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Redazione TirrenoNews

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Come è possibile che in Calabria possano succedere queste cose?

Siamo forse in presenza di un esercito di Franceschiello?

E chi è Francesco II di Borbone?

Solo Mario Oliverio o quanti altri si nascondono dietro le sue folte chiome?

Ecco cosa denuncia la CISL.

Il sindacato denuncia gli utilizzi temporanei disposti da un decreto del 30 novembre 2016. Dipendenti degli ospedali sono chiamati a svolgere incarichi amministrativi alla Cittadella. «È in atto un'emorragia in un settore già fortemente penalizzato»

“Arrivano a quota 56 i dipendenti del comparto sanitario in prestito alla Regione Calabria. Utilizzi temporanei di lavoratori su cui la Cisal chiede di fare luce, visto che alcuni di essi si protrarrebbero da quasi dieci anni o, in un altro caso, lo stesso dipendente sarebbe stato ceduto contemporaneamente da due distinte aziende, sanitaria e ospedaliera: «Com’è possibile che con decreto del 30 novembre 2016, il dirigente generale del dipartimento Tutela della salute e Politiche sanitarie non abbia fatto caso che un dipendente è stato prorogato da due aziende diverse? Un decreto, quest’ultimo, nel quale si dispone l’utilizzo temporaneo, fino al 31 dicembre 2018, di 39 unità lavorative delle diverse aziende ospedaliere e sanitarie».

«Sembra incredibile – evidenzia il sindacato – che in continuazione vengano svuotate le corsie degli ospedali calabresi per trasferire il personale negli uffici amministrativi della Cittadella regionale. Ostetriche ed infermieri, infatti, invece di svolgere il lavoro per il quale sono stati assunti, preferiscono “accomodarsi” in ufficio per svolgere mansioni amministrative. Non si comprende la logica di tale fenomeno. Forse svolgere incarichi amministrativi in Regione equivale a somministrare farmaci e flebo in corsia?

La perizia nell’effettuare iniezioni di medicinali abilita anche a gestire impegni contabili e liquidazioni? E poi questo progressivo svuotamento dalle corsie dei nosocomi come si configura all’interno della gestione del sistema sanitario regionale?

Come può pretendere il presidente della Regione Calabria di essere nominato commissario per il piano di rientro della sanità se la “macchina” che lui stesso amministra causa questa emorragia di personale alle aziende sanitarie?».

«Dopo un’attenta verifica – proseguono i vertici della Cisal – abbiamo scoperto tanto altro ancora. Il flusso di personale comandato presso la Regione Calabria e proveniente dalle strutture sanitarie è inarrestabile.

Il record di trasferimenti in uscita lo detiene l’Asp di Catanzaro con ben 21 dipendenti “ceduti”, seguita dall’A.O. Pugliese-Ciaccio del capoluogo di regione a quota 12, dall’Asp di Cosenza con 8 unità, e quindi dall’Asp di Crotone che ha mandato in Regione 5 lavoratori, dall’A.O. Mater Domini che ha dato in prestito 4 dipendenti a pari merito con l’Asp di Reggio Calabria e, fanalino di coda, l’Asp di Vibo Valentia con sole 2 unità assegnate temporaneamente».

Numeri alla mano, «stiamo parlando di ben 56 dipendenti – rileva la Cisal – che, cosa ben più strana, rappresentano il 65% del personale del dipartimento Tutela della Salute e Politiche sanitarie. Ancora più strano pare il fatto che, dopo averli acquisiti in maniera quanto meno opinabile, il citato dipartimento ha poi reputato di poterne fare a meno tanto da consentire a 7 unità lavorative di transitare presso la Stazione unica appaltante.

Pare, insomma, che sia stato messo in piedi un iter amministrativo per acquisire personale regionale senza le necessarie procedure concorsuali, come previsto dalla normativa vigente. Ma non finisce qui. Agli stipendi tabellari, di alcuni dei dipendenti trasferiti, sono stati aggiunti lauti compensi grazie all’assegnazione di posizioni organizzative, perfino a personale a tempo determinato».

