'Isis, in Siria e Iraq.

Era tornato in Italia nel 2017, viveva di espedienti, si aggirava tra Napoli e Caserta.

La Polizia di Stato di Caserta, in seguito a un’articolata attività info-investigativa, ha arrestato un cittadino algerino di 45 anni, ricercato in campo internazionale perchè colpito da mandato di cattura emesso dal Tribunale di Constantine (Algeria) per partecipazione a organizzazione terroristica.

Le attività svolte dai poliziotti della Digos, coordinati dalla Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, sono risultate particolarmente complesse ed hanno consentito di individuare il ricercato all’interno di un casale abbandonato situato nel Comune di Acerra.

Nella notte tra giovedì e venerdì agenti della Digos casertana l'hanno individuato in un casolare abbandonato ad Acerra e arrestato.

E' accusato di partecipazione a organizzazione terroristica.“

Si nascondeva in un casale.

Ora si cercano i fiancheggiatori

L'uomo era ritornato a San Marcellino per poi spostarsi a San Felice a Cancello e infine ad Acerra.

 

 

La preoccupazione degli investigatori è capire chi gli abbia fornito gli appoggi necessari per rientrare e nascondersi dopo il suo ritorno in Italia.

È possibile che sia attiva una cellula di terroristi o semplici fiancheggiatori che gli hanno dato appoggio in queste settimane.

Gli unici dispositivi elettronici ritrovati dalla Digos sono i due telefoni sequestrati e solo dalla loro analisi potrebbero arrivare ulteriori dettagli utili.

Intanto, su richiesta delle autorità algerine, l'uomo è stato portato in carcere e nel giro di qualche settimana la magistratura italiana dovrebbe ottenere i documenti utili per l'estradizione.“

Pubblicato in Italia

Aveva bollato come «inumano» il pestaggio del giovane nigeriano ubriaco che aveva frantumato i parabrezza delle auto in sosta, denunciando un clima di intolleranza dilagante alimentato dal disagio sociale. Ma è stato ricoperto di insulti pesanti e di commenti irriguardosi sui social.

Nel tritacarne delle offese virtuali è finito monsignor Antonio Di Donna, vescovo di Acerra, che aveva scelto nei giorni scorsi di intervenire sulla vicenda del 21enne immigrato picchiato e investito con uno scooter da alcuni residenti, inferociti perché aveva danneggiato le loro auto.

L'articolo del «Mattino» con le dichiarazioni del vescovo, postato sulle pagine Fb «Sei Acerrano se», ha scatenato in poche ore una pioggia di commenti oltraggiosi nei confronti del prelato.

I MESSAGGI

«Voi siete la chiesa, perché non li fate dormire da voi? Perché il vescovo non li ospita nel suo appartamento? I preti dovrebbero dire messa ed occuparsi delle spiritualità delle persone, non fare comizi. Anche la chiesa hai suoi interessi nel business dell'accoglienza»: queste alcune delle frasi rivolte al vescovo. Molte altre sono irripetibili, e ci sono anche post che contengono offese gratuite di carattere personale davvero pesanti.

LA SOLIDARIETÀ

Il sindaco Raffaele Lettieri ha espresso subito con una nota il suo sostegno nei confronti di monsignor Di Donna.

«Conosciamo la provenienza e il tipo di critiche subite, finalizzate sempre e solo a dividere e pronte a ripetersi allo stesso modo, ogni volta, contro qualsiasi provvedimento assunto anche dall'amministrazione comunale, tutti noi siamo preoccupati dei messaggi di violenza che vengono usati da più parti e che spingono alcuni cittadini allo scontro, all'intolleranza, Acerra crede nei valori dell'accoglienza, della solidarietà e dell'incontro fra culture. E lo mette in pratica nel quotidiano, ogni giorno.

Gli acerrani dicono no al razzismo, alla violenza e all'odio, e sono per il rispetto della dignità degli esseri umani e delle regole».

LA VICENDA

Tutto è cominciato la scorsa settimana, quando un 21enne nigeriano in evidente stato di ubriachezza aveva sfasciato i parabrezza delle auto in sosta e in transito tra via Soriano e San Francesco d'Assisi, a poche centinaia di metri dalla cattedrale.

A scatenare la rabbia del migrante (munito di regolare permesso di soggiorno per motivi umanitari e noto alle forze dell'ordine) era stata una rissa tra suoi connazionali a cui aveva partecipato come paciere.

Una piccola folla inferocita in seguito al raid vandalico aggredì il giovane africano, che venne picchiato e addirittura travolto con uno scooter; una notte di violenza «pubblicizzata» poi con video e foto sui social.

