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Riceviamo e pubblichiamo la nota di Francesco Saverio Falsetti (Responsabile C.E.A.M. WWF “Scogli di Isca”) sull’articolo di Filippo Vairo, sottolineando che il tema del Porto per la sua rilevanza ci sembra debba continuare a ricevere ancora ben altre attenzioni e ben altri contributi acchè tutti ne sappiano e tutti se ne sappia di più, molto di più! Ecco il testo integrale della nota:

“ Grazie Filippo, fa piacere avere la percezione che quello che diciamo da sempre ha un fondo di verità, almeno ogni tanto possiamo sentirci “normali” anche noi, questo è gratificante. Prima che il Porto nascesse noi, allora giovani ambientalisti, ci siamo confrontati tra di noi e con tecnici che all’epoca gravitavano al WWF, il tuo dire di oggi conferma quanto andiamo dicendo da tempo nell’indifferenza totale da sempre (mi viene da dire …. anche la tua). Poniamo da sempre la situazione come una grande “TRUFFA”, il progetto non è mai stato supportato da studi seri e reali, è tutto un “taglia ed incolla” con i mezzi dell’epoca fotocopie ritoccate – neanche tanto – se si considera che si faceva riferimento ad un rigagnolo come se fosse un fiume capace apportare un significativo ripascimento naturale, ma il bello che anche degli sprovveduti come noi ci accorgemmo che quel “fiume” poteva solo essere considerato (almeno per portata) un solco irriguo.

La distanza dichiarata tra la linea di battigia ed il piede della SS18 differiva di circa 200 metri (misurata dal sottoscritto e da un altro socio con una banale fettuccia) da quanto riportato nella progettazione, questo significa che l’intera opera portuale è stata costruita in mare aperto, pertanto ad alto rischio insabbiamento.

Le prove in vasca erano “troppo” simili a quelle fatte per altre strutture portuali ipotizzate. Tanto era necessaria l’opera portuale per Amantea che si ritenne opportuno nominare un Assessore che si doveva interessare esclusivamente del Porto, l’opera del secolo ci avrebbe fatto assomigliare, anche per numero di presenze, a Portofino.

Parli di denunciare, ebbene noi l’abbiamo fatto, le nostre osservazioni furono inviate per raccomandata A.R. a tutti gli Enti, alla Procura e perfino al Ministero – stiamo ancora aspettando che qualcuno ci risponda.

Riteniamo assurdo parlare di ampliamento con gli importi che tu citi e che conosciamo bene, somme non giustificate da nessuna esigenza di presenze sia di marinerie locali che di turisti visti i tempi di incertezza che viviamo. I porti sono insediamenti invasivi che, qualora ritenuti necessari, necessità suffragate da opportuni studi devono trovare allocazione in darsene naturali che li inglobino, senza creare un impatto visivo obbrobrioso, quello di Amantea comunque ha una peculiarità tutta sua, è “quasi perennemente” insabbiato – forse è questo il motivo per cui si ritiene di investire in un ampliamento!? Ci siamo chiesti inoltre, quanti dipendenti effettivi e/o stagionali vi hanno trovato negli anni lavoro? Qualcuno ha mai fatto un rapporto costi/benefici/ricadute sul territorio?

Oggi ad essere contro il Porto, almeno la mattina all’edicola o per strada sono in tanti, ma vi ricordate quanti ne hanno vantato il merito per presunta paternità? L’Associazione che ho il piacere di rappresentare (WWF) lo ha ritenuto inutile da sempre, ricordandone sistematicamente il risultato nefasto che l’ha caratterizzata – allego qualche articolo a firma del sottoscritto che è passato inosservato a tanti, che mi è valso solo qualche pacca sulle spalle per sottolineare che dicevo la verità, ma si sa la verità è sempre scomoda e talvolta porta pregiudizi verso chi la ostenta.

Rimaniamo disponibili a qualsivoglia momento di confronto.

