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Il Tribunale di Paola presieduto da Paola Del Giudice ha condannato ad un anno e sei mesi l’ex sindaco di Scalea Mario Russo.

Non solo ma Mario Russo è stato anche interdetto per 1 anno dai pubblici uffici

Tutti increduli e sorpresi i tanti amici amanteani dell’ex sindaco.

Amantea ancora ricorda la sua ferma presa di posizione contro le intimidazioni mafiose.

La stessa pena è stata inflitta a Francesco Silvestri rappresentante della ditta Riviera del sole

I reati contestati erano stati turbativa d'asta e abuso d'ufficio.

La vicenda era relativa al terreno sul quale doveva essere realizzata la nuova caserma dei carabinieri di Scalea.

IlPubblico ministero Grieco ha ricostruito l'intera vicenda.

Eccola in sintesi: La gara d'appalto, per la realizzazione della caserma, era stata annullata e successivamente era stata prodotta una delibera di indirizzo all'ufficio tecnico competente per valutare la possibilità di computare il prezzo del terreno con il prezzo corrispondente di alcuni lavori pubblici in località Petrosa.

Secondo l’accusa il sindaco Russo avrebbe abusato della sua funzioni.

Secondo Nunzio e Nicola Rotondaro il sindaco Russo prima della gara li avrebbe diffidato a non parteciparvi “ Non me ne frega nula del comune, io devo andare alla regione, tu contributi non me ne hai dato, non mi hai mai finanziato campagne elettorali”

E poi continuando “ alla gara non devi partecipare altrimenti ti mando ogni giorno i vigili e l’ufficio tecnico sui cantieri”.

E non basta.

Sempre secondo l’accusa Russo avrebbe indotto Davide Perrone, rappresentante dell’impresa Scalea 3000, non coltivare il procedimento amministrativo per l’annullamento della gara e la conseguente aggiudicazione alla ditta Riviera del sole.

L'Arma dei carabinieri ebbe a precisare: “Le indagini furono iniziate e condotte proprio dai carabinieri di Scalea, poi coordinati e diretti dalla dottoressa Roberta Carotenuto della Procura di Paola. Questo soprattutto per ribadire non solo l’estraneità dell’istituzione a qualsiasi tipo di illecito eventualmente esistente e su cui la magistratura giudicante sarà chiamata ad esprimersi, ma anche per il fatto che fu proprio l’Arma ad investigare in merito e far luce su alcuni aspetti del procedimento amministrativo di alienazione. Il terreno e la struttura, a seguito di vendita da parte del Comune alla società Riviera del Sole, sarebbero state di proprietà privata, da locare, eventualmente e solo a seguito di specifica autorizzazione degli organi di vertice, ancora peraltro non arrivata, all’Arma».

Pubblicato in Alto Tirreno

“Sono Sereno” dichiara l'ex presidente del consiglio regionale della Calabria Francesco Talarico dopo aver ricevuto il rinvio a giudizio da parte del gup Caterina Catalano del tribunale di Reggio Calabria in conseguenza dell'inchiesta riguardante l'attestazione di falsi requisiti per le nomine all'interno del Cda dell’Arpacal.

 

“Sono Sereno, perché la documentazione è stata prima verificata dall'Ufficio di Presidenza, che ha dato l'ok, e quindi il consiglio regionale mi ha delegato a procedere con le nomine» continua Talarico. Una sorta di “avallo” che lo depenalizza quasi che fosse un parere.

«Sono sereno per la trasparenza e la correttezza del mio operato e allo stesso modo fiducioso nel lavoro della magistratura convinto che nella fase dibattimentale sarà dimostrata la mia estraneità ai fatti contestati».

La prima udienza è fissata per il prossimo 3 marzo presso il tribunale di Reggio Calabria.

La vicenda risale alle nomina del consiglio di Amministrazione dell’Arpacal la società regionale che gestisce l'ambiente calabrese.

Gli interessati avevano presentato il proprio curriculum agli uffici amministrativi della Regione ed il curriculum era alla base della stessa nomina .

Nelle mire della procura erano finiti anche il presidente dell'Arpacal, Marisa Fagà, Mario Russo, esponente del consiglio di amministrazione, e due funzionari regionali, Giovanni Fedele e Luigi Multari, tutti accusati a vario titolo di abuso d'ufficio e falso in atto pubblico. 

