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Quattro anni di carcere a Pietro Citrigno e 2 anni a Fausto Aquino. Il Tribunale di Cosenza ha condannato per bancarotta preferenziale gli editori di “Calabria Ora”, il giornale fallito nel 2013 quando era direttore Piero Sansonetti.

La presidente del Tribunale Claudia Pingitore ha inflitto pene anche più pesanti di quelle che aveva auspicato in mattinata il pubblico ministero Giuseppe Cozzolino che, al termine della requisitoria, aveva chiesto 3 anni e 6 mesi di reclusione per Citrigno, già condannato per usura aggravata dalle modalità mafiose nell’ambito del processo “Twister”. Sono stati condannati anche gli amministratori Rosanna Grillo (un anno di reclusione) e Tommaso Funari (10 mesi), considerati le “teste di legno” di Citrigno.

Durante il processo sono state ricostruite le scatole cinesi che stavano dietro “Calabria Ora”, nata nel 2006 con la “Cec Srl” di Citrigno e Aquino. Nel 2009, il quotidiano calabrese è passato in mano alla “Paese Sera editoriale Srl “, con a capo l’amministratore delegato Massimo Zimbo (l’unico assolto), e poi nel 2013 alla “C&C”.

Tante società ma due soli dominus (Fausto Aquino e, soprattutto Piero Citrigno) che hanno gestito il giornale in modo da favorire i creditori “amici” come lo stampatore Umberto De Rose al quale “la Cec, proprio prima di fallire, – ha spiegato il pm Cozzolino – ha liquidato 500mila euro. Tutto a scapito dei confronti dello Stato e degli enti previdenziali che negli anni avevano accumulato debiti che in fin dei conti hanno superato il milione di euro”.

Ecco perché, secondo la Procura, sulle spalle del quotidiano calabrese e dei suoi giornalisti (alcuni dei quali costituiti parte civile nel processo)  si è consumata una bancarotta “preferenziale”. Nel corso dell’istruttoria dibattimentale, inoltre, sono stati sentiti i vari curatori fallimentari ma anche una cinquantina di giornalisti che, alla guardia di finanza, avevano già spiegato come qual era l’andazzo nel giornale guidato da Piero Sansonetti, oggi direttore del “Dubbio”. Tutti hanno fornito al Tribunale la stessa versione: contratti e pagamenti, in sostanza, li decideva Piero Citrigno “deus ex machina” di Calabria Ora.

Circostanza, questa, già emersa nell’altro processo in cui l’editore cosentino è stato condannato a 4 mesi di carcere per violenza privata nei confronti del giornalista Alessandro Bozzo, che si è suicidato qualche mese dopo aver firmato le dimissioni ed essere stato costretto a cambiare il contratto a tempo determinato.

Ritornando alla bancarotta preferenziale, il Tribunale di Cosenza ha condannato Rosanna Crillo, Piero Citrigno, Fausto Aquino e Tommaso Funaro al risarcimento del danno e delle spese legali in favore delle parti civile.

Fonte: Il Fatto Quotidiano

Pubblicato in Cosenza

“Il gup del Tribunale di Cosen za, Sergio Caliò, ha rinviato a giudizio l'impren ditore cosentino Piero Citrigno, 63 anni, l'impren ditore Fausto Aquino, 59 anni e tre ammini stratori delle società, riconducibili a Citrigno, fallite.

 

Ovvero: Rosanna Grillo, 57 anni di Squillace; Tommaso Funari, 57, e Massimo Zimbo, 46 anni, entrambi di Cosenza.

Per loro il processo inizierà il prossimo 12 aprile.

Secondo l'accusa - rappresentata dai pm Giuseppe Cozzolino, Donatella Donato e Giuseppe Cava - avrebbero distratto illecitamente fondi dalla disponibilità delle due società fallite, danneggiando i creditori. Tra questi ci sono diversi giornalisti del quotidiano "Calabria Ora", edito in periodi diversi, dalle società editoriali "Cooperativa editoriale calabrese (Cec)" e "Paese Sera editoriale".

 

La prima è stata dichiarata fallita dal tribunale a gennaio del 2012.

La seconda nel 2013.

L'inchiesta nasce da una complessa attività di indagine condotta dalla Guardia di finanza di Cosenza che ha spulciato una serie di documenti e sentito un numero cospicuo di giornalisti e dipendenti delle società.

Aquino - in qualità di presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante della cooperativa editoriale calabrese fino al 14-1-2009 nonché di amministratore di fatto della stessa (società dichiarata fallita dal tribunale di Cosenza in data 11-1-2012 -, Rosanna Grillo - nella qualità di amministratore unico e legale rappresentante della società fallita a partire dal gennaio 2009 - Pietro Citrigno - in qualità di amministratore di fatto e direttore generale della Cec - avrebbero distratto l'intero complesso aziendale in favore di Paese Sera editoriale.