Francesco Saverio Falsetti (Responsabile C.E.A.M. WWF “Scogli di Isca”)

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Ho avuto il piacere di conoscere il sig Eugenio Guido, e parte della sua numerosa famiglia, che nei giorni scorsi sono stati in giro per l’Italia ed hanno trascorso alcuni giorni in Amantea la sua città natale da cui parti il 1938, poco prima della seconda guerra mondiale. Un racconto straordinario di una vita straordinaria e che merita di essere raccontata. Forse altri amanteani, calabresi ed emigranti italiani possono vantare storie simili e ci piacerebbe conoscerle e farle conoscere ai nostri lettori quali esempi del superamento di momenti difficili, forse ancora più di quelli che viviamo oggi.

“Sono nato ad Amantea il 1933. Ultimo di quattro figli.

Mio padre partì per l’America lasciandoci nelle mani di nostra madre.

Voleva lavorare tanto e fare soldi . Ma il suo sogno non era l’America. No! Lui voleva ritornare in Italia, nella sua Amantea, comprare una casa ed un terreno tutto suo.

Ma l’unico lavoro che trovò in America fu quello di minatore in Pennsylvania.

Dopo pochi anni, però, riuscì a trovare occupazione in una fabbrica di Henry Ford.

Queste fabbriche erano note per le condizioni di lavoro: i dipendenti avevano una giornata lavorativa di 8 ore e ricevevano stipendi elevati.

Il sig Ford era assolutamente contrario ai sindacati e la condiscendenza verso i propri dipendenti era dettata dal senso degli affari. La sua filosofia economica, vincente, fu quella che il poter di acquisto della clientela doveva essere aumentato e il prezzo delle auto diminuito.

Mio padre, al tempo, guadagnava 5 dollari al giorno; una somma altissima.

Fu in quegli anni e grazie a questo lavoro che mio padre venne a sapere che il mondo si stava preparando ad una guerra mondiale che avrebbe avuto come scenario in particolare l’Europa e che avrebbe coinvolto anche l’Italia.

E fu allora che conoscendo la forza politica, economica e tecnologica dell’America capi che non esisteva un posto più sicuro per la sua famiglia.

E così il suo sogno non fu più il ritorno, ma la salvezza della sua famiglia. In particolare del primogenito che nel 1938 aveva 17 anni e sarebbe stato sicuramente chiamato alle armi per essere uno dei milioni di baionette come tanti che poi furono destinati a morire sotto il tiro delle mitragliatrici e dei cannoni.

Era quello un periodo nel quale la emigrazione verso gli Stati uniti era difficilissima. Per capire quanto lo fosse basta ricordare che nel decennio 1931-1940 verso gli Usa ed il Canadà emigrarono solo170 mila persone contro gli oltre 4 milioni del ventennio dal 1901 al 1920. Ed ancor più per capire il momento basta ricordare che nel quinquennio dal 1936 al 1940 emigrarono in totale 421 mila italiani ma ne rimpatriarono 535 mila. Un saldo emigrazionale attivo di 114 mila italiani il massimo e l’unico positivo insieme con il quinquennio precedente ( + 77.000).

Per questo lo riteniamo, oggi più che ieri, un miracolo fortemente cercato e voluto da nostro padre.

La grande guerra passò sulle nostre teste senza danni e dolori per la nostra famiglia e l’America fu prodiga nei nostri confronti. Tutti potemmo studiare. Ed io divenni professore ed insegnai per ben 38 anni nelle scuole pubbliche americane.

In America sposai la signora Guido da Aprigliano che mi diede ben 4 figli.

Ma la nostalgia della mia Amantea ed il desiderio di rivedere la mia vecchia casa mi ha portato in Italia per fare vedere, ad una parte della mia famiglia, Firenze, Roma, Positano e finalmente Amantea. I miei dicono che l’Italia è Wonderful .

