A+ A A-

Il 21 luglio si terrà la XIV edizione dell’evento tipicamente amanteano che consacra la festa più dissacratoria della nostra cittadina.

Quella che ricorda il passaggio della antica nave che giungeva sulla spiaggia amanteana per ritirare i “Cjuoti” che le forze dell’ordine vi portavamo per ordine del sindaco onde il loro trasporto nel manicomio di Nocera Superiore.

Peccato che questo evento storico e sociale stia man mano trasformandosi in una festa civile con canti, teatro, degustazioni ed un incomprensibile mercatino artigianale, preludio, purtroppo, alla ordinarietà e forse alla scomparsa della più dissacrante, atipica e bella festa paesana.

Questo il programma:

-ore 18.00 Mercatino artigianale in Piazza Mercato (Vecchio) Ora Piazza Unità d’Italia;

-ore 21.00 degustazione piatti tipici; in Via orti

-ore 21.00 Sfilata e comizio del sindaco Vabuono in Piazza Commercio;

ore 22.00 Concerto Live di Cosimo Papandrea.

Un sentito grazie agli organizzatori, in particolare a Gaetano e Turuccio, ed ai collaboratori che hanno profuso e profonderanno il loro impegno per la riuscita della manifestazione popolare .

Pubblicato in Amantea Futura

E’ lì davanti all’edicola Campaiola.

Sorride e mi chiama.

“Ciao”, gli faccio, abbozzando, anche io, un sorriso.

E lui “ Non hai visto?”

Non capendo lo interrogo con gli occhi e lo vedo con il volto alzato che guarda il filo della luce sempre davanti a Gaetano Campaiola.

“O Cacchio!” esclamo, “avete tolto la scritta?”

Fa segno di no.

“Allora è caduta?”

Segue un altro abbondante segno di no.

“ Mi fai capire?”

Mi guarda perplesso, interrogativo, provocatorio.

“NO! Non ci credo. E chi lo ha fatto togliere?. Ma soprattutto, perché?”

C’è stata per 4 mesi, lì, indifferente alle sciagure della nostra cittadina e della sua gente, muto testimone di una storia antica che affascina chi viene a conoscerla, simbolo della simpatia degli amanteani, ricordo unitario di una storia di tanti comuni della costa tirrenica calabrese, che ad Amantea ha assunto una indiscutibile valenza antropologica e culturale.

A chi dava fastidio? .

E pensare che c’è gente che ha colto l’occasione di questo, ahimè dimenticato, momento di storia cittadina per inventare un evento e per celebrarlo a proprio spese , non a spese pubbliche.

Forse il 21 luglio ricompare anche a novembre .

Un simbolo che ricorda per un intero anno un evento intenso e straordinario non deve essere mitizzato, ma tantomeno escluso dalla città che lo esprime.

Ma noi che ne abbiamo scritto, siamo tra quelli che vorremmo diventasse ufficialmente tra le cose di questo paese da non dimenticare

Ufficialmente, suggeriamo all’amministrazione ed in particolare a chi si interessa della cultura locale di editare un testo che ricordi l’evento ed il momento storco che rappresenta.

Prima che sia tardi, troppo tardi e si debba essere costretti ad inseguire la nostra storia civica, prima che si dimentichi chi siamo stati.

Parliamo di cultura.

Prima

Oggi

Pubblicato in Amantea Futura

Dedico un po’ di attenzione a quei pochi o tanti amanteani che da dieci anni celebrano scherzosamente un evento della storia che appartiene ai comuni della costa tirrenica calabrese.

 

Quella nave alla quale per molti anni si affidavano i “cjuoti” perchè venissero portati nel lontano manicomio di Nocera Inferiore, dove spesso, restavano dimenticati dalla società fino alla fine dei loro giorni.

 

Parliamo del tempo in cui nemmeno non c’era la ferrovia e le strade erano parimenti inesistenti, così che i trasporti erano affidati alle navi.

