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Il Giornalista era intento nel fotografare l'avvocato Gaetano, durante l'intervista del giornalista del programma di Michele Santoro "Servizio Pubblico" Sandro Ruotolo, nella centralissima piazza della città di Paola.

Paolo Orofino è un buon giornalista che ha fatto di una passione anche una professione ma che continua a cercare le verità soprattutto quelle nascoste, per poterle divulgare, convinto da un lato che il “giornalismo esiste solo nella misura in cui significa antipotere”, e dall’altro che “Giornalismo è diffondere ciò che qualcuno non vuole si sappia; il resto è propaganda”.

Per questo Orofino si reca sul posto, indaga, fa domande, anche insistenti, ascolta con molta attenzione, sta attento a ciò che vede, fotografa.

Ma non sempre gli è permesso. Come oggi a Paola quando ha tentato di fotografare l’avvocato Gaetano che mentre si trovava nella piazza della città insieme ad altri colleghi, tra i quali il giornalista televisivo Sandro Ruotolo, veniva intervistato.

Ma mentre cercava di fare il suo lavoro di cronista veniva aggredito da un energumeno che lo colpiva con un ceffone

Orofino non ha reagito.

Poi tutti, Ruotolo compreso, si recano dai carabinieri.

Orofino e chi era presente, tra cui i colleghi di Ruotolo e Pablo Petrasso, del Corriere della Calabria sono sentiti dai Carabinieri che identificano e denunciano l’aggressore. Si tratta di un pregiudicato trentenne di Paola.

Ecco cosa è la Calabria. Una regione piena di cose meravigliose e uomini di coraggio tra cui i “piccoli grandi cronisti” come dice Sandro Ruotolo che non deflettono dal proprio dovere di informare, che non accettano di piegarsi al potere, ai poteri, da chiunque espressi o detenuti.

La Calabria è quella regione dove sempre più fortemente nasce e cresce una certa stampa che non ha paura di raccontare, che non si inginocchia di fronte ai potenti, una regione dove davvero il giornalismo diventa una “Potentissima lente d'ingrandimento”, che “ Con l'aiuto di un "noi" e di un poco d'inchiostro trasforma lo squittio di un topolino nel ruggito di un leone editoriale, le cui dichiarazioni si presume la nazione segua con reverenza e fiato sospeso.”

Ed è per questo che Paolo Pollichieni scrive : “A Orofino va tutta la nostra più totale, completa e convinta solidarietà. Sarebbe una terribile infezione per il potere e per i questuanti dell’informazione se la “disobbedienza civile” cominciasse a farsi largo nelle redazioni. Sarebbe mortale per certi meccanismi di assoggettamento dell’informazione se la parte sana del giornalismo calabrese cominciasse a prendere coscienza del fatto che i giornali saranno pure degli editori ma se i giornalisti non piegano la schiena difficilmente gli inciuci tra editoria e potere continueranno ad avere buon gioco”

Ed è per questo che Sandro Ruotolo scrive “Perché non è accettabile che un cronista, un piccolo grande cronista, venga umiliato davanti a tutti. Non gli hanno perdonato qualcosa che ha scritto? Non volevano che il cronista di Paola raccontasse Paola, anche attraverso la foto di Nicola Gaetano. Non è perciò un piccolo episodio. "Cosa vuoi che sia uno schiaffo". No, questo schiaffo e' all'articolo 21 della Costituzione. E' uno schiaffo al diritto dei cittadini di essere informati e al dovere di noi giornalisti di informare. Con la schiena dritta.”

Ed è per questo che il CDR de Il Quotidiano di Cosenza scrive : “IL comitato di redazione del Quotidiano della Calabria, esprime la propria indignazione e la grande preoccupazione per l'aggressione subita oggi dal collega Paolo Orofino. Un energumeno lo ha schiaffeggiato in pubblico mentre era in compagnia del collega Pablo Petrasso e dell'inviato di "Servizio Pubblico", Sandro Ruotolo che era intento a intervistare l'avv. Nicola Gaetano sull'inchiesta delle parcelle d'oro all'Asp di Cosenza. 

