L’ex assessore regionale all’Agricoltura Michele Trematerra è stato rinviato a giudizio dal giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Catanzaro.
L’accusa è di concorso esterno in associazione e corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso.
Non ha avuto dubbi il gup del Tribunale di Catanzaro nel rinviare a giudizio tutti gli indagati dell’operazione “Acheruntia”, l’inchiesta che ha consentito di delineare l’assetto della cosca attiva ad Acri, capace di condizionare l’attività del dipartimento Agricoltura e Forestazione della Regione Calabria e del Comune per l’aggiudicazione di appalti pubblici nel settore della forestazione a favore di società appartenenti allo stesso sodalizio di ‘ndrangheta.
Oltre a Trematerra, il gup di Catanzaro ha deciso di processare anche Elio Abbruzzese, Francesco Abbruzzese, Luigi Belsito, Giuliano Bevilacqua, Alfredo Bruno, Giuseppe Burlato, Domenico Cappello, Franco Caruso, Andrea Cello, Adolfo D’Ambrosio, Claudio Dolce, Salvatore Gencarelli, Massimo Greco, Enzo La Greca, Luigi Maiorano, Gemma Martorini, Antonio Rosa e Giuseppe Tarsitano.
Accolte tutte le richieste del pubblico ministero antimafia Pierpaolo Bruni, titolare del procedimento al quale hanno lavorato i carabinieri della Compagnia di Rende.
Il collegio difensivo, tra gli altri, è composto dagli avvocati Marcello Manna, Angelo Pugliese, Vincenzo Guglielmo Belvedere, Luigi Ripoli, Pierluigi Pugliese e Antonio Quintieri.
Le parti civili (istituzionali) sono rappresentate dall’avvocato Raffaele Rigoli.
Il processo inizierà il prossimo 7 novembre 2017 alle ore 9 presso il tribunale collegiale di Cosenza.
Intanto Rinaldo Gentile che aveva scelto il rito abbreviato è stato condannato a otto anni di carcere.
A optare per il rito alternativo altri tre imputati: Angelo Gencarelli, ex consigliere comunale di Acri, Giampaolo Ferraro e Giuseppe Perri per i quali era stato disposto il giudizio immediato e si sta svolgendo il processo a Cosenza.
Gli imputati devono rispondere a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, concussione, corruzione elettorale.
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L'inchiesta ruota intorno alle elezioni comunali di maggio 2014, quando gli amministratori uscenti avrebbero elargito buoni economici in cambio di voti.
Abuso d'ufficio e violazione della legge elettorale, queste le accuse per le quali oggi il gup ha rinviato a giudizio l'ex sindaco di Botricello, Giovanni Camastra, attuale consigliere di maggioranza, l'ex vicesindaco Raffaele Valea e la segretaria comunale Giuseppina Ferrucci (difesi dagli avvocati Petitto, Iannone e Sciumbata).
Il processo avrà inizio il prossimo 22 dicembre.
Secondo l'accusa, i tre indagati, secondo le rispettive competenze, avrebbero emesso 26 buoni spesa destinati alle famiglie bisognose nell'ultima settimana prima del voto per il rinnovo del consiglio comunale contravvenendo al divieto imposto dalla legge elettorale.
Camastra e Valea avrebbero «individuato i cittadini ai quali elargire i buoni», mentre Ferrucci li avrebbe emessi nella sua qualità di responsabile del settore.
Camastra avrebbe agito da sindaco uscente e nella qualità di ricandidato alla carica di consigliere per la lista "Uniti per Botricello", poi risultata vincitrice; Valea avrebbe agito quale vicesindaco uscente e nipote di Salvatore Valea, candidato nella stessa lista di Camastra e risultato primo degli eletti con 300 voti di preferenza diventando l'attuale vicesindaco; Ferrucci, infine, nella qualità di segretaria comunale e responsabile di Area. I tre avrebbero anche violato il regolamento comunale per l'erogazione dei contributi economici, commettendo l'abuso di ufficio.
Tutto questo, secondo le contestazioni mosse, per procurare «intenzionalmente un vantaggio economico ai cittadini beneficiari, con un danno per il Comune di Botricello», ma anche «danneggiando politicamente i candidati - sostiene la pubblica accusa - della opposta lista "L'Altra Botricello"».
I buoni, secondo quanto ricostruito, avrebbero avuto un valore compreso tra i 50 e i 100 euro e avrebbero permesso alle famiglie beneficiarie di acquistare beni di prima necessità, nonostante, secondo la Procura, «non vi fosse alcuna domanda da parte degli stessi cittadini e senza rispettare la procedura prevista dal regolamento comunale».
Nel procedimento si sono costituiti parte civile Michelangelo Ciurleo e Lucia Puccio (assistiti dagli avvocati Vincenzo Ranieri e Gregorio Viscomi). La vicenda era finita anche davanti al Tar a cui si erano rivolti i consiglieri di minoranza chiedendo l'annullamento delle elezioni. I giudici amministrativi avevano sospeso il giudizio in attesa della pronuncia della magistratura penale
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