 

Oggi Gaetano Campaiola, Turuccio Colla e pochi altri conservano alla memoria collettiva questo evento drammatico per i poveri “cjuoti” e le loro famiglie, ma dissacrandolo e sdrammatizzandolo.

 

Impossibile non ringraziarli, anche se ben altri ringraziamenti meriterebbero, per esempio da parte del comune che –secondo noi - dovrebbe riconoscere e premiare la loro attenzione alla storia del paese.

 

Similmente per l’altro evento de “U ciucciu i San Giuvanni”.

I due eventi che dovrebbero essere attestati dalla pubblica amministrazione nella loro dignità e valenza culturale e turistica.

 

Nel nostro piccolo dedichiamo all’evento de “U juornu di Cjuoti” ed a loro questo nostro modesto lavoro , richiamando il banditore che un tempo Amantea utilizzava al posto dell’attuale WhatsApp e che si potrebbe usare accompagnato non dalla campanella o dalla trombetta ma dai tamburi.

U bannu

Sentiti, sentiti, gente de la mantia.

Sentiti, ca parramu de la nostra cjotia.

Stasira alla taverna facimu festa grande,

si balle, si mange, si ride e si cante.

Alli nove stasira! Tutti, partecipati.

E nun vi faciti canusciri, veniti maschjerati.

Cuntamu la storia da nave di cjuoti,

Ca passavi a si ricogljri tanti mantiuoti.

A Nucera inferiore pua li portave,

E china rimanje cuntientu restave.

“Almeno- dicje- pè stavota u sinnicu è fricatu

pecchì la nave n’un minn’ha purtatu.

Signu rimastu ancora alla mantia

a fari ogni juornu na bella ciotja”.

E puri a vua vi dicu “Gioia mia,

un v’inni jati : restati alla mantia.

U paisi di cjuoti e di la cjotia

evviva, evviva i cjuoti d’amantia”

Giuseppe Marchese

Pubblicato in Cronaca

Amantea. Ecco la black list dei comuni interessati alla riduzione della quantità di acqua fornita dalla Sorical: Paola, Scalea, Montepaone, Soverato, Dipignano, Marano Principato, Belvedere Spinello, Cirò marina, Lamezia Multiservizi spa, Soveria Mannelli, Locri, Consorzio acquedotto Vina Palmi, Seminara, Condofuri, Scilla, Castrovillari, Spezzano Albanese, Tropea, Vibo valentia, Amantea, Belvedere marittimo, Bianchi, Bova Marina, Carpanzano, Caulonia, Cropani, Davoli, Firmo, Francavilla marittima, Gioisosa Ionica, Joppolo, Mangone, Motta San Giovanni, Oppido Mamertina, San Ferdinando, San Sosti ed Umbriatico.

 

Risaltano Vibo, Lamezia Terme, Castrovillari, Paola, Locri, Amantea, Scalea

Con protocollo 1201 del 20 febbraio 2017 la Sorical ha comunicato che il 21 marzo provvederà a ridurre la quantità di acqua erogata al nostro comune

La Sorical che è creditrice del comune di Amantea precisa che :” Far sì che l’Acqua arrivi dalla fonte sino al rubinetto di ciascuna famiglia è una complessa e importante attività che vede impegnata una Grande' Squadra Calabrese che conta circa 400 unità lavorative tra impiegati, operatori delle manutenzioni sia interni a So.Ri.Cal. che operanti presso le imprese di manutenzione, esperti ingegneri, professionisti di più settori.

Dietro il semplice gesto quotidiano di aprire il rubinetto di casa, c’è una macchina che si muove costantemente in ogni ora del giorno e della notte, perché l’acqua è una risorsa preziosa quanto più è costante e abbondante nelle nostre case.

È proprio quando non ne) abbiamo disponibilità che ben comprendiamo quanto il suo lusso continuo sia importante per la vita quotidiana di ciascuno.