Il comitato esprime la propria solidarietà al collega Orofino, cronista da sempre impegnato in prima linea, e sollecita le autorità ad individuare l'aggressore per i provvedimenti del caso. Purtroppo i casi di giornalisti aggrediti continuano a verificarsi e, senza voler fare retorica, il comitato ritiene che oltre alla repressione, sia necessaria anche un'opera di sensibilizzazione della pubblica opinione che miri ad isolare i violenti e alla massima solidarietà ai giornalisti che fanno il loro dovere di raccontare fatti e misfatti.”

Ed è sempre per questo che uniamo a tutte le altre grandi voci anche la nostra piccola e sommessa voce nell’onorare Paolo Orofino per il coraggio profuso giornalmente nel suo lavoro ricordando a tutti che la Calabria ha sempre più bisogno di questi uomini.

Pubblicato in Paola

Pochi parlano dello “strano” trasferimento “natalizio del Prefetto di Reggio Calabria. Tra i pochi il Pdci con una nota nella quale i Comunisti Italiani della Calabria esternano la loro solidarietà e vicinanza al Prefetto Vittorio Piscitelli per quello che definiscono “il suo improvviso trasferimento-allontanamento da Reggio Calabria” ed esprimono il loro disappunto per il provvedimento deciso dal Consiglio dei Ministri, su proposta del ministro dell’Interno Angelino Alfano.( Alfano: ...e zitti!)

“Siamo convinti, e lo affermiamo pubblicamente che il dr. Vittorio Piscitelli, fedele e disinteressato servitore dello Stato, sia stato uno dei migliori Prefetti che Reggio abbia mai avuto. E’ del tutto ovvio che le motivazioni che hanno portato all’ingiusta sostituzione del Prefetto Piscitelli, voluta da Alfano e incredibilmente avallata da Letta e dal PD, sono strettamente legate all’imponente attività svolta dallo stesso Prefetto nell’azione di forte contrasto alla ‘ndrangheta con particolare riferimento alle pesanti infiltrazioni nelle Istituzioni locali. Un’azione serrata che è sfociata nello scioglimento per mafia di numerosi consigli comunali, a partire proprio da Reggio Calabria”.

“A nostro avviso è proprio lo scioglimento per contiguità con la ‘ndrangheta dell’amministrazione comunale di Reggio Calabria guidata dall’attuale assessore regionale Arena, deciso nell’ottobre 2012, il “peccato originale” e la “pena” che il dr. Piscitelli è costretto ad espiare per colpa di un’Istituzione fondamentale del Paese, quale dovrebbe essere il Ministero dell’Interno, che è, invece, piegata ad un chiaro e preoccupante utilizzo politico e strumentale portato avanti da Alfano su pressione dei suoi amichetti locali”.

“Il dr. Piscitelli ha semplicemente osservato le leggi e svolto il suo dovere; il segnale che proviene dalla decisione del Governo è aberrante: nei fatti si punisce un servitore dello Stato semplicemente perché ha combattuto la ‘ndrangheta con le sue infiltrazioni e contiguità. Conseguentemente, si trasmette un messaggio vergognoso che punta a disincentivare ai massimi livelli istituzionali la lotta alla mafia e alle sue ramificazioni nelle istituzioni locali”. In fine, il Pdci esprime profonda gratitudine al prefetto “per il prezioso lavoro a favore della legalità che ha svolto a Reggio Calabria”.

E poi Il Corriere di Calabria per la bella penna di Paolo Pollichieni dall’emblematico titolo”

L'inquietante allontanamento del prefetto Piscitelli

“Ormai sta diventando prassi: si attendono le distrazioni portate dalle feste di fine anno per consumare le peggiori porcate istituzionali. Al centro (vedi il tentativo scandaloso del governo Alfano-Letta di usare la legge di “stabilità” per punire i comuni “antipatici” alla potente lobby delle slot-machine) come alla periferia dell'impero (vedi tentativo della Regione Calabria di rinunciare per legge al recupero delle somme indebitamente incassate dai soliti “prenditori” che con il ricatto del lavoro intascano milioni di fondi comunitari per progetti mai realizzati).

È a questo pessimo vezzo, infatti, che ascriviamo anche il trasferimento imposto al prefetto di Reggio Calabria Vincenzo Piscitelli. Con una aggravante: in questo caso il segnale che si intende dare è ancora più bieco perché incide in un contesto fortemente condizionato dalla borghesia mafiosa che ha dominato e continua a voler dominare in riva allo Stretto.