«Come si può – si domanda la Cisal – concedere una posizione organizzativa a personale a “tempo determinato” o a risorse umane comunque, in “prestito”?

E il personale già in forza alla Regione deve rimanere a guardare? Si è preventivamente verificato che nessun dipendente regionale di ruolo potesse ricoprire con altrettanta competenza i posti affidati al personale esterno?».

«Perché – rincara il sindacato – la Regione rimborsa e riconosce la posizione organizzativa a dipendenti contrattualizzati da un’azienda sanitaria, oltretutto uno dei quali a tempo determinato? Partendo dai casi citati chiediamo l’immediato accertamento su ogni singolo “utilizzo temporaneo”, anche perché di temporaneo hanno ben poco visto che ci sono proroghe risalenti al 2008!».

«Guardando al lato strettamente economico – prosegue la Cisal – vogliamo ribadire che qui non si parla assolutamente di costo zero. Per la Regione Calabria questi “prestiti” hanno un prezzo, partendo dai rimborsi alle Asp per le posizioni organizzative sottratte “abusivamente” ai dipendenti regionali, fino ad arrivare agli spazi occupati negli uffici della Cittadella con la conseguente attivazione di una serie di servizi che gratis non sono. Per fare solo qualche esempio: postazione lavorativa, computer, stampante, corrente elettrica, riscaldamento, aria condizionata, linea telefonica, internet e cancelleria».

Oltre alla spesa la Cisal guarda anche alla resa: «Una buona percentuale di persone – sottolineano i vertici sindacali – riteniamo siano state collocate al posto sbagliato, in quanto avrebbero le potenzialità per essere più efficaci ed efficienti in contesti operativi diversi da quelli assunti con l’assegnazione temporanea. Invece, assistiamo al “passeggio” nei corridoi regionali di medici e infermieri sottratti ai compiti per i quali sono stati assunti negli ospedali calabresi. A cui si aggiunge una schiera composta da nutrizionisti, ostetriche, psicologi, dirigenti medici di pronto soccorso, biologi, tecnici della prevenzione oltre alle due infermiere professionali e agli altrettanti dirigenti medici di cui abbiamo ampliamente discusso solo qualche settimana fa».

«Quale sarà mai la logica di tale fenomeno di migrazione? – è la domanda del sindacato, che prosegue –. In Regione lavorano all’incirca 1.970 persone, qualora questo numero non fosse sufficiente perché non indire dei concorsi per meglio valorizzare il personale interno? Non è ben chiaro il motivo per cui viene utilizzato personale esterno e, soprattutto, perché sottrarre queste energie a una sanità che è già in grosse difficoltà. D’altro canto, invece, assistiamo al fatto che, lo scorso 8 novembre 2017, un dipendente regionale (a tempo indeterminato – categoria C) ha presentato istanza di mobilità interna interdipartimentale, presso il dipartimento Tutela della salute e Politiche sanitarie, e non gli è stata accettata (ahinoi!). Ma insomma il citato dipartimento ha bisogno di essere rinforzato o no? O l’unico rinforzo ammissibile è quello che proviene dall’esterno?».

A questo punto la Cisal alza il tiro: «Vuoi vedere che tra questi “casi” di utilizzi temporanei sussistono pure rapporti di parentela? A pensar male si fa peccato ma spesso s’indovina».