Ma quel semplice gesto di aprire il rubinetto di casa comporta per chi lo gestisce l’utilizzo di una serie di fattori produttivi quali, a titolo esemplificativo, lavoro, forniture, servizi e dunque dei Costi, senza i quali quel naturale gesto quotidiano non sarebbe possibile.

 

Energia Elettrica per estrarre l’acqua dai pozzi, prodotti chimici per renderla sicura, manutenzione per intervenire sulle rotture e per mantenere efficienti gli impianti, la sicurezza sul lavoro.

Per sostenere questi costi e continuare ad aprire il rubinetto di casa senza spiacevoli sorprese c’è un processo economico nel quale siamo tutti coinvolti.

Il Cittadino paga la bolletta del servizio idrico integrato che gli arriva dal Comune'di'residenza, il Comune paga la fornitura idrica alla So.Ri.Cal. e quest’ultima paga i propri e di terzi lavoratori anch’essi cittadini!, i servizi e le forniture che hanno reso la continuità e la qualità della preziosa fornitura”.

Pubblicato in Cronaca

Non c’erano ( purtroppo) molti turisti a cogliere, percepire e conoscere quell’anima tutta amanteana che abbiamo ( noi e loro) potuto vedere o rivedere in occasione della celebrazione annuale della Festa dei ciuoti.

Ma quelli che erano presenti( in particolare in Piazza Commercio) avevano il viso che mostrava una lieta sorpresa e qualcuno ha mostrato tanto apprezzamento da porgere agli altri il suo sorriso più vero e da sintonizzarsi con la festa e le sue musiche, anche accennando gli istintivi passi di danza indotte dai tamburi del Ciuccio di San Giovanni.

Un paese gioioso ed in festa.

Un paese che ancora una volta, e forse più delle altre volte, ha colto l’occasione, contribuendovi intensamente, per dissacrare i luoghi comuni, il trito e ritrito, le forme stantie di convivenza, il vecchio.

Una comunità che con il consiglio comunale all’aperto ha demitizzato la politica ed i politici ed irriso i luoghi comuni.

Ma forse si è visto di più.

Sembra di aver colto una forte reazione alla mala sorte che sembra aver colpito la città che un tempo era la Perla del Tirreno ed ora sembra più che mai la Cozza del tirreno.

Una città che superava abbondantemente le 100 mila presenze turistiche a annue, cogliendo a piene mani tutte le ricchezze che gli ospiti ci portavano, e soprattutto il confronto tra naturali e villeggianti che di per sé è vitale per la conferma della nostra cultura aperta alla ospitalità, e che oggi è scesa abbondantemente sotto le 100 mila , al punto che nessuno ci offre i dati reali e la possibilità di confrontare questa disperata discesa di presenza!

Eppure tutti dicono che Amantea ha grandi potenzialità.

Sarà! Ma a chi spetta porle in evidenza , segnalarle, tutelarle ?

Dai, non scherziamo!

La immagine più intensa ci viene invece da un evento improvvisato, figlio di un “gaetanismo” che nasce da un gruppo quasi istintivo di persone che crede in se stesso e che si impegna per se medesimo e per gli altri ed al quale non giungono i necessari complimenti.

Altro che ciuoti!.

Persone che mettono insieme, per tutti, cittadini ed ospiti, musica, folclore, storia locale e regionale, gastronomia, allegria, gioia, simpatia , che sono, semmai, i saggi.

Complimenti a tutti

Ai 4 bellissimi giganti, ai giovani tamburini che li accompagnavano e che suonavano un ritmo stringente, talora cacofonico, ai giovani musicisti amanteani , allo stesso ciuccio abilmente sorretto da abili e forti spalle, ai 4 vigili urbani sottratti alla mala sorte dell’autovelox a pagamento per essere destinati ad accompagnare le manifestazioni della città.

Agli stessi bambini che giocavano con i giganti, un po’ affascinati ed un po’ impauriti, ma poi pronti alla foto di rito.

