Redazione TirrenoNews
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Domani il Tribunale del Riesame di Catanzaro si pronuncia su Mario Oliverio
Mercoledì, 26 Dicembre 2018 23:50 Pubblicato in CalabriaUn giorno atteso da tutti i calabresi
Ovviamente in modi diversi.
C’è chi vorrebbe una pronuncia a favore del Governatore, una pronuncia che fosse anticipatrice della sua piena e totale assoluzione da parte del VERO tribunale penale.
C’è invece chi vorrebbe che il Tribunale del Riesame di Catanzaro confermasse l’obbligo di dimora disposto dal GIP
Ed anche in questo caso la speranza sarebbe quella che il presidente della Regione, Mario Oliverio, accusato di abuso d’ufficio nell’ambito dell’indagine “Lande Desolate” su presunti appalti “pilotati”, condotta dalla Dda del capoluogo calabrese, fosse irreversibilmente avviato verso la fine della sua infelice gestione della regione che ha distrutto la Calabria.
Non solo.
Ma c’è gente che, nel caso di una pronuncia favorevole ad Oliverio, spera che Gratteri ricorra ed ottenga gli arresti domiciliari
Forse domani stesso sapremo!
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L’Italia nell’Ue finirà all’inferno: così parlò Craxi, 20 anni fa
Mercoledì, 26 Dicembre 2018 20:44 Pubblicato in ItaliaGià 20 anni fa Bettino Craxi, durante il suo esilio a Hammamet profetizzò un futuro per niente roseo per l’Italia nell’UE:”l’Italia nella migliore delle ipotesi finirà in un limbo, ma nella peggiore andrà all’inferno”.
Unione Europea uguale: declino, per l’Italia, la prima vittima dell’euro, grazie a un certo Romano Prodi.
E il contesto è chiaro: si scrive globalizzazione, ma si legge impoverimento della società e perdita di sovranità e indipendenza. Sono alcune delle “perle profetiche” di quello che Vincenzo Bellisario definisce «l’ultimo statista italiano», ovvero il vituperato Bettino Craxi, spentosi 17 anni fa nel suo esilio di Hammamet.
Un uomo che «bisognava eliminare a tutti i costi», scrive Bellisario, sul blog del “Movimento Roosevelt”, ricordando alcuni punti-chiave del vero lascito politico del leader socialista, eliminato da Mani Pulite alla vigilia dell’ingresso italiano nella sciagurata “camicia di forza” di Bruxelles, i cui esiti si possono misurare ogni giorno: disoccupazione dilagante e crollo delle aziende, con il governo costretto a elemosinare deroghe di spesa per poter far fronte a emergenze catastrofiche come il terremoto.
«C’è da chiedersi perché si continua a magnificare l’entrata in Europa come una sorta di miraggio, dietro il quale si delineano le delizie del paradiso terrestre», scriveva Craxi oltre vent’anni fa. Con questi vincoli Ue, «l’Italia nella migliore delle ipotesi finirà in un limbo, ma nella peggiore andrà all’inferno».
«Ciò che si profila, ormai – profetizzava Craxi – è un’Europa in preda alla disoccupazione e alla conflittualità sociale, mentre le riserve, le preoccupazioni, le prese d’atto realistiche, si stanno levando in diversi paesi che si apprestano a prendere le distanze Bettino Craxida un progetto congeniato in modo non corrispondente alla concreta realtà delle economie e agli equilibri sociali che non possono essere facilmente calpestati».
Il governo italiano, visto l’andazzo, «avrebbe dovuto, per primo, essendo l’Italia, tra i maggiori paesi, la più interessata, porre con forza nel concerto europeo il problema della rinegoziazione di un Trattato che nei suoi termini è divenuto obsoleto e financo pericoloso». Rinegoziare Maastricht? Nemmeno per idea: «Non lo ha fatto il governo italiano. Non lo fa l’opposizione, che rotola anch’essa nella demagogia europeistica. Lo faranno altri, e lo determineranno soprattutto gli scontri sociali che si annunciano e che saranno duri come le pietre».
