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“Il gup del Tribunale di Cosen za, Sergio Caliò, ha rinviato a giudizio l'impren ditore cosentino Piero Citrigno, 63 anni, l'impren ditore Fausto Aquino, 59 anni e tre ammini stratori delle società, riconducibili a Citrigno, fallite.

 

Ovvero: Rosanna Grillo, 57 anni di Squillace; Tommaso Funari, 57, e Massimo Zimbo, 46 anni, entrambi di Cosenza.

Per loro il processo inizierà il prossimo 12 aprile.

Secondo l'accusa - rappresentata dai pm Giuseppe Cozzolino, Donatella Donato e Giuseppe Cava - avrebbero distratto illecitamente fondi dalla disponibilità delle due società fallite, danneggiando i creditori. Tra questi ci sono diversi giornalisti del quotidiano "Calabria Ora", edito in periodi diversi, dalle società editoriali "Cooperativa editoriale calabrese (Cec)" e "Paese Sera editoriale".

 

La prima è stata dichiarata fallita dal tribunale a gennaio del 2012.

La seconda nel 2013.

L'inchiesta nasce da una complessa attività di indagine condotta dalla Guardia di finanza di Cosenza che ha spulciato una serie di documenti e sentito un numero cospicuo di giornalisti e dipendenti delle società.

Aquino - in qualità di presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante della cooperativa editoriale calabrese fino al 14-1-2009 nonché di amministratore di fatto della stessa (società dichiarata fallita dal tribunale di Cosenza in data 11-1-2012 -, Rosanna Grillo - nella qualità di amministratore unico e legale rappresentante della società fallita a partire dal gennaio 2009 - Pietro Citrigno - in qualità di amministratore di fatto e direttore generale della Cec - avrebbero distratto l'intero complesso aziendale in favore di Paese Sera editoriale.

 

Per la pubblica accusa, Massimo Zimbo - in qualità di amministratore unico e legale rappresentante di Paese Sera editoriale srl (dichiarata fallita dal tribunale di Cosenza il 16 gennaio del 2013) - dal 18-12-08 al 21-06-2010, in accordo con Pietro Citrigno, amministratore di fatto della società fallita, allo scopo di favorire a danno dei creditori (in particolare l'erario e gli istituti previdenziali), taluno di essi, avrebbe eseguito pagamenti a favore della cooperativa editoriale calabrese arl mediante bonifici, con addebito del conto corrente (intestato alla società fallita) acceso alla Bcc di Cosenza per un ammontare complessivo pari a 141.500 euro per il 2009 e 363.778 euro per il 2010. Con l'aggravante - scrivono i pm - di aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità.
Tommaso Funari - in qualità di amministratore unico e legale rappresentante di Paese Sera editoriale srl - dal 21-6-2010 al 28-11-2012, in accordo con Piero Citrigno, allo scopo di favorire a danno dei creditori (in particolare erario e istituti previdenziali) taluni di essi, avrebbe eseguito pagamenti a favore della Cec mediante bonifici con addebito sul conto corrente della società fallita acceso alla Bcc di Cosenza per un ammontare complessivo di 351.951 euro per il 2010 e 495.830,39 euro per il 2011.

 

Funari, sempre in accordo con Piero Citrigno, allo scopo di favorire, a danno dei creditori, taluni di essi avrebbe eseguito pagamenti in favore dello stabilimento tipografico De Rose mediante assegni bancari tratti dal conto corrente della società fallita.

Inoltre - è scritto nel provvedimento firmato dai magistrati Cozzolino, Donato e Cava - sempre in accordo con Citrigno allo scopo di favorire a danno dei creditori (in particolare erario e istituti previdenziali), taluni di essi avrebbe eseguito un pagamento a favore della Bcc di Cosenza mediante versamento dell'assegno bancario dell'importo di 693.100 euro emesso dalla Pieffe Holding sul conto corrente intestato alla società fallita acceso alla Bcc filiale di Cosenza, estinguendo così parzialmente l'esposizione debitoria esistente verso l'istituto di credito. Con l'aggravante - conclude l'accusa - di aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità.

