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Un giudice in servizio alla Corte d'appello di Reggio Calabria, Gaetano Maria Amato, è stato arrestato dalla polizia a Messina per pornografia minorile.

Nei suoi confronti il Gip della città dello Stretto, su richiesta del procuratore Maurizio De Lucia e dell'aggiunto Giovannella Scaminaci, ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare in carcere.

 

La notizia è stata confermata all'ANSA da fonti giudiziarie, che non forniscono altri particolari a tutela delle vittime

Gaetano Maria Amato, il giudice della Corte d'appello di REGGIO CALABRIA arrestato oggi dalla Polizia a Messina per pornografia minorile, presta servizio alla sezione penale dal gennaio di quest'anno.

In precedenza era stato alla sezione civile.

Trascorsi i dieci anni previsti dalle norme del Csm, il giudice era passato al penale dove ha fatto parte anche dei collegi in Corte d'assise ed alla sezione misure di prevenzione.

 

Nessun commento, sulla vicenda odierna, viene fatto negli ambienti della Corte d'appello reggina.

Il giudice della Corte d'appello di Reggio Calabria Gaetano Amato, nel giugno dello scorso anno, quando era ancora al civile, partecipò ad una conferenza stampa, insieme a tutti i colleghi giudicanti della Corte, per spiegare e difendere l'operato di una collega finita al centro delle polemiche per non avere osservato i tempi per la redazione delle motivazioni della sentenza del processo "Cosa mia" sulle cosche di 'ndrangheta di Rosarno, circostanza che avrebbe portato alla scarcerazione di tre presunti affiliati alle 'ndrine.

 

In quell'occasione, tutti i giudici della Corte d'appello reggina fecero presente che le scarcerazioni erano dovute "ad una rimodulazione dei termini all'indomani delle assoluzioni dei tre dai reati più gravi, tra cui omicidio ed estorsione aggravata, e ciò al fine di dare esecuzione alle scansioni processuali del Codice di procedura penale".

I giudici sottolinearono anche le gravi condizioni di carenze di organico dell'ufficio.

Pubblicato in Calabria

"Passi finché si tratta di qualche imprecisione causata dalla scarsa dimestichezza con le norme e procedure tecniche, ma la misura è colma quando si agisce per aizzare la popolazione contro chi fa il suo dovere".

La Direzione dell'Arpacal (Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Calabria) replica alle dichiarazioni rilasciate ieri dal Comitato Ambientale Presilano sulla gestione della discarica di Celico (CS).

"La vicenda della discarica di Celico, di cui evitiamo di fare il resoconto storico perché riteniamo sia nota a tutti sta pericolosamente scivolando da una questione ambientale legata alla protesta di un comitato, che si arroga la pretesa di rappresentare le popolazioni di un territorio, verso una squallida polemica finalizzata a mantenere alto il livello della tensione e, quindi, dell’attenzione, si badi bene, non più sulla vicenda ambientale ma su personaggi in evidente astinenza da presenza mediatica.

Detto ciò - e informando il Comitato e chi lo rappresenta che dovrà spiegare le sue affermazioni sulla stampa ad un giudice, perché abbiamo dato mandato ai nostri legali di sporgere querela a tutela dell'onorabilità dei nostri tecnici e dell'Arpacal - informiamo il pubblico, che vuole sapere correttamente la verità dei fatti e dei dati ambientali acquisiti, cosa è in realtà successo il 12 settembre scorso nell’impianto MiGa di Celico, anche alla presenza di rappresentanti di alcuni Comuni e dello stesso Comitato

Innanzitutto il controllo svolto il 12 settembre scorso non rientra tra quelli ispettivi, previsti nel piano di monitoraggio ambientale di cui all’AIA (autorizzazione integrata ambientale) rilasciata dalla Regione alla MiGa, in quanto l’impianto dal 21 giugno scorso ha sospeso le sue attività su disposizione della stessa Regione.

Quello che il Comitato non ha detto, perché non gli interessa o non vuole farlo sapere, è che questo controllo era stato ampiamente comunicato a tutti gli enti territoriali, invitati a presenziare anche con propri tecnici. Il perché di tale invito sta proprio nell’avvio delle procedure di monitoraggio olfattometrico tanto richiesto dalle popolazioni del territorio e pianificato con Arpacal dal Dipartimento Ambiente della Regione dopo l’intervento del Presidente Oliverio.

I campioni prelevati il 12 settembre scorso, infatti, sono stati immediatamente trasferiti al laboratorio specializzato di Arpa Piemonte che, come anticipato peraltro da Arpacal nel febbraio scorso, è stata coinvolta in questa iniziativa.

Il tutto nell'ambito della rete delle agenzie del SNPA (Sistema Nazionale della Protezione dell'Ambiente) e quindi con l'ausilio di una Arpa con esperienza specifica.

L’obiezione del perché vi sia stato un controllo ad impianto non operativo è assolutamente puerile oltreché disinformata; è stata proprio l’Arpa Piemonte che, sulla base della pianificazione degli interventi sulla discarica, dopo aver chiesto un primo sondaggio tecnico nel luglio scorso, ha chiesto il prelievo di campioni di aria ad impianto non operativo, nell’ipotesi che, qualora l’impianto dovesse riaprire, sia così possibile un confronto tra “il prima ed il dopo”.

I nostri tecnici, ai quali va la nostra più ampia solidarietà per gli attacchi mediatici costantemente subiti e per i quali promuoveremo in questo caso azioni giudiziarie a loro tutela , hanno giustamente rifiutato di firmare un documento, quello proposto dal consulente tecnico del Comune di Celico, per due ordini di motivi: il primo sta nel fatto che l’unico verbale che doveva essere stilato, e nel quale i comuni, la ditta ed il comitato erano stati invitati a fare le loro opportune dichiarazioni nonché sottoscrizioni, era quello dell’Arpacal, ente tecnico-scientifico avente titolo a procedere per come incaricato dalla Regione; il secondo motivo sta nel fatto che un semplice foglio firme presenza, così era stato presentato, era diventato una accozzaglia di annotazioni varie rilasciate dai presenti, che non poteva acquisire alcun significato tecnico tantomeno giuridico.

Sull’apertura dei capannoni o delle porte che accedono al biofiltro, le dichiarazioni del Comitato sono assolutamente false e lesive della nostre onorabilità: i tecnici hanno operato secondo le procedure previste dalla normativa sia nei capannoni che conservano i rifiuti, e sia sul biofiltro.

Tanto si doveva".

Pubblicato in Catanzaro
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