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Quattro i destinatari del provvedimento, fra cui tre dirigenti apicali dell’Afor e l’amministratore delegato di CooperFin

Un sequestro preventivo d’urgenza per peculato e turbata libertà degli incanti è stato eseguito dalla Guardia di finanza per ipotesi di reato contestate dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro nei confronti di quattro soggetti, all’esito di complesse ed articolate indagini di polizia giudiziaria, condotte dalla Compagnia di Vibo Valentia.

Il tutto finalizzato a delineare i rapporti intercorsi negli anni 2013 e 2014, tra l’Afor (ora “Azienda Calabria Verde”) e la società finanziaria CooperFin S.p.a.

Le indagini che hanno portato all’operazione denominata “Little John” ed hanno consentito di disvelare rapporti illeciti tra l’amministratore delegato di Cooperfin, Ortensio Marano, 43 anni, di Belmonte Calabro (già coinvolto nell'inchiesta "Robin Hood") e tre dirigenti apicali dell’Afor, oggi Calabria Verde, che hanno distratto risorse pubbliche per il tramite del “partner finanziario” Cooperfin.

Le Fiamme Gialle, in esecuzione del provvedimento d’urgenza del pubblico ministero hanno sequestrato immobili, auto di lusso e somme di denaro nella disponibilità delle persone coinvolte sino a quasi due milioni di euro, in Calabria e in Campania.

Pubblicato in Belmonte Calabro

Un anno fa – più o meno di questi tempi – le esigenze giornalistiche avevano giustamente richiesto la ribalta e la cosiddetta “prima pagina” per i tre arrestati eccellenti dell’operazione “Robin Hood” contro i papponi di Calabria Etica e così le fotografie di Pasqualino Ruberto e Nazzareno Salerno e le accuse contro il dirigente regionale Vincenzo Caserta hanno girato per tutta Italia.

Era passato in secondo piano invece il ruolo fondamentale del “bancomat” di questi papponi. tutti affamati di tangenti e soldi sonanti. Si chiama Ortensio Marano e viene da Belmonte, costa tirrenica cosentina, ad un passo da Amantea. 

I dieci milioni di euro di fondi comunitari stanziati per le famiglie bisognose sono stati trasferiti alla Fondazione Calabria Etica, e da qui girati attraverso un bando ad hoc ad una società privata, la Cooperfin spa dell’imprenditore Ortensio Marano, che in parte li distraeva dalla loro finalità facendoli girare su conti di gestione in modo da utilizzarli per la propria attività finanziaria, in parte li trasferiva direttamente all’ex assessore Nazzareno Salerno, mascherandoli sotto forma di prestito.

Duecentotrentamila euro: un prestito fittizio, secondo gli inquirenti, perché a fronte delle rate pagate dal politico, la società restituiva le stesse cifre per l’acquisto di quote di una società riferibile alla famiglia dello stesso Salerno.

Tutto questo un anno fa. Oggi, a distanza di poco più di un anno – appunto – scopriamo che il “bancomat”, pardon la Cooperfin, ha chiesto e ottenuto il pignoramento dello stipendio alla Regione di Nazzareno Salerno, quasi a voler dimostrare che quel “prestito” non è fittizio… Ovviamente sappiamo tutti che trattasi di mazzetta mascherata da prestito e questa mossa della Cooperfin potrebbe essere la spia di una forma di collaborazione con la magistratura e quindi con la DDA che non promette niente di buono per Nazzareno Salerno e gli altri suoi compari “papponi”.

Ricordiamo infatti che all’epoca hanno ricevuto un avviso di garanzia anche Maria Vincenza Scolieri, 41 anni, Cristiano Giacinto, 43, e Licia Soreca, 34 anni. I tre sono accusati di abuso d’ufficio in concorso “in qualità di componenti la commissione esaminatrice nominata in relazione alla gara indetta dalla fondazione Calabria Etica, per conto della Regione Calabria, in relazione a un partner di service finanziario connesso alla gestione del fondo a favore di coloro che versano in una situazione di temporanea difficoltà economica di cui al progetto “Credito Sociale”, dunque di pubblici ufficiali o comunque incaricati di un pubblico servizio”.

In estrema sintesi, Scolieri, Giacinto e Soreca avevano aggiudicato la gara alla società Cooperfin Spa nonostante fosse palese che non avesse i requisiti per poterla vincere.

