
Redazione TirrenoNews
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Le rapine ormai non fanno più notizia, ne vengono compiute a centinaia in tutte le Province italiane.
E per questo, ma solo per questo, la notizia viene relegata nelle pagine interne dei giornali locali, tanto non interessa a nessuno.
Se una vecchietta viene derubata dalla borsetta e scaraventata a terra mandandola all’ospedale col femore rotto, a chi potrebbe interessare la notizia?
Se due ladri di notte entrano in una casa di campagna e picchiano selvaggiamente un uomo e una donna anziana per rubare pochi spiccioli, la notizia non fa più rumore e dura lo spazio di un mattino.
Ma se una rapina viene compiuta non da un delinquente italiano o da un extra comunitario ma da un figlio di un Magistrato allora la notizia si espande a macchia d’olio e subito tutti i giornali e i telegiornali ne parlano a iosa.
Ieri è stato arrestato nella sua casa di Brescia il 32enne Gianmarco Buonanno, figlio del Magistrato di Brescia Tommaso che guida la Procura di Brescia perché mercoledì scorso con un mitra in mano ha assaltato il supermercato Conad di Zogno in provincia di Bergamo, sottraendo dalle casse del supermercato circa 12 mila euro.
Era in compagnia di altri due delinquenti, tutti con il volto coperto, quindi difficile da identificare. Ma poi sono stati identificati e arrestati.
Ora si trovano nel carcere di Brescia.
I Carabinieri hanno subito identificato uno dei tre, quello che impugnava il mitra, perché per effettuare la rapina ha usato la macchina del padre, quella del magistrato.
Chi l’avrebbe mai detto.
Chi avrebbe mai fermato una macchina che porta la paletta “Servizio di Stato”.
Ma i Carabinieri hanno subito visionato le riprese delle telecamere di sorveglianza del supermercato e hanno notato la targa di una macchina, quella proprio intestata al Magistrato e subito hanno capito che l’autore della rapina doveva essere per forza il figlio del magistrato.
E quando hanno fatto irruzione nell’abitazione hanno trovato parte del bottino e diverse armi da fuoco che sono forse servite per altre rapine effettuate nella zona.
Il figlio del Magistrato si è saputo che ha problemi di tossico dipendenza, forse per questo aveva bisogno di soldi che il padre si rifiutava di dargli..
Ma anche il fratello Francesco lo scorso anno ha avuto problemi con la giustizia per spaccio e consumo di cocaina.
In ogni famiglia, dirà qualcuno, c’è una mela marcia.
Forse è vero, però se quella mela marcia si trova in una famiglia per bene i cui capifamiglia occupano posti importanti nella società, in una famiglia dove il padre è chiamato ad esercitare la giustizia, la notizia della rapina non solo lascia l’amaro in bocca, ma lascia anche sconcerto e indignazione.
Ora cosa farà il padre?
Continuerà a fare il Procuratore?
Povero padre.
E’ tenuto a dimettersi dalla carica che occupa per colpe che lui non ha commesso?
Potrebbe non essere sereno quando dovrà giudicare gli altri imputati.
E chi sarà chiamato a giudicare il figlio degenerato reo di aver infangato la sua onorabilità e la sua carriera di Magistrato?
Chi avrebbe mai sospettato che l’autore della rapina fosse stato un figlio di un Magistrato?
E’ stato, purtroppo, il figlio maggiorenne del Capo della Procura di Brescia, vale a dire una persona che avrebbe avuto tutte le porte aperte per trovare un posto di lavoro, per una brillante carriera di avvocato o nella magistratura come il padre e perché no, anche in politica, con i tempi che corrono, se solo si fosse sforzato un tantino di più nello studio.
Invece che fa?
Vuole subito i soldi, tanti soldi e in contanti.
E va a fare le rapine a mano armata seminando panico e terrore nei supermercati con altri delinquenti, forse gli stessi che il padre qualche volta ha avuto modo di giudicare. Faccio proprio una fatica del diavolo a capire certe cose.
Poverino, voleva dare una mano in famiglia.
