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Nigeriano trasportava eroina nella pancia. Arrestato

Sabato, 31 Marzo 2018 22:02 Pubblicato in Italia

In carcere un uomo di 25 anni.

Gli agenti della sezione antidroga lo hanno seguito dalla stazione fiorentina di Rifredi fino a Prato. Deve rispondere di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente.

Viaggiava in treno con la droga divisa in ovuli occultati nell'intestino.

Un nigeriano di 25 anni è stato arrestato nel pomeriggio di ieri, venerdì 30 marzo, dagli agenti della sezione antidroga della questura di Prato che hanno recuperato 250 grammi di eroina divisa in una ventina di ovuli.

Lo spacciatore è stato arrestato alla stazione centrale di Prato subito dopo essere sceso dal treno partito da Firenze e diretto in Versilia.

Le indagini della polizia hanno avuto inizio alla stazione di Rifredi perché l'attività investigativa faceva ritenere che la droga arrivasse da Napoli per mezzo di pusher nigeriani.

Effettivamente dall'intercity Napoli-Milano è sceso un giovane già visto più volte in centro a Prato. Il nigeriano è stato seguito sul treno che ha preso successivamente ed è stato bloccato una volta sceso alla stazione centrale.

Ha subito ammesso di trasportare ovuli di eroina che ha espulso poi all'ospedale dove è anche stato sottoposto ad una tac.

Per lui sono scattate le manette.

Angela Rizzo è la carabiniera che ha denunciato le molestie subite da un superiore alla trasmissione "Presa Diretta" di Rai3.

Adesso però rischia di subire un procedimento disciplinare perché l'Arma non l'aveva autorizzata a parlare.

A parere del corpo dei carabinieri Rizzo avrebbe leso il "prestigio istituzionale" dell'Arma.  

La carabiniera lavorava al laboratorio di analisi delle sostanze stupefacenti del nucleo investigativo di Firenze e per mesi, secondo la sua denuncia, era stata molestata dal suo superiore, il maresciallo Luigi Ruggero.

Il tribunale militare ha condannato per due volte il maresciallo, sia nel primo, che nel secondo grado di giudizio.

E' attesa la sentenza della Cassazione. Rizzo ha però raccontato la sua storia ai microfoni di Rai3 il 10 marzo scorso.

"Rischia una sanzione cosiddetta di corpo come il richiamo verbale, il rimprovero scritto e qualche giorno di consegna - ha dichiarato l'avvocato della giovane alla Nazione -.

Più che altro, la sanzione può incidere negativamente sulla sua futura carriera. Mi auguro che l'esito sia l'archiviazione della vicenda perché ha già patito troppo per dover anche subire il trauma di una sanzione".


Ogni cittadino può trovarsi a scrivere ad una delle pubbliche amministrazioni per chiedere un atto, o l’adozione di un provvedimento od altro.

E spesso il politico od il dirigente, o funzionario, non rispondono alla richiesta con la tempestività che il cittadino si aspetta.

E se li solleciti, spesso se non sempre, ti senti rispondere “ Ho 30 giorni di tempo!” .

Come se 30 giorni fossero infiniti od almeno lunghissimi.

Quasi si spera che il cittadino dimentichi. Ma non sempre è così.

Riprendiamo questa diversa interpretazione alla luce della sentenza della Sesta Sezione della Corte di Cassazione (Presidente: ROTUNDO Relatore: COSTANTINI) adottata il 23/01/2018 e depositata in data 8 marzo 2018, relativa alla ricadenza dell’art 328, comma 2, del codice penale che punisce il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo.

La richiesta alla PA , ovviamente, deve essere rivolta per iscritto

Ora la Cassazione ha affermato che il reato non è configurabile quando la richiesta non è qualificabile quale diffida ad adempiere, diretta alla messa in mora del destinatario e da quest'ultimo in tali termini valutabile, per il suo tenore letterale e per il suo contenuto.

“Seppure, quindi, non siano necessarie frasi che riproducano pedissequamente la formulazione della legge in termini di «diffida» e «messa in mora», il contenuto della richiesta deve essere tesa a rappresentare quantomeno la cogenza delle richiesta e la sua necessità di un adempimento direttamente ricondotto alla disciplina del procedimento amministrativo e, se nel caso, circa le conseguenze in termini di responsabilità (incluse quelle penali) di una mancata risposta nei termini.

Solo a tali condizioni può ritenersi immediatamente e chiaramente percepibile, quale diffida; atto che già a livello lessicale implica la necessità di rappresentare le conseguenze in cui si incorre in caso di inadempimento, secondo la conformazione del reato, introdotto dall'art. 16 L. 26 aprile 1990, n. 86, che ha inteso rafforzare la tutela del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione, con la previsione di un paradigma legale che, attraverso la attivazione del diritto potestativo della istanza, conseguisse una tutela rafforzata delle posizioni soggettive, la cui salvaguardia era in precedenza demandata ai soli strumenti procedimentali o giurisdizionali dinanzi al giudice amministrativo”.

Può allora bastare una frase del genere “ La prego di non sottovalutare la presente richiesta che p resa anche ai sensi dell’art 328 del CP”

Secondo noi si. E poi nessuno deve lamentarsi!

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