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Redazione TirrenoNews

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Riceviamo e pubblichiamo:

La stazione dei carabinieri di Amantea dai primi giorni dello scorso mese di ottobre ha cambiato sede, da via Roberto Mirabelli è stata trasferita in via Strada Nova al numero civico 52, nei pressi del Polo scolastico.

Il trasferimento della “caserma” è un evento storico, uno di quelli che ogni comunità ricorda per generazioni in quanto interessa una primaria istituzione preposta al controllo del territorio e quindi alla sicurezza dei cittadini.

Pertanto l’evento, oltre a rivestire carattere “affettivo” per i cittadini di Amantea, risponde anche ad una esigenza che nel tempo era divenuta sempre più improcrastinabile dal punto di vista logistico.

Ebbene, tanti cittadini avranno notato che in via Roberto Mirabelli, alla stazione dei carabinieri di Amantea, le luci sono spente, le finestre sono chiuse e le insegne dell'Arma non si vedono più. E per fortuna aggiungiamo noi!

Lo stato di abbandono cui era ridotto lo stabile dove era ubicata la “caserma” costituiva una ferita sanguinante per l’intera Città, la mortificazione di un luogo istituzionale dove il decoro significa anche presenza dello Stato, un disagio gravissimo anche per l’organico in forza alla stazione, costretto ad operare in condizioni certamente non ottimali, anche per il suo cronico sottodimensionamento.

Lo spostamento è stato finalmente operato, però senza alcun avviso da parte dell'amministrazione comunale ai cittadini.

Nessuna, per quanto breve, notizia sul sito del nostro Comune, nessuna notizia sulla stampa, nessuna nuova segnaletica stradale per indicare, a cittadini e visitatori della nostra Città, la nuova ubicazione della “caserma”.

La grave “omissione” dell’Amministrazione comunale stavolta non può essere giustificata dal dissesto finanziario (anche per la segnaletica, bastava riorganizzare quella esistente).

Non si trattava di impegnare spese o di predisporre atti amministrativi, bastava annunciare a mezzo stampa o social (social tanto utilizzati dai nostri amministratori per ogni occasione, anche la più irrisoria) il cambio d’indirizzo della stazione, augurando magari buon lavoro ai nostri carabinieri nella nuova sede.

In ogni caso, noi siamo sicuri che la nuova stazione dei carabinieri possa garantire più sicurezza e decoro della precedente.

Infine, pur non ricoprendo noi alcuna carica pubblica in rappresentanza della nostra comunità, da ex amministratori comunali avvertiamo comunque l’esigenza di augurare buon lavoro ai militari dell'Arma dei carabinieri impegnati ora nella nuova sede, ringraziandoli anche per la meritoria e fondamentale opera svolta nel nostro territorio.

Amantea, 5 novembre 2019

Biagio Miraglia

Pasquale Ruggiero

Gianfranco Suriano

Processo impianti pubblicitari a Vibo.

Martedì, 05 Novembre 2019 19:06 Pubblicato in Calabria

Il Tribunale deposita le motivazioni della sentenza con la quale il 6 giugno ha assolto 14 imputati per non aver commesso il fatto.

Nessun abusivismo edilizio, cadono le contestazioni della polizia municipale

Sono state depositate dal Tribunale di Vibo Valentia, presieduto dal giudice Rosa Maria Luppino, le motivazioni della sentenza con la quale il 6 giugno scorso sono stati assolti “perché il fatto non sussiste” 14 imputati, quasi tutti vibonesi, titolari, amministratori e rappresentanti di società attive nel settore pubblicitario. “Dall’esame della documentazione prodotta dalla difesa – scrive il giudice in sentenza – è emersa l’insussistenza del fatto reato contestato”. Il Tribunale ha quindi ribadito che per l’installazione degli impianti pubblicitari non è necessario il permesso a costruire e nel caso di specie ci si trova dinanzi a manufatti che, “anche se installati lungo la carreggiata”, per carattere costruttivo “non sono da considerarsi manufatti edilizi” e quindi assentibili con il solo permesso a costruire. Per tale motivo, ad avviso del giudice, “non può ritenersi integrata la fattispecie criminosa contestata”, anche perché sul punto si è pronunciato pure il Consiglio di Stato. Come ricorda il Tribunale di Vibo in sentenza, i giudici amministrativi di secondo grado sulla materia hanno stabilito che: “l’attività pubblicitaria è regolamentata dall’articolo 23 del Codice della Strada il quale prevede che la collocazione di cartelli e di altri mezzi pubblicitari lungo le strade sia soggetta in ogni caso ad autorizzazione da parte dell’ente proprietario della strada. All’interno del perimetro dei centri urbani – spiegano ancora i giudici amministrativi – la competenza al rilascio dell’autorizzazione è in tutti i casi dei Comuni, fatto salvo il preventivo nulla-osta dell’ente proprietario nei soli casi in cui la strada appartenga al demanio statale regionale o provinciale”. In altre parole, in tutti i casi in cui i terreni lungo le strade appartengono ai privati, non vi è neppure bisogno di alcun preventivo nulla-osta né da parte della Regione, né della Provincia nei casi di installazione degli impianti pubblicitari.

