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Redazione TirrenoNews

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Reggio Emilia, 26 dicembre 2013 – Rapinano in un supermarket e prendono a schiaffi il dipendente che li sorprende. I carabinieri hanno arrestato due persone già finite precedentemente in manette nell’ambito dell’operazione “Affari di famiglia” condotta nel maggio del 2010 che portò all’arresto di 11 calabresi con l’accusa di aver rubato da un supermercato di Reggio Emilia 60.000 euro di prodotti in appena 5 mesi. Sorpresi nuovamente a rubare i due hanno schiaffeggiato un dipendente che li aveva fermati e che si apprestava, con il cellulare, a chiamare i Carabinieri. In questo modo i due ladri sono riusciti a fuggire con la refurtiva del valore di 150 euro costituita da una decina di punte di parmigiano e prodotti cosmetici.

Le telecamere del sistema di videosorveglianza però li hanno immortalati consentendo ai carabinieri della Stazione di Corso Cairoli di identificarli. Trattandosi infatti di due volti ben noti, i militari quando hanno esaminato le immagini del sistema di videosorveglianza del supermercato che riprendevano i due durante il furto, hanno riconosciuto gli autori della rapina. La vicenda è quindi culminata con la denuncia in stato di libertà per il reato di rapina impropria che i Carabinieri della Stazione di Reggio Emilia Principale hanno inoltrato alla Procura reggiana a carico di un 37enne originario di Cutro residente a Reggio Emilia ed un 36enne crotonese abitante in città.

I due malviventi sono stati incastrati oggi come nel precedente episodio criminale quando infatti finirono in manette nell’ambito dell’operazione “Affari di Famiglia” i Carabinieri si avvalsero di centinaia di riprese video, ricostruendo nel dettaglio le modalità di furto degli indagati che erano soliti fare irruzione in massa all’interno dei locali del supermercato, facendo ricorso a insulti e minacce verbali per bloccare ogni tentativo di contestazione dei furti da parte degli addetti alla sorveglianza. (fonte LaPresse)

La statale 18 della costa tirrenica cosentina era presidiata , da SUD, dai photored di Amantea e, da NORD, dai photored di Scalea. Del tipo “ chi siete, quanti siete?: due fiorini”

Poi il 21 luglio 2012 l’Anas con verbale 9732 elevava verbale di contestazione all’amministrazione comunale per violazione dell’art 21 commi 1° e 4° del CdS, per aver realizzato un manufatto segnaletico ( photored) senza la preventiva autorizzazione del proprietario della strada.

I photored vennero fortemente contestati dai consiglieri di opposizione( evidentemente lì ci sono!) i quali più volte avevano fatto notare che la presenza di quei dissuasori era un modo “per far cassa” e poco a che fare aveva con la sicurezza che, anzi, rischiava di essere compromessa.

Anche a Scalea, come ad Amantea , chi giungeva alla SS18 provenendo dal centro, pur passando con il rosso, non veniva immortalato dai photored. E questa condizione compromette la famosa “sicurezza” che si diceva di voler assicurare agli automobilisti.

Poi il 12 luglio 2013 l’arresto del sindaco di Scalea e la decapitazione del comune.

Il 16 luglio la nomina dei commissari prefettizi.

E fu sotto il loro governo che ad agosto 2013 i photored ai semafori di Scalea vennero smontati.(come a dire finchè ci sono arresti c’è speranza!)

E l’avvocato scaleota Mauro Campilongo evidenziando che aveva chiesto più volte l’interruzione del funzionamento dell’impianto, disse il problema fu risolto: ” Ci ha pensato il commissario prefettizio Massimo Mariani che tra i suoi primi atti al comune di Scalea ha ordinato la rimozione del photored!

Intanto il Giudice di pace, adito da numerosi automobilisti, ha dato loro ragione

Ed ecco perché siamo sorpresi della decisione dello stesso commissario di ricorrere in appello davanti al Tribunale di Paola alle sentenze emesse dal giudice di pace favorevoli agli automobilisti.

Ma come? I commissari prima fanno smontare il photored e poi ricorrono in Tribunale contro le sentenze del Giudice di pace?

Che cosa mai è successo?

Lo leggiamo dalla delibera di Giunta n 167 del 19 dicembre 2013( praticamente un regalo di Natale)

E leggiamo che:

  1. La delibera è stata adottata non dal Commissario Massimo Mariani, ma dal sub Commissario Domenico Giordano del Dirigente Servizio Contabilità e Gestione Finanziaria.
  2. Il sub commissario ha preso atto che l’orientamento della Prefettura di Cosenza è orientato al rigetto dei ricorsi presentati dagli automobilisti contravvenzionati ( circa 100 rigetti!)
  3. Le sentenze del Giudice di pace sono avallate da riferimenti legislativi superati “ da altre novelle legislative”
  4. il comune deve difendersi fino all’ultimo grado di giudizio salvo che non vi siano ragioni diverse di “utilità e convenienza”, nella situazione non riscontrate! Ed allora la delibera per tutelare le ragioni e gli interessi del comune di Scalea. Quali?
  5. L’ orientamento del Tribunale di Paola nel caso di Amantea è a favore dei comuni e non degli automobilisti. In sostanza il “caso” Amantea fa scuola.

E pensare che gli scaleoti difesero Amantea durante l’assedio francese!

Peccato che nessuno, sembra, abbia letto le sentenze del Tribunale di Paola che condannano gli automobilisti ma che pagano soltanto gli avvocati, non il comune!.Dov’è allora la utilità per l’ente?

Non solo, ma resta sempre il mistero della disattivazione del photored.