Ai cuochi ed alla loro pasta .

Agli attori protagonisti ed a noi comparse,ma soprattutto alla Bell’Amantea.

Pubblicato in Primo Piano

21luglioStavo riflettendo su alcune cose riguardanti la nostra lingua amanteana. Qualche estate fa, alla fine di una partita di tennis presso l'allora "Palmar" Hotel, chiesi ai gestori la chiave della doccia. La risposta, gentile, fu che la "doccia" era "rutta". Corsi a casa sudato a docciarmi. La settimana successiva ritornai a giocare sullo stesso campo da tennis. Alla fine della partita chiesi, come tante altre volte, la chiave della doccia. Giuseppe, uno dei gestori, mi guardo un po’ perplesso e aggiunse: " Gigi, te l'ho già detto la settimana scorsa; la doccia è rutta". Così, un po’ sconsolato e un po' pensieroso, raccontai l'accaduto a mia madre. Lei, dopo 40 anni, mi fece capire che "rutta" nella nostra lingua significava per sempre. Non momentaneamente. Oggi, 21 Luglio 2016, dopo essermi consultato con la mia novantenne madre, ho scoperto che "ciuoto" nella nostra lingua non significa "matto" ma "scemo". “Tu prova ad avere un mondo nel cuore e non riesci ad esprimerlo con le parole”,questa frase, che fa da esordio alla canzone: Un matto (dietro ogni scemo c’è un villaggio) di De André- tratta dall’album Non al denaro non all’amore né al cielo del 1971 – basterebbe da sola a svelare il senso di disagio e incomunicabilità di cui è vittima il protagonista. Il brano, ispirato all’epitaffio di Frank Drummer, personaggio dell’Antologia di Spoon River, creduto folle perché incapace di trasmettere i suoi pensieri attraverso il linguaggio, è la trasposizione musicale di un problema sociale molto discusso dopo il 1967. La soluzione si “ebbe” nel 1978, con l’approvazione della legge Basaglia e la chiusura definitiva dei manicomi. “La mia lingua non poteva esprimere ciò che mi si agitava dentro”, così recitava la poesia di Lee Masters, rendendo manifesta non solo l’oggettiva difficoltà di partecipazione, ma il senso di ridicolo e di esclusione che la patologia stessa comporta. Ogni villaggio ha bisogno del suo “scemo” da additare, poco importa se pazzo lo sia davvero, o se si tratti soltanto di disturbi relazionali, di paura, di fragilità. Cito volentieri il motociclista di Amarcord di Federico Fellini. “Chiamo imbecille chi ha paura di godere”. Scriveva Albert Camus. E’ un pazzo? No, è uno scemo. C’è differenza, e come, tra pazzia e scemenza. Solo gli scemi continuano a non capirla. Per loro sarà opportuno riproporre una vecchia storiella. Un’auto in transito vicino a un manicomio perde una ruota con tutte le viti. La ruota viene recuperata, le viti no. Il conducente si dispera. Un pazzo che ha visto tutto dalla finestra gli grida: “Niente paura: recuperi una vite da ciascuna delle altre ruote, e con tre viti potrà montare la rimanente, riprendendo il viaggio”. “Grazie, geniale… Ma… lei è proprio matto?” “Sì, sono matto, ma non sono mica scemo”. Lo scemo è incoerente e sconclusionato, mentre nella cosiddetta follia c’è sempre una logica. Vi ricordo cosa dice Polonio di Amleto nell’omonimo Dramma. “C’è del metodo in questa follia”. Polonio è un vecchio pedante e insopportabile, che per il interporsi si prende una pugnalata destinata ad altri. Ma anche lui non è scemo, benché Amleto, ingenerosamente, lo qualifichi come tale.
Alla presenza di un qualsiasi matto Amantea si divide in due: da un lato il triste e solitario antieroe schivato da tutti, e dall’altro la piazza, la massa che ride al suo passaggio. La logica di derisione del gregge, ancora oggi, si innesca facilmente alla vista del minimo segno di diversità. Il “Ciuoto” fonda la propria forza sulla presunta normalità (di cui è difficile dare una definizione) che lega un membro all’altro, imponendo l’emarginazione di tutto ciò che fuoriesce dai ranghi delle consuetudini e convinzioni che garantiscono esclusività e appartenenza. Il Paese (ovvero la maggioranza), prende “coscienza”, si fa per dire, solo di fronte al folle che ne giustifica l’esistenza. Oltre non vò!

