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Amantea.Ecco dove andranno gli studenti delle scuole medie
Martedì, 07 Marzo 2017 09:21 Pubblicato in CronacaTrovata la soluzione per le 15 classi della scuola media
La situazione del plesso della scuola media G Mameli sembra difficilmente reversibile.
Lasciamo la parola ai tecnici che, se esiste, dovranno trovare una soluzione che
sia finanziariamente possibile.
Nel mentre, la commissaria e l’apparato comunale si trovano di fronte ad un problema serio.
Mica facile dire, come è stato detto, “ Usiamo il vecchio liceo”.
Ma lo stabile usato per decenni è pienamente sicuro o si trova nelle stesse condizioni della scuola media che a tutti sembrava sicura e che ci dicono sarebbe potuta collassare in caso di un sisma di media-alta entità?
Ed allora la soluzione trovata appare, nella immediatezza, la più ovvia.
Sarà utilizzata la struttura del Campus Temesa che è stato collaudato e che ha avuto perfino il nulla osta dei vigili del fuoco.
Tutte e 15 le classi potranno essere allocate in questa struttura senza interventi strutturali , cioè con immediatezza d’uso.
Certo dovrà essere allontanato chi oggi occupa parte dei vani ,tra cui la biblioteca-museo intitolata ad Alessandro Longo.
Ed altre associazioni .
Ma sembra che si tratti di una situazione provvisoria .
Si sta , infatti, studiando una soluzione alternativa o, comunque, quasi definitiva che si spera possa essere attivabile a breve.
Parliamo dell’uso dell’immobile dell’ufficio del Giudice di pace.
Certo, innanzitutto,l’immobile dovrà essere concesso in uso dal ministero di grazia e giustizia.
Poi la regione o lo stato dovranno erogare le somme necessarie alle modifiche che si renderanno opportune per l’adeguamento funzionale.
Se si volesse riprendere la funzione del GdP comune e ministero potranno, eventualmente, scambiarsi gli immobili destinando a questa funzione giudiziaria parte del Campus.
Domani comunque ci sarà l’ incontro con i genitori e se ne saprà di più.
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E’ Pierpaolo Bruni il nuovo procuratore capo di Paola.
Lunedì, 06 Marzo 2017 19:31 Pubblicato in PaolaLa Commissione per il conferimento degli incarichi direttivi del Consiglio superiore della magistratura ha indicato all'unanimità Pierpaolo Bruni per la nomina a Procuratore della Repubblica di Paola.
La quinta commissione che ha promosso il magistrato è composta dal presidente Valerio Fracassi, dal vicepresidente Paola Balducci e dai componenti Pierantonio Zanettin, Francesco Cananzi, Massimo Forciniti e Luca Forteleoni.
Bruni, attualmente in forza come sostituto alla Procura della Repubblica di Catanzaro, subentrerà a Paola a Bruno Giordano, che domani s'insedierà come Procuratore a Vibo Valentia.
Pierpaolo Bruni si è occupato per la Dda di Catanzaro di territori ad alta densità mafiosa come Crotone, Vibo Valentia e Cosenza.
Sarà adesso il plenum del Csm a deliberare la nomina di Bruni.
In attesa della ratifica del plenum del Consiglio superiore della Magistratura, il pm Pierpaolo Bruni continuerà a seguire i processi antimafia che lo vedono impegnato ogni settimana tra Catanzaro e Cosenza.
“La sua più importante inchiesta è certamente quella contro il presunto clan “Rango-zingari”.
Sia “Nuova Famiglia” sia “Doomsday” hanno permesso alla Dda di Catanzaro di ottenere in primo grado tantissime condanne, a cominciare dall’omicidio di Luca Bruni fino alla conferma dell’esistenza della cosca stessa.
D’altronde, il pentito Ernesto Foggetti in uno dei tanti verbali resi agli inquirenti illustrò il progetto delle cosche cosentine di ammazzare il magistrato di Crotone che in questo periodo ha sempre avuto al suo fianco gli uomini della Guardia di Finanza.
La storia mafiosa di Cosenza e dintorni ha fatto registrare due momenti decisivi: il primo riguarda l’omicidio di Francesco Messinetti e il secondo l’avvio della collaborazione con la giustizia di Adolfo Foggetti.
Nel primo caso, la procura di Cosenza – d’intesa con la Squadra Mobile – decide di mettere le cimici a casa di Maurizio Rango: sulla scrivania del pm Tridico arriva l’informativa “Thurium”, parte integrante di “Nuova Famiglia”.
Le intercettazioni ambientali dimostrano come Rango sia al vertice di un’associazione che intimidisce imprenditori e commercianti per ottenere illecitamente somme di denaro.
Nel secondo caso, invece, l’ex reggente nel Tirreno cosentino della presunta cosca “Rango-zingari” lascia il crimine e passa dalla parte della giustizia.
E’ il 17 dicembre del 2014 quando Foggetti, rinchiuso nel carcere di Cosenza, chiama gli agenti penitenziari e chiede di poter parlare con il pm Bruni e i suoi collaboratori.
