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colonnaSud paese quasi incolpevole che altrove cercai. Tu, autentica terra della fantasia dove il poeta è compreso e l’anfitrione viene accolto come al tempo d’Ulisse.

 

La prima tappa del viaggio di Enea è la Tracia, dove appare un terribile prodigio: i rami di mirto, che l’eroe strappa per ricoprire di fronde l’altare degli dèi, sanguinano.

Questi sono i rami gemmati dalle frecce che hanno trafitto Polidoro, il giovane figlio di Priamo ucciso e depredato dal suo infido ospite, il re Polimestore.

I Troiani lasciano allora la Tracia e si recano a Delo, dove consultano l’oracolo di Apollo.

 

L’oracolo indica loro di cercare “l’antica madre”.

Essi allora si recano a Creta, la terra natia del loro progenitore Teucro. Giunti nell’isola, iniziano a costruire la nuova città, ma un cattivo presagio (una pestilenza) e gli dei Penati apparsi in sogno ad Enea rivelano che non è Creta l’antica madre, ma l’Italia, la terra d’origine del loro capostipite Dardano.  

 

Nell'antica colonia achea di Kroton insieme al culto di Eracle, fondatore mitologico della città, e di Apollo, ispiratore della fondazione stessa, era molto sentito il culto di Hera Lacinia. Pochi chilometri più a sud della città, sul promontorio Lacinio, sorgeva il grande santuario dedicato ad Hera Lacinia, tra le più grandi aree sacre di tutto il mondo ellenico. Moglie e sorella di Zeus e regina tra gli dei, Hera veniva venerata come dea protettrice dei pascoli anzitutto, delle donne, della fertilità femminile, della famiglia e del matrimonio.
Nel VI secolo a.C. venne eretto un maestoso tempio dorico a 48 colonne, facente parte del monumentale Santuario di Hera Lacinia, che già prima era esistente e venerato in tutto il mondo greco. Nello stesso periodo il leggendario Milone, eroe olimpionico ritenuto figlio di Eracle, fu nominato sacerdote del tempio di Hera Lacinia in segno dell'assoluta devozione che la città di Kroton aveva nei confronti del santuario e della dea venerata. Il santuario, uno dei più grandi e certamente più famosi di tutta la Magna Grecia, divenne subito il principale luogo di culto del versante ionico, meta di viandanti e navigatori provenienti da ogni dove pronti a pagare pegni votivi pur di ingraziarsi la potente dea.

“Siamo sul suolo della Magna Grecia. Non ti dirò : ‘Scopriti ed inchinati’. Fa come vuoi; poiché anche qui, come su ogni posto del mondo sul quale sia passato l’uomo, è sparso odio, orgoglio, invidia, rivalità, spirito di distruzione. …Ma, se vuoi, fermati qui, su queste rovine e sosta in silenzio…..Poiché questo fu un mondo in cui gli Dei non avevano vergogna di essere uomini ed i filosofi, gli artisti, gli atleti di essere Dei.”

Gigino A Pellegrini & G el Tarik    

Ruderi-della-Chiesa-di-S.-Francesco-dAssisi

Il centro storico è un agglomerato urbano che riveste carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale. L’ambito oggettivo è dunque chiaramente costituito dagli agglomerati urbani, ma la specificazione legislativa sembrerebbe poi evocare, in modo indistinto, la disciplina relativa ai beni culturali o paesaggistici, nonostante l’imprinting principalmente urbanistico della normativa.

 

Sembra corretto dire, anche se si tratta di questione tutt’altro che pacifica, che l’epicentro della tutela consista proprio nella conservazione della materialità degli “agglomerati urbani” (principalmente, come si desume dalle analisi delle varie leggi regionali, nella prospettiva del recupero e della riqualificazione), ma occorre poi tenere conto, anche delle variabili dimensioni di un centro storico.

I centri storici, dunque, pur non rientrando tra le aree tutelate per legge ai sensi dell’art. 142 del d.lgs. n. 42 del 2004, vengono inclusi tra quelle categorie di beni suscettibili di tutela paesaggistica mediante dichiarazione di notevole interesse pubblico, di competenza regionale, ed, in via sostitutiva, anche ministeriale. Nello specifico, chi dovrebbe tutelare il Centro Storico di Amantea? Che ruolo ha, in Municipio, la ”0pposizione”? Tutto il centro storico di questa cittadina “martire”, ormai da anni, sembra essere piagato dalla presenza di “sventratori” opportunisti senza scrupoli e di ragazzi annoiati che armati di bombolette, scrivono e deturpano i suoi muri.