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

“ Ci’, cumunnè si all’impiedi ?; un su mancu i cinqua ed è ancora notti!”

Ciccio rispose alla madre:

“Oj , mà. Ti dic’a verità. Stanotti è fattu nu suonnu stranu, ca m’ha fattu schjantari e doppu ca mi signu risbigliatu umm’ha fattu chiù pigliari suonnu! Parje ca mi cadje ncullu nu massu ca mi schjamaccjave . Ma un’ riuscie a capiri i ddu’ venìe. Era cumu nu malu ca mi stave pè capitari !. E allura mi signu dazatu e ti ste facjennu u cafè.

Oj mà un tu fazzu mai, anzi un ti fazzu mai nenti!. Ma ti giuru ca cangiu vita, i monn’avanti a finisciu i fari u cjuotu.”

La madre, che sapeva, tentennò la testa verso avanti, Ciccio la guardò senza capire. Anche perché lo sguardo della madre era dolcissimo.

“ Oj, mà. Tu pienzi ca nanna è risbigliata? Ci puozzu jiri pè mi fari far’affascinu? E culla scusa cià puozzu purtare ta tazzulla i cafè?”

Il caffè, indenne alle vicende umane di quella famiglia amanteana, emanò il suo profumo e la parte bassa della ciucculatera si riempì del prezioso liquido.

Ciccio, intanto, che nel mentre aveva preso le tazzine e lo zucchero, riempì le tazze , mise in ognuna di esse un cucchiaino di zucchero, girò il tutto e porse la prima tazzina alla madre.

Fu allora che scorse le lacrime negli occhi della madre.

“Oj mà! Pecchì chjangi? “ chiese sorpreso.

E la madre, tra i singhiozzi confessò a Ciccio che domani mattina presto sarebbero venuti i Carabinieri a prenderlo per portarlo sulla spiaggia ad attendere la nave che passava ogni anno il 21 luglio e si caricava ” li cjuoti pè li purtari a Nocera Inferiore”.

“ U suonnu c’ha fattu chissu è, oj figlicjellu miu!”

Ciccio rimase perplesso, anzi impaurito, si mise a piangere e chiese.

“ Ma iu un signu davero cjuotu?. Signu nu pocu scostumato, s’è mannari ancun affanculu un ci pienzu dua voti, si vuogliu nu portigallu zumpu u muru e mu ve pigliu e si vene lu canu o u patruno i minu a tutt’i dua. Ma i ca a mi chiamari cjuotu cinni curre”

“U sacciu, u sacciu, oj cì. Ma i tia si lamentunu tutti e lu sinnicu ha chiestu allu preturu i ti mannari a Nucera, intr’ì cjuoti.

Signu jut’a duv’u sinnicu, l’è pregatu in jnuocchiu.

Signu jut’a duv’u preturu, l’è pregatu in jnuocchiu.

Signu jut’a duv’ u maresciallu, l’è pregatu in jnuocchiu.

N’un s’è aperta mancu na porta”

Ciccio stette ad ascoltare in religioso silenzio, poi trasse un profondo sospiro e disse

“ Oj mà , si chissà ha d’essiri l’ultimo juornu miu alla mantia cì ve puortu u cafè alla nonna, accussì a salutu”

E Ciccio uscì culla ciocculatera e portò il caffè alla nonna. La nonna sapeva tutto e non restò sorpresa ma chiese a Ciccio come mai avesse fatto una cosa simile.