I soldi del padre, di un magistrato, che sono certamente una miseria rispetto al mensile di un operaio o di una maestra, non bastano a sfamare la famiglia.
Ed allora ecco che ci pensa il figlio per arrotondare lo stipendio.
Facendo un altro mestiere?
Ma quale mestiere?
Facendo il ladro.
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La minoranza chiede la istituzione della Commissione Pari Opportunità.
Martedì, 06 Febbraio 2018 14:56 Pubblicato in Belmonte CalabroEcco la richiesta:
Al Sig. Sindaco del Comune Belmonte Calabro Dott. Francesco Bruno
All’ Assessore del Comune di Belmonte Calabro dott.ssa Curcio Francesca
È necessario cogliere negli altri solo quello che di positivo sanno darci e non combattere ciò che è diverso, che è “altro” da noi. (Nilde Iotti)
Come Gruppo Politico “Insieme si …può” abbiamo voluto portare un esempio per supportare e condividere, allargando a nuovi contesti sociali e politici, il dialogo fra istituzioni e società civile rinnovando l’invito a voler istituire una commissione una Commissione Pari Opportunità tra donne e uomini; uno strumento di elaborazione e di proposta per il buon governo del nostro piccolo comune.
Un impegno che la nuova amministrazione tutta, nelle figure della maggioranza e della minoranza si è assunto in campagna elettorale.
Sosteniamo subito che una CPO (Commissione Pari Opportunità) non può essere vista come un piccolo ghetto che si occupa di cose di donne.
Le pari opportunità fra uomo e donna non devono essere considerati solo come un “obbligo istituzionale”, ma devono transitare trasversalmente in tutti gli ambiti settoriali del programma di governo della comunità e del territorio.
Per attuare questa trasversalità è necessario:
- assumere non solo il punto di vista maschile, ma anche quello delle donne che devono sentirsi cittadine, a pieno titolo, e quindi capire di essere in grado di incidere realmente sui meccanismi che intrecciano le politiche del territorio (dalla formazione al lavoro, dalle politiche per le famiglie ai servizi sulla vita quotidiana, dalla condivisione dei tempi di vita e di lavoro all’attenzione contro la violenza maschile);
- considerare le pari opportunità come punto centrale dell’attività amministrativa, al fine di avere cura della comunità consentendo alla nostra società di continuare a vivere non solo tra le mura di casa, specie in una situazione di crisi economica e politica come quella attuale, con una precisa attenzione rispetto ai bisogni, ai desideri e alle risorse;
- assumere il valore della diversità del punto di vista delle donne, come volano per comprendere le altre differenze presenti nella società.
Non si tratta quindi solo di evitare forme discriminatorie, riteniamo indispensabile promuovere la parità nella gestione della cosa pubblica, nelle relazioni private domestiche e in quelle pubbliche.
Un cambiamento politico, culturale, di rappresentazione della realtà che vuole promuovere il benessere di tutti donne e uomini, vecchi e giovani, autonomi e non.
Un contributo a tale impostazione può essere dato dalla creazione di una Commissione composta da sole donne, per promuovere la soggettività e la responsabilità femminile all’interno di uno spazio politico capace di formulare progetti e soluzioni da condividere in tutti gli altri luoghi e momenti della politica e dell’amministrazione cittadina.
Una Commissione composta da una rappresentanza che preveda la presenza di donne delle associazioni, delle professioni e delle forze politiche, presenti sul territorio ed in grado di creare un ponte tra le istituzioni e le realtà sociali e lavorative e che riescano a creare reti di confronto per una crescita personale e collettiva.
Sulla spinta delle motivazioni sopra indicate chiediamo, come consiglieri di minoranza, l’istituzione di una CPO (Commissione Pari opportunità) nel comune di Belmonte Calabro.
Si richiede formalmente che la proposta venga considerata come punto all’o.d.g del prossimo consiglio comunale.