In particolare, agli amministratori dell'Agenzia regionale viene contestato di avere falsamente attestato nelle richieste inoltrate, di possedere esperienza tecnico-scientifica in materia ambientale (come veniva richiesto dall'Arpacal) e di aver maturato cinque anni di attività professionale inerente all'incarico.

La Procura di Reggio Calabria aveva chiuso le indagini sulle presunte irregolarità nelle nomine dei membri del cda dell`Arpacal nel novembre 2013.

Ed erano state sette le persone inizialmente finite nel registro degli indagati con le ipotesi di falso e abuso d`ufficio: il presidente del consiglio regionale Franco Talarico, i due dirigenti della Regione Giovanni Fedele e Luigi Giuseppe Multari, il funzionario Rocco Sirio e i vertici dell`agenzia regionale per l`ambiente la presidente Marisa Fagà e i componenti del cda Ida Cozza e Mario Russo.

Il funzionario Rocco Sirio e la componente del CDA dell`agenzia regionale per l`ambiente Ida Cozza sono rimasti fuori dal processo.

Pubblicato in Calabria

Dico subito da garantista quale sono, che non mi piace vedere le scene di cittadini con manette e condotti a sirene spiegate in carcere come se fossero i peggiori assassini. Gli arrestati di Scalea,sono indagati e imputati e tali resteranno fino al terzo grado di giudizio, per cui potevano benissimo essere condotti agli arresti domiciliari in attesa del processo, dal momento che i reati di cui vengono accusati non potevano essere reiterati. Esiste ancora la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio e questo dovrebbe valere per tutti. Detto questo, non sono rimasto per niente sorpreso di quanto avvenuto a Scalea con l’arresto del sindaco Basile e di tutta la sua giunta o banda con al seguito avvocati e geometri.

Nel senso che se la magistratura, a qualsiasi livello, piuttosto che perseguire, come fa quotidianamente, piccoli fumatori d’erba e piccoli personaggi dediti all’illegalità diffusa, (dal momento che si lamenta di mancanza d’organico), si dedicasse ai colletti bianchi , ai grossi investimenti che avvengono in tutti i comuni della regione , agli appalti di grandi opere, alle concessioni facili di licenze edilizie, farebbe venire fuori tutto il marcio che esiste nella nostra costa tirrenica ed in Calabria .

D’altra parte si capisce a vista d’occhio che la costa tirrenica non è quell’oasi di pace che tutto il mondo politico vorrebbe far intendere. Troppi scandali vengono subito coperti, troppi scempi vengono fatti passare come legali. Il mondo politico del tirreno, così come quello di tutta la Calabria, vive di queste cose. Di licenze date a seconda di chi ne fa richiesta, di appalti concessi ad amici e compari , di opere pubbliche inutili e dannose fatte e collocate alla rinfusa nel territorio, di favoritismi che il mondo imprenditoriale riceve quotidianamente . Tutto questo in nome del sacro sviluppo moderno, del turismo intoccabile, del progresso ad ogni costo, del lavoro da dare che non c’è mai nonostante i tanti cantieri esistenti.

Il sistema Scalea non esiste solo a Scalea ma quasi in tutti i comuni della Calabria.

Di sicuro in quei comuni dove si punta sulle grandi opere, sui grandi appalti, sui finanziamenti a pioggia che poi non producono nulla. A Scalea tutti sapevano e votavano Mario Russo proprio perché sapevano di poter riceverne favori. E quando Mario Russo non potè più presentarsi, sindaco, essendo scaduto il secondo mandato, ecco uscire dal suo cilindro Pasquale Basile, emerito sconosciuto. I voti c’erano a Scalea ed erano una caterva. Era un peccato disperderli. Mario Russo sindaco per dieci anni dal 2000 al 2010 , la prima volta , nel 2000,venne eletto con 3167 voti, la seconda volta nel 2005 aumentò i voti fino a prenderne 3863. Nel 2009 venne eletto consigliere provinciale prendendo nel collegio di Scalea 3863 voti.

