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Non scherzavamo quando sostenevamo che ormai in Calabria si produce più Marijuana che cipolla dolce, olio e vino

Nel vibonese ormai piante di canapa indiana alte sino a cinque metri.

Altre 1300 piante.

 

Continuano i rinvenimenti di piantagioni di marijuana nell’area delle Serre vibonesi che salgono ad un totale di 21 piantagioni rinvenute e circa 6.500 piante distrutte e rinvenute nel periodo agosto – settembre 2018.

I militari della Compagnia carabinieri di Serra San Bruno, unitamente ai militari dell’8° Elinucleo di Vibo Valentia, del Gruppo dei Carabinieri Forestali di Vibo Valentia e a quelli dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Calabria”, hanno concluso quella che è già stata chiamata operazione “Green Mountain”, un ciclo di rastrellamenti particolarmente fecondo che avrebbe potuto fruttare circa 5 milioni di euro nella vendita al dettaglio della sostanza stupefacente.

L’operazione, anche questa volta, è risultato di un lavoro sinergico tra i vari reparti dell’Arma vibonese che hanno analizzato minuziosamente il dato informativo raccolto nel corso degli ultimi mesi dai militari della Stazione di Nardodipace al fine di orientare l’azione repressiva verso le aree ritenute idonee alla produzione della particolare sostanza.

Anche in quest’ultimo caso, i rinvenimenti sono stati cinque, ed in particolare tre piantagioni su Fabrizia e due su Nardodipace per complessive 1.350 piante estirpate e successivamente distrutte previo campionamento disposto dalla magistratura di Vibo Valentia.

Le piante, in alcuni casi alte anche quasi cinque metri, erano tutte particolarmente floride e ormai pronte per essere raccolte ed utilizzate per le successive fasi di essiccamento e smercio nel mercato illegale.

I rinvenimenti sono stati fatti anche a 1.000 metri di altitudine, su costoni montuosi con pendenze importanti ed impianti di irrigazione a goccia autoalimentati.

Le piantagioni erano ben occultate e senza alcuna via di collegamento tra loro.

Pubblicato in Basso Tirreno

Così dice il PM: "l'inchiesta è partita dall'acume investigativo di un bravissimo maresciallo dell'Arma, comandante di Stazione, che è riuscito a intuire i comportamenti criminosi degli indagati, capirli e sviluppare un percorso investigativo. A questo si aggiunge il lavoro di una piccolissima unità della sezione di polizia giudiziaria della Finanza in forza alla Procura, eseguito con scrupolo e intelligenza e consultando le banche dati".

Una palese dimostrazione che:

-nei comuni c’è di tutto, anche truffaldini;

-che un buon maresciallo ( nel caso Mastrodomenico Vittorio) quando vuole può scoprire e porre fine alle truffe e far arrestare i politici responsabili;

-che intorno ai politici ci sono spesso gli interessi della famiglia.

La vicenda è successa a Nardodipace, un paesino di 1.419 abitanti nelle Serre vibonesi, noto per essere il "comune più povero d'Italia", ed i suoi abitanti con il reddito pro capite più basso del Paese.

Le persone destinatarie dell'ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari sono Romano Loielo , Romolo Tassone, di 38 anni,( figlio di un presunto boss della ‘ndrangheta, Rocco Bruno Tassone , di 69, attualmente detenuto), Fabio Rullo e Mario Carrera, quest'ultimo attualmente all'estero.

Le 12 persone sottoposte all'obbligo di firma sono Maurizio Maiolo, Graziella Tassone, Sonia Cavallaro, Immacolata Aloi, Clauia Iendo, Lucia Primerano, Marinella Iacopetta, Maurizia Maiolo, Rita Fazio, Valeria Demasi, Grazia Silipo e Sandrò Randò.

Romano Loielo, di 43 anni, appuntato della guardia di finanza in aspettativa da molti anni , è il sindaco di Nardodipace.

Nell'operazione sono coinvolti anche un assessore comunale, Maurizio Maiolo ( sottoposto all’obbligo di firma), la moglie del sindaco Loielo, Claudia Ienco.

Analoga misura cautelare è stata emessa anche per la moglie dell'assessore Maiolo, Marinella Iacopetta, di 32.

I fratelli di Marinella Iacopetta, e quindi cognati dell'assessore Maiolo, Salvatore e Maurizio Iacopetta, di 40 e 37 anni , sono stati arrestati nel novembre scorso dai carabinieri del Ros di Milano con l'accusa di avere costituito in Lombardia un "locale" della 'ndrangheta.

Secondo l’accusa, gli indagati si sarebbero appropriati di fondi pubblici finalizzati alla organizzazione di corsi di formazioneper la creazione di posti di lavoro.

Tutti sono destinatari di un sequestro di 97 mila euro ciascuno le persone coinvolte nell'inchiesta di carabinieri e Guardia di finanza che ha scoperto una truffa per i fondi Por.

"Il nostro intervento ha così impedito - ha concluso il Procuratore di Vibo Valentia dr Spagnuolo - che altre iniziative similari potessero essere reiterate, prevenendo danni per 600-700 mila euro e circoscrivendo la truffa a centomila euro". 

Dica ancora il PM “È un'indagine che mette a nudo comportamenti di tipo illecito molto gravi, anche perché commessi in un contesto particolare e da esponenti della politica».

Pubblicato in Vibo Valentia
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