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lago vestiamoMercoledì 5 febbraio alle ore 9.30 presso la Sala Consiliare del Comune di Lago si terrà un convegno "vestiAMO Lago con le sue tradizioni", con argomento le tradizioni del nostro borgo, facendo leva su quelle artigianali e manufatturiere.

Nella Sala sarà allestita una mostra di abiti realizzati a mano in tessuti naturali rigorosamente tinti con i colori che la natura ci offre e saranno esposti pezzi unici cuciti e ricamati a mano dalle sarte di Lago.

Vi aspettiamo !

21luglioStavo riflettendo su alcune cose riguardanti la nostra lingua amanteana. Qualche estate fa, alla fine di una partita di tennis presso l'allora "Palmar" Hotel, chiesi ai gestori la chiave della doccia. La risposta, gentile, fu che la "doccia" era "rutta". Corsi a casa sudato a docciarmi. La settimana successiva ritornai a giocare sullo stesso campo da tennis. Alla fine della partita chiesi, come tante altre volte, la chiave della doccia. Giuseppe, uno dei gestori, mi guardo un po’ perplesso e aggiunse: " Gigi, te l'ho già detto la settimana scorsa; la doccia è rutta". Così, un po’ sconsolato e un po' pensieroso, raccontai l'accaduto a mia madre. Lei, dopo 40 anni, mi fece capire che "rutta" nella nostra lingua significava per sempre. Non momentaneamente. Oggi, 21 Luglio 2016, dopo essermi consultato con la mia novantenne madre, ho scoperto che "ciuoto" nella nostra lingua non significa "matto" ma "scemo". “Tu prova ad avere un mondo nel cuore e non riesci ad esprimerlo con le parole”,questa frase, che fa da esordio alla canzone: Un matto (dietro ogni scemo c’è un villaggio) di De André- tratta dall’album Non al denaro non all’amore né al cielo del 1971 – basterebbe da sola a svelare il senso di disagio e incomunicabilità di cui è vittima il protagonista. Il brano, ispirato all’epitaffio di Frank Drummer, personaggio dell’Antologia di Spoon River, creduto folle perché incapace di trasmettere i suoi pensieri attraverso il linguaggio, è la trasposizione musicale di un problema sociale molto discusso dopo il 1967. La soluzione si “ebbe” nel 1978, con l’approvazione della legge Basaglia e la chiusura definitiva dei manicomi. “La mia lingua non poteva esprimere ciò che mi si agitava dentro”, così recitava la poesia di Lee Masters, rendendo manifesta non solo l’oggettiva difficoltà di partecipazione, ma il senso di ridicolo e di esclusione che la patologia stessa comporta. Ogni villaggio ha bisogno del suo “scemo” da additare, poco importa se pazzo lo sia davvero, o se si tratti soltanto di disturbi relazionali, di paura, di fragilità. Cito volentieri il motociclista di Amarcord di Federico Fellini. “Chiamo imbecille chi ha paura di godere”. Scriveva Albert Camus. E’ un pazzo? No, è uno scemo. C’è differenza, e come, tra pazzia e scemenza. Solo gli scemi continuano a non capirla. Per loro sarà opportuno riproporre una vecchia storiella. Un’auto in transito vicino a un manicomio perde una ruota con tutte le viti. La ruota viene recuperata, le viti no. Il conducente si dispera. Un pazzo che ha visto tutto dalla finestra gli grida: “Niente paura: recuperi una vite da ciascuna delle altre ruote, e con tre viti potrà montare la rimanente, riprendendo il viaggio”. “Grazie, geniale… Ma… lei è proprio matto?” “Sì, sono matto, ma non sono mica scemo”. Lo scemo è incoerente e sconclusionato, mentre nella cosiddetta follia c’è sempre una logica. Vi ricordo cosa dice Polonio di Amleto nell’omonimo Dramma. “C’è del metodo in questa follia”. Polonio è un vecchio pedante e insopportabile, che per il interporsi si prende una pugnalata destinata ad altri. Ma anche lui non è scemo, benché Amleto, ingenerosamente, lo qualifichi come tale.
Alla presenza di un qualsiasi matto Amantea si divide in due: da un lato il triste e solitario antieroe schivato da tutti, e dall’altro la piazza, la massa che ride al suo passaggio. La logica di derisione del gregge, ancora oggi, si innesca facilmente alla vista del minimo segno di diversità. Il “Ciuoto” fonda la propria forza sulla presunta normalità (di cui è difficile dare una definizione) che lega un membro all’altro, imponendo l’emarginazione di tutto ciò che fuoriesce dai ranghi delle consuetudini e convinzioni che garantiscono esclusività e appartenenza. Il Paese (ovvero la maggioranza), prende “coscienza”, si fa per dire, solo di fronte al folle che ne giustifica l’esistenza. Oltre non vò!