«Ce n’è quanto basta – continua la Cisal – per richiedere all’amministrazione regionale provvedimenti urgenti e straordinari per fermare questo modo di gestire la cosa pubblica e, se è il caso, annullare i provvedimenti amministrativi che hanno permesso quanto denunciato. Provvedimenti che ledono la dignità professionale sia dei lavoratori “pro tempore” sia dei dipendenti dell’Ente. Provvedimenti sulla cui regolarità permangono forti dubbi. Perplessità che ci spingono a sollecitare le aziende sanitarie, ospedaliere e la stessa Regione Calabria, quale ente controllore, a riportare con urgenza il personale nelle rispettive aziende di appartenenza. Rimanere sordi – concludono i vertici sindacali calabresi – alle nostre ripetute istanze di normalizzazione, che giungono ormai da tutti i lavoratori regionali, significa minare la loro fiducia e quella dei cittadini calabresi nelle istituzioni». Con buona pace dei lavoratori regionali che ne continueranno a pagare il prezzo più alto.

Da https://www.laltrocorriere.it/cisal-regione-56-imboscati-dalla-sanita/

Arriva il Natale ed il Nuovo anno ed Amantea si fa bella.

Lunedì, 04 Dicembre 2017 14:16 Pubblicato in Primo Piano

Che Amantea ami il Natale è noto a tutti.

Ne sono la storica riprova, tra l’altro, i presepi nelle chiese e nelle case.

Presepi che sono stati, sono , e, ci auguriamo, saranno, il simbolo di una attenzione fedele e duratura alla storia di Cristo ed alla sua umanità, la rappresentazione di una religiosità sociale che nessuno, finora, è riuscito a far perdere, la memoria di un popolo che ha costruito nel tempo i suoi elementi culturali che ne costituiscono la orditura portante e solidale.

Ma Amantea come si sa vive anche di commercio e così essere bella, soprattutto a Natale, è un obbligo.

Un omaggio agli stessi Amanteani.

Un omaggio, soprattutto, a chi la visita.

Crediamo sia questo l’obbiettivo che ha indotto l’amministrazione a far potare l’albero più bello che ancora( e speriamo per tanto tempo ancora) vegeta in Via Margherita nella piazzetta condivisa tra “Gli Amanteani nel Mondo” e gli “Emigranti”( è nota la dicotomia )

Non appaia strano che la potatura anziché d’estate, quando la pianta può soffrire della siccità, sia stata fatta d’inverno.

E’ proprio questa la prova si sia voluto intenzionalmente far bella la principale via cittadina.

Peraltro ci dicono alcuni tecnici il “latte” che cadrà dai rami recisi non sporcherà chi si ponga sotto grazie alla pioggia che continua a cadere.

Non solo.

Ed una ulteriore riprova della voglia di far bella Amantea è che il servizio giardinaggio del nostro comune non ha atteso la luna calante per eseguire la potatura.

Ora si potrà andare nella piazzetta senza essere toccati da rami troppo bassi! Vero?

Natale è alle porte.

Non ce lo dice soltanto il calendario appeso in cucina, ma ce lo dicono le cataste dei panettoni nei supermercati e le sfavillanti luci multicolori dei negozi e delle strade.

In varie città italiane hanno aperto da diversi giorni i mercatini di Natale.

(nella foto il presepe di San Bernardino)

Anche Cosenza, secondo la tradizione, ha il suo mercatino.

Quest’anno è in Piazza Bilotti ex Piazza Fera. Pastori, stelle filanti, alberi di Natale artificiali, palline colorate, oggetti in ceramica artistica calabrese e poi anche frittelle e cullurielli.

Non potevano mancare i fichi e le crocette della famosa ditta a noi molto cara e vicina, la ditta Colavolpe.

E come ogni anno puntualmente arriva la querelle:- Il presepe o l’albero di Natale?-

Io mi schiero per la tradizione e scelgo il presepe e ricordo con piacere la storica battuta della commedia “Natale in casa Cupiello” di Eduardo De Filippo:- Tommasì, te piace ‘o presebbio?-

In alcuni negozi del Nord non si trovano più i pastori di un tempo: Non si trova più la Madonna e San Giuseppe, e la capanna col bue e l’asinello.

Il loro posto è stato preso dall’albero di Natale. E’ di moda. E’ più chick. Con i suoi addobbi, con le stelle filanti, con le luci colorate, con la natività di Nostro Signore non c’entra un tubo.