Inutile girarci intorno: la decisione del ministro dell'Interno Angelino Alfano (unico caso nell'Italia repubblicana in cui il segretario nazionale di un partito sia anche ministro degli Affari interni) prolunga fino a Roma e fin dentro il governo del “democratico” Enrico Letta l'ombra lunga della «contiguità con la 'ndrangheta» che sta alla base della decisione di sciogliere l'amministrazione comunale di Reggio Calabria.

Ben per questo chiediamo che sia la commissione parlamentare Antimafia a trattare questa scandalosa vicenda. Lo faccia subito e lo faccia convocando in audizione segreta proprio il prefetto Vincenzo Piscitelli. Apra un approfondimento e acquisisca atti e relazioni per capire come e da chi è stata attuata questa inopinata scelta: trasferire un prefetto dopo sedici mesi dal suo insediamento e senza che ne ricorrano particolari ragioni di servizio. Affidiamo alla presidente Rosy Bindi ed al vicepresidente Claudio Fava l'esplicito appello che in molti stanno girando al Corriere della Calabria: diano ai reggini un segnale che blocchi lo scoramento serpeggiante dentro la città e ben sintetizzato dal documento diffuso da “Reggio non tace”, nell'assordante silenzio delle altre organizzazioni che pure si definiscono “antimafia”.

È il caso di sottolineare, in questo senso, anche la chiara e pubblica denuncia arrivata da Michelangelo Tripodi per i Comunisti italiani: «È gravissimo che il Viminale si dimostri disponibile per la palese realizzazione di gravi vendette politiche e di parte, abbondantemente preannunciate pubblicamente, ordite dal presidente della Regione Scopelliti, il quale reiteratamente pronunciò parole di fuoco contro quel gran galantuomo del prefetto Piscitelli, al quale si imputa la decisione dello scioglimento del Comune di Reggio. Piscitelli ha semplicemente osservato le leggi e svolto il suo dovere; il segnale che proviene dalla decisione del governo è aberrante: nei fatti si punisce un servitore dello Stato semplicemente perché ha combattuto la 'ndrangheta con le sue infiltrazioni e contiguità. Conseguentemente, si trasmette un messaggio vergognoso che punta a disincentivare ai massimi livelli istituzionali la lotta alla mafia e alle sue ramificazioni nelle istituzioni locali».

Sembra quasi (e il sembra è meramente pleonastico) che invece di premiare il lavoro svolto dal prefetto Piscitelli, per portare alla giusta conclusione la procedura d'accesso antimafia voluta dal suo predecessore nel municipio di Reggio Calabria, gli si intenda far pagare l'aver visto la validità del suo operato confermata in tutte le sedi giurisdizionali.

Nessuno, infatti, è disposto a credere che sia un caso il fatto che il trasferimento venga adottato subito dopo che il Tar del Lazio ha respinto i ricorsi proposti dagli amministratori mandati a casa e la Corte d'Appello ha confermato la incandidabilità di tutti gli ex amministratori citati nella relazione che motivava il decreto di scioglimento.

Tutto questo, poi, alla vigilia di altre importanti decisioni che la prefettura di Reggio Calabria sarà chiamata a prendere proprio nei confronti di quegli ex amministratori che non avrebbero impedito il realizzarsi di quella odiosa contiguità rilevata tra pubblica amministrazione e borghesia mafiosa.

Su questo terreno i calabresi dovranno giudicare anche l'affidabilità del nuovo corso avviatosi nel Partito democratico: l'onorevole Picierno potrà utilizzare questa occasione per dare certezza sul come intende riempire di contenuti il suo ruolo di responsabile nazionale per la legalità. Non basterà a sanare la latitanza del Pd, a cominciare da quella fisica del suo commissario Alfredo D'Attorre per continuare con quella operativa dell'intera deputazione calabrese che ormai sui temi della legalità non va oltre generici ed ipocriti proclami, ma almeno eviterà di confermare in molti il convincimento che il suo non è più il Pd ma, dando ragione a Beppe Grillo, è solo un “Pdmenoelle”.

NdR Non mancherà il settimanale il necessario approfondimento sulla prossima edizione forse da conservare come l’ennesimo cimelio della storia calabrese.

Pubblicato in Reggio Calabria

Volevo scrivere “Grazie per far ricordare la stampa seria!” ( vista la mia età, non più giovanissima) , ma, poi, visto che da “minculpop” in avanti i dubbi si impongono, mi sono deciso ad usare il “verbo far conoscere”!