Le dichiarazioni del “Biondo”, unitamente a quelle di Giuseppe Montemurro, Marco Massaro, Franco Bruzzese e Daniele Lamanna, producono due effetti: l’apertura di nuovi scenari investigativi e mettono spalle al muro soprattutto il mandante e l’esecutore materiale del delitto dell’ultimo boss della famiglia “Bella bella”.
Dalla politica ai fiumi di droga il discorso non cambia: al centro delle sue attività finiscono sia gli “zingari” di via Popilia che Marco Perna, figlio del boss Franco Perna.
Quel che sarà di “Apocalisse” lo scopriremo nel corso del processo, mentre la capacità degli Abbruzzese (e non solo) nell’organizzare un fiorente traffico di sostanze stupefacenti, è stata cristallizzata nella sentenza di primo grado emessa circa un anno fa a Catanzaro.
Quel “metodo d’indagine” che a Cosenza e dintorni ha prodotto risultati – tante condanne e poche assoluzioni – da domani sarà trasferito nel Tirreno cosentino.
Un territorio molto ostico e ricco di fenomeni criminali che da decenni tengono sotto scacco l’economia locale. Le inchieste contro il clan Muto di Cetraro vanno in questa direzione.”
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Veleni nell'Oliva, assolto Coccimiglio. E nessun colpevole. La foto!
Lunedì, 06 Marzo 2017 15:53 Pubblicato in Campora San GiovanniSi chiude con la storica sentenza della corte d'Assise di Cosenza di oggi 6 marzo 2017 la incredibile ed annosa vicenda del fiume Oliva.
In verità il pubblico ministero Maria Francesca Cerchiara della Procura di Paola aveva chiesto la assoluzione ex art 530 secondo comma cpp (ovvero con formula dubitativa) dei quattro proprietari dei terreni, dove – secondo l'impianto accusatorio – sarebbero stati interrati materiali altamente pericolosi che avrebbero contaminato l'area causando il disastro ambientale.
Si tratta di Vincenzo Launi, Giuseppina Marinaro, Antonio Sicoli e Arcangelo Guzzo.
Sempre il pubblico ministero Maria Francesca Cerchiara della Procura di Paola aveva chiesto, invece, la condanna di Coccimiglio a sedici anni e 6 mesi di carcere.
Oggi, invece, la Corte di Assise (presieduta dal giudice Giovanni Garofalo, a latere la collega Francesca De Vuono) ha assolto tutti gli imputati in base all'ex articolo 530 cpp per non avere commesso il fatto.
La vicenda ha avuto origine dal ritrovamento di una serie di rifiuti tossici e nocivi lungo la foce del Fiume Oliva, nei territori compresi tra Amantea, Aiello Calabro e Serra d'Aiello.
La Procura della Repubblica di Paola aveva contestato all’uomo di aver realizzato una enorme discarica con accumulo di decine di migliaia di metri cubi di fanghi contaminati con metalli pesanti ed altri inquinanti, tossici, nocivi e cancerogeni, e di avere avvelenato le acque del Fiume Oliva, destinate al consumo umano.
Nel giudizio si erano costituiti come parti civili numerosi enti, quali i Comuni della zona interessata, le organizzazioni ambientaliste e sindacali, ed il Comitato Civico "Natale De Grazia" di Amantea.
Secondo l'accusa, inoltre, proprio a causa dell'intombamento di quei veleni nella zona compresa tra Amantea, San Pietro in Amantea, Aiello Calabro e Serra d'Aiello si sarebbe verificato un nesso anche con la diffusione di tumori nell'area e avrebbe provocato tra l'altro la morte di Giancarlo Fuoco, un pescatore amatoriale che frequentava la zona e le lesioni a un amico del pescatore. La Procura di Paola, che ha svolto le indagini nei terreni dell'Oliva, sosteneva che fossero stati rinvenuti da 120 a 160 mila metri cubi di rifiuti e fanghi di varia natura, anche industriali, contaminati da metalli pesanti.
Inquinanti che avrebbero causato un disastro ambientale nella zona e che sarebbe stato causato, stando alle accuse, dall'interramento di rifiuti da parte della società di cui era titolare l'imprenditore amanteano.
Accuse sempre respinte dagli imputati, in particolare da Coccimiglio e smontate punto per punto dal difensore dell'imprenditore, l'avvocato Nicola Carratelli.
In sede dibattimentale l’avvocato Nicola Carratelli avrebbe dimostrato come l'accumulo del materiale inquinante non sarebbe potuto essere ricondotto all'attività dell'imprenditore, essendosi per contro dimostrato che per diversi anni quell'area era stata addirittura adibita a discarica da parte di alcuni Comuni.(vedi foto)
Secondo la difesa, si tratta di un processo che non avrebbe avuto modo di esistere.
«Cesare Coccimiglio - ha detto l'avvocato Carratelli - non è un criminale ambientale. Ma è un imprenditore onesto e serio che ha dato e da' lavoro a centinaia di persone. Una vicenda processuale durata quattro anni che avrebbe distrutto qualsiasi imprenditore».
Le motivazioni della sentenza saranno rese note tra 90 giorni.
Intanto continuiamo a mostrare la foto della discarica nel fiume Oliva ed il cui percolato è potuto essere alla base del reale inquinamento insieme ad altro …….
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