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asl amantea 2015Riceviamo e pubblichiamo.

Ho appena letto sul portale Tirreno News, un articolo, peraltro non firmato, che conteneva uno strano mix giuridico-medico, per la verità un po’ sconclusionato.

 

Mi perdoni l’anonimo estensore, ma non mi è sembrato un grande esperto di diritto costituzionale, neanche di diritto internazionale per la verità, ma soprattutto non eccelle nella materia della infettivologia e, men che mai, nella specialistica epidemiologica.

In realtà ciò che traspare, dalle parole del nostro signor X, è paura, la sua personale naturalmente, ma al contempo, la necessità di diffonderla questa paura, in modo da giustificare la propria magari. Veniamo ai fatti denunciati e che una ipotetica congiura del silenzio, ordita da chissà chi e fortunatamente sventata da un giornalista coraggioso, assai più dei colleghi nelle giungle asiatiche o nei deserti arabici, manterrebbe nascosti.

Parlo da medico e pertanto con una certa cognizione di causa, anche perché da una dozzina di anni quelle zone del mondo, da cui proviene buona parte di quei disperati, di cui parla l’articolista, le conosco bene dato che vi opero, grazie anche alla generosità di tanti cittadini di Amantea.

Il nostro signor X parla di un caso di AIDS tra i profughi presenti in un Centro di accoglienza. Ebbene, tralasciando la confusione tra AIDS e sieropositività all’HIV, che è parte dell’ignoranza di chi scrive (absit iniuria verbis, ignoranza è di colui che ignora, che non sa, come me ignorante nell’arte delle costruzioni ad esempio), se così fosse saremmo di fronte ad un caso davvero fortunato. Solo uno chiederei, considerando, dati statistici alla mano, che purtroppo ad Amantea, tra i residenti ce ne dovrebbero essere diversi, ma sono bianchi però.

 

E la scabbia allora? Direi che è una fortuna che nel Centro di accoglienza ci sia una presenza costante di Medici, che l’Azienda Sanitaria ha voluto, perché la tutela della salute pubblica, migranti compresi, anche se non bianchi, è considerato bene primario.

Una volta tanto bisognerebbe dire “Brava ASP!”. Quindi se arrivassero migranti con la scabbia, sarebbero individuati e trattati (non abbattuti) assai rapidamente. Ma c’è di più, c’è la TBC, per la verità solo ventilata dal nostro amico, ma io, al posto suo evocherei pure la malaria (qualcuno in passato lo ha già fatto, salvo poi far rientrare l’allarme quando qualcun altro gli ha spiegato che non è malattia contagiosa), la dissenteria, la febbre gialla, la peste nera, qualche altra cosa di diverso colore e infine “il ginocchio della lavandaia”.

Cito Jerome Klapka Jerome e “Tre uomini in barca (per tacer del cane)” e non la Costituzione Americana, forse è meglio. Ma meglio sarebbe tacere su ciò che non si conosce, meglio sarebbe tacere e non denunciare colpe del sistema, quando spesso il colpevole lo potremmo individuare guardando uno specchio, meglio sarebbe guardare dentro di noi per scoprire se davvero pensiamo di appartenere ad un’altra razza.

Perché io non appartengo alla razza bianca, nemmeno a quella nera, alla rossa o alla gialla, io e te caro amico che hai paura, apparteniamo alla razza umana.

Ed assai più pericolosa di un acaro o di un virus, c’è una malattia, lei assai contagiosa e difficile da eradicare. Si chiama razzismo.

 

Della serie #Quello che pochi sanno e che nessuno dice.

Mi sono chiesto spesso, e mi chiedo ancora adesso, se il “diritto” del cittadino alla informazione debba essere prevalente sul resto, dalla privacy, al diritto al silenzio, fino alla omertà.

E la risposta è stata, ed è, SI, visto che la Costituzione porta con sé, in dote, per gli Italiani l’articolo 21 :” Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.

Ma c’è voluta la sent. 7 dicembre 1994 n. 420 della Corte per capire che è necessario "garantire il massimo di pluralismo esterno, al fine di soddisfare, attraverso una pluralità di voci concorrenti, il diritto del cittadino all'informazione".

Una affermazione che trova un analogo nel mondo anglofono al Primo Emendamento della Costituzione statunitense.

Ed è per questo diritto che molto spesso non abbiamo remore.

Nemmeno questa volta.

Nessuna remora a segnalare che tra i profughi, ospiti ad Amantea ci sono diversi ammalati.

Malattie infettive diffusive.

Parliamo di quelle più semplici come la scabbia.

Ma senza dimenticare quelle più serie come l’Aids.

E non ci sentiamo certamente di escludere che le stesse malattie , ed altre, siano presenti anche in altri luoghi di loro permanenza.

Il problema reale è che per ragioni ignote al popolo (e tali dovranno restare per evitare la generalizzazione della paura) viene imposto il silenzio omertoso e spesso chi parla viene mandato via, come è successo a Siracusa, a Salvatore Rossitto, pneumologo, già responsabile dell’ex dispensario tubercolare di Siracusa, sospeso per aver denunciato casi di Tbc

Né possiamo dimenticare che l’ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine ha fatto sapere che, nell’arco degli ultimi 2 anni, il numero dei ricoveri per causa della tubercolosi presso la Clinica Malattie Infettive diretta dal dottor Matteo Bassetti, è aumentato del 30 per cento ed addirittura raddoppiato negli ultimi 10 anni.