Ciccio, raccontò quanto era successo e si rammaricò di essere stato discolo , forse molto discolo, ma si rammaricò anche di una società che non lo capiva.

“Oj, nò. A curpa è da mia. Ma ju un signu cjuotu, signu sulu uagljunu nu pocu scustumatu. Si patrima unn’avisse dovuto jiri all’america e m’avisse minatu quattru buffettuni ogni juornu, forsi………

Peccatu però ca u destinu miu è chillu i diventari daveru cjuotu d’intra i cjuoti! Chissà ca unn’i truovu ancuni cum’è mia.”

Girò le spalle alla nonna, le mandò un bacio con la punta delle dita e per non farle scorgere le lacrime se ne andò.

Ma la nonna gli disse :” Oj, cì. I carabinieri pè ti pigljiari , prima t’anu j truvari. E s’a nave passe….”

Le parole entrarono negli orecchi e con facilità presero corpo e consistenza nella sua mente. Tornò indietro con un sorriso stampato sul viso, baciò la nonna, le fece l’occhiolino ed andò via.

                                                           %%%%%%%%%%%%%%%

Toc, toc, toc.

Maria aprì la porta. “ Simu venuti a pigljari a Cicciu!”

“C’umu- disse Maria- un v’aviti pigliatu ajeri?. Manche d’ajeri matina!”

“Marì, un fjssiari- disse il Brigadiere- rapa sa porta!”

La ricerca fu avvero inutile. Ciccio non c’era. Nessuno lo aveva visto per tutta la giornata. E Maria che non sapeva nulla, piangeva disperata, pensando che Ciccio si fosse ucciso ed il suo corpo pendesse da qualche albero. Anzi chiamò tutti i parenti , raccontò il fatto e chiese aiuto per cercarlo. Non ci volle molto perché la nonna rassicurasse tutti, soprattutto la madre.

Intanto, Ciccio era sulle colline di Amantea dove sapeva di una vecchia e tranquilla grotta nella quale aveva passato la notte. Una notte breve per la curiosità di vedere.

Ed infatti, era ancora notte quando vide vari lumi nella notte silente sentì anche voci e rumore di carri, zoccoli di muli e cavalli e di ferri.

I lumi giunsero fino alla spiaggia che restò illuminata in più parti.

Guardò anche verso mare, ma si scorgevano solo le lampare dei pescatori.

Poi si accesero tante piccole luci nel fronteggiante centro storico e nelle case di campagna e si sentirono le voci dei contadini , il chiocciare della galline svegliate dal sonno per prelevare le uova da portare in città, il ragliare degli asini che venivano caricati di mercanzie da portare giù ad Amantea. Poi il suono delle tante campane che annunciavano la prima messa mattutina quell’anno.

Infine irruppe l’alba che annunciava una giornata limpida ed un sole cocente: il sole del 21 luglio!

Piccoli gruppi era sparsi sulla spiaggia.

Uno, due Carabinieri per ogni gruppo, una barca con marinaio proprio di fronte a loro, prossima alla riva, pronta a salpare per giungere sulla nave che sarebbe arrivata da lì a poco.

Le lampare si spensero e le barche cominciarono ad avvicinarsi verso riva. Era la storia di ogni mattina. E la spiaggia cominciava a riempirsi di gente . C’erano i parenti dei pescatori , i pescatori che non erano usciti, gli acquirenti, le venditrici con le loro “lannie”, pronte a sciamare verso le colline, i paesi vicini , lungo ogni sentiero rupestre, pronte a scambiare alici con prodotti della campagna.

Le barche giunsero a terra e la spiaggia si animò fortemente. Poi con la stessa rapidità con la quale si era riempita si svuotò. Ognuno partì per il proprio destino. Le donne partirono per la vendita del pesce. I marinai posarono gli attrezzi, poi andarono a riposare..