In diverse occasioni gli indagati avrebbero omesso il versamento dell'Inps delle ritenute previdenziali operate sulle retribuzioni relative ai lavoratori nel periodo compreso tra il mese di gennaio 2009 e ottobre 2011 per un importo complessivo di 301.791 euro.(Corriere della Calabria)

Pubblicato in Cosenza

pietro citrignoI sequestri a suo tempo predisposti dalla Dia sono stati trasformati in confisca dopo la condanna definitiva del noto imprenditore cosentino a quattro anni ed otto mesi di reclusione per il reato di usura aggravata nell’ambito del processo "Twister.

 

Il provvedimento di confisca, è stato adottato dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Cosenza e riguarda gli stessi beni oggetto dei due decreti di sequestro emessi tra gennaio e febbraio di quest'anno dalla stessa autorità giudiziaria e rappresenta, secondo l’accusa, «un’importante conferma della fondatezza delle investigazioni patrimoniali condotte dagli investigatori della Dia e confluite nella proposta di sequestro predisposta in base al nuovo codice antimafia (decreto legislativo n. 159/11) dal Direttore della Direzione Investigativa Antimafia, Arturo De Felice.

Oltre ai beni già sottoposti a sequestro, tra cui diverse strutture sanitarie, società edili e immobiliari, 35 fabbricati, 4 terreni, 9 auto e cinque rapporti finanziari il provvedimento di confisca ha riguardato anche il "Centro clinico Ortensia srl" di Cosenza. 

In sostanza la confisca riguarda il capitale e l’intero compendio aziendale della Edera srl dedita alla costruzione e commercializzazione di immobili, della Meridiana srl con oggetto la realizzazione e gestione di strutture ricettiva alberghiere, ospedali e case di cura.

35 fabbricati, tra i quali spiccano le cliniche Villa Gioiosa di Montalto Uffugo (Cosenza) e Villa Adelchi di Longobardi (Cosenza), entrambe strutture sanitarie accreditate dal servizio sanitario calabrese, con circa 50 posti letto ciascuna.

Sono stati confiscati

-il 23,33% del capitale sociale della Moncachelle srl con sede a Rossano (Cosenza) e dedita a realizzazione e gestione di case di cura, di laboratori, di centri diagnostici, di stabilimenti termali Rsa,

-il 25% del capitale sociale della "San Francesco srl" con sede in Cosenza e dedita gestione di strutture pubbliche e private per ogni forma di assistenza riabilitativa per anziani e di tipo socio-assistenziale;

-il 50% del capitale sociale della "Vela latina srl" con sede in Cetraro e dedita alla gestione, manutenzione, ristrutturazione di immobili;

-il 100% del capitale sociale del "Centro clinico San Vitaliano srl" con sede in Catanzaro, struttura sanitaria accreditata dal servizio sanitario calabrese, con circa 35 posti letto per pazienti affetti da patologie neuromuscolari.

Infine la confisca ha colpito anche l’85% del capitale sociale della Pieffe Holding srl con sede a Cosenza e dedita all’assunzione e gestione di partecipazioni societarie nonché al controllo di altre società;

Pubblicato in Cosenza

Sequestrati 500mila euro a Pietro Citrigno

L'intero capitale sociale della clinica San Vitaliano di Catanzaro, per un valore di circa 500 mila euro, è stato sequestrato da personale della Dia del capoluogo calabrese all'imprenditore cosentino Pietro Citrigno

L'intero capitale sociale della clinica San Vitaliano di Catanzaro, per un valore di circa 500 mila euro, è stato sequestrato da personale della Dia del capoluogo calabrese all'imprenditore cosentino Pietro Citrigno, attualmente agli arresti domiciliari dopo una condanna definitiva a quattro anni ed otto mesi di reclusione per usura aggravata.