 

Per la pubblica accusa, Massimo Zimbo - in qualità di amministratore unico e legale rappresentante di Paese Sera editoriale srl (dichiarata fallita dal tribunale di Cosenza il 16 gennaio del 2013) - dal 18-12-08 al 21-06-2010, in accordo con Pietro Citrigno, amministratore di fatto della società fallita, allo scopo di favorire a danno dei creditori (in particolare l'erario e gli istituti previdenziali), taluno di essi, avrebbe eseguito pagamenti a favore della cooperativa editoriale calabrese arl mediante bonifici, con addebito del conto corrente (intestato alla società fallita) acceso alla Bcc di Cosenza per un ammontare complessivo pari a 141.500 euro per il 2009 e 363.778 euro per il 2010. Con l'aggravante - scrivono i pm - di aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità.
Tommaso Funari - in qualità di amministratore unico e legale rappresentante di Paese Sera editoriale srl - dal 21-6-2010 al 28-11-2012, in accordo con Piero Citrigno, allo scopo di favorire a danno dei creditori (in particolare erario e istituti previdenziali) taluni di essi, avrebbe eseguito pagamenti a favore della Cec mediante bonifici con addebito sul conto corrente della società fallita acceso alla Bcc di Cosenza per un ammontare complessivo di 351.951 euro per il 2010 e 495.830,39 euro per il 2011.

 

Funari, sempre in accordo con Piero Citrigno, allo scopo di favorire, a danno dei creditori, taluni di essi avrebbe eseguito pagamenti in favore dello stabilimento tipografico De Rose mediante assegni bancari tratti dal conto corrente della società fallita.

Inoltre - è scritto nel provvedimento firmato dai magistrati Cozzolino, Donato e Cava - sempre in accordo con Citrigno allo scopo di favorire a danno dei creditori (in particolare erario e istituti previdenziali), taluni di essi avrebbe eseguito un pagamento a favore della Bcc di Cosenza mediante versamento dell'assegno bancario dell'importo di 693.100 euro emesso dalla Pieffe Holding sul conto corrente intestato alla società fallita acceso alla Bcc filiale di Cosenza, estinguendo così parzialmente l'esposizione debitoria esistente verso l'istituto di credito. Con l'aggravante - conclude l'accusa - di aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità.

In diverse occasioni gli indagati avrebbero omesso il versamento dell'Inps delle ritenute previdenziali operate sulle retribuzioni relative ai lavoratori nel periodo compreso tra il mese di gennaio 2009 e ottobre 2011 per un importo complessivo di 301.791 euro.(Corriere della Calabria)

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Chiesto il rinvio a giudizio per gli imprenditori cosentini Piero Citrigno, 63 anni e Fausto Aquino, 59 anni e tre amministratori delle società, riconducibili, secondo l'accusa, allo stesso Citrigno, e dichiarate fallite: Tommaso Funari, di Cosenza, 57 anni, Rosanna Grillo, di Squillace, 57 anni e Massimo Zimbo, di Cosenza, 46 anni.

Secondo la Procura di Cosenza i cinque, a vario titolo e con varie modalità, avrebbero distratto illecitamente fondi dalla disponibilità delle società fallite, danneggiando in questo modo i creditori tra cui diversi giornalisti del quotidiano "Calabria Ora", pubblicato dalle società editoriali "Cooperativa editoriale calabrese" e "Paese Sera editoriale" che sono fallite rispettivamente fallite nel 2012 e nel 2013.

Questa è la richiesta avanzata dalla Procura di Cosenza, guidata da Dario Granieri, al Gip del tribunale bruzio.

La indagine è seguita dai magistrati Cava, Cozzolino e Donato.

L’inchiesta, condotta dalla guardia di finanza, avrebbe accertato l’illecita distrazione di fondi da società

Ora la parola passa al giudice per l'udienza preliminare di Cosenza che dovrà fissare la prima udienza, così decidendo sulla richiesta di rinvio a giudizio.

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La vicenda ha avuto le prime pagine dei giornali in Calabria e notorietà in tutta Italia.

E’ quella storia relativa alla mancata edizione di CalabriaOra causata dalla presunta rottura della rotativa.

Ora i consulenti della Procura di Cosenza dicono non vi fu alcuna rottura.

Da qui l’accusa di violenza privata nei confronti Umberto De Rose che la procura intende portare a giudizio immediato

Secondo quanto acquisito dal pm Domenico Assumma, la sera del 18 febbraio Umberto De Rose, proprietario della tipografia che stampava il quotidiano “L'Ora della Calabria, chiamò l'editore Alfredo Citrigno per chiedergli di non pubblicare la notizia sull'inchiesta nei confronti del figlio del senatore Gentile.