Poi, piano, piano, mentre il sole iniziava a compiere il suo arco nel cielo , la giornata si faceva piena e calda, ed ecco di nuovo la gente in spiaggia : arrivavano da soli od a gruppi. Arrivavano da ogni dove.

Ciccio non sentiva cosa queste persone dicessero

Ma lo immaginava.

Lì in uno di quei gruppi ci sarebbe dovuto essere lui!

“ Ma chilli un su li carabinieri da mantia”

“No! Su chilli du Lacu!”

“ e lu ciutu chinè?”

“Buh! Chin’ u canusce!”

“E li nuostri pecchì un ci sunu? “

“Cumu, un sa nenti?”

“No! Cuntimi”

“Su jiuti stamatina pè si pigliari a Cicciu u figliu i Maria. Ma ull’anu trovatu. Maria allura ha chiamatu u parentatu e tutti si su misi in giru pè lu truvari. Si spagnavunu c’avie fatti na fissaria

“ E mò? “

“Mo stanu girannu pe lu truvari prima c’arrive la nava. Sinnò ci và l’annu prossimu?

E Ciccio si mise a ridere, piano, piano. Era uscito dalla grotta ed era salito su una grossa quercia poggiata ad una rupe e dalla quale si sarebbe potuto scappare se i Carabinieri lo avessero individuato e si fossero appostati ai piedi del grosso albero!

“Sputami cann’umini”. Fu appena un sussurro quello che uscì dalla bocca di Ciccio quando li vide proprio davanti alla grotta. Entrarono ed uscirono dopo pochi minuti.

“No!- sentì la voce- ca un c’è statu nessunu.Un cinni su pedati!”

Cacchio! Aveva fatto bene a passare il folto ramo sul pavimento di terra della grotta cancellando ogni traccia.

Poi passarono sotto la quercia senza nemmeno alzare gli occhi!

Solo quando furono abbastanza lontano Ciccio si diede ad una serie di gesti liberatori : “Tè, tè, tè” disse battendo la mano sinistra sull’avambraccio destro!!!

Intanto la nave era ferma vicino a Campora San Giovanni dove, a turno, cominciò ad imbarcare prima un abitante della frazione, poi dua “cjuoti” di Aiello Calabro, a seguire uno di Terrati, infine uno di Cleto.

“Capitano” -chiese il nostromo che aveva presieduto e controllato le operazioni di imbarco dei “cjuoti” che gli stessi Carabinieri avevano assicurato con le catene ad apposite borchie di ferro infisse sia sotto la tolda che sopra –“abbiamo imbarcato tutti. Possiamo partire?”.

La risposta fu un “Si”- stentoreo, emesso da una voce roca per il vento ed il fumo della pipa che aveva sempre in bocca, “partiamo! Andiamo a raccogliere gli altri, tanti altri cjuoti”, seguito da una grassa risata, che come sempre intimidì lo stesso sottufficiale, mentre gran parte dei”cjuoti” si mise a ridere fragorosamente.

In fondo il capitano da tempo era considerato anche lui un “diverso”, forse ancora più “ciuotu” di quelli che imbarcava!

Intanto ad Amantea il caldo e la noia avevano zittito chiunque stesse lì sulla spiaggia ed avesse già conosciuto i matti e le loro storie.

Ma nessuno osava andare via, in particolare quando si sparse la voce che stavano per arrivare i Carabinieri di Amantea.

Si disse che avevano trovato Ciccio.

Ma non era così. Affatto!

Carabinieri, infatti, non stavano accompagnando Ciccio. No! In mezzo a loro c’era un altro amanteano .

“Ma chi è?- fu la domanda unanime- che cosa è successo?.

Fu allora che si scoprì “La lista” , una cosa che nessuno sapeva.

Le autorità avevano predisposto una lista di cjuoti. Un lungo elenco che anno dopo anno veniva aggiornato , pronto all’uso.