Se sono legittimi e fanno cassa perché non si riattivano?

Se sono un atto di tutela degli automobilisti allora la disattivazione è contraria agli interessi degli scaleoti?

Chissà se il Tribunale terrà conto che il photored venne attivato illecitamente?

Ricordate Don Abbondio? Di lui Manzoni scrive:

[...] Il nostro Abbondio, non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno, s'era dunque accorto, prima quasi di toccar gli anni della discrezione, d'essere, in quella società, come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiar in compagnia di molti vasi di ferro. »

E di lui, uomo codardo, pigro e schivo, che si sottrae davanti ai pur minimi problemi della vita, racconta che:

« ...proseguiva il suo cammino, guardando a terra e buttando con un piede verso il muro i ciottoli che facevano d'inciampo nel sentiero... egli, continuò a leggere tratti del suo salmo e si fermava... dopo alcuni tratti egli si fermava e lo leggeva»

Poi incontrò i bravi di Don Rodrigo che all'orecchio, ma in tono solenne di comando,gli dissero :

« Or bene,questo matrimonio non s'ha da fare, né domani, né mai." »

Così riferendosi alla discarica di lago alcuni aiellesi dicono: “Questa discarica non s’ha da fare, né domani, né mai”

Ecco il loro comunicato stampa:

“Desta sempre più preoccupazione tra la popolazione aiellese la realizzazione della discarica all’interno del Comune di Lago, ma territorialmente più vicina alla nostra comunità, che diventa sempre più imminente. In località Giani, lo ricordiamo, sarà realizzata una discarica enorme si circa 400000 mc. Per tale ragione, nel corso dell’ultimo consiglio comunale ci siamo fatti portavoce di questo clima di forte angoscia che attraversa i nostri concittadini,- giustificato dal fatto che ormai è chiaro tra la comunità scientifica che la presenza di una discarica aumenterebbe i fattori di rischio per la salute-, chiedendo al primo cittadino di lavorare insieme affinchè la discarica non si faccia.

Siamo sempre più convinti del fatto, che in un territorio già violentato dal punto di vista ambientale e balzato più volte alla cronaca nazionale per la questione della vallata dell’Oliva, la presenza di una discarica peggiorerebbe una situazione già precaria per la salute delle popolazioni residenti.

Non siamo rimasti soddisfatti invece dalla risposta del primo cittadino, il quale al nostro invito ha risposto che avrebbe dovuto approfondire la situazione. Non è accettabile che, dal momento che la discarica territorialmente è vicinissima al nostro comune, dopo due anni di dibattiti sulla vicenda, il Sindaco di Aiello Calabro non si sia ancora documentato sullo stato della cosa, verificando in maniera oculata se la presenza della discarica potesse costituire un pericolo per la salute dei propri concittadini. Per l’ennesima volta questa amministrazione dimostra di avere una scarsa considerazione dei temi che riguardano l’ambiente e la sua tutela e di conseguenza della salute dei cittadini.

Ci auguriamo che le altre forze politiche presenti sul territorio, insieme alle associazioni, cui va il nostro plauso incondizionato per il lavoro che stanno facendo, ed ai cittadini si adoperino per evitare che il nostro territorio subisca l’ennesima violenza”.

Non solo don Abbondio, ma ci ritornano alla mente anche gli “untori”, cioè i diffusori della peste.

Alla fine degli anni Venti del Seicento la Lombardia fu sconvolta da un'epidemia di peste, che causò tra la popolazione moltissime morti. La credenza popolare man mano diffusa attribuì l'origine della 'strage' alle unzioni, opera di uomini, gli untori, che avrebbero propalato il contagio ungendo le case dei milanesi con particolari misture velenose, capaci di provocare la peste. Si identificano i presunti colpevoli di una simile nefandezza e si giunge a un processo che, celebrato nel 1630 secondo le peculiarità del processo di diritto comune di tipo inquisitorio, fondato sul sistema delle prove legali, vede il largo impiego delle testimonianze e insieme il loro uso 'deviante' per raggiungere comunque una verità processuale. Si analizzano perciò nel saggio le testimonianze raccolte, conservate fino a noi dalle fonti dell'epoca e oggetto delle ricostruzioni delle settecentesche 'Osservazioni sulla tortura', dovute alla penna di Pietro Verri, e dell'ottocentesca Storia della colonna infame di Alessandro Manzoni: è facile rilevarne la loro sostanza non probante secondo canoni moderni e insieme il loro effetto devastante ai fini delle condanne capitali poi eseguite, tristemente note e ricordate nei secoli ai milanesi dal monumento della Colonna infame.

Uomini giustiziati sulla base di credenze popolari che il tempo sconfessò totalmente.

Già ma come sconfessare le credenze popolari? Come dare saggezza e cultura al popolo?

Ci sovviene ancora una volta un grande, Dante Alighieri quando nel suo canto XXVI dell’Inferno tratta dei condottieri e politici orditori di frode ossia di coloro che non agirono con le armi e con il coraggio personale ma con l'acutezza spregiudicata dell'ingegno.

Considerate la vostra semenza:

fatti non foste a viver come bruti,

ma per seguir virtute e canoscenza". »

Un inseguimento inutile se ancora oggi si suggerisce come soluzione quella di gettare la spazzatura di Aiello lontano da Aiello , magari nel letto del fiume di Oliva!.

E questo perché la spazzatura è pericolosa per la salute degli Aiellesi.

Già ! Tutti gli altri che ricevono la detta spazzatura possono anche morire!

Ah, complimenti a Fenice Bossio!

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