Alla presente è allegata la proposta del regolamento della CPO
Belmonte Calabro 02-02-2017
I consiglieri di Minoranza
Giancarlo Pellegrino
Olinda Suriano
Alessio Furgiuele
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Abbiamo assistito ieri al duro confronto ( preelettorale) tra Dalila Nesci ed Enza Bruno Bossio sul grave problema degli LSU ed LPU.
Un duro confronto che in realtà avrebbe dovuto vedere esposti la Ministra Madia ( guarda caso candidata in Calabria)
il cui ministero emana una nota di cui ad oggi non si riesce a trovare traccia ufficiale ( alla faccia della trasparenza e della democrazia) ed il presidente Oliverio.
Un duro confronto che alla fine potrebbe trovare i più o meno incolpevoli responsabili nei sindaci che hanno ubbidito all’invito del presidente Oliverio , il quale a fine 2017 invitava i sindaci ad un «gesto di buon senso» spingendo i sindaci calabresi a «procedere subito con le delibere di proroga dei contratti» degli ex lsu-lpu.
Cosa che molti sindaci hanno fatto
Pochi sono stati quelli che hanno dubitato ed hanno sollecitato il pronunciamento del ministero che è intervenuto con la famosa introvabile circolare .
In attesa di leggere la circolare ecco un altro intervento tratto da IlCorrieredellaCalabria nel cui articolo di Sergio Pelaia troviamo questi passi:
“Il documento inviato da Roma ricorda dunque che (come dispone l’articolo 4, comma 8, del d.l. 101/2013) per arrivare alla stabilizzazione dei lavoratori ex lsu-lpu «le Regioni predispongono un elenco regionale dei suddetti lavoratori secondo criteri che contemperano l’anzianità anagrafica, l’anzianità di servizio e i carichi familiari».
Gli enti locali «che hanno vuoti in organico», dunque, «nel rispetto del loro fabbisogno e nell’ambito dei vincoli finanziari di cui al comma 6» dello stesso decreto procedono «all’assunzione a tempo indeterminato, anche con contratti di lavoro a tempo parziale, dei soggetti collocati nell’elenco regionale indirizzando una specifica richiesta alla Regione».
Il dipartimento Funzione pubblica specifica dunque che se gli enti non procedono alla stabilizzazione, e ciò vale già da gennaio 2018 in caso di mancata proroga, «i lavoratori interessati, alla scadenza del contratto di lavoro a tempo determinato, rientrano nel bacino» dei lavoratori ex lsu-lpu.
In questo caso, insomma, si tornerebbe punto e a capo”.
Era come appariva logico.
I comuni possono stabilizzare SOLO in presenza di vuoti in organico.
Cioè si creerebbe un canale speciale per LSU ed LPU senza necessità di ricorrere ad altre modalità di individuazione del personale.
La domanda da porsi ora è questa. Se un comune ha adottato la delibera di stabilizzazione su suggerimento di Oliverio di chi sarà la responsabilità?
Il seguente passaggio del richiamato articolo sembrerebbe poter ascrivere direttamente al presidente Oliverio questa responsabiltà:
“Benché implicitamente, dunque, si parla di un percorso di stabilizzazione che giustificherebbe la proroga, ma il fatto è che molti Comuni hanno rinnovato i contratti per il 2018 senza poter dare per certa una successiva stabilizzazione.
Una formula usata in molte delibere comunali e che, evidentemente, contrasta proprio con quanto disposto dalla legge Madia.
Anche perché è molto difficile che piccoli Comuni che hanno in servizio decine di ex lsu-lpu possano poi inserirli tutti nelle loro piante organiche.
«Sotto quest’aspetto, tuttavia, le conferme e le rassicurazioni – specifica infatti la circolare – possono essere date dalla competente Regione Calabria».
E ancora: «In riferimento alle presunte responsabilità derivanti dalla proroga dei contratti – specifica in maniera eloquente il dipartimento – si rinvia alla ricostruzione di cui sopra».
Un riferimento, questo, che non dovrebbe far dormire sonni tranquilli ai sindaci che hanno prorogato nell’incertezza della possibilità di stabilizzare”.
Mah!
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