A Citrigno erano già stati sequestrati beni per un centinaio di milioni di euro nel gennaio scorso. Il nuovo provvedimento di sequestro, emesso sempre dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Cosenza, riguarda, oltre che il 100% del capitale sociale del "Centro clinico San Vitaliano srl" con sede a Catanzaro, struttura accreditata dal Servizio sanitario, con circa 35 posti letto per pazienti affetti da patologie neuromuscolari; l'85% del capitale sociale della Pieffe Holding srl, con sede a Cosenza, dedita all'assunzione e gestione di partecipazioni societarie, nonché al controllo di altre società, che detiene la quota di maggioranza di altra società editrice de L'Ora della Calabria; il 49% del capitale sociale della Vela Latina srl, con sede a Cetraro, dedita alla gestione, manutenzione e ristrutturazione di immobili; tre rapporti finanziari; 9 autoveicoli.

Eseguendo il precedente sequestro, la Dia ha acquisito elementi che confermavano la riconducibilità della clinica a Citrigno attraverso due società, Meridiana e Riace, entrambe con sede a Cosenza, per le quali era stato disposto il sequestro del capitale sociale e dell'intero compendio aziendale. Gli investigatori hanno poi ricostruito la "proprietà" della clinica, individuandone la titolarità del 70% delle quote in capo alla Meridiana ed il 30% in capo alla Riace. Oltre al capitale della clinica, la Dia, ha dato estensione al provvedimento di gennaio su beni ricompresi nel compendio delle società Meridiana e Riace. Le indagini patrimoniali sono state disposte dal direttore della Dia Arturo De Felice, che, a conclusione degli accertamenti, ha avanzato al Tribunale di Cosenza una proposta per l'adozione di misura patrimoniale. (ANSA)

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Ieri è stato disposto il sequestro di beni dell'imprenditore cosentino Pietro Citrigno. Molti degli immobili oggetto del provvedimento peraltro non risultano di proprietà dello stesso, ma da lui edificati e venduti circa 25 anni fa. Il legale di Pietro Citrigno, l'avvocato Massimo Lo Franco, fa sapere: «Ogni aspetto sarà chiarito nelle sedi competenti attraverso copiosa documentazione cartacea che verrà presentata all'udienza fissata per il 26 febbraio».

“Cogliamo con stupore la pervicace e sospetta ignoranza di altre testate giornalistiche calabresi e non, che continuano ad indicare in Pietro Citrigno l'editore dell'Ora della Calabria, ruolo che invece ricopre da tempo suo figlio Alfredo. Se qualcuno intende nuocere per questa via all'Ora della Calabria non avrà partita facile”

E proprio Alfredo Citrigno, figlio dell'imprenditore Pietro Citrigno, ha diffuso un comunicato in merito al sequestro di beni nei confronti del padre.

«In merito al sequestro emesso dal tribunale di Cosenza, sezione penale misure di prevenzione notificato stamane e avente come oggetto beni rientranti nel patrimonio familiare si afferma nella dichiarazione nella qualità di figlio di Pietro Citrigno dichiaro che le questioni inerenti l'atto giudiziario summenzionato saranno prontamente discusse e risolte nelle opportune sedi giudiziarie dove sicuramente emergeranno "tante verità" e dove dimostreremo che tutto quanto ingiustamente esposto ad un grave provvedimento illegittimo è stato ed è frutto del lavoro di anni dell'intera famiglia Citrigno, ricordando che sin dalla maggiore età io e le mie sorelle Filomena e Simona ci siamo dedicati alle attività imprenditoriali personalmente ed attivamente». «Prendo atto che anche questa vicenda prosegue Alfredo Citrigno è stata utilizzata in malafede da terzi come gogna mediatica a danno della mia famiglia. A tal proposito ho già conferito mandato ai miei avvocati affinché ogni buon diritto della famiglia Citrigno ottenga la giusta e dovuta tutela. Sono comunque fiducioso perché confido nella serenità e nell'autonomia della magistratura».

Pubblicato in Calabria

Pietro Citrigno è l’ex editore di Calabria Ora oggi diventato L’Ora della Calabria , il quotidiano che versa in stato di crisi e che rischia di chiudere .

Alessandro Bozzo è il giornalista dello stesso quotidiano che si suicidò nel marzo scorso all’eta di 40 anni nella sua casa di Marano Principato.

