NO!.
La risposta è pacifica.
Lo dice il Consiglio di Stato con la sua recente sentenza del 25 settembre 2017.
L’art. 20 del D.P.R. n. 380 del 2001 (c.d. Testo unico dell’edilizia), nel comma 8 prevede che “decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio assenso”, esclude espressamente “i casi in cui sussistono vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali”.
Lo stesso vale per gli interveti di ristrutturazione.
E similmente per quelli di demolizione.
La sentenza è coerente con quanto previsto, in linea generale, dall’art. 20 della L. n. 241 del 1990, che esclude l’applicazione dell’istituto del silenzio assenso, tra l’altro e per quel che interessa nella presente sede, agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico.
In sostanza, l’art. 20, comma 8 del D.P.R. n. 380 del 2001 e, più in generale, l’art. 20, comma 4, L. n. 241 del 1990, nell’escludere dalla formazione del silenzio assenso gli atti ed i procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, ovvero ove sussistano vincoli (tra gli altri) culturali e/o paesaggistici, non intendono riferirsi ai soli casi in cui sussistano vincoli specifici, riguardanti un determinato immobile ovvero una parte di territorio, puntualmente individuati per il loro valore storico, artistico o paesaggistico con puntuali atti della Pubblica amministrazione, ma si riferiscono, più in generale, a tutte le ipotesi in cui siano presenti, nell’ordinamento realtà accertate come riconducibili, anche in via generale, al patrimonio culturale e/o paesaggistico.
Secondo i giudici di Palazzo Spada, allora, devono ritenersi ricomprese nei casi per i quali è esclusa la formazione del silenzio assenso, le domande volte ad ottenere titoli edilizi relativi ad immobili situati in zona A del territorio comunale, posto che tale zona, ai sensi dell’art. 2 D.M. n. 1444 del 1968 è quella costituente parte del territorio interessata “da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi”
In sostanza il centro storico è un valore che deve essere tutelato e difeso
E’ bene ricordarsene sempre.
Nei giorni scorsi Amantea è finita su tutte le televisioni e su tutte le pagine dei quotidiani.
Probabilmente finirà anche sulle pagine dei settimanali in preparazione.
Tutto per via di alcuni migranti che lavoravano in nero, che venivano pagati in modo differenziato a seconda del colore della pelle.
Due gli arresti ai domiciliari. Italiani.
Tutto è nato da una denuncia.
A Poggibonsi ieri ne hanno arrestato 3 ma in carcere. Erano curdi.
Sempre per sfruttamento dei lavoratori.
Altri tre soggetti sarebbero indagati.
Anche qui tutto è nato da una denuncia.
Orari di lavoro estenuanti; paghe inferiori agli orari svolti( massimo 6,5 euro l’ora, ben al di sotto di quanto previsto dal contratto nazionale di lavoro dell’agricoltura che prevede un compenso pari a 9,78 euro l’ora) ; alloggi fatiscenti; squadre di lavoro con gerarchie rigide: così venivano sfruttati operai agricoli stranieri, che venivano accompagnati con furgoni nei luoghi di lavoro ed erano costretti a sostenere faticose attività agricole.
Sono inoltre emersi episodi di maltrattamento e comportamenti vessatori ai quali i lavoratori erano stati sottoposti e ai quali avevano dovuto assoggettarsi, pur di conseguire una retribuzione.
Ci sarebbe stata anche disparità nei trattamenti economici a seconda delle etnie dei componenti delle squadre stesse.
Per i lavoratori africani le paghe erano ancora più basse degli operai di altre etnie.
Scarsa in questo caso la risonanza mediatica.
Ora in Calabria ed in Toscana al vaglio degli inquirenti ci sono le posizioni di numerosissime aziende agricole.
La differenza è che gli Italiani si aspettano solidarietà ( leggi welfare), i migranti si danno da fare , accettano qualsiasi lavoro , anche sottopagato, anche senza assicurazioni.
Ma c’è di peggio ( almeno così ci sembra)
Due giorni fa sono andato fino all’aeroporto di Lamezia Terme
Già prima delle 07.00 decine di migranti viaggiavano in direzione sud su biciclette sgangherate pedalando contro vento( come faceva mio padre negli ani 50-60 quando andava in bici a lavorare a Gizzeria-Falerna sulla ferrovia)
Nessuno veniva a prenderli con i pulmini che abbiamo visto nei filmati.
Non so se poi abbiano lavorato.
Al ritorno poco prima delle 08.00 altri profughi procedevano sulla SS18 in direzione nord.
Questa volta mentre pioveva.
Anche in questo caso nessuno era venuto a prenderli con i pulmini.
Giuseppe Marchese
Quando nel 2014 ho scelto di iniziare questa nuova esperienza nella mia vita, l’ho fatto solo ed esclusivamente a causa di una forte spinta interiore, a volte anche irrazionale.
Non sono una politicante navigata come la maggior parte di voi… anzi non lo sono per niente. Quello che invece sento con chiarezza è che sono parte integrante di una società, della nostra società. Sono una cittadina che ama il suo paese.