«Ciò che accaduto è gravissimo perché rompe un equilibrio sociale che era consolidato in una città dove non c'erano stati finora episodi significativi di intolleranza - commentò don Antonio Di Donna - siamo in un clima che vede il migrante come nemico e che ha finanche un'espressione di governo».

E tanto è bastato per scatenare le offese sul web

Da il mattino di Napoli di Enrico Ferrigno

Pubblicato in Italia

ACERRA. È morto Michele Liguori, il vigile che per vent'anni ha combattuto contro i trafficanti di rifiuti tossici.

Aveva inventato il nucleo ambientale di polizia municipale di cui era l'unico componente. Alla ricerca delle discariche abusive portava con sè la moglie ed il figlio. Si era ammalato di cancro lo scorso maggio. "È come don Peppe Diana, un eroe. Nel suo sangue c'erano alte percentuali di Pcb, la stessa sostanza che è presente nei regi lagni e che ha avvelenato le greggi ad Acerra" , tuona dal suo blog il tossicologo Antonio Marfella.

Il tenente Michele Liguori era stato anche uno dei protagonisti del docu-film "Biutiful cauntri" sugli scempi del traffico di rifiuti tossici in Campania. Centinaia di messaggi di cordoglio sono giunti alla famiglia da tutt'Italia e tramite Facebook. Il video della sua ultima intervista rilasciata al quotidiano La stampa" è tra i più cliccati sulla rete ( da Il mattino)

Terra dei Fuochi, morto il vigile che lottava contro i veleni della Camorra

Era l’unico addetto della sezione ecologica di Acerra. L’ultima intervista a La Stampa: “Se tornassi indietro non so se rifarei quello che ho fatto”

niccolò zancan

È morto stamani alle 6:43 Michele Liguori, l’unico vigile di Acerra che non si era arreso alla camorra, denunciando per anni la situazione nella Terra dei Fuochi. Questa l’ultima intervista a La Stampa, registrata venerdì 17 gennaio e pubblicata sull’edizione domenicale del giornale e nel videoreportage qui a fianco.

I camorristi l’avevano soprannominato in modo sprezzante: «O’ vigile chiatto co à barb». Era l’unico fuori dal giro. L’unico che non serviva per fare affari con i rifiuti tossici. «Lui non ha mai offerto coperture» ha dichiarato il pentito Pasquale Di Fiore, a proposito di Michele Liguori. Ma adesso il vigile grasso con la barba, al centro esatto della Terra dei Fuochi, sta smagrendo in maniera spaventosa.

Ha due tumori che gli divorano la pancia. Colpa della diossina, PCB 118 e PCB 126. Gli stessi agenti patogeni che avevano avvelenato le greggi ormai dodici anni fa.

Da allora nulla è cambiato. Si continua a morire ogni giorno. Non esiste un registro tumori della Regione Campania. I fusti sono ancora interrati in località Calabricito. I cavolfiori e le fragole vengono coltivati in questa stessa terra, davanti alle recinzioni. Ogni notte, la ciminiera dell’ex Montefibre sputa fiammate da cui ricadono lapilli e cenere nera, che si deposita ovunque. Un pentito ha raccontato che l’impresa edile dei fratelli Pellini, dal 1998 al 2005, è stata costruita usando cemento impastato con amianto. Non solo le verdure, la frutta, le bestie, i contadini, ci sono anche sette anni di edilizia tossica da considerare. Ma ancora nessuno ha aperto un’inchiesta per capire quali palazzi siano pericolosi per la salute pubblica.

«Il mio lavoro non è servito», dice il vigile urbano Michele Liguori con un filo di voce scura. Il suo letto è imbottito di coperte. Ha un ciondolo con un crocifisso appeso alla flebo. La moglie Maria, sempre al suo fianco. Per sette anni, è andato a vedere ogni fuoco e ogni sversamento. «Un giorno è tornato con le suole che si squagliavano sul pavimento della cucina - racconta la signora Liguori - non so dove avesse camminato, ma le scarpe erano letteralmente in decomposizione. Un’altra volta ha perso la voce all’improvviso. Certe notti lo annusavo sconcertata, trasudava odore chimico, puzzava di pneumatici bruciati». Il vigile Liguori scattava fotografie, stendeva rapporti. Denunciava. Chiedeva aiuto. Nell’epicentro del disastro, lui era l’unico agente della sezione ambientale di Acerra, il che rende l’idea. Ma per due anni è stato addirittura spostato ad aprire la porta del castello del paese, perché era considerato «troppo zelante».