E così non trovando Ciccio erano andati a prendere il secondo in lista.

“ Brigadiè, cum’è, unn’aviti truvati a Ciccio e aviti pigliatu ann’atru?”

“Statti cittu –fu la risposta- ca vua unn’u sapiti china c’è d’intr’a lista . A prossima vota po’ tuccari a tia!

Eh, già. La storia del 21 luglio è questa.

U problema veru unn’è sapire china parte, ma puru china reste!!!

Poi fu come sempre. Le barche caricarono i derelitti e li accompagnarono alla nave dove furono accolti dal capitano che intesero subito come amico.

Poi appena finirono questa selvaggia e triste usanza si sentì il fischio acuto della nave che partì per Belmonte Calabro dove altri miseri aspettavano.

Lì in alto, sulle colline, un poco consapevole Ciccio, appena sentito il fischio della nave, scese dalla grande quercia fino alla sottostante stradetta e cominciò il fantastico finale della sua storia.

Salì sulla grande roccia e da lì visto da mare e dalla nave cominciò un lungo “Tè, tè, tè” con una voce sempre più stridula e forte disse battendo la mano sinistra sull’avambraccio destro fino a farsi male!!!

Era libero. Almeno per quest’anno!

PS. Non è dato sapere se Ciccio sia poi partito negli anni successivi o se sia rimasto tra noi ed i suoi eredi in questo giorno si ricordino di celebrare la sua festa e la festa di tanti : il 21 luglio!!

Qualcuno maligna che non sia partito e che i suoi eredi siano tra noi.

Pubblicato in Primo Piano

I Racconti

© 2010 - 2021 TirrenoNews.Info | Liberatoria: Questo sito è un servizio gratuito che fornisce ai navigatori della rete informazioni di carattere generale. Conseguentemente non può rappresentare una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità predefinita. Non può, pertanto, essere considerato un prodotto editoriale ai sensi della legge 62 del 7 marzo 2001. L'Autore del sito non è responsabile dei commenti inseriti nei post o dell’utilizzo illegale da parte degli utenti delle informazioni contenute e del software scaricato ne potrà assumere responsabilità alcuna in relazione ad eventuali danni a persone e/o attrezzature informatiche a seguito degli accessi e/o prelevamenti di pagine presenti nel sito. Eventuali commenti lesivi dell’immagine o dell’onorabilità di persone terze non sono da attribuirsi all’autore del sito, nemmeno se il commento viene espresso in forma anonima o criptata. Nei limiti del possibile, si cercherà, comunque, di sottoporli a moderazione. Gli articoli sono pubblicati sotto “Licenza Creative Commons”: dunque, è possibile riprodurli, distribuirli, rappresentarli o recitarli in pubblico ma a condizione che non venga alterato in alcun modo il loro contenuto, che venga sempre citata la fonte (ossia l’Autore). Alcune immagini pubblicate (foto, video) potrebbero essere tratte da Internet e da Tv pubbliche: qualora il loro uso violasse diritti d'autore, lo si comunichi all'autore del sito che provvederà prontamente alla loro pronta. Qualunque elemento testuale, video, immagini ed altro ritenuto offensivo o coperto da diritti d'autore e copyright possono essere sollecitati inviando una e-mail all'indirizzo staff@trn-news.it. Entro 48 ore dalla ricezione della notifica, come prescritto dalla legge, lo staff di questo Blog provvederà a rimuovere il materiale in questione o rettificarne i contenuti ove esplicitamente espresso, il tutto in maniera assolutamente gratuita.

Continuando ad utilizzare questo sito l'utente acconsente all'utilizzo dei cookie sul browser come descritto nella nostra cookie policy, a meno che non siano stati disattivati. È possibile modificare le impostazioni dei cookie nelle impostazioni del browser, ma parti del sito potrebbero non funzionare correttamente. Informazioni sulla Privacy