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sangue infettoRiceviamo e pubblichiamo

Nella tarda mattinata di oggi, la Corte di Appello di Catanzaro, decidendo a seguito del rinvio disposto dalla Suprema Corte di Cassazione, ha posto la parola fine alla c.d. vicenda “sangue infetto”, assolvendo il Dott. Marcello Bossio, già primario del centro trasfusionale dell’ospedale di Cosenza, dalla imputazione di aver causato la morte del paziente Cesare Ruffolo mediante la somministrazione di una sacca di sangue contaminata da un batterio, con la formula “per non aver commesso il fatto”, previa riqualificazione dei reati dolosi originariamente contestati nelle corrispondenti ipotesi colpose, in accoglimento delle richieste formulate dal suo difensore Avv. Nicola Carratelli.

 in primo grado il Tribunale di Cosenza aveva ritenuto il Dott. Bossio responsabile dei reati di omissione di atti d’ufficio, di somministrazione di medicinale imperfetto e della morte del paziente come conseguenza di tale reato, irrigandogli la pena complessiva di 2 anni di reclusione. 

La Corte di Appello di Catanzaro, nel luglio del 2020, aveva confermato tale decisione. 

Nel febbraio di quest’anno, la Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso proposto dal difensore del Bossio, aveva annullato la sentenza della Corte di Appello affermando come nella fattispecie non potesse ravvisarsi alcun profilo di dolo ed invitando il Giudice del rinvio a valutare tutti gli elementi del caso concreto escludenti una responsabilità penale del Bossio. 

Oggi la decisione della Corte di Appello che ha deciso, appunto, in sede di rinvio del procedimento dalla Corte di Cassazione, accolta con grande commozione dal Bossio, il quale ha ricordato la sofferenza patita nei quasi 10 anni in cui è stato sotto processo. 

Nel processo penale si erano costituiti parte civile gli eredi del Ruffolo e diverse associazioni di categoria. 

 Gli eredi Ruffolo avevano altresì intentato azione civile di risarcimento dei danni nei confronti del Ministero della Salute, dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza, nonché dei sanitari Bossio e Perfetti e tale giudizio è ancora pendente.  

STUDIO LEGALE CARRATELLI
Pubblicato in Calabria

frangioneApprendiamo dai social media sulla pagina personale del Dottore Antonio Frangione, che assieme al Dottore Egidio Viola, risultano essere i responsabili del  Dipartimento di Prevenzione U.O.C. Igiene e Sanità Pubblica ad Amantea e del suo circondario, nonché responsabili, per il nostro territorio, per l'emergenza Covid 19, una buona notizia per Amantea e non solo. 

"Ritorna perfettamente guarita, l'unica amanteana ricoverata a Cosenza per il coronavirus covid-19, un importante segnale per la nostra città".

"Inoltre si informa che nei Paesi che fanno parte del nostro comprensorio, da Fiumefreddo Bruzio ad Aiello Calabro, anche oggi continuano a non registrarsi altri casi positivi".

Attendiamo, in merito al ritorno a casa della donna Amanteana, la comunicazione ufficiale, nel pomeriggio di oggi, da parte del Comune di Amantea, ma possiamo dare oramai per scontata la notizia della nostra concittadina che appunto fa ritorno nella sua abitazione.

E' quindi, risultata negativa al virus a due tamponi effettuati nel corso di questi giorni.

“Manda un grande saluto a tutta la nostra Comunità", consapevole che dovrà ancora trascorrere alcuni giorni di quarantena, prima di buttarsi questo brutto periodo dietro le spalle, difatti la nostra concittadina non ha solo avuto la difficoltà di superare il contagio da coronavirus, ma la stessa, ha dovuto affrontare ben due lutti nella propria famiglia, quello della madre dopo e quello del fratello prima.

 A lei il nostro più grande abbraccio e sostegno, con l’augurio di rivederla presto tra noi, non appena ciò sarà di nuovo consentito”.

Incomincia a farsi più robusto, quindi, l’altro conto dei casi, quello dei pazienti guariti che fanno ritorno a casa. Il virus si sta debellando con ogni sforzo comune.