Per raggiungere i propri obiettivi, Salerno ha estromesso quei funzionari che volevano escludere Calabria Etica dal progetto, tra cui l’ex dirigente Bruno Calvetta, che subì minacce e forti pressioni riprese anche dalle telecamere del Ros, e infine venne sostituito con Enzo Caserta, finito in manette nell’operazione.

Ruberto allora ha sottoscritto un avviso funzionale a quella selezione del tutto privo dei requisiti minimi per poter essere considerato un bando pubblico, non facendo alcun riferimento al valore del servizio da appaltare e individuando un termine di appena 7 giorni per la presentazione delle candidature, termine, “oltre che illegittimo anche inadeguato, in relazione alla richiesta di presentazione di un “progetto” che contenga proposte migliorative della gestione del servizio”.

Caserta ha poi omesso – pur avendo l’obbligo giuridico di intervenire – qualunque forma di controllo sulle modalità di selezione predisposte da Ruberto, mentre Marano ha concorso in questo in quanto “beneficiario della condotta illecita e negoziatore con Salerno, soggetto, a sua volta, ideatore ed istigatore della complessiva vicenda delittuosa, nonché in ultimo anche beneficiario del prezzo corruttivo che la Cooperfin Spa verserà in suo favore”.

E l’interesse della Cooperfin “non era certo la remuneratività del servizio, ma la disponibilità delle ingenti somme di cui poi avrebbe disposto in maniera assolutamente illecita”.

In definitiva, per il giudice, la predisposizione del “bando” risulta “essere stato chiaramente il frutto di una collusione fra chi lo ha formulato (Ruberto), chi ne ha affidato indebitamente la predisposizione (Caserta), chi aveva interesse a che fosse la Cooperfin ad aggiudicarsi il servizio (Salerno) e chi ne ha beneficiato, non tanto aggiudicandosi il servizio, ma appropriandosi concretamente addirittura della maggior parte (ben l’80% circa) delle somme gestite (Marano).

I 230.000 euro che sono stati trovati a Salerno sono palesemente il ricavato di una tangente. Euro versati al mafioso Salerno in due rate: la prima da 148.484 euro del 02.02.2015, la seconda da 82.255,46 euro, del 17.07.2015.

Le date dei versamenti, specie la prima, sono significative perché corrispondono allo stesso periodo (inizio 2015), quando Calabria Etica versa i soldi alla Cooperfin di Ortensio Marano. Come a dire: non appena i soldi sono stati accreditati e l’affare concluso, si passa al pagamento della mazzetta.

Dicono i magistrati: siamo di fronte ad una chiara mazzetta pagata a Salerno, in quanto ideatore del piano criminale che ha permesso alla Cooperfin di gestire il denaro del Credito sociale. E per giustificare la mazzetta, la cricca capeggiata da Salerno si inventa un prestito. E per “avallare” la tesi del prestito, Salerno versa fittiziamente anche qualche rata del presunto prestito alla Cooperfin. Denaro che Salerno riceveva attraverso versamenti, addirittura superiori all’importo fittizio della rate da pagare, guarda caso, dalla società M&M Management. E di chi è la società M&M Management? Guardo caso di Ortensio Marano, lo stesso che ha ricevuto la gestione attraverso la Cooperfin del denaro destinato al Credito sociale.

Sì, propio lui, Ortensio Marano da Belmonte, il bancomat dei papponi di Calabria Etica ma anche di Calabria Verde, per come abbiamo già documentato (http://www.iacchite.com/calabria-verde-principale-campanaro-le-grandi-manovre-cooperfin-tfr-dei-lavoratori/). Un uccellino ci aveva detto che presto ci sarebbero state novità. Ed aveva ragione. Buona fortuna a tutti!

Da Iacchite- 29 marzo 2018

Pubblicato in Belmonte Calabro

Da non crederci.

La Cooperfin è la finanziaria coinvolta nella vicenda della inchiesta della DDA di Catanzaro denominata “Robin Hood” e relativa alla gestione dei fondi del “Credito sociale” che ha portato all’arresto dell’ex assessore regionale Nazzareno Salerno.