 

 

Sempre più frequenti sono le segnalazioni di privati cittadini che, nei vicoli più stretti, si vedono costretti a pulire laddove i giovani si incontrano per bere, mangiare e fumare. Sporcizia, abbandono e violazioni edilizie di quello che dovrebbe essere la cartolina di un qualsiasi antico paese. Quello che dovrebbe essere il punto di forza di una città, storia e modernità che convivono negli stessi vicoli, si sta lentamente trasformando in una parte di Amantea che perde la sua peculiare diversità, sotto gli occhi di chi la ama.

Questo cittadino vorrebbe sapere se l’Amministrazione si è fatta un’idea su questo aspetto, se ha un programma di interventi perché ad oggi non si sa nulla, ma mi piacerebbe condividere i punti di vista e aiutare la nostra antica città a crescere. Se la situazione dovesse rimanere così com’è, vorrà dire che un bene di tutti rischia di diventare terra di pochi notabili speculatori.

C’è chi chiede di tappezzare il centro storico di videocamere di sorveglianza, ma forse basterebbe semplicemente imparare a conoscere ed apprezzare ciò che ci circonda, oltre ad un pizzico di conoscenza. La salvaguardia di monumenti, degli ambienti, dei paesaggi urbani, dei territori e dei centri storici, è un portato specifico della cultura moderna, non di quella che si spaccia “restauratrice”. Nessun esponente di una avanguardia estetica, nessun architetto autenticamente tale si sognerebbe di deturpare un monumento, un ambiente, un paesaggio o un centro storico.

 

I locali sventratori, vandali, e massacratori, non sono mai appartenuti ad una sensibile avanguardia culturale, anzi l’hanno combattuta con ferocia, in nome di presunte antiche glorie, di cui non capiscono un bel niente.

La vista migliore del nostro centro storico è da località “Lumera” o dall'alto dell'acquedotto. Sfortunatamente da lì non passano turisti. Le migliaia di persone che invece attraversano il paese percorrendo la ex statale subiscono un impatto piuttosto deludente: gli antichi palazzi e la parte dell'abitato di Corso Umberto I che si affaccia su la moderna città in basso, non colpiscono positivamente l'occhio e non rendono giustizia alla Nimpha Quasi per Arenam Currens: Amantea. Questo è un vero delitto perché negli ultimi tempi non si è fatto nulla per migliorare l’antico Borgo.

Al contrario, si sta facendo di tutto per cancellarlo. Una canna fumaria posticcia sale da una finestrella fino al tetto e alcune persiane, in alluminio, sono di colore diverso dalle altre. Si tratta evidentemente di interventi che non potevano essere effettuati.

E’ evidente che nel centro storico perdurano prescrizioni fortemente abusive a tutela delle “facciate”; mentre di quello che doveva essere fatto, non c'è traccia. Conosciamo le problematiche di queste situazioni, quando le proprietà sono frammentate è difficile mettere d'accordo tutti, in special modo se c'è da spendere dei soldi. Comprendiamo meno il mancato intervento, da parte dell’Amministrazione, nei confronti delle risoluzioni irregolari che, oltre a deturpare dei beni comuni (perché di questo si tratta), creano pericolosi precedenti per chi intendesse realizzare opere analoghe in altre case del centro storico. Un'altra situazione che dimostra la scarsa sensibilità nei confronti della bellezza del nostro passato sono le scelte dei materiali e dei colori che nulla hanno a che vedere con il ripristino dell’originale.

Se “modernizzare” vuol dire stravolgere il senso di quanto ci è stato tramandato e che noi dovremmo tramandare a nostra volta, significa che c’è una perdita di valori e di conoscenza profondissima.

 

Al di là di qualsiasi considerazione, il centro storico viene quotidianamente stuprato nella più assoluta indifferenza, mancanza di valori sociali e del senso del bene comune.

Il centro storico ha allora due problemi fondamentali, che se non risolti rischiano di rovinarlo per sempre: da un lato le tante abitazioni da troppo tempo abbandonate, le quali costituiscono anche un problema all’incolumità degli stessi abitanti, dall’altro delle iniziative private non sottoposte ad alcuni vincolo, creano vistosi problemi di impatto visivo al paesaggio.

 

Il nostro genuino desiderio è che queste constatazioni possano essere utili per una presa di coscienza collettiva, se non da parte degli amministratori comunali, ma di tutta la comunità amanteana, sul valore, estetico, economico e sociale, delle testimonianze storiche di questo nostro umiliato paese. Le ingiustizie, gli abusi, gli interessi famelici di pochi e le diseguaglianze perseguite dalle società liberal democratiche sono sotto gli occhi di tutti. Essere sdegnati oggi è una questione etica e di sensibilità.