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

longobardi 01La cultura dei giochi popolari viene portata avanti dai Briganti di Longobardi che presentano la seconda edizione della manifestazione “Si Juachi ccu mmia ti ricrii ppe via” riscoprendo i giochi d’un tempo

. I briganti hanno voluto riproporre anche quest’anno la manifestazione che lo scorso anno ha riscosso una grande partecipazione. La novità più importante di questo anno, a parte l’introduzione di alcuni giochi è la collaborazione con la Pro loco di Fiumefreddo Bruzio, uniti in una bella sinergia consapevoli che la passione e l’amore per il territorio rende tutto più entusiasmante. Una manifestazione che vuole valorizzare i giochi tradizionali come strumento di creatività e socializzazione. Un modo per riuscire a tramandare e non far disperdere la cultura e le tradizioni locali.

La manifestazione si snoda in due giornate, la prima delle quali si è già svolta nel bellissimo scenario del centro storico di Fiumefreddo, primo appuntamento incentrato sui seguenti giochi: gioco della cariola, la ruzzola, gioco della pignata, corsa col sacco, abbuffata di pasta e gioco della morra. I ragazzi hanno gareggiato con abilità e destrezza, ma soprattutto divertendosi e facendo divertire con tutti quei passatempi che si praticavano durante le sagre paesane e che semplicemente allietavano i pomeriggi dei ragazzi trascorsi all’aria aperta e non davanti ai videogiochi. Passatempi che rispecchiano la vita di una volta fatta di semplicità e abilità, giochi che privilegiavano la socializzazione, lo stare insieme e spesso venivano allietati anche dai più grandi con i loro racconti. Giornata che è stata realmente un passo indietro nel tempo, grazie anche alla bellissima atmosfera del centro storico che ha mostrato come in una vecchia cartolina la capacità di divertirsi e la bellezza del passato, ricordando con un po’ di nostalgia non solo questi giochi, ma anche i bei momenti gioiosi passati insieme.

L’obiettivo è riuscire a trasmettere importanti valori come il gioco di squadra e il rispetto delle regole. Ma anche la socializzazione, e la cultura delle tradizioni, perché la tradizione è fantasia. Fantasia di una volta quando non ci si annoiava mai, oggi invece già da piccolissimi hanno già dispositivi multimediali e giochi che fermano la creatività e la socializzazione. Sabato sarà l’attesa finale, la seconda ed ultima giornata che si svolgerà a Longobardi Marina presso il Largo Briganti. Si svolgeranno i seguenti giochi: palo della cuccagna, tiro alla fune, gioco del mattone, ruba bandiera, gioco dell’uovo. Si affronteranno 10 squadre, due delle quali interamente formate da bambini. La sorpresa più grande è stata vedere come questi giochi riescano a coinvolgere i bambini e ragazzi oggi troppo spesso abituati ad altri tipi di giochi, ma ancora di più è stata quella di vederli sorridere, divertirsi, socializzare e ripetere questi giochi nei propri cortili nei propri pomeriggi passati insieme agli amici. Uno spettacolo fino ad ora sconosciuto alle nuove generazioni ed ai social network che in questi giorni si sono riempiti di foto e video della manifestazione. Uno spettacolo che ha portato a rivivere il passato che non va dimenticato perché dimenticarlo vorrebbe dire perdere la propria cultura, la propria identità.

Proprio per questo non resta che partecipare alla finale di sabato 11 giugno a Longobardi.

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Pubblicato in Longobardi

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Comunicato stampa

L’azienda di Amantea specializzata nella lavorazione dei fichi secchi coinvolta nell’operazione condotta dal Corpo Forestale dello Stato finalizzata al controllo delle tecniche di lavorazione dei prodotti non è in alcun modo riconducibile ai Fratelli Marano.