Il Tribunale di Vibo, richiamando il Consiglio di Stato, specifica poi che “l’autorizzazione all’installazione degli impianti pubblicitari rilasciata dai Comuni in base alla disciplina speciale, segnatamente in base all’articolo 23 del Codice della Strada, nel rispetto dei vincoli e criteri fissati nell’apposito regolamento comunale e nel Piano generale degli impianti pubblicitari, ha anche una valenza edilizia urbanistica ed assolve alle esigenze di tutela sottese al rilascio di un ulteriore titolo abilitativo”. Di conseguenza, il giudice sostiene in sentenza che “prescrivere in aggiunta all’autorizzazione di settore anche il rilascio del permesso a costruire si tradurrebbe in una duplicazione del sistema autorizzatorio e sanzionatorio che risulterebbe sproporzionata poiché non giustificata dall’esigenza, già salvaguardata in base alla disciplina speciale, di tutelare l’interesse al corretto assetto del territorio”.

I cartelloni pubblicitari – come quelli installati a Vibo e dintorni – per il Tribunale sono così sottratti alla disciplina prevista per le costruzioni di opere in genere e quindi mai avrebbe potuto il Comune abbatterli (come pure ha fatto in piazza Spogliatore a Vibo) contestando l’assenza di un permesso a costruire che per il giudice non è previsto dalla legge, bastando la semplice autorizzazione all’installazione. In tale direzione, il Tribunale di Vibo ricorda anche la pronuncia della Cassazione a Sezione Unite (quindi il massimo organo della giurisdizione italiana) la quale ha stabilito che “il provvedimento con il quale un Comune intima la rimozione coattiva di un impianto pubblicitario non rientra nella categoria degli atti in materia urbanistica ed edilizia” e quindi sono da ritenersi illegittime tutte le rimozioni degli impianti pubblicitari fatte dal Comune di Vibo negli scorsi anni contestando la mancanza del permesso a costruire. Le condotte contestate agli imputati dalla Procura, secondo il giudice “non hanno integrato le violazioni contestate” e da qui l’assoluzione con formula ampia “perché il fatto non sussiste”.

La documentazione prodotta dalla difesa è stata portata all’attenzione del giudice dall’avvocato Vincenzo Cantafio, difensore di: Maduli Domenico, Muscari Pietro, Maduli Francesco, Garofano Egidio Salvatore e Manfrida Domenico. Gli altri imputati assolti da ogni accusa sono: Saeli Teresa Lucia (assistita dall’avvocato Antonella Natale), Alessi Gaspare (difeso dall’avvocato Giuseppe Gerbino), Lico Loredana (difesa dagli avvocati Mauro e Sesto), Francioso Marcello (difeso dall’avvocato Giusi Fanelli), Scuticchio Aldo (difeso dall’avvocato Luca Scaramuzzino), Galati Michele, Russo Orazio, Musumeci Francesco e Facciolà Salvatore (difesi d’ufficio dall’avvocato Giacinto Inzillo).

Da ricordare che la vicenda ha avuto inizio nel 2011, quando la polizia municipale di Vibo Valentia ha inviato alla Procura della Repubblica un elenco e delle fotografie degli impianti pubblicitari esistenti sul territorio comunale, denunciando che – a suo avviso – erano tutti sprovvisti del permesso a costruire. A seguito delle indagini, la Procura aveva emesso un decreto di citazione diretta a giudizio nei confronti di quattordici persone, alle quali ha contestato non solo la violazione di svariate norme del testo unico sull’edilizia, ma anche la normativa paesaggistica. Nonostante l’intervenuta prescrizione dei reati, il giudice monocratico del Tribunale di Vibo Valentia, Maria Rosa Luppino, entrando nel merito della vicenda ha assolto tutti con formula ampia “perché il fatto non sussiste”, ripristinando la verità su una vicenda processuale durata anni. Spetterà ora all’amministrazione comunale di Vibo Valentia regolamentare l’intero settore pubblicitario che ha permesso negli anni al Comune di incassare introiti per cifre considerevoli.

DaIlvibonese

Fabrizio Anello Assessore alle Politiche Ambientali del Comune di Pizzo ha deciso di osare.

Secondo quanto si legge sul web avrebbe trovato in una busta di spazzatura abbandonata per strada un documento che permette la precisa individuazione del responsabile della infrazione.

Ed ha deciso di postare il tutto sul suo profilo face book

Ecco cosa ha scritto: Buonasera sig.ra S.C. di anni 42, residente a Pizzo, so che leggerà questo mio post perché lei è molto attiva su Facebook e, molte volte, ho letto suoi commenti dove con grande facilità usava il termine “vergogna”, particolarmente quando si evidenziava qualche piccola pecca della nostra attività amministrativa.

 

 

Ecco, oggi lo scrivo io: VERGOGNA!

Auspico che da domani possa avere un comportamento più civile, su Facebook ma principalmente nella vita di ogni giorno, perché le azioni valgono più delle parole; le parole le possiamo dire tutti ma le azioni dobbiamo essere capaci di farle e se si è “Lordazzi” prima o poi si inciampa…

La saluto e, da domani, Buona differenziata anche a Lei!

Forte la reazione della signora S.C. che ha anticipato il ricorso al giudice.

Staremo attenti e vi diremo come andrà a finire

Si tratta di un comportamento molto frequente anche ad Amantea.

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