Belvedere Marittimo. La guardia di finanza di Cetraro sequestra cinque milioni di beni tra terreni, case, conti correnti, diversi immobili dislocati tra Roma e il Cosentino alla società che gestisce la casa di cura Tricarico. Le ragioni in reati di natura tributaria.
I militari della Guardia di Finanza di Cetraro, coordinati dal comandante della Compagnia di Paola e con il supporto della sezione di polizia giudiziaria della guardia di finanza del tribunale di Paola, avrebbero accertato, a conclusione di una meticolosa attività investigativa, la commissione da parte della società che gestisce la casa di cura di Belvedere Marittimo, di reati di natura tributaria.
Appurato che l'amministratore unico pro-tempore della società avrebbe omesso di versare le ritenute alla fonte per gli emolumenti erogati negli anni di imposta 2008, 2009 e 2010.
Il reato è stato denunciato alla Procura della Repubblica del tribunale di Paola.
Il PM titolare delle indagini ha chiesto e ottenuto dal gip del tribunale di Paola l'emissione di un decreto di sequestro preventivo per equivalente di beni per un importo pari a 4.994.370,80 euro.
Il provvedimento è stato eseguito dai militari della guardia di finanza
In tutto il territorio nazionale si è proceduto al sequestro di ben 137 beni tra abitazioni, terreni agricoli, fabbricati rurali, aree edificabili nonché diversi immobili dislocati tra Roma e l'hinterland cosentino.
Oltre a questi beni sono stati oggetto di sequestro i saldi attivi dei conti correnti bancari intestati al rappresentante legale della società aperti in alcuni istituti di credito.
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Emira Ciodaro è medico. Opera in Paola dove svolge la sua azione politica ed in questa veste è presidente del Consiglio Comunale. Riveste anche la carica di componente della Commissione per le Pari Opportunità fra uomo e donna, nominata con decreto del presidente del Consiglio regionale calabro Talarico n. 20 del 16 settembre 2010
La vicenda della condanna prende le mosse nel 2005 ed è relativa alla morte di una neonata avvenuta nella clinica Tricarico di Belvedere Marittimo.
Secondo l’accusa la ginecologa Emira Ciodaro sarebbe stata contattata da un’infermiera che operava nella stessa clinica al fine di verificare le condizioni della paziente Aida Gullo, in procinto di dare alla luce una bambina.
Aida Gullo era una paziente della dottoressa Ciodaro.
L’ infermiera osservando i tracciati fetali si era resa conto che occorreva un intervento medico.
Pur non «non prestando alcun tipo di servizio presso la clinica Tricarico” come ricorda l’avvocata della Ciodaro Gino Perrotta, la dottoressa la mattina dopo si recava alla clinica Tricarico ma senza rilevare dai tracciati “problematiche così rilevanti”.
Ma la situazione si aggravò e la nascitura morì per ipossia ,strangolata dal cordone ombelicale.
Da qui la denuncia della Gullo alla competente procura della repubblica.
Il processo di primo grado si concluse con la condanna della Ciodaro ad un anno ed 8 mesi confermata anche in seconda istanza.
Per l’avvocato Perrotta ora occorre ricorrere in Cassazione.
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