Nei decreti di nomina di pertinenza del Presidente Talarico si è soliti leggere tre elementi.
- a)Il primo è che si prende atto “ della verifica dei requisiti dei singoli candidati alla nomina di che trattasi, effettuata, anche con l'ausilio delle schede ricognitive allegate alle domande ed ai curricula, nonché delle schede di settore da cui si rileva la sussistenza o meno dei requisiti richiesti dalla vigente normativa da parte dell'Ufficio di Presidenza, con deliberazione n. 10 del 23 febbraio 2011”;
- b)Il secondo che dai predetti elenchi e dai curricula personali, in atti, il nominato “ risulta in possesso dei requisiti per la nomina in oggetto ed in grado di assicurare il buon andamento ed l'imparzialità dell'Organo al quale viene nominato”;
- c)Il terzo che “la scelta della Pubblica Amministrazione, nella fattispecie, non presuppone una procedura concorsuale, ma impone solo la richiamata valutazione di tutti gli aspiranti e dei requisiti da ciascuno dichiarati nelle domande e nei curricula che hanno costituito il fondamento dell'istruttoria verificativa”;
Ora questo “sistema” giunge ad epilogo. Lo ha deciso il sostituto procuratore, Gerardo Dominijanni, che ha inviato un avviso di garanzia al presidente del Consiglio regionale della Calabria, Francesco Talarico, ed al funzionario autore delle schede di valutazione relative alle nomine “incriminate”, Rocco Sirio.
Per il momento sotto indagine è finito l’attuale CDA dell’Arpacal nominato nelle persone di Marisa Fagà –presidente- e di Mario Russo e Ida Cozza –componenti.
Il presidente del consiglio regionale deve rispondere di abuso d'ufficio per aver proceduto alla nomina dei componenti del Cda senza che questi avessero i requisiti.
Anzi, recita il provvedimento, «procurando così intenzionalmente da un verso a costoro un ingiusto vantaggio patrimoniale, dall’altro un danno ingiusto agli aspiranti parimenti la nomina aventi idoneità a ricoprire l’ambito incarico».
“Nello specifico, secondo la ricostruzione accusatoria confluita nel provvedimento, al presidente Fagà ed a Russo si contesta di avere attestato falsamente, nella richiesta di nomina a componente del Consiglio di amministrazione dell’Ente per 4 anni e 5 mesi, di essere in possesso tanto dei requisiti richiesti dalla legge istitutiva dell’Arpacal (articolo 9 bis della legge regionale della Calabria 3 agosto 1999, n. 20, come introdotto dall’articolo 12 della legge regionale della Calabria 11 agosto 2010, n. 22, pubblicata Bur n. 15 del 16 agosto 2010, supplemento straordinario n. 1 del 20 agosto 2010), ovvero “comprovata esperienza tecnico scientifica in materia ambientale”, tanto di quelli richiesti dalla legge regionale della Calabria 4 agosto 1995, n. 39 (articolo 8), ovvero “cinque anni di attività professionale riconducibile all’incarico”, quando, al contrario, entrambi avrebbero ricoperto incarichi e funzioni ben diverse da quelle previste. Violazione, quest’ultima, contestata anche al terzo componente del Cda, Ida Cozza.”
Dalla nomina le reazioni dei candidati esclusi, che, a quanto pare, non avendo affatto digerito il “benservito”, hanno deciso di rivolgersi alla Procura dando così lo start all’ennesimo filone di un’inchiesta che – tutto lo fa pensare – ha in serbo ancora diversi colpi di scena.
Della serie”non finisce qui”!
Anche perché resta aperta la precedente inchiesta aperta dai sostituti procuratori Gerardo Dominijanni e Domenico Guarascio a carico di undici indagati, accusati, a vario titolo, di truffa e abuso d’ufficio. Si tratta di Vincenzo Mollace, commissario straordinario all’Arpacal, fratello del giudice della Corte d’appello di Reggio Calabria, Francesco; Francesco Caparello di Lamezia Terme; Pietro De Sensi, di Lamezia Terme; Giuseppe Giuliano, di Catanzaro; Giuseppe Graziano, di Longobucco; Domenico Lemma, di Reggio Calabria; Francesco Nicolace, di Catanzaro; Silvia Romano, di Cosenza; Luigi Luciano Rossi, di Catanzaro; Antonio Scalzo, consigliere regionale e vice presidente della Commissione.
Della serie : in questa regione più si scava, più si trova!
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Catanzaro. Continua l'inchiesta della Procura di Catanzaro sulla gestione dell'agenzia nel periodo precedente al 2010. Le decisioni dei manager avrebbero creato danni economici. Somme di denaro per complessivi 500 mila euro sono state sequestrate ad ex dirigenti dell'Arpacal nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Catanzaro sulla gestione dell'agenzia nel periodo precedente al 2010. Il provvedimento di sequestro è stato emesso dal Procuratore della Repubblica, Vincenzo Antonio Lombardo, e dai sostituti Gerardo Dominijanni e Domenico Guarascio. I militari della Guardia di finanza e del nucleo investigativo sanità e ambiente (Nisa) hanno provveduto ad eseguire i sequestri. L'accusa sostiene che i provvedimenti adottati dagli ex sette dirigenti ha provocato un danno economico all'agenzia regionale per l'ambiente. Nell'inchiesta della Procura sono indagate una decina di persone e riguarda complessivamente la gestione dell'Arpacal negli anni precedenti al 2010. Negli atti è confluita anche la relazione di un ispettore del ministero dell'Economia, Giovanni Logoteto, che ha riscontrato una serie di irregolarità nell'attribuzione di incarichi, nell'erogazione di fondi e nell'espletamento di selezioni per progressioni verticali di carriera. Le indagini hanno avuto inizio dopo una serie di esposti relativi al concorso pubblico per dirigente amministrativo dell'Arpacal ed al conferimento dell'incarico di responsabile di struttura semplice avvenuti nel 2008.(IlCorrieredellaCalabria).
Aggiornamento
Uno dei sette ex dirigenti ha tentato in extremis di evitare il sequestro. Appena appresa la notizia dell'attività in corso, si è precipitato in banca. Raggiunto il direttore nella sua stanza gli ha detto che voleva chiudere immediatamente il suo conto. Peccato, però, che nell'ufficio del direttore era già presente un maresciallo della finanza in borghese che dopo essersi presentato all'ignaro indagato gli ha notificato il provvedimento con cui erano stati appena sequestrati 56mila euro.
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