Grazie per l’articolo “ Scopelliti e i giornalisti. Adesso basta!” postato sul tuo “ Corriere della Calabria” che compro ogni settimana e che seguo( ed invito a seguire) quotidianamente , soprattutto quando, come in questi giorni , sono lontano dalla mia terra.

“ Adesso basta! Ne abbiamo tutti piene le tasche di Scopelliti che imbroglia e di tanti rappresentanti delle istituzioni che gli consentono di fare l'imbroglione.

Sappiano i vertici della Procura distrettuale di Catanzaro e di quella di Reggio Calabria e sappiano i vertici della Questura e della Squadra mobile di Reggio Calabria, che non è più consentito a nessuno di lasciare che il massimo rappresentante politico della Regione Calabria si prenda gioco di tutti dicendo e smentendo poi quel che lui stesso dice.

Analogamente sappia il presidente dell'Ordine dei Giornalisti che, anche a scanso di ogni equivoco sui rapporti professionali che lo legano alla Regione Calabria, da lui pretendiamo uno scatto di orgoglio e di dignità. Da lui pretendiamo che vada immediatamente a trovare il procuratore Antonio Lombardo, il procuratore Federico Cafiero de Raho ed il questore Guido Longo e si faccia confermare ufficialmente o altrettanto ufficialmente smentire, la notizia diffusa da Scopelliti tramite un lungo virgolettato concesso all'Agenzia Ansa.

In quella notizia non si usava il condizionale e non si parlava di letture di anonimi blog diretti da anonimi giornalisti, lì il signor Scopelliti così tuonava: «C'è una informativa della Squadra mobile di Reggio Calabria, che è stata depositata, sulla gestione dell'informazione da parte di alcuni giornalisti, credo cinque o sei, che fanno informazione in maniera poco corretta». E traeva la seguente conclusione: «Vuol dire che c'è una parte dell'informazione che riguarda un gruppo di persone impegnate a manipolarla. Io lo ritengo un fatto grave. Si spiegherebbero tante cose».

Adesso l'Ansa, senza neanche tentare un chiarimento sulla genesi della notizia, pubblica la retromarcia indecorosa di Scopelliti con queste parole: «Ho detto soltanto di avere letto sul blog di un noto giornalista della presenza di un'attività d'indagine che, peraltro, ho risaputo, senza seguito».

Non ci stiamo. Non siamo disposti a portare il cervello e la dignità professionale all'ammasso.

Divulgare notizie false, asserire che esistono informative della squadra mobile «sulla gestione dell'informazione da parte di alcuni giornalisti»; indicare persino quale autorità giudiziaria si sta occupando dell'inchiesta («la cosa strana che abbiamo appreso, è che l'indagine è a Catanzaro»), fare tutte queste cose implica la commissione di una serie di gravi reati che tali restano sia se a commetterli è un piccolo giornalista sia se a commetterli è il potente governatore della Calabria, amico di non meno potenti magistrati e di potentissimi ministri di polizia.

Il Presidente dell'Ordine dei Giornalisti, Giuseppe Soluri, deve pretendere e ottenere un'inchiesta giudiziaria che faccia piena luce. De Raho e Lombardo devono promuoverla. In mancanza di ciò ci faremo carico di iniziative legali che finalmente rompano questo odioso circuito di “relazioni pericolose”.

Qui altro che “ossigeno”, all'informazione rischia di mancare ogni residuo spazio di agibilità democratica. Qui ci si straccia le vesti per ogni pernacchia anonima rivolta al più insulso cronista mentre poi si chiudono gli occhi su delegittimazioni, calunnie e manipolazioni del segreto istruttorio capaci di mettere, quelle veramente, a serio rischio l'incolumità professionale e fisica di quei pochi cronisti che non intendono abdicare rispetto al dovere di informare i calabresi su quello che avviene nei Palazzi.

Non vorremmo che di questo passo torni ad essere attuale il monito pronunciato da Michele Musolino, antico galantuomo e compianto sindaco di Reggio che, guardando ai dirimpettai palazzi del Governo e della Giustizia, si trovò a dover chiosare: non è il mio il palazzo più sporco della città.”

G. Marchese

Pubblicato in Calabria
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