Quattro anni di carcere, il massimo della pena.
E’ questa la richiesta formulata dal pm Maria Francesca Cerchiara nei confronti dell’ex editore di Calabria Ora Pietro Citrigno,
imputato per violenza privata commessa ai danni del giornalista Alessandro Bozzo, morto suicida il 15 marzo del 2013 nella sua abitazione di Marano Marchesato.
Proprio questa mattina, a margine di una conferenza stampa, il procuratore capo di Cosenza Mario Spagnuolo si è soffermato proprio su questo processo sottolineando che nel corso del dibattimento sarebbero emersi nuovi reati.
Ha detto Spagnuolo “Il pm d’udienza, d’intesa con noi, ha avanzato una richiesta di trasmissione di atti perchè dal dibattimento sono emerse nuove e più gravi fattispecie di reato nei confronti dell’imputato ai danni della parte offesa di questo processo e anche di altri giornalisti”.
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Pietro Citrigno è l’ex editore di Calabria Ora oggi diventato L’Ora della Calabria , il quotidiano che versa in stato di crisi e che rischia di chiudere .
Alessandro Bozzo è il giornalista dello stesso quotidiano che si suicidò nel marzo scorso all’eta di 40 anni nella sua casa di Marano Principato.
La Procura di Cosenza in conseguenza del suicidio iniziò accurate indagini
Ora, a conclusione di tali indagini condotte dal sostituto procuratore Domenico Airoma e dal pm Maria Rosa Cerchiara la Procura di Cosenza ha chiesto la citazione diretta a giudizio per l'ex editore di “Calabria Ora” Piero Citrigno.
L’accusa che viene formulata nei confronti del Citrigno è quella di violenza privata nei confronti del giornalista.
La richiesta avanzata dagli uffici giudiziari sotto il profilo tecnico equivale a una richiesta di rinvio a giudizio e dovrà essere vagliata dal Tribunale di Cosenza, che dovrà fissare la data del processo.
Per questo reato è prevista una pena inferiore a quattro anni.
La chiusura delle indagini preliminari fu notificata a Citrigno nello scorso mese di novembre.
Secondo l’accusa l'ex editore avrebbe costretto Bozzo a sottoscrivere atti nei quali «dichiarava, contrariamente al vero, di voler risolvere consensualmente il contratto di lavoro a tempo indeterminato con la predetta società, senza avere nulla a pretendere e rinunciando a qualsiasi azione e/o vertenza giudiziaria».
Successivamente, secondo i pm, a Bozzo sarebbe stato in qualche modo imposto di firmare un contratto di assunzione a tempo determinato «quale unica alternativa alle dimissioni».
E il giornalista, che era sposato e padre di una bambina, secondo alcune testimonianze rese dai suoi colleghi, avrebbe definito la sigla di questo accordo come «un'estorsione».
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La notizia è riportata da Il Quotidiano della calabria e subito ripresa da Il Corriere della calabria.
Siamo a Cosenza ed il PM capo Dario Granieri, insieme al PM aggiunto Domenico Airoma ed al sostituto PM Maria Francesca Cerchiara hanno chiuso le indagini connesse al suicidio di Bozzo Alessandro, giornalista cosentino di “Calabria Ora”, morto nella sua casa di Marano Principato, in provincia di Cosenza, nel marzo scorso.
La notifica dell'atto è stata indirizzata all'editore di Bozzo, Piero Citrigno, accusato violenza privata, secondo l'articolo 610 del codice penale che punisce «chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa» ed è stata notifica nella sua abitazione dove Citrigno sconta,agli arresti domiciliari, la condanna definitiva a 4 anni e 10 mesi per usura.
In giornalista, prima di uccidersi, aveva lasciato una lettera, rivolta alla moglie, ai familiari, alla figlia e agli amici che gli erano stati più vicini.
In quelle righe, scritte con grafia minuta e precisa, spiegava di essere stanco della vita, di non avere più una ragione per andare avanti.
Nei giorni successivi alla scomparsa del giornalista, però, erano saltati fuori alcuni diari.
Erano i fogli ai quali Bozzo affidava i suoi pensieri più profondi. Sulla vita e, soprattutto, sul lavoro. Scavando tra le righe, l'inchiesta si è rivolta all'ambiente lavorativo del giornalista e ad alcune vicende che sembravano averlo addolorato molto, come una modifica dello status contrattuale.
Al centro della vicenda c'è un contratto che il giornalista, secondo l'accusa, sarebbe stato costretto a firmare rinunciando a quello del quale beneficiava in precedenza.
A suggerire alla Procura l'ipotesi di reato di violenza privata è anche una sentenza della Corte di Cassazione (sesta sezione penale) del 21 dicembre 2010: in una controversia che vedeva contrapposti un capo officina e un meccanico, i giudici hanno ritenuto che i comportamenti denigratori e vessatori del “capo” eseguiti con continuità nei confronti dei lavoratori possono configurarsi come violenza privata continuata aggravata.
E ora, se dovesse scattare una richiesta di rinvio a giudizio per Citrigno, potrebbero essere i giudici a valutare se questo scenario può essere ipotizzato anche per la morte di Alessandro Bozzo.
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