Insomma , una macchina da guerra elettorale che non ha eguali in tutto il tirreno cosentino. Alla fine del mandato di Basile, Mario Russo sarebbe ritornato in pista e sarebbe stato di nuovo sindaco. Ma con Basile, emerito sconosciuto qualcosa non funzionò da subito. Basile vinse le elezioni nel 2010 , con l’apporto di Mario Russo ma prendendo solo 2597 voti. Forse per la frammentazione di liste, ma Basile vinse lo stesso. La politica di Basile non si scostò di molto da quella di Russo. Le direttrici fondate da Russo vennero ricalcate da Basile: il porto, la discarica , l’aviosuperficie, le concessioni demaniali, la sfrenata speculazione edilizia, gli appalti dovevano essere la ricchezza di Scalea e tutto doveva ruotare attorno a questi progetti, portatori di finanziamenti nonostante sin dall’inizio alcuni di questi si mostrassero fallimentari. Sul porto per esempio si scatenarono vari appetiti e ci furono anche ricorsi e denunce fra comune e progettisti che si risolsero a favore di questi ultimi . L’aviosuperficie fu un altro disastro per la gestione, ma un affare per la sua costruzione. Ben venti miliardi di lire buttati lungo il fiume Lao. Una promessa di 90 posti di lavoro finiti nel nulla . Ma della gestione dell’avio superficie evidentemente interessava poco ai due sindaci. L’affare era stato già fatto. Sulla discarica l’affare invece era in progress. La volle Russo, e la volle a tutti i costi. La volle a meno di due chilometri dalla cittadina, in mezzo a villaggi turistici, a poche centinaia di metri dall’ospedale ( un altro affare di miliardi di lire abbandonato a se stesso ), in una zona dove vi sono falde acquifere e dove il percolato finiva in un torrente che sfociava nel mare davanti la splendida Torre Talao. I cittadini scaleoti se ne fregarono di quanto avveniva attorno a loro.

I commercianti pensavano all’isola pedonale, alla pompa di benzina da spostare ed a come sistemare i figli, o i nipoti o gli amici nella gestione delle spiagge. A proposito, Scalea, l’unico paese della costa tirrenica dove non esiste più la spiaggia libera. Mario Russo da sindaco, rivendicò questa scelta in un’intervista asserendo che a Rimini ed in Emilia Romagna , tutte le spiagge sono a pagamento e non vedeva il motivo per cui a Scalea non dove essere lo stesso. Per questo la gente votava per Mario Russo. Quel sistema faceva comodo a tutti, senza rendersi conto che giorno dopo giorno , quel sistema dilaniava il corpo stesso della gente. Sventrava il territorio, abbassava la qualità della vita, del turismo stesso. Nascevano super mercati come funghi , ma chiudevano i piccoli negozi. Il sistema faceva assumere giovani nei supermercati ma intanto si perdevano centinaia di posti di lavoro che i piccoli negozianti garantivano ogni anno. I cittadini erano contenti così. Certo non tutti i cittadini. C’era chi votava contro Russo e Basile. Esiste un’opposizione a Scalea a questo sistema, ne conosco di gente onesta a Scalea, ma la gente dimostrava paura a partecipare. Votava nell’ombra, quasi di nascosto e non partecipava a nulla. La dimostrazione venne quando Russo aprì la discarica. La puzza si sentiva per tutta la cittadina. I turisti scappavano dai villaggi vicini alla discarica, ma solo una cinquantina di persone parteciparono al comizio organizzato dagli ambientalisti. Peggio andò quando si tentò di bloccare la discarica. Nessuno fu d’accordo. E quando , io stesso lanciai un appello a giornalisti e blogger per visitare la discarica ed entrare dentro per documentarla, solo uno si presentò all’appello. Vi entrammo in due, e fummo subito minacciati di uscire da alcuni operai che vi lavoravano senza mascherine e senza alcuna protezione. Dissero che violavamo la legge. Ma quando dicemmo loro di chiamare i carabinieri si allontanarono subito facendoci fare quello che volevamo dentro. La discarica venne chiusa dai carabinieri qualche mese dopo. Era illegale e si sapeva. Russo non disse niente, anzi venne premiato da Scopelliti che lo nominò commissario all’interno dell’ARPACAL. Fu come nominare dirigente di un asilo un pedofilo. Ma la politica in Calabria funziona così. Più sei mediocre ed ignorante di un problema più sali in alto. Appunto, non è Scalea che funziona così. E’ un po’ tutta la Calabria. Dove ci sono discariche, appalti giganteschi ed inutili, c’è malaffare.