Alla fine, è tornato sul campo di battaglia, a respirare veleni per altri due anni, dal 2011 al 2013. In perfetta solitudine. «A maggio si fece giallo di colpo - racconta Maria Liguori - prima si pensava fosse la colecisti, poi scoprimmo i tumori». E’ una donna con un sorriso dolce e disperato. «Sappiamo che in paese molti sono felici di questa nostra tragedia, abbiamo provato a scappare. Ma ai concorsi, Michele arrivava sempre secondo». Il vigile Liguori si rigira a fatica, ha un lampo di rabbia negli occhi lenti: «Questa è la terra di mio padre e di mio figlio - dice - non potevo far finta di non vedere. A me i vigliacchi non sono mai piaciuti». Per lui nessuna indennità, ovviamente. Neppure una telefonata di ringraziamento. E se volete verificare da vicino perché l’Italia è un Paese perduto, venite qui con in mano le sentenza del Tribunale di Napoli, Sesta sezione penale, sul caso Acerra.

Vi si racconta del maresciallo dei carabinieri Giuseppe Curcio, comandante della «locale stazione». Scriveva i verbali al posto degli avvelenatori, per non scomodarli inutilmente. Avvisava di ogni controllo, insabbiava le denunce dei cittadini onesti. Sono stati sversati rifiuti tossici persino nel parco archeologico. Hanno rimpinzato le fosse comuni dei guerrieri sanniti con scarti di fonderia. Piombo e denaro. Tonnellate di banconote della zecca, destinate al macero, sono state seppellite qui. Con amianto, materiali gassosi che innescavano fiammate improvvise, vecchi telefoni a rotelle della Sip, liquami delle industrie del Nord. Nelle intercettazioni li senti dire: «Questa roba puzza troppo. Scegli tu, dammi due o tre codici diversi». Scrivevano quello che volevano sulle certificazioni, tanto avevano contro soltanto il vigile grasso.

«Dal 1999 nulla è stato fatto per bonificare», dice l’oncologo Antonio Marfella. Lavora all’Istituto Tumori di Napoli. E’ stato il primo a far analizzare in Canada, a sue spese, il sangue del pastore Cannavacciulo, morto di tumore a maggio del 2007: «Perché gli ottocento laboratori pubblici della Regione Campania non erano attrezzati». I canadesi, invece, hanno risposto a stretto giro di posta. «Nel sangue del pastore, così come in quello delle sue pecore, c’era un livello di diossina 400 volte superiore al consentito». I livelli sono ancora alti. «Ma in questi anni lo Stato ha trattato peggio gli uomini delle bestie - dice il dottor Marfella - per comprendere cosa stia succedendo a una popolazione di 3 milioni di abitanti, a fronte di 12 milioni di tonnellate di rifiuti tossici accertati, hanno campionato 84 casi». Quando la famiglia Cannavacciulo si era rivolta a lui, l’oncologo Marfella non conosceva questa storia: «Pensavo bastasse un richiamo alle istituzioni, ritenevo che fossero distratte o molto impegnate. Ma ora, dopo sei anni di immobilismo, ho capito: erano colluse».

Acerra è un perfetto laboratorio italiano. Per i fratelli Pellini il reato di disastro ambientale è stato prescritto. E anche la condanna in primo grado per traffico di rifiuti illeciti rischia di cadere in prescrizione in appello. Il maresciallo Curcio, seppur condannato, gira per il paese a testa alta. Mentre gli unici due operai dell’impresa di smaltimento fanghi, che avevano avuto il coraggio di raccontare con quali sostanze preparassero il cemento, non vivono più. «Sono stato massacrato di botte - ci racconta uno di loro - ho il cancro. Ho paura per me e per i miei figli. Voi giornalisti del Nord dovete lasciarci stare».

All’Asl Napoli2 le «esenzioni ticket per soggetti affetti da patologie neoplastiche maligne» sono aumentate del 34,1 per cento in tre anni. Ad Acerra erano 427 nel 2009, sono diventate 774 nel 2012 (+81,2%). Il sindaco Lettieri ripete a tutti la stessa litania: «Mancano i soldi per la bonifica». Anche se la ditta incaricata di smaltire almeno i fusti interrati in località Calabricito ha già preso i soldi, senza mai eseguire il lavoro.

In pochi posti al mondo si può soffrire di solitudine come in questo pezzo di Italia-Europa. «E’ andata così - dice Liguori - la gente vede quello che succede, ma non vuole impicciarsi. Non capisce che per colpa dei veleni moriranno anche i nostri figli». La flebile luce del tramonto filtra nella camera dell’agonia. Le persiane sono ricoperte di una patina nera collosa. I limoni in giardino non danno più frutti. Alle cinque del pomeriggio, gli occhi del «vigile zelante» si chiudono per la fatica. «Tornassi indietro, non lo so. Non lo so se lo rifarei».( Da la stampa)

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