Eppure c’è chi, come Mario Affronti, presidente della Simm (Societa' Italiana di Medicina delle Migrazioni), sostiene che la “maggior parte degli immigrati sono sani”, e quindi occorre dire basta alla "sindrome degli untori", e se la questione viene a galla è perché noi che ne parliamo siamo stupidi.

Non solo ma per completezza di argomentazioni dobbiamo dire che secondo Fiore Crespi, presidente ANLAIDS onlus, (Associazione nazionale per la lotta contro l’aids), “Gli immigrati non rappresentano, dunque, in alcun modo un rischio per la salute pubblica. Eppure in molti, denuncia Crespi, ne sono convinti e la paura, ingiustificata, si tramuta per loro in indifferenza se non in malcelata acredine o, peggio, in odio e violenza. In un paese, il nostro troppo spesso accusato (che tremenda vergogna) di essere razzista e dove esiste il rischio reale di misure eccessive come il blocco dell’immigrazione”.

Tutto a posto allora.

Cioè non c’è pericolo se ad Amantea ci sono ammalati sia di scabbia che di Aids!

Ah, e non scherziamo,( vedi cancello scuola elementare di Via Dogana) meglio evitare i rapporti sessuali!

Area di presenza dell'AIDS

In Italia ci sono oltre 94mila persone che vivono con l'Hiv e hanno ricevuto una diagnosi (ISS).

A queste vanno aggiunte quelle che hanno il virus ma non lo sanno, per un totale stimato di 100/150mila persone sieropositive.

La stima delle persone inconsapevoli in Italia va dal 13 al 40 per cento. Un dato in linea con altri Paesi, anche se qui la percentuale è fra le più alte in Europa occidentale.

Dall'inizio dell'epidemia, nel 1982, a oggi, sono stati segnalati quasi 65.000 casi di AIDS, con circa 42.000 decessi.

Sono 3.853 le nuove diagnosi di infezione da Hiv segnalate nel 2012(15 in minori di 15 anni), di cui il 79% sono maschi, pari a 6,5 nuovi casi di HIV ogni 100.000 residenti. Circa cento casi in più rispetto ad un anno prima. I casi di Aids conclamato diagnosticati sono, invece, 715. Lo dice un aggiornamento sulle nuove diagnosi di infezione da Hiv e dei casi di Aids in Italia da parte del Centro Operativo Aids dell'Istituto Superiore di Sanità.

Si osserva un aumento dell'età media alla diagnosi (passata da 24-26 anni nel 1985 a 36-38 nel 2012) e un cambiamento delle modalità di trasmissione: diminuisce infatti la proporzione di tossicodipendenti ma aumentano i casi attribuibili a trasmissione sessuale.

Nel 2012, dunque, la maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da Hiv è attribuibile a rapporti sessuali non protetti, che costituiscono l'80,7% di tutte le segnalazioni. Sempre nel 2012, il 26% delle persone HIV positive è di nazionalità straniera: l'incidenza per 100.000 abitanti è di 5 nuovi casi tra italiani residenti e di 22,3 tra stranieri

Più della metà delle segnalazioni di infezione da Hiv sono pervenute da Lombardia, 27,6%, Lazio, 14,5% ed Emilia-Romagna, 10,4%. L'incidenza è stabile dal 2007. Lo scorso anno era pari a 6,5 nuovi casi per 100.000 residenti. L'incidenza più bassa è stata rilevata in Calabria.

La Lombardia risulta anche essere tra le regioni più colpite dall'incidenza di Aids davanti a Liguria, Veneto, Toscana e Sardegna. Significativo l'aumento dell'età media al momento della diagnosi di infezione da Hiv. Nell'arco di quasi 30 anni per i maschi è passata da 26 a 38 anni, per le donne, da 24 a 36 anni. In calo la proporzione di donne nei casi di diagnosi di infezione da Hiv. Il rapporto maschio-femmina, secondo i dati, nel 2012 è aumentato a 3,8. Per quanto riguarda le modalità di trasmissione, sono in notevole diminuzione i casi di contrazione attraverso l'iniezione di sostanza, precipitati in poco più di 20 anni dal 76,2% al 5,3% dei casi.

In aumento, invece, i contagi attribuibili a trasmissione sessuale, sia in relazioni tra etero (42,7%) che in rapporti tra maschi (37,9%). Stando alle percentuali dei casi che effettuano il test Hiv, quelli che decidono di sottoporsi nel corso di controlli di routine (4,7%), sono sempre meno rispetto a chi ha eseguito il test per la presenza di sintomi Hiv-correlati (22,4%). Il tasso di mortalità dei casi di Aids, infine, ha subito una notevole contrazione negli ultimi due anni, dal 17,5% al 5,7%. (AGI)

Altissima in Italia la percentuale di persone che arrivano alla diagnosi inconsapevoli di avere il virus, che sfiora il 56% del totale: ''In Italia la percentuale è fra le più alte dell'Europa occidentale''.

Proprio per rafforzare la prevenzione, dal 22 al 29 novembre parte un'azione europea per la promozione dell'accesso al test Hiv, la European Testing Week. La Lila è partner attivo e nel corso dell'iniziativa offrirà il test rapido salivare in tre delle sue sedi, a Catania, Milano e Trento.

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