I referenti della prestigiosa ditta a conduzione familiare, che opera da più generazioni in questo settore, in una nota stampa hanno voluto rimarcare la propria estraneità ai fatti verbalizzati dagli agenti.

“Nelle scorse ore – spiegano i rappresentanti dell’azienda – abbiamo ricevuto messaggi di stima e di solidarietà da parte di amici e clienti che hanno appreso dell’indagine condotta dal Corpo Forestale dello Stato e che hanno erroneamente abbinato luoghi e circostanze, identificando la ditta di Amantea coinvolta con la nostra. Non è assolutamente così. La lavorazione fichi Fratelli Marano è costantemente attenta e scrupolosa nel mantenere elevati livelli di produzione e di conservazione dei propri prodotti. Non abbiamo dunque nulla a che vedere con le attività della Forestale che ringraziamo per l’opera di controllo sulla qualità a difesa dei consumatori, messa in campo giorno dopo giorno, unitamente alle altre forze dell’ordine. A loro va il nostro plauso”.

via Garibaldi 3

87032 Amantea (CS)marano

Tel +39 098241277

Fax +39 0982428926

Mob +39 3463034310

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www.fichimarano.it

giggino pellAmo profondamente Amantea ed il mio amore, ampiamente dimostrato per Lei, è notorio. Non ho mai perso l’occasione per parlarne, per promuoverla, senza calcolo alcuno. Ma…Il mio tormento è uno: come salvare questo Paese da un declino che sembra non avere fine. Durante la mia lontananza, mi dicono essere stati anni pieni di fasti e pregi. Allora era un paese turistico e ci si poteva permettere il lusso di affermarlo. Oggi, a distanza di molto tempo, non si riesce a comprendere se Amantea è ancora un paese a vocazione turistica o… . E’ chiaro, non è semplice far ripartire un paese che ha perso lo smalto ed il piacere di vivere come sua vocazione naturale, proprio per l’invidiabile posizione e non solo. Al mio tornare a vivere vicino a lei, ho trovato un paese senza più mordente, un paese pervaso dalla mediocrità e dalla corruzione. Eppure l’avevo lasciato nel suo ruolo di polo turistico,un “fiore all’occhiello” della costa tirrenica, così veniva decantata e lo si faceva con orgoglio struggente. Oggi, non credo che lo sia più. Oggi non lo è più, anche perché inciampato, poi è caduto, e gli effetti della caduta sono visibili a tutti e proprio per l’inadempienza, inefficienza e incompetenza,si brancola nel buio. Ciò che noto è una rassegnazione quasi acclarata. Amantea, oggi, è un paese che vive di “aria” e “sole”. Di chi è stata e di chi è la responsabilità? Forse un po’ di tutti: degli Amanteani, dell’assenza di una politica degna di tale nome, di Amministrazioni che si sono succedute nel tempo, che mai hanno pensato di investire con una vera e comprensibile progettualità , attingendo a risorse, oggi introvabili, anche per mancanza di ” Santi in Paradiso” e di forma mentis. Mi verrebbe da affermare qualcosa di orribile come, una decadenza voluta, cercata, provocata e realizzata. Un paese di commercianti, pensionati e studenti che aspettano di spiccare il volo. Tantissimi disoccupati (troppi). Un paese con scarsa propensione all’investimento ed una bassa imprenditorialità scoraggiata dalle normative, ma anche dalla scarsa visione delle istituzioni locali. Un turismo, se così si può definire, del mordi e fuggi che non ottiene conforto in quel che vede e che trova. Una Cittadina ormai vecchia, desueta, con strade logorate da tempo e dal tempo, panchine ataviche,arrugginite dall’usura e dal mancato ripristino. Senza un “Benvenuto, Welcome, ecc”… alle sue porte d’ingresso e senza un “Arrivederci, ecc”., alle porte di uscita ……Non è certamente questo il modo di fare turismo, ne è questo il modello di presentazione che il turista desidera. Una brochure un po’ pasticciata e burina redatta da persone inette e incapaci. E’ vero, qualcuno obietterà, i tempi non invogliano, i soldi sono diventati rari, ma la bravura di un’Amministrazione (perché con i soldi saremmo tutti bravissimi) è quella di risolvere, di inventare e riuscire ad ottenere dei vantaggi economici. Amministrazioni del Nord Italia hanno adottato questo sistema che si identifica in ” Progetto ricreativo”. Questa si chiama velleità imprenditoriale amministrativa, oltre che lungimiranza, oltre che capacità induttiva. Ma, come gran parte della Calabria, anche Amantea è rimasta al chiodo. E rimasta ai soliti propositi con le stesse campagne elettorali, le stesse promesse, gli stessi schemi, gli stessi tatticismi, le stesse facce, le stesse famiglie, il “cambio di frac” ed i consueti proclami. E intanto la c cittadinanza invecchia, con la speranza di un cambiamento che non si intravede neanche in lontananza. Un cambiamento che tutti sembrerebbero volere ma nessuno osa, perché per cambiare bisognerebbe far diventare sindaco il cittadino amante del proprio paese in grado di coinvolgere i suoi stessi concittadini nelle scelte, ascoltare le loro proposte, anche quelle non condivisibili e le innumerevoli esigenze di ogni singolo. Chiudersi a riccio in quelle stanze del Comune non può che dare risultati pari a sconfitte. Questo è ciò che Amantea sta vivendo. Insanabili ferite subite nel tempo che inesorabilmente la vedranno soccombere e precipitare nel baratro del dimenticatoio e nessuno si ricorderà di questa ” Stella Marina”, sconfitta e lasciata morire. Sconfitta dall’inerzia e dall’ignavia di chi non ha voluto, di chi non ha voluto affacciarsi oltre, di chi si è basato solo sul proprio tornaconto. Artefici naturali di questo tracollo, senza possibilità di risalita: l ‘apatia e l’invidia. Che grande tristezza! I giovani “evadono”, emigrano, vengono assorbiti dal quotidiano locale: sale giochi, slot machines, carte da gioco, alcool e droga. Nessuno dei cosiddetti “imprenditori” locali che abbia creduto in loro, lavorato per loro, costruito per loro. E questa inerzia ha devastato fiumi e fiumi di possibilità. La verità è che bisogna essere più veloci dei Social network. La programmazione, l’intercettazione delle risorse dei fondi europei, i progetti per l’occupazione, la modernizzazione, la velocizzazione della pubblica amministrazione, il coinvolgimento del cittadino quale portatore di interessi, le scelte condivise, le proposte, le idee sono, fanno, il futuro di una società, di questa società umiliata e mortificata, lasciata in mano agli “improvvisatori” e fannulloni .