Ho rivisto la mia vecchia casa che ancora esiste e che è l’unica cosa che ricordo della mia infanzia.

Ancora oggi, alla venerabile età di 80 anni, parlo ancora il dialetto amanteano frammisto ad un po’ di italiano ed ho così potuto raccontare la mia storia di amore per Amantea e per l’Italia che non ho mai dimenticato e che resta la mia patria nativa, anche se amo profondamente la “mia” America che ha dato vita, gioia e futuro alla mia famiglia.

Saluto così con queste parole Amantea e l’Italia ed auguro ad ambedue ogni migliore fortuna.

Eugenio Guido

 

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Nel lontano marzo 2012, alcuni rappresentanti dei genitori del Circolo Didattico “A. Manzoni” prospettavano al Dirigente Scolastico, al Consigliere Delegato alla Pubblica Istruzione D.ssa Monica Sabatino ed all’Assessore Delegato ai Lavori Pubblici Sante Mazzei, la problematica inerente spazi scolastici e loro utilizzo - Stato dell’immobile adibito a “Palestra” coperta Via Baldacchini. Si richiedeva il loro interessamento affinché fosse ripristinato con urgenza l’uso dell’immobile adibito a Palestra coperta facente parte del plesso di Via Baldacchini.

L’immobile è chiuso da circa otto anni, nonostante i lavori di “Rifacimento intonaco esterno, sostituzione di infissi completi di vetri a norma e di ripristino completo servizi igienici”. Tali lavori, per un importo totale di circa € 280.000,00 (erano compresi anche il ripristino dei servizi igienici del primo e secondo piano dell’edificio scolastico), risultano terminati nel marzo del 2007.

Successivamente, è stato affidato a tecnico esterno incarico per l’adeguamento dell’immobile alla normativa sismica vigente. Il progetto “sembrerebbe” essere stato presentato ma i lavori non sono stati mai appaltati. Gli elaborati di progettazione, “sembrerebbero” necessari per la mancanza del certificato di collaudo essenziale per l’uso dell’immobile a differenza dell’edificio che comprende le aule scolastiche nonostante l’unitarietà della progettazione originaria di tutto il complesso.

La “palestra”, dalla sua costruzione risalente alla fine degli anni sessanta, è stata utilizzata da varie associazioni sportive e non, fino all’inizio dei lavori sopra citati. L’utilizzo del complesso, si pensa, sia stato autorizzato da probante documentazione rispondente, all’epoca, alla normativa vigente. Ora, per quali motivi tale documentazione non può essere ripresa e giustificare l’utilizzo della “palestra”? E’ stata smarrita oppure è forse per la mancanza di tale documentazione che non si ripristina l’uso della stessa? Ed in tal caso, se risulta “pericoloso” l’utilizzo della “palestra” potrebbe inficiare anche l’utilizzo dell’intero complesso scolastico? Ed ancora, per la salvaguardia dei nostri figli e di quanti operano negli edifici scolastici dell’intera città, sono state verificate in termini di resistenza sismica le documentazioni inerenti l’uso delle strutture alla luce anche della loro possibile presenza nel Piano di Protezione Civile Comunale? Caso contrario, cosa succederebbe in caso di calamità?

Considerato il disagio creato alla scuola ed ai tanti giovani che avrebbero potuto utilizzarla, tenuto conto del numero di anni trascorsi dalla chiusura, quale valutazione delle priorità ha seguito l’Amministrazione Comunale per la scelta delle tante opere pubbliche realizzate negli anni in cui la “PALESTRA” non è stata utilizzata? Chi si è reso responsabile di tali scelte?

Sarebbe opportuno, forse, un corso di formazione per noi genitori sulle scelte dei politici o per gli amministratori per rispondere alle esigenze dei nostri e loro figli?

Comitato Genitori “Manzoni-Longo”

I consiglieri di Istituto : Basso , Cordiale e Menichino

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