Per decenni ho segnalato nelle mie inchieste opere inutili, abbandonate. Un elenco lunghissimo che va dalle dighe, alle chiese, ai porti, alle sale convegno, ai mercati, alle discariche,agli impianti per la termodistruzione. Lavorate su questo e scoprirete un intreccio incredibile fra potere politico, massoneria, ‘ndrangheta, che passa prima di tutto dagli uffici che concedono le autorizzazioni per queste opere. Se si parla di appalti dati, di demanio, di opere pubbliche, bisogna avere il coraggio di alzare il livello ed andare a vedere chi concede queste autorizzazioni, e si scoprirà che dietro la firma del sindaco, c’è prima quella del funzionario del genio civile, di quello della soprintendenza dei beni ambientali, di quell’altro della capitaneria di porto. Si scoprirà che ci sono gli occhi bendati delle forze dell’ordine, di qualche capo dei vigili, del magistrato che cestina la denuncia del cittadino o delle associazioni ambientaliste. E’ qui che nascono i sistemi e non ce ne sono solo a Scalea ma in tutta la Calabria. Buon lavoro.

By Francesco Cirillo da http://scirocco.blog.tiscali.it/?doing_wp_cron

Pubblicato in Calabria

Carabineri-di-Scalea-“Nell'ordinanza appare più volte anche il nome di Mario Russo, che ha retto il Comune dal 2000 per dieci anni. In particolare, c'è un capitolo dedicato ai lavori per il porto turistico e la successiva gara d'appalto per il compostaggio dei rifiuti. Secondo il giudice, i dettagli riportati dal pm "sebbene non siano correlati a contestazioni specifiche, assumono valenza nella valutazione". E si legge, tra l'altro, che "a partire dal 2010, gli ‘ndranghetisti avevano determinato l’elezione di Basile che perpetrava un sistema già attivo con l’amministrazione Russo. Quest’ultimo appoggiava l’elezione di Basile salvo poi lamentarsi del fatto di non essere stato più coinvolto nella spartizione degli appalti".  Sulla vicenda specifica del porto, "Mario Russo, evidentemente, era al corrente del fatto che Basile gestisce gli appalti comunali per conto della cosca Valente-Stummo, pertanto, per il tramite di Marco Zaccaro e Nocito Mario, gli faceva sapere che doveva essere considerato, altrimenti non avrebbe rilasciato, quale componente di amministrazione dell’Arpacal, le autorizzazione previste dal Via", la valutazione di impatto ambientale.  Secondo l'accusa, anche la vecchia amministrazione, da lui guidata, sarebbe stata vicina a Pietro Valente, ritenuto il capo dell'omonima cosca. In particolare avrebbe fatto ottenere alla Cem Spa, riconducibile, tra gli altri, a Vincenzo D'Oriano, considerato contiguo al clan Cesarano di Castellamare di Stabia (Napoli), i lavori per la costruzione del porto turistico di Scalea, gara che aveva un importo di oltre 14 milioni di euro. Su questo versante le indagini di carabinieri e Dda di Catanzaro proseguono

E così i carabinieri hanno perquisito l'abitazione dell'ex sindaco a Scalea, quale indagato nella inchiesta Plinius, e il suo ufficio di capogruppo del Pdl alla Provincia di Cosenza

E non basta. Risulta indagato anche il presidente della Despar.

Oltre al suo socio Crisciti, anche Antonino g. finisce nei faldoni dell'operazione antimafia. Incroci pericolosi tra imprenditoria, politica e criminalità nelle pratiche per l'apertura di un nuovo centro commerciale a Scalea

Un'accusa che investe Santino Pasquale Crisciti, indagato «per un episodio di corruzione aggravato dal metodo mafioso». Colpa di una domanda per il rilascio di un'autorizzazione all'apertura di un centro commerciale. Crisciti è un imprenditore poco noto alle cronache. Più conosciuto di lui è il suo socio, Antonino g., «coindagato» – secondo quanto risulta dalle carte della Dda di Catanzaro – nell'operazione che ha visto l'arresto di 38 persone, tra cui il sindaco del centro dell'Alto Tirreno, Pasquale Basile.

Secondo l'accusa, nel corso del 2011 si consuma «l'ennesimo episodio corruttivo». Succede quando «l'allora assessore al Commercio Francesco Galiano accetta la promessa della consegna di una somma di denaro dall'imprenditore Santino Pasquale Crisciti per ottenere delle autorizzazioni relative all'apertura di un centro commerciale».

Ritorna così alla ribalta la storia della«ripulitura di proventi illeciti senza lasciar traccia». Ovvio che anche su questo versante le indagini di carabinieri e Dda di Catanzaro proseguono.

Pubblicato in Alto Tirreno

Nei decreti di nomina di pertinenza del Presidente Talarico si è soliti leggere tre elementi.

