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Ecco le parole di Vincenzo Bertolone, presidente della conferenza epistolare calabrese!

“Carissimi fratelli e sorelle di Calabria, si avvicina col passo impetuoso del tempo un altro Natale.

 

 

 

L’attesa, comunque vissuta, sta per terminare di fronte alla grotta con il divino Bambino che viene a portare la luce dell’amore e della speranza.

Ma la Natività è divenuta evento frettoloso, abitudinario, in un mondo che ha perso la pazienza ed il gusto dell’attesa monetizzando ogni valore, anche trascendente, e non considera le cose che non hanno un prezzo e fanno perdere tempo.

E così il Natale è per tanti solo una data segnata con un cerchio rosso sul calendario, occasione di grandi tavolate, scambio di doni ed incontri, e poco o nulla più.

E tale è anche per una quotidianità che toglie fiato e respiro e spesso e volentieri ogni barlume di fiducia, come spesso accade proprio nelle nostre terre.

Non serve ripetere, a mo’ di litanie, le statistiche sulla disoccupazione, l’emigrazione, la fuga dei nostri giovani, la povertà in aumento.

Viviamo giorni avari di sole, che é nascosto nel buio della miseria umana e materiale, voluta dalla potenza di pochi per la disperazione di tanti.

Eppure, è proprio in questo contesto, all’apparenza arido, che la speranza fa capolino grazie ai suoi semi già messi a dimora.

È il Natale che arriva, come pioggia salvifica e benefica, fecondatrice di campi dove oggi prevale la zizzania, ma dove - non senza fatica - non tarderanno a crescere e diffondersi i fiori della rinascita.

Nel segno della Nativita’ noi rigettiamo un destino di catene e di indifferenza per la Calabria. Lo diciamo ai giovani sfiduciati, che debbono inchinarsi di fronte a certi adulti che chiedono loro o di uniformarsi alla mediocrità o di far le valigie ed andar via.

E lo diciamo pure ai loro genitori, affinché ricordino i sogni coltivati quando li dettero alla luce: chissà che non ritrovino la forza di combattere per sé e per gli altri.

Insomma, è un messaggio per tutti, memori di quanto l’apostolo Paolo ci ricorda, cioè che, pur se «non di tutti è la fede», tra tutti è pur sempre possibile tessere cammini di pace, di giustizia, di perdono, di ascolto reciproco.

Serve, una bussola, per orientarci, per riconoscere il prossimo, relegato negli angoli bui delle strade perché diverso da noi per la pelle di altro colore, perché vestito di stracci, o malato o anziano e comunque “scarto” d’una società che riconosce solo chi si omologa ai cliché del potere.

Dobbiamo imparare a riconoscere la povertà che affolla le nostre strade, e spesso anche le nostre vite per ritrovare il sano coraggio di accettarla e guardarla in faccia.

Rialzati, Calabria: è questo il grido d’affetto che rivolgo ai calabresi, indistintamente e senza menzioni particolari: chi svolge o ricopre incarichi di particolare responsabilità, saprà guardarsi dentro per trovare un supplemento di impegno che gli è richiesto per il ruolo che svolge?

Nostra bella e nobile Calabria, riprendi a camminare con le tue gambe, senza indugi: basta guardare a Cristo Gesù fattosi uomo per dare vita ad una nuova creazione e ad una nuova umanità. Non è una fiaba o un’invenzione, la Natività: è un canto alla vita e non solo una memoria del passato, per quanto liturgica e sacramentale; non è un insieme di dottrine, di dogmi, un oggetto di studio; non è, insomma, un personaggio della storia, ma il Figlio di Dio, una persona vivente ed esistente, anche se invisibile agli occhi del corpo.

Se ciò avviene, Cristo nasce in noi; è avvenuto un salto di qualità nel nostro rapporto con Lui .

Provaci, Calabria: non cedere onore e dignità, ma riprenditi il futuro.

E non temere il tempo che verrà, carico di sfide ancor più difficili: negli occhi dei tuoi figli che partono senza più tornare c’è la ragione di una resistenza che smetterà d’essere indignazione celata per diventare occasione di riscatto e costruzione di alternative capaci, coerenti, credibili.

Nel tuo non facile cammino, Calabria mia, ti sia d’aiuto la luce di Cristo Gesù. Sia Lui il faro che illumina ogni passo, il sole che rischiara l’orizzonte per sempre e al quale tendere, la luce che squarci una volta per sempre le tenebre ed i lacci che ti tengono avvinta.

