Calabria: tamponi in frigo, 12 parlamentari 5 Stelle chiedono gli ispettori ministeriali e i documenti sanitari, “Belcastro in tilt, Santelli muta, dirigenti vaghi”
Comunicato stampa
Su iniziativa dei parlamentari Francesco Sapia e Bianca Laura Granato, il Movimento 5 Stelle ha portato in Parlamento la storia dei tamponi non processati, mantenuti per giorni nei frigoriferi della centrale operativa dell’Asp di Cosenza. Con un’interrogazione alla Camera e una al Senato, i 5 Stelle hanno chiesto al ministro della Salute l’invio di ispettori ministeriali, in quanto «non è chiaro quanti tamponi siano stati conservati, per quanto tempo e con quali precise modalità, presso la centrale operativa del 118 dell’Asp di Cosenza e delle altre aziende di Catanzaro e Reggio Calabria indicate dal dg del dipartimento regionale Tutela della salute, Antonio Belcastro».
Questi, secondo i pentastellati, «di fatto ha confermato, e magari non se n’è ancora accorto, i ritardi riassunti nell’audio dell’operatore del 118 cosentino, che non deve mai subire ritorsioni da chicchessia, e riferito d’aver informato la Procura con l’ipotesi di procurato allarme, forse dimenticando che il segnalatore di eventuali illeciti è sempre protetto per legge».
Oltre che al ministro della Salute, l’interrogazione dei parlamentari 5 Stelle è rivolta al presidente del Consiglio, anche per conoscere tutte le «informazioni documentali sulla vicenda, sulle specifiche modalità di conservazione dei tamponi non processati in Calabria e sull’approvvigionamento dei medesimi e dei materiali correlati». Insieme a Sapia, l’interrogazione alla Camera è firmata da Elisabetta Barbuto, Francesco Forciniti, Giuseppe d’Ippolito, Alessandro Melicchio, Massimo Misiti, Paolo Parentela, Elisa Scutellà e Riccardo Tucci. Al Senato, oltre a Granato l’atto è firmato da Fabio Auddino e Silvana Abate.
Secondo il dg Belcastro, hanno scritto i 5 Stelle, «i tamponi non processati sono tutti custoditi sulla scorta della circolare del Ministero della Salute del 22 gennaio 2020, che prevede la conservazione degli stessi fino a 5 giorni, a una temperatura di 4°C». «Peccato per lui – hanno significato i 5 Stelle – che l’Istituto Superiore di Sanità abbia chiarito, invece, che essi devono essere inviati immediatamente al laboratorio o possono essere tenuti in frigo, a +4°C, solo per un tempo inferiore a 48 ore. Inoltre, secondo l’Istituto Superiore di Sanità i tamponi non processati vanno conservati a -80°C e poi trasportati con apposite cautele, che nello specifico non sono ancora note». «Il Movimento 5 Stelle non consentirà – conclude la nota stampa dei parlamentari firmatari delle due interrogazioni – che permangano opacità, silenzi o contraddizioni sulla tutela della salute dei calabresi, su cui la presidentessa Jole Santelli non è ancora intervenuta, prendendo per vangelo le giustificazioni finora rese dai vari responsabili e strumentalizzate da qualcuno che, in caso di problemi, sarà chiamato a risponderne in ogni sede».
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I sindaci, si sa, nello svolgimento del loro impegnativo lavoro politico sono spesso sotto pressione.
Poi se le cose vanno è tutto facile.
Se le cose non vanno pensano di dimettersi.
Poi magari ci ripensano.
È quello che sembra sia successo al sindaco di San Giovanni in Fiore Giuseppe Belcastro, legato politicamente al governatore Oliverio, che si era dimesso lo scorso 7 agosto dopo essersi ritrovato senza maggioranza in consiglio comunale.
Ora Belcastro torna sui suoi passi, prima della scadenza dei 20 giorni che avrebbe reso al sua decisione irrevocabile.
