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In un mese esatto dall’inizio della stagione venatoria gli uomini della Polizia Provinciale di Cosenza hanno condotto una intensa attività di prevenzione e repressione degli illeciti connessi all’esercizio della caccia effettuando un capillare pattugliamento e controllo del territorio.

In un mese sono stati eseguiti ben 415 controlli caccia, nell’ambito dei quali sono state denunciate 12 persone per reati connessi all’attività venatoria e comminate 18 sanzioni amministrative.

Sequestrati 11 i fucili , 135 munizioni e 44 gli esemplari di fauna abbattuta.

Ieri la Polizia Provinciale ha denunciato due bracconieri a Cassano allo Ionio e sequestrati 2 fucili, 83 cartucce ed un richiamo acustico elettromagnetico vietato dalla legge.

12 le persone denunciate.

“Nello scorso weekend, in agro di Cassano allo Ionio, in località Cucchiararo - Terzeria, il personale della Polizia Provinciale, in servizio presso il distaccamento di Mormanno, ha sorpreso due persone, R. L. e F. M., entrambi residenti a Cassano allo Ionio, intente ad esercitare la caccia in forma vagante nei pressi del luogo in cui si udiva un forte suono equiparabile al canto della quaglia, evidentemente proveniente dall’amplificatore di un richiamo elettromagnetico.

La Legge 157/92 vieta espressamente l’utilizzo di tali congegni negli articoli 21 e 30, per cui, ricorrendone i presupposti, i due uomini sono stati denunciati alla competente Procura della Repubblica. Si è, inoltre, proceduto al sequestro dei due fucili, delle relative munizioni, dei nove capi di fauna abbattuta e del suddetto richiamo.

Soltanto pochi giorni prima, in agro di San Giovanni in Fiore, la Polizia Provinciale aveva denunciato altri due cacciatori, poiché sorpresi a portare ed utilizzare le armi, senza possedere il richiesto porto di fucile.

Uno dei fenomeni più diffusi, purtroppo, è quello di “richiamare”, durante la notte, la fauna selvatica in un determinato luogo, avvalendosi di congegni acustici riproducenti il canto delle specie che s’intende abbattere, al fine di poter esercitare l’attività venatoria, il mattino seguente, in maniera più semplice e proficua ma, ovviamente, del tutto illecita. Ad oggi, sono stati sequestrati ben 8 richiami elettromagnetici rinvenuti in tutto il territorio provinciale. Per alcuni di essi, sono in corso le indagini per risalire ai proprietari.

Le attività del Corpo di Polizia Provinciale, in ambito venatorio, proseguiranno in maniera ininterrotta e serrata per tutto il periodo di apertura della caccia, con la mobilitazione di uomini e mezzi dislocati all’interno territorio provinciale.”

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Si conclude la storia di Mimmo Barile. E si conclude drammaticamente con gli arresti domiciliari disposti dal GIP Maria Rosaria De Girolamo su richiesta del PM Paolo Petrolo.

La vicenda è quella relativa all’ammanco di 500 000 euro dalle Casse della Field (Fondazione innovazione emersione locale disegno del territorio).

Il buco era stato scoperto e denunciato dal presidente del collegio dei revisori, Maurizio De Filippo.

Il sostituto procuratore, Paolo Petrolo, dopo la denuncia era riuscito a mettere le mani su venti assegni circolari, di importo diverso e con destinatari diversi, per un totale di 500 mila euro, pari all'ammanco riscontrato nelle casse della Field e tutti, con un'unica firma, quella di Domenico Barile.

Gli assegni sono stati rintracciati dai militari della Guardia di finanza in diverse banche ed in un

paio di casi sarebbero stati versati anche ad uno studio notarile.

Da qui la sospensione dall’incarico di presidente.

E Barile si era impegnato, in tutta fretta, a coprire l'ammanco di 500 mila euro, proponendo a garanzia una fideiussione, e chiedendo, per voce degli avvocati Roberto Le Pera (del Foro di Cosenza) e Giancarlo Pittelli ed Enzo Galeota (del foro di Catanzaro), di essere sentito dalla magistratura.

Barile si sa è titolare di vari alberghi della Cosenza-Rende.

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Non è certo la prima volta che le questioni interne al PD hanno sollecitato le minacce del ricorso alle Procure, anche se poi non si è mai vista una cosa del genere.

Ma questa volta la questione potrebbe davvero finire alla attenzione dei giudici per mille ragioni tra cui il falso.

La voce del ricorso alla procura è nata per via del fatto che i “renziani contestano il “verbale” secondo cui le due parti bersaniani e renziani avrebbero accettato la decisione sulla data del congresso, qualsiasi essa sia”, un verbale che “qualcuno” avrebbe mandato a Roma per comunicare le conclusioni del “conclave” di Lamezia .

La verità, invece secondo i renziani, è loro, avrebbero accettato la scelta della Commissione nazionale di garanzia solo nel caso in cui avesse deliberato l’avvio del congresso regionale solo dopo quello nazionale. Insomma, solo se Roma avesse dato loro ragione.

Ma il problema vero è che in ballo c’è la candidatura alla regione e quindi la guida della Calabria. In realtà sembra che lo schieramento renziano si avvii a prendere il governo del PD calabrese e quindi a determinare il candidato a governatore della regione.

Uno schieramento amplissimo nel quale si trovano, al momento, renziani, franceschiniani, lettiani, l'area socialista guidata da Sandro Principe, parte dei fioroniani (Covello, De Nisi e Scalzo) e veltroniani .

Sconfitti sarebbero invece i bersaniani, da poco diventati neo-cuperliani, Nico Stumpo e Alfredo D'Attorre, la cui mozione è stata illustrata da Seby Romeo che insisteva per accorciare i tempi ed eleggere il segretario del Pd calabrese prima di quello nazionale, una tattica tesa a spianare la strada all'elezione a segretario di Mario Oliverio, che avrebbe potuto contare su una struttura di partito ancora figlia della maggioranza bersaniana venuta fuori dal congresso del 2009.

La preoccupazione maggiore di Stumpo e D'Attorre è che una probabile vittoria di Matteo Renzi l'8 dicembre possa innescare un effetto domino anche sulla scelta dei leader regionali del partito.

La paura è che Renzi ed i renziani smuovano gli inamovibili e prendano il governo del PD calabrese. Un guaio per tanti baroni del partito.

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