  1. a)Il primo è che si prende atto “ della verifica dei requisiti dei singoli candidati alla nomina di che trattasi, effettuata, anche con l'ausilio delle schede ricognitive allegate alle domande ed ai curricula, nonché delle schede di settore da cui si rileva la sussistenza o meno dei requisiti richiesti dalla vigente normativa da parte dell'Ufficio di Presidenza, con deliberazione n. 10 del 23 febbraio 2011”;
  2. b)Il secondo che dai predetti elenchi e dai curricula personali, in atti, il nominato “ risulta in possesso dei requisiti per la nomina in oggetto ed in grado di assicurare il buon andamento ed l'imparzialità dell'Organo al quale viene nominato”;
  3. c)Il terzo che “la scelta della Pubblica Amministrazione, nella fattispecie, non presuppone una procedura concorsuale, ma impone solo la richiamata valutazione di tutti gli aspiranti e dei requisiti da ciascuno dichiarati nelle domande e nei curricula che hanno costituito il fondamento dell'istruttoria verificativa”;

Ora questo “sistema” giunge ad epilogo. Lo ha deciso il sostituto procuratore, Gerardo Dominijanni, che ha inviato un avviso di garanzia al presidente del Consiglio regionale della Calabria, Francesco Talarico, ed al funzionario autore delle schede di valutazione relative alle nomine “incriminate”, Rocco Sirio.

Per il momento sotto indagine è finito l’attuale CDA dell’Arpacal nominato nelle persone di Marisa Fagà –presidente- e di Mario Russo e Ida Cozza –componenti.

Il presidente del consiglio regionale deve rispondere di abuso d'ufficio per aver proceduto alla nomina dei componenti del Cda senza che questi avessero i requisiti.

Anzi, recita il provvedimento, «procurando così intenzionalmente da un verso a costoro un ingiusto vantaggio patrimoniale, dall’altro un danno ingiusto agli aspiranti parimenti la nomina aventi idoneità a ricoprire l’ambito incarico».

“Nello specifico, secondo la ricostruzione accusatoria confluita nel provvedimento, al presidente Fagà ed a Russo si contesta di avere attestato falsamente, nella richiesta di nomina a componente del Consiglio di amministrazione dell’Ente per 4 anni e 5 mesi, di essere in possesso tanto dei requisiti richiesti dalla legge istitutiva dell’Arpacal (articolo 9 bis della legge regionale della Calabria 3 agosto 1999, n. 20, come introdotto dall’articolo 12 della legge regionale della Calabria 11 agosto 2010, n. 22, pubblicata Bur n. 15 del 16 agosto 2010, supplemento straordinario n. 1 del 20 agosto 2010), ovvero “comprovata esperienza tecnico scientifica in materia ambientale”, tanto di quelli richiesti dalla legge regionale della Calabria 4 agosto 1995, n. 39 (articolo 8), ovvero “cinque anni di attività professionale riconducibile all’incarico”, quando, al contrario, entrambi avrebbero ricoperto incarichi e funzioni ben diverse da quelle previste. Violazione, quest’ultima, contestata anche al terzo componente del Cda, Ida Cozza.”

Dalla nomina le reazioni dei candidati esclusi, che, a quanto pare, non avendo affatto digerito il “benservito”, hanno deciso di rivolgersi alla Procura dando così lo start all’ennesimo filone di un’inchiesta che – tutto lo fa pensare – ha in serbo ancora diversi colpi di scena.

Della serie”non finisce qui”!

Anche perché resta aperta la precedente inchiesta aperta dai sostituti procuratori Gerardo Dominijanni e Domenico Guarascio a carico di undici indagati, accusati, a vario titolo, di truffa e abuso d’ufficio. Si tratta di Vincenzo Mollace, commissario straordinario all’Arpacal, fratello del giudice della Corte d’appello di Reggio Calabria, Francesco; Francesco Caparello di Lamezia Terme; Pietro De Sensi, di Lamezia Terme; Giuseppe Giuliano, di Catanzaro; Giuseppe Graziano, di Longobucco; Domenico Lemma, di Reggio Calabria; Francesco Nicolace, di Catanzaro; Silvia Romano, di Cosenza; Luigi Luciano Rossi, di Catanzaro; Antonio Scalzo, consigliere regionale e vice presidente della Commissione.

Della serie : in questa regione più si scava, più si trova!

Pubblicato in Calabria
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