 

Un’etica che dovrebbe arricchirsi continuamente dinanzi alle sfide che la storia e la vita ci propongono continuamente. Mentre gli scienziati e gli intellettuali si chiedono oggi come salvare la bellezza del nostro ambiente, ad Amantea si verificano fenomeni socio-culturali che la offendono e imbruttiscono.

Perché questo scenografico centro storico segnato da straordinarie incidenze architettoniche e artistiche, non è sentito come tale, ma viene degradato a mero oggetto di consumo in modo incivile e la sua bellezza viene insultata? Forse perché i nostri sensi, sopraffatti da quelli della barbarie, sono continuamente bombardati da mille stimolazioni, incessanti, assordanti, in cui ci sperdiamo. Per questo occorre far chiarezza e comprendere quali siano le priorità e che c’è un ordine di valori da pensare o ripensare alla nostra indifferenza e capacità di reagire a tutto questo.

Allora una delle risposte ad una auspicata ma mancata rivolta potrebbe essere quella della scarsa formazione e capacità di lettura del reale, dovuta anche alla volontà da parte dei potentati di mantenere le masse nell’ignoranza, e lo vediamo dalle scelte di riforme “democratiche” che ci vengono propinate quotidianamente. E per questo, i crimini di cui un popolo si vergogna costituiscono la sua vera storia.

Questa parte della nostra storia passata, dovrebbe essere tutelata attraverso precisi strumenti urbanistici, ovvero alla stregua di bene paesaggistico vincolato con provvedimento amministrativo. “ Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico ma nazione vivente, ma nazione europea:

e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti, governanti impiegati di agrari, prefetti codini, avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi, funzionari liberali carogne come gli zii bigotti, una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!

 

…..”Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.” P.P.Pasolini

 

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

Siamo a fine aprile 2013, sono le 7,30. Fuori il sole riempie l’aria di colore mentre il profumo di zagara si spande per ogni dove.

No! Mi rifiuto di accendere la televisione che presenta ogni giorni i drammi di una società che non sa vivere più serenamente cogliendo della vita il buono ed il cattivo, il dolce ed il salato.

Mi lavo, mi pettino alla meglio, inforco la bicicletta e comincio a girare per il paese.

Sul lungomare qualche pescatore è appena sbarcato. Il pescato della notte è in alcune cassette e le seppie in alcuni bidoni che raccolgono il nero. Intorno gli Amanteani veraci che vogliono solo il pesce locale.

Il lido Azzurro è aperto e si sente il profumo dei primi caffè

I ristorantini sono in fermento. Si preparano i tavoli ed in cucina nascono i primi odori

I negozi delle principali vie commerciali cominciano piano , piano da aprire e le commesse lavano le grandi vetrine.

Poca, pochissima la gente nei negozi salvo le macellerie dove si comprano le salcicce appena preparate da fare con le patate o lo spezzatino od il ragù da fare con i pelati preparati l’estate scorsa. Poi un salto al mercato dei contadini ricco di verdura , a cominciare dalle cipolle dolci, dall’erba di campo, e da prodotti a km zero , quello che da 45 anni il mercato offre ai suoi utenti. Di tutto. Perfino la camomilla da campo, senza alcun trattamento, i pani di farina di castagne, i mandarini succosi di marzo con le foglie verdissime. E poi fave e piselli teneri e dolcissimi, colti appena ieri pomeriggio .( nella foto un italo americano che compra verdura)

Poi un salto nel mercato su area pubblica, uno dei più antichi della Calabria, dove si compra al sole, od al vento ( non certo oggi!) senza le formalità dei negozi a posto fisso, in un rapporto aperto e arabeggiante, tra il sorriso del commerciante e la perplessità della compratrice.

E se alzi gli occhi in alto il centro storico con le sue viuzze strette ed i suoi incomprensibili e scivolosi ciottoli, la trecentesca chiesa di san Francesco in buona parte portata alla luce, la torre normanno-angioina che cade a pezzi senza che alcuno si preoccupi, i ruderi del castello che ospitava spesso la regina Giovanna D’Angiò e che incombe sulla parte vecchia del paese dove, prima o poi, cadranno quel che resta delle sue antiche vestigia. Un mondo di silenzi e di ombre che da centinaia , quasi migliaia di anni, si sveglia ogni giorno, pronto ad essere visitato da chi vuole fare un tuffo nella natura, nella storia, nell’arte e nello splendido paesaggio che si gode dalla rocca del castello. E scendere poi a fare acquisti a cavallo di un buon pranzo ristoratore.

Una Amantea che val bene di essere goduta anche dai non amanteani, che forse la apprezzano di più.

Pubblicato in Cronaca
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