Ma dato che è di moda l’albero di Natale anche quest’anno i pastori, la capanna, le casette, gli zampognari,

Gesù Bambino sono stati dimenticati nel più angolo remoto della soffitta. Io, però, a scanso di equivoci, preferisco il presepe.

Perché mi ricorda tempi lontani quando si era felici anche se nella miseria.

Il presepe che ho impresso nella mente e che porto nel mio cuore è quello costruito con scatole di cartone, con tronchi di sughero, con carta di imballaggio per le montagne, con l’ovatta per la neve, con gli specchietti di vetro per i laghetti, con il muschio che andavo a raccogliere nei boschi, con i pastori di creta fatti a mano che ci portava nelle nostre case “U capillaru” Giorgio che abitava alle Rote in Amantea in cambio dei capelli della mamma e di mia sorella Anna.

Era bello il mio presepe anche se i risultati a volte erano goffi e commoventi. I pastori erano più grandi delle casette.

Gli odierni presepi che si vendono in un unico blocco nel mercatino di Natale a Cosenza ed in alcuni negozi di Amantea sono bellissimi e perfetti, ma non danno nessuna soddisfazione a chi li compra.

Dov’è finita l’attesa, la preparazione del tavolo e dei cartoni, la gioia nello srotolare i pastori avvolti nella carta di giornali, la messa in opera delle casette, la raccolta del muschio, il posizionamento dei pastori.

La costruzione del presepe era un gioco bellissimo ed impegnativo, ne sanno qualcosa alcuni amici di Amantea che ogni anno preparano i presepi nelle case e nelle chiese.

Occupava parecchio tempo e serviva ad unire tra loro le persone: insegnanti ed alunni, nonni e nipotini, uomini e donne, vecchi e bambini, ricchi e poveri, eruditi ed analfabeti.

Esso descriveva e descrive tuttora un evento storico inconfutabile: la venuta di Gesù sulla terra. In ogni vero presepe sia piccolo o grande, semplice o sfarzoso, fatto di cartapesta o di sughero, con pastori di creta fatti a mano o comprati a Napoli a San Gregorio Armeno,, ci riconosciamo un poco di noi stessi.

Il presepe, sia piccolo che grande, bello o goffo, ci ricorda la dolcezza della nostra infanzia spensierata, ci ricorda la nostra cara mamma che con le vicine di casa friggeva “turdilli e cullurielli” nelle grandi cucine piene di fumo e di fuliggine, ci ricorda la nonna che cullava il nipotino e gli raccontava le rumanze, ci ricorda tutta la famiglia riunita per Natale intorno ad una lunga tavola apparecchiata con tredici pietanze.

Lasciamo dunque la preparazione dell’albero di Natale agli abitanti del Nord.

Noi del Sud preferiamo il presepe perché non solo i nostri gusti personali e le nostre preferenze sono diverse, ma sono diversi la visione della vita, della casa, della famiglia, dell’amore, della gioia, dello stare insieme, di essere, almeno a Natale, un cuore ed un’anima sola. Noi del Sud sin da piccoli abbiamo costruito il presepe e, quindi, siamo cresciuti con esso. Lasciamo a quelli del Nord l’albero.

A noi ci piace di più il presepe. I miei amici di Tirreno News sono d’accordo?

E Luca "Ottenuto il sospirato sì, disperde lo sguardo lontano come per inseguire una visione incantevole: un Presepe grande come il mondo, sul quale scorge un brulichio festoso di uomini veri, ma piccoli piccoli, che si danno un da fare incredibile per giungere in fretta alla capanna, dove un vero asinello e una vera mucca, piccoli anch'essi come gli uomini, stanno riscaldando con i loro fiati un Gesù Bambino grande grande che palpita e piange, come piangerebbe un qualunque neonato piccolo piccolo..."

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