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Domani 20 luglio alle ore 21.00 nel palazzo Carratelli in Via Indipendenza n 26, la benemerita Associazione Prospettive presenta Pasquale Furgiuele, il poeta romantico amanteano dimenticato Aldo Andreani, il presidente dell’ Associazione Prospettive, porgerà i saluti.

 

Andrea Argentino dell’ Associazione Prospettive introdurrà i lavori - Felice Campora, autore di uno studio sui versi di Furgiuele, relazionerà.

 

Massimo Scudiero reciterà liriche scelte del poeta Furgiuele.

 

Ma chi è Pasquale Furgiuele?

Il poeta è da noi famoso per la sua cantica“Gli amanteoti”.

Io preferisco presentarvelo con alcuni brani dell’elogio che gli fece il filosofo Francesco Acri:

 

“E la terra dove fu nato è oltremodo poetica: imperciocchè sopravanza tutte le restanti parti della Calabria per antichità di memoria; e la veduta è bellissima; e i casamenti belli, ombreggiati da pergolati, si spaziano sopra la riviera del Tirreno.

All’avemaria, sopra il suo bruno cavallo, solo, era solito di passeggiare per la costa del mare, e si dilettava di guardare]le torme dei zappatori che, cantando, se ne tornavano dalla campagna verso Amantea.

Le notti di primavera e di estate dal verone della sua casa, che guardava nella marina, si compiaceva insaziabilmente di rimirare e di considerare le onde che alla presenza della luna sprizzavano luce come se fossero piene di lucciole, e le tremolanti lucerne delle barche che navigavano dentro il mare.

 

Ma tutt’altro obbietto lo ispirava e gli rendeva tanto cara Amantea.

Di celato a tutti, nel silenzio, per lungo intervallo di tempo, egli ed una giovane si amavano, di un amore imparagonabile, il quale sembrerebbe cosa immaginaria a contare.

La incontrò in un giardino, che andava a spasso con le compagne; era nella prima età, bella, onesta nel portamento ed affettuosa nel sembiante; egli era nei diciassette anni; e si condussero a consentimento di amore.

Le serate belle passava sotto le sue stanze, e quando le notturne lampadi tralucevano rare per i balconi del vicinato, udiva le affettuose note che una delicata mano ritrovava nel cembalo, ed egli le riceveva tremante, ed egli solo le intendeva nell’animo, e niuno più al mondo.

Ambedue conservavano occultamente la contentezza che avevano immaginata e sognata nella semplice anima, e contavano dentro la mente quanti anni dovevano passare insieme.

Ma il cielo non consente tanta felicità in questo mondo alla generazione umana.

Venuto il tempo che dovevano effettuarsi le immaginazioni ed i sogni, gli negarono la giovane, gliela levarono davanti; e in ultimo ella, disperando, volle velarsi di bianche bende.

Venne costretto egli ad andarsene in una lontana parte.

Oh che affettuosa canzone non cantò l’ultima sera attorno a quel luogo! quante calde promesse! quante miserabili lacrime quando la barca, e quella da una lontana invetriata guardava e vedeva, navigando sopra le onde, disparve.

Andò a Napoli: ma, contro le immaginazioni di tali, nè l’allontanamento lo sconfortò dalla costanza, nè il paese ameno, nè gli spassi, nè i teatri, nè la veduta di tante donne della voluttuosa città gli diminuirono l’amore, conciossiachè verace amore dentro giovanile petto non mai si spegne.

Passò molto tempo dolorosamente, ………..

Quella malattia diventò irreparabile………

Ora Pasqualino Furgiuele, giovane ancora nei venticinque anni, è morto; e la polvere sua, confusa alla polvere di tante generazioni, aspetta la parola di Dio che la chiami.”

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Il 19 luglio di 25 anni fa Paolo Borsellino andava a trovare la madre in via D’Amelio pur avendo, dopo la morte di Falcone, piena consapevolezza del suo destino.

 

Borsellino ritornava al nido, la casa della madre, per ritrovare se stesso e le sue idee

Appuntamento , allora, in via Dogana lato nord alle ore 16.45

Qualche minuto di attesa ed alle ore 16.58 esatte ( l’ora dello scoppia dell’auto che ha ucciso Borsellino) offriremo alla sua immagine ed a quella di Giovanni Falcone , i due indimenticabili eroi italiani, un mazzo di fiori ed osserveremo in loro memoria un minuto di silenzio.

Lo faremo anche se saremo in pochi , ma chiunque voglia , ovviamente, può assistere.

In questo modo vogliamo semplicemente per testimoniare che c’è un’Amantea che non ha dimenticato e che vuole ricordare e raccontare quel che è successo e celebrare gli eroi della giustizia, eroi che quotidianamente , ieri, come oggi, e speriamo domani, lottano contro le violenze, le ingiustizie, talora pagando con la propria vita.

Eccoi fiori che abbiamo comprato

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Dedico un po’ di attenzione a quei pochi o tanti amanteani che da dieci anni celebrano scherzosamente un evento della storia che appartiene ai comuni della costa tirrenica calabrese.

 

Quella nave alla quale per molti anni si affidavano i “cjuoti” perchè venissero portati nel lontano manicomio di Nocera Inferiore, dove spesso, restavano dimenticati dalla società fino alla fine dei loro giorni.

 

Parliamo del tempo in cui nemmeno non c’era la ferrovia e le strade erano parimenti inesistenti, così che i trasporti erano affidati alle navi.

 

Oggi Gaetano Campaiola, Turuccio Colla e pochi altri conservano alla memoria collettiva questo evento drammatico per i poveri “cjuoti” e le loro famiglie, ma dissacrandolo e sdrammatizzandolo.

 

Impossibile non ringraziarli, anche se ben altri ringraziamenti meriterebbero, per esempio da parte del comune che –secondo noi - dovrebbe riconoscere e premiare la loro attenzione alla storia del paese.

 

Similmente per l’altro evento de “U ciucciu i San Giuvanni”.

I due eventi che dovrebbero essere attestati dalla pubblica amministrazione nella loro dignità e valenza culturale e turistica.

 

Nel nostro piccolo dedichiamo all’evento de “U juornu di Cjuoti” ed a loro questo nostro modesto lavoro , richiamando il banditore che un tempo Amantea utilizzava al posto dell’attuale WhatsApp e che si potrebbe usare accompagnato non dalla campanella o dalla trombetta ma dai tamburi.

U bannu

Sentiti, sentiti, gente de la mantia.

Sentiti, ca parramu de la nostra cjotia.

Stasira alla taverna facimu festa grande,

si balle, si mange, si ride e si cante.

Alli nove stasira! Tutti, partecipati.

E nun vi faciti canusciri, veniti maschjerati.

Cuntamu la storia da nave di cjuoti,

Ca passavi a si ricogljri tanti mantiuoti.

A Nucera inferiore pua li portave,

E china rimanje cuntientu restave.

“Almeno- dicje- pè stavota u sinnicu è fricatu

pecchì la nave n’un minn’ha purtatu.

Signu rimastu ancora alla mantia

a fari ogni juornu na bella ciotja”.

E puri a vua vi dicu “Gioia mia,

un v’inni jati : restati alla mantia.

U paisi di cjuoti e di la cjotia

evviva, evviva i cjuoti d’amantia”

Giuseppe Marchese

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