Gettare il cuore oltre l’ostacolo, sperare contro ogni speranza, vivere per amare: sia questo il nostro Natale. A tutti ed a ciascuno, di cuore, buon Natale.

Catanzaro, 24 dicembre 2018

Ndr Monsignore la Calabria è come Lazzaro, ma Lei non è come Cristo! Ma in una cosa ha pienamente ragione:“Non serve ripetere, a mo’ di litanie, le statistiche sulla disoccupazione, l’emigrazione, la fuga dei nostri giovani, la povertà in aumento”, ma nemmeno serve invocare la “sua”Chiesa come soluzione ai gravi problemi della nostra terra che invecchia, che viene defraudata, che viene derubata, che viene invasa e nella quale cresce sempre più la disperazione, oggi, e la rabbia, domani!

Non è più tempo di sole parole e di sole benedizioni, ma di esempi e di fatti.

Pubblicato in Calabria

È il messaggio che l’arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace, monsignor Vincenzo Bertolone, presidente della Conferenza episcopale calabra, ha dato invitando a « soccorrere correttamente gli oppressi, come, in questo momento, sono i nostri fratelli che cercano di sbarcare in un paese europeo»

Poi invoca « il patrocinio del nostro San Vitaliano perché sia la guida nella ricerca del bene comune e ci difenda dalle calamità naturali e sociali, come la corruzione, le forze del male, i disagi economici a causa dei quali tanti giovani sono fuori dal mercato del lavoro e tante famiglie sono in grande difficoltà».

E ancora – aggiunge monsignor Bertolone – «un popolo davvero religioso deve esserlo in tutte le circostanze che il Signore gli mette davanti, ed esserlo nel cuore e nell’anima.

Chi accoglie lo straniero accoglie Cristo, chi si fa discepolo del Signore si deve fare piccolo, umile. Quanta arroganza c’è in circolazione, quanta prepotenza.

Farsi piccoli e minimi rispetto a chi chiede un bicchiere d’acqua, cioè l’accesso a un bene essenziale, e la dignità della vita come nel caso degli immigrati significa essere ricompensati dal Signore»

Proprio per questa attesa tutta la chiesa è impegnata ad accogliere nelle proprie strutture, nelle tante canoniche, nei conventi, anche, dismessi,nei convitti, i poveri migranti che vengono dall’africa e dall’asia, ma solo perché per giungere dalle americhe occorrono aerei o grandinavi!

E nelle americhe però la chiesa sta affrontando decisamente e risolutivamente il problema dei poveri e per questo non arrivano profughi, ma solo italiani senza lavoro! .

«Al di là di tutte le considerazioni pro o contro – sostiene l’arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace – certamente siamo davanti a una situazione complessa e di difficile gestione, ma l’accoglienza per gli esseri umani e per lo straniero deve trovare sempre cuori accoglienti».

«Invochiamo il patrocinio del nostro San Vitaliano perché sia la guida nella ricerca del bene comune e ci difenda dalle calamità naturali e sociali, come la corruzione, le forze del male, i disagi economici a causa dei quali tanti giovani sono fuori dal mercato del lavoro e tante famiglie sono in grande difficoltà».

E ancora – aggiunge monsignor Bertolone – «un popolo davvero religioso deve esserlo in tutte le circostanze che il Signore gli mette davanti, ed esserlo nel cuore e nell’anima.

Chi accoglie lo straniero accoglie Cristo, chi si fa discepolo del Signore si deve fare piccolo, umile. Quanta arroganza c’è in circolazione, quanta prepotenza.

Farsi piccoli e minimi rispetto a chi chiede un bicchiere d’acqua, cioè l’accesso a un bene essenziale, e la dignità della vita come nel caso degli immigrati significa essere ricompensati dal Signore, e questo – conclude l’arcivescovo di Catanzaro e presidente della Cec – è, del resto, l’insegnamento che ci consegnano la vita e la figura di San Vitaliano».

Infine ha ringraziato gli immigrati per il loro amore.

E lo ha fatto ricordando la suggestiva “Festa dei Popoli”, tradizionale evento compreso nell’ambito delle celebrazioni di San Vitaliano, definendola «un segno meraviglioso di integrazione e accoglienza, e dico grazie a tutti gli immigrati che abbiamo a Catanzaro per il bene che fanno e per l’amore che ci dimostrano.

Ci hanno offerto un bellissimo spettacolo gratis e ci hanno fatto anche un dono.

Da loro – aggiunge monsignor Bertolone – sono arrivate lezioni di stile, di fede e di grande gioia».