L’idea che mi ha spinto ad essere qui è comune a tutti noi, almeno in teoria, ed è quella di agire in maniera concreta per la rinascita sociale ed economica di questa piccola comunità di Amantea, che in qualche modo rappresenta il termometro di tutto il Paese.
L’idea era quella di diventare parte attiva del cambiamento, di agire concretamente io per prima.
Questa in atto è una rivoluzione culturale che ci vede, volenti o nolenti, protagonisti del nostro vivere quotidiano che non è separato in nessun modo dalla vita politica locale e non solo.
Tutto è politica nella vita. Tutto. La famiglia, il lavoro, la scuola, il senso civico che si traduce nei nostri gesti quotidiani all’interno della nostra casa, come accompagnare i figli a scuola, andare sul posto di lavoro, considerare i nostri vicini amici o nemici, mantenere le strade pulite o no, la scuola che chiude perché pericolante, gli sbarchi di gente disperata, parcheggiare bene o meno, i rifiuti a terra o nel cestino, tutto è comunità, tutto è politica.
E se poi diventiamo amministratori, come nel nostro caso, abbiamo la responsabilità di fare bene con i soldi degli altri e per gli altri, mentre se rimaniamo cittadini abbiamo la responsabilità di rispettare gli altri e di farci rispettare.
Questo è per me essere consigliere in questa Assise, fare azioni improntate alla realizzazione del bello e del benessere del paese intero.
Ma la teoria sappiamo diverge dalla pratica ed alcune volte il potere devia il corso del bene comune, come nel caso della denuncia a mio carico di due anni fa e che oggi mi renderebbe incompatibile con il ruolo assegnatomi dai miei concittadini.
Una cosa dico a riguardo e a gran voce: nulla ho fatto se non essere presente come cittadina in una circostanza che tutelava la comunità intera. E la verità va sempre detta, sostenuta e difesa. Per natura sono fatta così, ricerco l’equità e la giustizia in me stessa e quindi negli altri, soprattutto in chi ha il potere di prendere decisioni che riguardano la qualità della mia vita e della comunità di cui faccio parte. Agire per far sì che la macchina comunale funzioni è un mio dovere.
Agire affinché non ci siano prevaricazioni e soprusi nei confronti di qualcuno a beneficio di altri è un mio dovere. Denunciare atti oggettivamente sbagliati è un dovere. Risvegliare dentro di me e negli altri l’indignazione per le malefatte è una necessità per la salute delle cose.
Non rassegnarsi al mal costume è fondamentale per contrastare l’apatia delle menti.
Coltivare la speranza è la linfa vitale per il futuro. Ecco, tutto questo per me è politica e tutto questo è necessario per le generazioni future. Abbiamo già fatto scelte sbagliate e creato danni alcuni forse irreparabili, a maggior ragione non si può più fare finta di niente e il mio pensiero è costantemente rivolto ai miei nipoti.
Ogni cosa che penso o faccio è proiettata nel futuro: come sarà domani, tra un anno, tra dieci? L’azione che compio oggi lascerà un segno che erediteranno i nostri ragazzi, quindi va valutata bene.
Nella mia idea di amministratore c’è tutto questo, e venire nella casa comunale due anni fa, insieme a due senatori e alla consigliera Menichino, voleva dire rispettare me stessa in quanto cittadina, e tutti gli altri fuori da questo Comune che viene visto come una fortezza, un luogo chiuso e segreto dove si prendono decisioni sbagliate e contro gli interessi comuni.
Lo rifarei ancora ovviamente. Non siamo violenti, non siamo vandali, non siamo disonesti. Siamo qui per far rispettare i nostri diritti avuti in eredità da donne e uomini che hanno pensato al futuro, agendo nel loro presente.
Dal primo giorno in questo consiglio mi avete contestato l’incompatibilità e allora mi sono ulteriormente chiesta cosa meglio volesse significare oltre il “conflitto di interessi” e sono andata a studiarne il significato letterale:
incompatibilità s. f. [der. di incompatibile]. – 1. In genere, condizione per cui due o più cose o situazioni sono tra loro in contrasto e non compatibili l’una con l’altra, sicché non possono coesistere o conciliarsi
Bene, di sicuro sono incompatibile con chi vuole limitare la mia libertà e con chi utilizza il potere per vendicarsi.
Sono incompatibile con l’arroganza, con l’ignoranza, con l’inettitudine, con l’incoerenza, con l’ipocrisia, con la cattiveria, con il finto buonismo, con la prevaricazione ma soprattutto con la falsità. Con tutte queste cose sono incompatibile!
E dovrebbero esserlo tutti coloro i quali ricoprono incarichi pubblici e che rivestono un ruolo di pubblico potere.
Per me essere seduta qui oggi significa vivere il mio tempo in virtù di scelte fatte e sostenute da tutti quei concittadini che mi hanno votata, significa avere consapevolezza di quello che mi circonda e migliorare me stessa che vuol dire passare anche da tutto questo, quindi volevo ringraziarvi per aver arricchito il mio bagaglio di esperienze con questo fatto singolare ed unico, sia nella mia vita che nella storia del consiglio comunale di Amantea.
Francesca Sicoli