A tener banco, ancora, saranno «i declamatori retorici dell’Europa», ovvero «il delirio europeistico che non tiene conto della realtà». Sbatteremo contro «la scelta della crisi, della stagnazione e della conseguente disoccupazione», un disastro che – secondo il “profeta” Craxi – è stato quindi accuratamente programmato.
L’euro? No, grazie: «Affidare effetti taumaturgici e miracolose resurrezioni alla moneta unica europea, dopo aver provveduto a isterilire, rinunciare, accrescere i conflitti sociali, è una fantastica illusione che i fatti e le realtà economiche e finanziarie del mondo non tarderanno a mettere in chiaro». Già, il mondo globalizzato: «La globalizzazione non viene affrontata dall’Italia con la forza, la consapevolezza, l’autorità di una vera e grande nazione, ma piuttosto viene subita in forma subalterna in un contesto di cui è sempre più difficile intravedere un avvenire, che non sia quello di un degrado continuo, di un impoverimento della società, di una sostanziale perdita di indipendenza».
Questo mortificante mutamento, aggiunge Craxi, si colloca «in un quadro internazionale, europeo, mediterraneo, mondiale, che ha visto l’Italia perdere, una dopo l’altra, note altamente significative che erano espressione di prestigio, di autorevolezza, di forza politica e morale». Non è certo amica della pace Romano Prodiquesta «spericolata globalizzazione forzata», in cui ogni nazione perde la sua identità, la consapevolezza della sua storia, il proprio ruolo geopolitico.
«Cancellare il ruolo delle nazioni significa offendere un diritto dei popoli e creare le basi per lo svuotamento, la disintegrazione, secondo processi imprevedibili, delle più ampie unità che si vogliono costruire». Dietro la longa manus della cosiddetta globalizzazione, aggiunge Craxi, si avverte «il respiro di nuovi imperialismi, sofisticati e violenti, di natura essenzialmente finanziaria e militare», opportunamente “accolti” da politici perfettamente adatti a questo nuovo ruolo di maggiordomi.
Un nome? Romano Prodi. «Nel vecchio sistema – scrive Craxi – il signor Prodi era il classico sughero che galleggiava tra i gruppi pubblici e i gruppi privati con una certa preferenza per quest’ultimi ed una annoiata ma non disinteressata partecipazione ai palazzi dei primi». Come presidente dell’Iri non era nient’altro che «una costola staccata dal sistema correntizio democristiano» e, lungo il cammino, si era dimostrato «poco più di un fiumiciattolo che rispondeva sempre, sulle cose essenziali, alla sua sorgente originaria». Il “signor Prodi”, come leader politico? «Nient’altro che il classico bidone». Infatti se ne sono accorti tutti. Vent’anni dopo.
Posted on gennaio 25, 2017 Fonte Libreidee.org
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Il primo passo del nuovo sindaco di Serra d’Aiello è stato quello di riaprire il museo di Temesa
Mercoledì, 26 Dicembre 2018 20:32 Pubblicato in Basso TirrenoTemesa è il nostro passato.
Temesa è il nostro futuro.
Temesa è il più grave segno della nostra incultura , della nostra ignoranza storica.
Per questo è incomprensibile perché il museo di Serra d’Aiello sia stato chiuso negli ultimi 5 anni.
Eppure il museo conserva tanti reperti di Amantea, o meglio di Campora San Giovanni.
Reperti che sono il nostro passato, la nostra storia.
Ma oggi, grazie al neo sindaco Antonio Cuglietta e ad alcuni neoconsiglieri comunali, pochi giorni dopo la vitale pronuncia del TAR, il museo temesiano viene riaperto.
Le foto mostrano il disperato bisogno di manutenzione.
Noi vogliamo formulare una proposta per la sua stabile riapertura.
Fare un accordo con il comune di Amantea , con il sistema alberghiero amanteano e con il sistema commerciale amanteano, un accordo che permetterà di usare i fondi della tassa di Soggiorno del comune di Amantea per concorrere alla copertura dei costi per garantire la presenza di un custode che sia sempre disponibile a farlo visitare a turisti, studenti e cittadini.
Comunque grazie alla nuova amministrazione comunale.
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