Lo stampatore, in una telefonata registrata dal direttore Luciano Regolo, fa esplicito riferimento a possibili ritorsioni da parte della famiglia Gentile («Il cinghiale quando è ferito ammazza tutti»).

Una volta capito che la notizia sarebbe stata pubblicata avrebbe ricorso al “guasto” della rotativa per impedire l'uscita del quotidiano.

Il tutto, sostiene la Procura cosentina, in assoluta autonomia.

Ora, quindi, si attende la fissazione della prima udienza.

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Pietro Citrigno è l’ex editore di Calabria Ora oggi diventato L’Ora della Calabria , il quotidiano che versa in stato di crisi e che rischia di chiudere .

Alessandro Bozzo è il giornalista dello stesso quotidiano che si suicidò nel marzo scorso all’eta di 40 anni nella sua casa di Marano Principato.

La Procura di Cosenza in conseguenza del suicidio iniziò accurate indagini

Ora, a conclusione di tali indagini condotte dal sostituto procuratore Domenico Airoma e dal pm Maria Rosa Cerchiara la Procura di Cosenza ha chiesto la citazione diretta a giudizio per l'ex editore di “Calabria Ora” Piero Citrigno.

L’accusa che viene formulata nei confronti del Citrigno è quella di violenza privata nei confronti del giornalista.

La richiesta avanzata dagli uffici giudiziari sotto il profilo tecnico equivale a una richiesta di rinvio a giudizio e dovrà essere vagliata dal Tribunale di Cosenza, che dovrà fissare la data del processo.

Per questo reato è prevista una pena inferiore a quattro anni.

La chiusura delle indagini preliminari fu notificata a Citrigno nello scorso mese di novembre.

Secondo l’accusa l'ex editore avrebbe costretto Bozzo a sottoscrivere atti nei quali «dichiarava, contrariamente al vero, di voler risolvere consensualmente il contratto di lavoro a tempo indeterminato con la predetta società, senza avere nulla a pretendere e rinunciando a qualsiasi azione e/o vertenza giudiziaria».

Successivamente, secondo i pm, a Bozzo sarebbe stato in qualche modo imposto di firmare un contratto di assunzione a tempo determinato «quale unica alternativa alle dimissioni».

E il giornalista, che era sposato e padre di una bambina, secondo alcune testimonianze rese dai suoi colleghi, avrebbe definito la sigla di questo accordo come «un'estorsione».

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La notizia è riportata da Il Quotidiano della calabria e subito ripresa da Il Corriere della calabria.

Siamo a Cosenza ed il PM capo Dario Granieri, insieme al PM aggiunto Domenico Airoma ed al sostituto PM Maria Francesca Cerchiara hanno chiuso le indagini connesse al suicidio di Bozzo Alessandro, giornalista cosentino di “Calabria Ora”, morto nella sua casa di Marano Principato, in provincia di Cosenza, nel marzo scorso. 

La notifica dell'atto è stata indirizzata all'editore di Bozzo, Piero Citrigno, accusato violenza privata, secondo l'articolo 610 del codice penale che punisce «chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa» ed è stata notifica nella sua abitazione dove Citrigno sconta,agli arresti domiciliari, la condanna definitiva a 4 anni e 10 mesi per usura.

In giornalista, prima di uccidersi, aveva lasciato una lettera, rivolta alla moglie, ai familiari, alla figlia e agli amici che gli erano stati più vicini.

In quelle righe, scritte con grafia minuta e precisa, spiegava di essere stanco della vita, di non avere più una ragione per andare avanti.

Nei giorni successivi alla scomparsa del giornalista, però, erano saltati fuori alcuni diari.

Erano i fogli ai quali Bozzo affidava i suoi pensieri più profondi. Sulla vita e, soprattutto, sul lavoro. Scavando tra le righe, l'inchiesta si è rivolta all'ambiente lavorativo del giornalista e ad alcune vicende che sembravano averlo addolorato molto, come una modifica dello status contrattuale.

Al centro della vicenda c'è un contratto che il giornalista, secondo l'accusa, sarebbe stato costretto a firmare rinunciando a quello del quale beneficiava in precedenza.

A suggerire alla Procura l'ipotesi di reato di violenza privata è anche una sentenza della Corte di Cassazione (sesta sezione penale) del 21 dicembre 2010: in una controversia che vedeva contrapposti un capo officina e un meccanico, i giudici hanno ritenuto che i comportamenti denigratori e vessatori del “capo” eseguiti con continuità nei confronti dei lavoratori possono configurarsi come violenza privata continuata aggravata.

E ora, se dovesse scattare una richiesta di rinvio a giudizio per Citrigno, potrebbero essere i giudici a valutare se questo scenario può essere ipotizzato anche per la morte di Alessandro Bozzo.

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