Belcastro ha fatto sapere che in questo periodo «di riflessione» ha ricevuto «centinaia di attestazioni di stima e inviti a proseguire l’attività amministrativa» da parte dei cittadini.
Il sindaco, eletto nel giugno del 2015 con una percentuale bulgara (ha sfiorato il 90%) e politicamente legato al presidente della Regione Mario Oliverio, ha spiegato anche di aver interloquito con le forze politiche che sostengono la sua maggioranza.
Le divisioni nello schieramento che lo sostiene erano nate all’indomani della sconfitta delle elezioni politiche del 4 marzo quando, nel feudo del governatore, l’M5S ha preso più del doppio dei voti del Pd, si era acuita la crisi con alcune sostituzioni in giunta che non erano state condivise da parte della maggioranza.
«Un sano confronto ed una dialettica corretta hanno determinato in me – ha scritto Belcastro nell’atto protocollato giovedì mattina – la volontà di continuare un lavoro impegnativo e difficile per mantenere fede al mandato affidatomi dai cittadini».
Fuori dalle formule del politichese, ora resta capire come sia stata sanata e quanto durerà la pax nel Pd locale, partito al cui interno era maturata la spaccatura che aveva portato il sindaco al passo indietro.
Durerà?
Vedremo. In politica nulla è scritto, nulla è eterno.
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San Giovanni in Fiore Si è dimesso il sindaco Belcastro, indicato dal governatore Oliverio ed eletto con il 90% dei voti.
Non c’è pace tra gli ulivi
Si è vero che biblicamente l’ulivo è sinonimo di pace tanto che la Domenica delle Palme,
i fedeli si presentano in chiesa con in mano un ramoscello di ulivo per farlo benedire in segno di pace.
Ed è Anche vero che Gesù scelse il Monte degli Ulivi, per intrattenere la sua conversazione intima con Dio, ma sul su viso trasparivano i segni del tormento e della oppressione.
E tormento ed oppressioni potrebbero apparire anche sul viso dei nostri “eroi” sangiovannesi dopo la palese una spaccatura, tutta interna al Pd locale, ma già evidente da tempo.
E così che il sindaco di San Giovanni Fiore, Giuseppe Belcastro, ha presentato le dimissioni dopo che una larga parte della sua maggioranza non si è presentata al consiglio comunale convocato martedì mattina per l’approvazione del Documento unico di programmazione.
Eletto nel giugno del 2015 con una percentuale bulgara (ha sfiorato il 90%), Belcastro è politicamente legato al presidente della Regione Mario Oliverio – che com’è noto viene dalla “capitale” della Sila – ed era stato indicato direttamente dal governatore quale candidato del Pd alla guida dell’amministrazione comunale.
Belcastro, avendo registrato l’assenza della sua parte politica – erano presenti in aula solo 3 consiglieri di maggioranza e 3 di opposizione –, non si è proprio presentato in Consiglio e ha protocollato le sue dimissioni al presidente del civico consesso e al segretario comunale.
La spaccatura nel Pd locale nasce dalla sconfitta delle elezioni politiche del 4 marzo: nel feudo del governatore l’M5S ha preso più del doppio dei voti del Pd.
Le successive dimissioni di un assessore hanno dunque aperto la crisi nella giunta Belcastro, e il nome scelto dal sindaco per sostituire il dimissionario non è stato condiviso da un pezzo di maggioranza consiliare.
Nella lunga fase di contrapposizione interna al Pd locale non è servito neanche l’intervento del segretario provinciale Luigi Guglielmelli e le rivendicazioni dei “dissidenti” non hanno evidentemente trovato nessuna sponda in Belcastro.
Che oggi si è ritrovato senza maggioranza e ha deciso di dimettersi: i prossimi 20 giorni, durante i quali il sindaco avrà la possibilità di ripensarci, diranno se ci siano margini per trattare e sanare le divisioni interne o se la spaccatura tra Belcastro e buona parte del suo partito sia irreversibile.
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