
I due rumeni sono stati rintracciati dopo ricerche prolungate.
Avevano più volte violate la misura del divieto di dimora rendendosi irreperibili per giorni
Rende. I militari del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Carabinieri Rende diretti dal capitano Maieli, unitamente ai
militari di Lamezia Terme hanno tratto in arresto, un 30enne e un 31enne entrambi di nazionalità rumena.
Dopo prolungate ricerche, i carabinieri hanno notificato ai due uomini, già sottoposti alla misura del divieto di dimora in Acri e resisi irreperibili da 10 giorni, l’ordine restrittivo quale aggravamento della misura in atto per le continue violazioni agli obblighi impostigli.
Il provvedimento scaturisce dal reato di violenza, resistenza, minaccia a Pubblico Ufficiale e lesioni personali commesso dai due uomini in Acri il 6 marzo scorso: in evidente stato di ebbrezza, avevano prima molestato i passanti e gli automobilisti mettendosi in mezzo la strada e lanciando sassi e bottiglie in vetro contro le malcapitate vittime e successivamente aggredito i militari intervenuti sul posto cagionandogli lesioni.
Gli arrestati, al termine delle formalità di rito sono stati tradotti presso la casa circondariale di Catanzaro.
Chiarezza sui conteggi dei voti della Corte d’Appello
COSENZA - Venerdì, 23 Marzo 2018 – A questo punto sarebbe opportuno capire quali sono i criteri di attribuzione e – paradossalmente – di scelta con i quali la Corte d’Appello di Catanzaro stabilisce l’elezione e la nomina (o meno) dei rappresentanti delle Istituzioni. Le vicende, incomprensibili, che hanno caratterizzato le ultime elezioni dei rappresentanti calabresi alle Politiche del 4 marzo scorso chiedono chiarezza e verità dei fatti. Come avviene la conta dei voti e l’attribuzione dei seggi? Come mai la Corte d’Appello di Catanzaro ha attribuito dei voti che sono stati sovvertiti dalla “riconta”, dopo il clamore nazionale, tanto da determinare addirittura la diversa designazione dei Parlamentari in tutta Italia? E meno male che per le Politiche c’è anche la Cassazione! Differentemente dalle Regionali e dalle Amministrative calabresi dove ad avere l’ultima parola è solo la corte catanzarese (salvo ricorsi che poi ristabiliscono i giusti equilibri). Sia chiaro, senza voler dare adito a fraintendimenti, non mettiamo sotto accusa il Sistema Giustizia, che rimane per noi e per i cittadini il principale garante della democrazia. Ci aspettiamo come cittadini che le operazioni vengano svolte con accuratezza e trasparenza: oggi, domani e sempre. Visto però quanto accaduto, si può dare adito a considerazioni di negligenza e superficialità di fondo – in tal caso da correggere così da scongiurare imperdonabili errori nel decorso della democrazia – oppure – in una peggiore ipotesi – che possa esserci, infiltrata negli apparati della giustizia, qualche “manina” che, in modo sornione e all’insaputa di tutti, indirizzi ed influenzi con esclusività e a proprio piacimento gli esiti ed i responsi elettorali. È su questi dubbi e interrogativi che da cittadini, ancor prima che da rappresentanti istituzionali e politici rappresentativi dei calabresi, che chiediamo al Ministro della Giustizia e al Consiglio Superiore della Magistratura di indagare e far luce. Crediamo sia un atto dovuto - anche in vista dei prossimi ed importanti appuntamenti elettorali regionali - per continuare a garantire non solo affidabilità al Sistema Giustizia italiano ma soprattutto per consentire che la volontà democratica dei cittadini possa essere rispettata ed essere davvero sovrana.
Ennio Morrone
Presidente Commissione Speciale di Vigilanza del Consiglio Regionale della Calabria
Giuseppe Graziano
già Segretario Questore del Consiglio Regionale della Calabria
Inizialmente furono inquisiti ventiquattro docenti.
L’accusa della Procura fu quella che alcune persone che godevano dei benefici della legge 104 tipici dei tre giorni di permesso al mese retribuiti e della possibilità di scegliere una sede più vicina al diretto interessato, ossia alla persona invalida bisognosa di assistenza, avrebbero dichiarato il falso, che costituisce un falso del privato davanti al pubblico ufficiale, inducendo di conseguenza in errore il provveditorato agli Studi; questa induzione in errore, avrebbe causato un falso ideologico del pubblico ufficiale perché l’assistenza non sarebbe stata adeguatamente prestata o non prestata per niente.
Il Gip Cristofano li prosciolse.
La Procura bruzia impugnò il proscioglimento in Cassazione
Il Procuratore Generale ne chiese il rigetto sostenendo che : “Questo è un colosso con i piedi di argilla, si deve rigettare questa impugnativa”.
La Corte di Cassazione annullò la sentenza del Gup di Cosenza e rinviò per una nuova udienza preliminare che si svolse dinanzi al giudice Carpino.
Una parte scelse il giudizio abbreviato e venne assolta.
Un’altra parte optò per il rito ordinario.
Dopo nove anni anche i 12 imputati hanno visto oggi una sentenza di assoluzione.
La sentenza è stata emessa dal giudice Gallo, in composizione monocratica.
Assolti i dodici docenti che avevano scelto il rito ordinario: Orietta Cosentini, Rosaria Ginese, Adele Granato, Rosa Alba Rita Guarascio, Emanuela Antonella Lucirino, Maria Mancuso, Rosanna Mannarino, Olimpia Marini, Franca Luise Marrelli, Rita Paoli, Francesca Maria Massaro, Emanuela Ominelli.
Il collegio difensivo era composto da Salvatore Tropea, Francesco Calabrò, Pietro Perugini, Antonio Quintieri, Ugo Le Donne, Vincenzo Belvedere, Innocenzo Palazzo, Matteo Cristiani, Antonella Ponterio, Domenico Lopolito.