Pubblicato in Cronaca

pronto soccorsoOggi ci occuperemo di pronto soccorso italiani dove, secondo la notizia riportata dalla “Stampa” di Torino, i tempi di attesa arrivano anche a 60 ore, quasi tre giorni facendo bene i calcoli. La denuncia è stata fatta dal sindacato dei medici i quali danno la colpa di questo notevole ritardo al taglio dei letti e dell’organizzazione.

Sapevamo da tempo che le cose nei pronto soccorso italiani non fossero rose e fiori, ma non fino al punto di lasciare i pazienti nell’ospedale di Cosenza in astanteria, su una barella, su un lettino di fortuna, su di una sedia quasi tre giorni. Non parliamo poi della lunga attesa per un codice verde. Tutto questo non lo abbiamo inventato noi, ma lo abbiamo appreso da una indagine dell’Anaao, il sindacato dei medici ospedalieri. Il quale da la colpa per i servizi inefficienti all’assenza di letti nei reparti, dove parte dei pazienti in pronto soccorso dovrebbero essere ricoverati. Non essendoci posti letto a sufficienza i poveri disgraziati pazienti vengono parcheggiati, se tutto va bene, nei grandi stanzoni dove il vecchio è costretto a stare accanto al ragazzo, dove un ragazzo accidentato è costretto a condividere il poco spazio con un tossico dipendente, e un malato colpito da infarto costretto a soffrire accanto ad una vecchia signora malata di cancro. Tutti i pazienti sono costretti a vivere nelle promiscuità e nessuno di loro ha diritto a un po’ di privacy. Sulle cause non ha dubbi il segretario nazionale dell’Anaao:- Le immagini trasmesse dai media di attese infinite in barella ( vedere i resoconti degli inviati negli ospedali da “Striscia la notizia”, specialmente quelli di Luca Abete”), sovraffollamento e promiscuità sono la chiara dimostrazione di cosa abbiano prodotto i tagli lineari a posti letto e personale-.. E così entrando nei pronto soccorso italiani troviamo pazienti in barelle in mezzo ai corridori, pazienti accidentati curati per terra, parenti delle vittime in agitazione con tanto di aggressioni a infermieri e medici. Le scene che si continuano a vedere nei nostri ospedali sono davvero raccapriccianti, indegne di un paese civile e a farne le spese sono soprattutto i soggetti più deboli, spesso persone anziane e sole, che si trovano ad affrontare la malattia senza avere il conforto e l’assistenza di un parente o di un congiunto. Vi ricordate, amici lettori di Tirreno Nerws, quello che noi abbiamo denunciato il 10 gennaio scorso quanto accaduto all’ospedale “Santa Maria la Pietà” di Nola? Persone curate per terra nel pronto soccorso per mancanza di barelle e di posti letto. I medici hanno preferito fare la defibrillazione ad un paziente sul pavimento pur di salvargli la vita. Le foto trasmesse dalla televisione non hanno dato una bella immagine dell’ospedale, ma i medici si sono giustificati così:- Era l’unica soluzione per far fronte all’emergenza-. Il guaio è che siamo nei pronto soccorso 365 giorni all’anno in emergenza. I cittadini si lamentano ed hanno ragione. Qualche volta perdono la pazienza ed aggrediscono gli operatori ospedalieri che non hanno nessuna colpa. Pretendono, però, un servizio sanitario adeguato alle tasse che pagano e soprattutto chiedono di non essere trattati come bestie. I nostri politici queste cose le sanno, ma fanno finta di non sapere. Tanto loro hanno i soldi per farsi curare all’estero o nelle cliniche private. E poi sono occupati in altre faccende. Alcuni devono preparare le elezioni primarie, alcuni devono rifondare partitini, altri invece devono lottare per mantenere lo scranno a Montecitorio o alla Regione Calabria, altri ancora sgomitano per mantenere i privilegi della casta. E agli ospedali chi ci pensa? E ai pazienti che soffrono nei corridori degli ospedali, sui pavimenti del pronto soccorso, chi ci pensa? Ci pensa Dio. Bella prospettiva. Siamo messi davvero maluccio. Non ci resta che piangere e pregare. O mio Dio, dammi la forza di resistere e fa passare questa brutta nottata.

Pubblicato in Cosenza
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