La sede della Cooperfin era a Belmonte Calabro

 

 

Ora la Consob ha posto la Cooperfin sotto osservazione ed ha comminato una sanzione da 400mila euro alla finanziaria Cooperfin con sanzioni amministrative accessorie di 100mila euro a carico del presidente Marco Limoncelli, del presidente del collegio sindacale Pasquale D'Avino, e dei sindaci Giuseppe Sarno e Francesco Coscarella.

Secondo la Consob la finanziaria ha offerto in opzione ai propri soci le azioni relative all'aumento di capitale a pagamento deliberato dall'assemblea straordinaria senza attivarsi per adempiere all'obbligo della preventiva pubblicazione del relativo prospetto informativo.

Pubblicato in Belmonte Calabro

Parliamo della inchiesta denominata Robin Hood.

L’operazione Robin Hood è quella che ha portato all’arresto di nove persone tra le quali l’ex assessore al Lavoro Nazzareno Salerno il quale avrebbe esercitato una pressione continua nei confronti dei dirigenti del proprio assessorato, per imporre scelte che gli avrebbero garantito ampia discrezionalità nella gestione del progetto Credito sociale e dei relativi fondi comunitari.

Questo anche grazie alla presunta complicità di Vincenzo Caserta, all'epoca direttore generale reggente del dipartimento di riferimento dell'assessorato, e di Pasqualino Ruberto, all'epoca presidente della fondazione Calabria etica.

Ora tre funzionari finiscono nel mirino della Dda di Catanzaro per le modalità di scelta della società deputata a gestire il “Credito sociale” per conto dell’agenzia guidata da Ruberto.

Ad essere indagati Maria Vincenza Scolieri, 41 anni, Cristiano Giacinto, 43, e Licia Soreca, 34 anni.

I tre nuovi indagati sono già stati convocati a rendere interrogatorio davanti al sostituto procuratore Graziella Viscomi.

Sono tutti accusati di abuso d’ufficio in concorso «in qualità di componenti la commissione esaminatrice nominata in relazione alla gara indetta dalla fondazione Calabria Etica, per conto della Regione Calabria, in relazione a un partner di service finanziario connesso alla gestione del fondo a favore di coloro che versano in una situazione di temporanea difficoltà economica di cui al progetto “Credito Sociale”, dunque di pubblici ufficiali o comunque incaricati di un pubblico servizio».

I magistrati della Procura di Catanzaro accusano che «nonostante la palese insussistenza dei requisiti per l’aggiudicazione della gara alla società Cooperfin spa e nonostante la specifica qualifica rivestita, che impone conoscenze e professionalità specifica», i tre componenti della commissione esaminatrice avrebbero omesso «ogni forma di controllo in relazione alla predetta società, unica partecipante alla gara e determinavano l’aggiudicazione del servizio in capo alla stessa».

La Cooperfin, secondo l’accusa, mostrava di non avere i requisiti per partecipare alla gara, in particolare di non avere ricevuto l’abilitazione ex articolo 107 Testo unico bancario e nonostante questo gli indagati «procedevano comunque all’aggiudicazione della gara» alla Cooperfin».

I militari del Nucleo investigativo di Catanzaro e le fiamme gialle del comando provinciale di Vibo Valentia hanno compreso che era necessario esternalizzare il servizio, sottraendolo all'ente in house della Regione, Fincalabra.

È sempre Salerno, rilevano gli investigatori, ad affidare la procedura per assegnare il servizio di esternalizzazione a Vincenzo Caserta, che gli inquirenti considerano la longa manus dell'ex assessore. A quel punto è Caserta ad affidare la gestione dello strumento di ingegneria finanziaria alla fondazione Calabria Etica (in realtà priva di competenze e dei requisiti per la gestione di uno strumento finanziario di microcredito).

In otto giorni da Calabria Etica il servizio passa alla esterna Cooperfin, grazie, secondo l’accusa e visti i recenti avvisi di garanzia, all’operato dei componenti della commissione esaminatrice.

In definitiva, per il giudice, la predisposizione del “bando” risulta “essere stato chiaramente il frutto di una collusione fra chi lo ha formulato (Ruberto), chi ne ha affidato indebitamente la predisposizione (Caserta), chi aveva interesse a che fosse la Cooperfin ad aggiudicarsi il servizio (Salerno) e chi ne ha beneficiato, non tanto aggiudicandosi il servizio, ma appropriandosi concretamente addirittura della maggior parte (ben l’80% circa) delle somme gestite (Marano).

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