Siamo tutti corresponsabili? Non credo si possa affermare ciò.! Vi sono dei responsabili e quelli che non lo sono, guardano al futuro prossimo dei loro figli pronti a rifare la famosa valigia di cartone che era stata riposta, si pensava per sempre, nella soffitta. Sicuramente andrebbe salvato quel poco che di buono c’è, chi di buono ha fatto e ciò che di buono si è fatto. Non c’è altro da fare che superare il profitto personale e abbandonare le vecchie logiche. Se esiste una parte sana del paese, questa va stimolata, punzecchiata. Coinvolgere le persone, i cittadini, che seppur non affrontando l’argomento son sicuro che condividono questo mio stesso intendimento. Il desiderio è di una persona nata in Via Garibaldi 78, la Via dei “Dannati”, che vorrebbe urlare, gridare, con la maggioranza del paese: “Allora che si fa”? L’invito è di ricorrere ad un forte scatto di orgoglio comune. Tutti insieme, il sociale, il volontariato, le associazioni, i circoli; non si può restare ancorati al “contributo” che non c’è. I giovani, quelli veri, gli adulti che credono, che pensano al confronto costruttivo, devono fare un passo avanti e non aspettare che quelli delle vecchie logiche “dividi et impera” restino sempre coloro che a tutti i costi vogliono tenere lo scettro del comando. Tutti! ma … insieme, condividendo, socializzando, parlandone, con il confronto o anche con lo scontro ma costruttivo, propositivo, con il dialogo. Forse qualcosa si riuscirà ad ottenere. Bisogna farlo perché quella attuale è un’Amministrazione oramai allo sbando, fatta di pochi elementi che sino ad oggi non hanno contribuito a risollevare le sorti del nostro paese e pensano a costruire ponti che, probabilmente, non saranno mai realizzati e che non serviranno ad una cittadina cementificata fino al collo.

Amantea.

Ti porto in me,

come un amore

privo di anelli e di clamore,

pieno di sogni e di parole.

Gigino Adriano Pellegrini & G el Tarik

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