La Procura di Cosenza in conseguenza del suicidio iniziò accurate indagini

Ora, a conclusione di tali indagini condotte dal sostituto procuratore Domenico Airoma e dal pm Maria Rosa Cerchiara la Procura di Cosenza ha chiesto la citazione diretta a giudizio per l'ex editore di “Calabria Ora” Piero Citrigno.

L’accusa che viene formulata nei confronti del Citrigno è quella di violenza privata nei confronti del giornalista.

La richiesta avanzata dagli uffici giudiziari sotto il profilo tecnico equivale a una richiesta di rinvio a giudizio e dovrà essere vagliata dal Tribunale di Cosenza, che dovrà fissare la data del processo.

Per questo reato è prevista una pena inferiore a quattro anni.

La chiusura delle indagini preliminari fu notificata a Citrigno nello scorso mese di novembre.

Secondo l’accusa l'ex editore avrebbe costretto Bozzo a sottoscrivere atti nei quali «dichiarava, contrariamente al vero, di voler risolvere consensualmente il contratto di lavoro a tempo indeterminato con la predetta società, senza avere nulla a pretendere e rinunciando a qualsiasi azione e/o vertenza giudiziaria».

Successivamente, secondo i pm, a Bozzo sarebbe stato in qualche modo imposto di firmare un contratto di assunzione a tempo determinato «quale unica alternativa alle dimissioni».

E il giornalista, che era sposato e padre di una bambina, secondo alcune testimonianze rese dai suoi colleghi, avrebbe definito la sigla di questo accordo come «un'estorsione».

Pubblicato in Cosenza

La notizia è riportata da Il Quotidiano della calabria e subito ripresa da Il Corriere della calabria.

Siamo a Cosenza ed il PM capo Dario Granieri, insieme al PM aggiunto Domenico Airoma ed al sostituto PM Maria Francesca Cerchiara hanno chiuso le indagini connesse al suicidio di Bozzo Alessandro, giornalista cosentino di “Calabria Ora”, morto nella sua casa di Marano Principato, in provincia di Cosenza, nel marzo scorso. 

La notifica dell'atto è stata indirizzata all'editore di Bozzo, Piero Citrigno, accusato violenza privata, secondo l'articolo 610 del codice penale che punisce «chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa» ed è stata notifica nella sua abitazione dove Citrigno sconta,agli arresti domiciliari, la condanna definitiva a 4 anni e 10 mesi per usura.

In giornalista, prima di uccidersi, aveva lasciato una lettera, rivolta alla moglie, ai familiari, alla figlia e agli amici che gli erano stati più vicini.

In quelle righe, scritte con grafia minuta e precisa, spiegava di essere stanco della vita, di non avere più una ragione per andare avanti.

Nei giorni successivi alla scomparsa del giornalista, però, erano saltati fuori alcuni diari.

Erano i fogli ai quali Bozzo affidava i suoi pensieri più profondi. Sulla vita e, soprattutto, sul lavoro. Scavando tra le righe, l'inchiesta si è rivolta all'ambiente lavorativo del giornalista e ad alcune vicende che sembravano averlo addolorato molto, come una modifica dello status contrattuale.

Al centro della vicenda c'è un contratto che il giornalista, secondo l'accusa, sarebbe stato costretto a firmare rinunciando a quello del quale beneficiava in precedenza.

A suggerire alla Procura l'ipotesi di reato di violenza privata è anche una sentenza della Corte di Cassazione (sesta sezione penale) del 21 dicembre 2010: in una controversia che vedeva contrapposti un capo officina e un meccanico, i giudici hanno ritenuto che i comportamenti denigratori e vessatori del “capo” eseguiti con continuità nei confronti dei lavoratori possono configurarsi come violenza privata continuata aggravata.

E ora, se dovesse scattare una richiesta di rinvio a giudizio per Citrigno, potrebbero essere i giudici a valutare se questo scenario può essere ipotizzato anche per la morte di Alessandro Bozzo.

Pubblicato in Cosenza
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