Stile, fede e grande gioia che evidentemente l’arcivescovo non trova nei Catanzaresi!

San Vitaliano, non distrarti!

Pubblicato in Catanzaro

Parliamo del recente appello di monsignor Vincenzo Bertolone presidente della Conferenza episcopale calabra che in una intervista a Famiglia Cristiana invita «I cattolici a tornare a fare politica» .

Come si può pensare che possa essere vivo e vitale il rapporto con una chiesa che si paga perfino una messa durante la quale viene citato il nome di un defunto”

Per non parlare del resto delle cerimonie religiose

Per non parlare della dichiarazione che “ Non c’è una tariffa, ma solitamente vengono dati ….euro”

Ma davvero l’arcivescovo di Catanzaro, che pur ha colto l’impoverimento culturale del dibattito politico in Calabria, pensa sia facile riportare i cattolici alla politica?

Non è strano che si sia accorto del fatto che i cattolici non siano più impegnati in politica, ma che ancora esistano “i cattolici” .

Comunque, vale la pena di riproporre l’intervista anche se prima occorre chiedersi dove sia quella azione cattolica che è stata per decenni l’ organismo indispensabile per la nascita del cattolico.

L’associazionismo cattolico è praticamente scomparso dal Parlamento in questa tornata elettorale (non ci sono parlamentari dell’Ac, delle Acli, di Sant’ Egidio, della Coldiretti, della Cisl). Come valutare questa assenza?

«Vale la pena chiedersi, con don Milani, che senso abbia avere le mani pulite e tenersele in tasca, quando invece quello che occorre è sentirsi responsabili ed agire di conseguenza. Di tutto.

Soprattutto in un momento storico, caratterizzato da forme di violenza, pure politica, e da una propaganda che stravolge la storia. Il Concilio Vaticano II ammoniva: “I cattolici esperti in politica (…) non ricusino le cariche pubbliche, potendo provvedere al bene comune e al tempo stesso aprire la via al Vangelo».

Si sente l’esigenza di un nuovo partito dei cattolici?

«Qualsiasi risposta potrebbe suonare illogica, dal momento che, se non esistono più i partiti, come potrebbe esistere un partito dei cattolici? Mi domando allora: e se invece si creassero le condizioni per vari approdi, nuovi e unitari dei cattolici? Non lo considererei personalmente un male, se nel solco del solidarismo sturziano e dell’’europeismo degasperiano. Ma ancor più di questo credo sia avvertito il bisogno di cattolici autentici impegnati in politica».

C’è un pericolo di estremismi che contraddicono i valori cristiani? Magari anche tra quanti a parole dicono di volerne difendere le radici?

«Nel 1964 Norberto Bobbio scriveva: “La nostra democrazia è minata. E i nostri rappresentanti mi fanno l’effetto di minatori incoscienti che si mettono a fumare sigarette in una miniera piena di grisou”. La Comunità ha smarrito il senso dell’unità e le istituzioni sono viste quasi ostili, inutili, distanti. Dovremmo, invece, essere consapevoli che abbiamo quella “Carta” che ci accomuna, tutti. Ora penso che la radicalità evangelica possa contribuire a ricostruire la speranza e l’idea stessa di Repubblica e democrazia».

Cattolici e politica. C’è bisogno di un nuovo impegno, una migliore formazione?

«… un partito solo dei cattolici: non serve e non avrà capacità convocatorie, perché farà quello per cui non è stato chiamato.

Ma, un cattolico può fare politica? Deve!

Ma un cattolico può immischiarsi in politica? Deve!”

Così Papa Francesco.

Un impegno, quasi una chiamata, ai quali un cristiano è tenuto a rispondere affermativamente per rigenerare l’impegno dei cattolici in politica, per recuperare il rapporto vitale tra legge e bene comune, per armonizzare l’interdipendenza tra diritti e doveri e promuovere la cultura attiva e responsabile della partecipazione alla vita pubblica e sociale.

Traguardi difficili, ma dai quali un cristiano non deve abdicare se non voler arrendersi di fronte alla triste evidenza descritta da Pier Paolo Pasolini: “In Italia il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili”»

Ndr. Possibile che monsignor Bertolone voglia rifondare la DC 24 anni dopo 18 gennaio del 1994 quando il partito venne sciolto e trasformato in Partito Popolare dall'allora segretario Mino Martinazzoli e quando iniziò la diaspora democristiana e la duratura unità politica dei cattolici si sfaldò definitivamente?.  

Pubblicato in Calabria
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