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“In attesa della tua venuta o Signore….”

I più ferventi fedeli dicono sempre “Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino!”

Allora, alla fine Egli giudicherà. La Sua venuta sarà un giudizio.

E quando verrà tutte queste umane porcherie avranno fine!

Ci scrive un amico:

Stamattina dovevo fare una operazione bancaria

Faccio il ticket per mezz’ora.

Dopo quasi mezz’ora non sono ancora giunto allo sportello.

Che devo fare?

Lascio la fila e torno fuori a fare un altro ticket?

Allora chiedo: “Se vado fuori a rinnovare il ticket mi conservate il posto?

La risposta non ammette repliche: Ci dispiace : Se esci devi ricominciare”

E poi quanto pago?

Un’altra mezz’ora ? Un’ora?

E se poi magari bastano pochi minuti e ci perdo quasi tutto il ticket?

Allora decido di osare sperando che il vigilino visto il pagamento del ticket che è semplicemente scaduto non mi faccia la contravvenzione

Esco e trovo la multa!

Era stata fatta alle 10,24, cioè 23 minuti dopo la scadenza.

Devo pagare 25 euro e ridotto del 30% 17,50 euro

Non è giusto!

Io non ho evaso il ticket, ma fare la fila in banca, alla posta, dal medico, in farmacia è un fatto quotidiano che deve essere previsto.

Non sarebbe più giusto farmi pagare la differenza oraria?

Chissà se il Signore vorrà illuminare le menti dei futuri amministratori che possono e secondo me devono correggere questi comportamenti.

Giacomo Amendola.

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Una volta all’anno si svolge nelle strade di Amantea la attesa processione del venerdì santo, altrimenti detta dei “Misteri”

Misteri, non mistero. Se il "Mistero Pasquale", infatti, certamente indica la passione, la morte, la risurrezione e l’ascensione di Gesù, "misteri" sembra indicare, sin dal Medioevo, “le rappresentazioni di drammi sacri aventi per oggetto episodi della Bibbia o più spesso del Vangelo”

Dunque i "misteri" sono le statue portate in processione per le strade del paese, statue che esemplificano nelle singole immagini le ultime vicende umane di Cristo, quel Cristo che è modello non solo per noi “cristiani”, ma che può esserlo anche per tutti coloro che hanno il piacere di conoscerne la storia e di incontrarlo ogni giorno nelle persone che si incontrano per strada, nei loro cari, nelle persone che ne hanno accompagnato i momenti felici e tristi delle sua vita.

Si tratta di una processione religiosa che si svolge in Spagna ed in Italia.

In Italia soprattutto in molte località della Sicilia, della Calabria, della Puglia e della Sardegna ma anche del Molise, della Campania, della Liguria, della Corsica e dell'Abruzzo.

Una processione le cui origini scendono nel medioevo- l'origine di tali processioni si ritiene possa risalire al XV secolo, ma risulta documentata nella sua forma compiuta, a partire dalla fine del XVI secolo- come può desumersi dal testo del Miserere (latino: "Abbi pietà") che è quello dell’opera a cappella di Gregorio Allegri basata sul salmo 51della Bibbia, composto probabilmente intorno al 1630 durante il pontificato di Urbano VIII, da eseguire a luci spente nella Cappella Sistina durante il mattutino come parte del servizio delle tenebre della Settimana Santa.

Ma il mistero più intenso è quello del volto di Cristo e della madre.

Un volto di intenso , immenso dolore

Il resto è partecipazione, intensa, corale, passionale quanto si vuole, ma solo partecipazione, fatta certo di preghiere, di canti, di cammino, e, soprattutto, di quel dolore inavvertibile ma che chi vuole può leggere nei volti spiegati al cielo dei cantori delle varie statue, ma soprattutto nei volti tristi e seri dei veri cristiani, attori inconsapevoli di una tragedia di ieri, di oggi e di domani, quale è quella della morte, della verità rivelata, che durante questa processione ricordano i propri cari che non ci sono più, i propri figli lontani, le angherie subite, le violenze inaccettabili, le difficoltà quotidiane da superare e che trovano la forza di superare tutto incantandosi a leggere i volti delle persone vicine e quello di Cristo in Croce e della Madonna Addolorata.

Intorno solo miserie umane  e morali.

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VigliurbanialtLa forza bruta dell’ignoranza. Tutti i giorni della mia esistenza, oltre a scrivere qualcosa e cercare di capire al meglio le persone, continuo a leggere ininterrottamente dal primo giorno di scuola: per fare la cosa giusta e generare risultati positivi, con i metodi più aggiornati e meno dannosi che possano essere disponibili. Mentre lo faccio, come tanti altri esseri umani, sono circondato da tante persone giuste e corrette, ma anche da tanti ignoranti e presuntuosi: un mix che uccide. L’esempio dei filmati nel pronto soccorso li descrive bene: incapaci di capire che un PS non è un parco giochi, né uno stadio nel quale essere d’impiccio con cellulari o tablet, sentendosi delle star. Persone che confondono il diritto di dire la prima idiozia che passa loro per la mente, pretendendo valore di verità e confondendola con la libertà di espressione e sentendosi autorizzati da una qualsiasi uniforme. Una volta ti sequestravano le biglie a scuola ed imparavi a gestire il tuo modo di debordare. Oggi mi pare che i più deficienti siano proprio gli adulti. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti noi, la tristezza come momento psichico di introversione viene visto come pericoloso e genera non poche paure, del resto alimentate e sostenute dalla cultura un po’ provinciale che pone un’esasperata e pericolosa attenzione verso gli aspetti esteriori della vita. Vestirsi bene, essere in forma, essere sempre sorridenti ed ottimisti, non ammalarsi, sono alcuni dei molti precetti di una nuova religione quella del benessere ad ogni costo, e solo rispettandoli siamo visti e percepiti come individui sani e “normali”. La persona triste ha invece la necessità di spostare la sua riflessione verso l’interno, ad ascoltare quelle sensazioni di disagio che emergono come ombre dalla nebbia, spesso sono sensazioni di uno struggente vuoto culturale. Già Aristotele, nell’antica Grecia, parlava della tristezza, del suo assumere numerose forme e della sua instabile fluttuazione, ma proprio per questa mutevolezza, per questa intrinseca capacità di trasformazione.
A tale proposito, voglio raccontarvi il “siparietto”, tra me e due vigilesse. Si è svolto domenica sera in Piazza Commercio ad Amantea. Ma la polizia municipale cosa aveva da obiettare dato che, tra l’altro, stavo riprendendomi da un piccolo malessere che mi aveva costretto a fermare l’auto in un luogo dove generalmente non si può parcheggiare? Prima di scendere e procurarmi un bicchiere d’acqua al bar, avevo esposto il tesserino speciale sul cruscotto che mi permetteva di sostare momentaneamente in quel luogo. Un’operazione fatta in nome della legalità. In realtà alle vigilesse in questione non interessava essere riprese o meno, ciò che importava loro era farmi capire che in quel momento loro erano il potere e ognuno doveva sottostare ai loro “ordini”. Con la massima educazione chiedo spiegazioni in merito al loro volermi multare cercando di spiegare, mostrando il tesserino sul cruscotto, che la loro conoscenza era limitata e che in momenti di emergenza, io potevo momentaneamente parcheggiare la mia macchina. Da qui in poi il finimondo. Ho subito un aggressione verbale immotivata e priva di conoscenza unica e mi sono trovato a interloquire, si fa per dire, con degli esseri ignoranti ed arroganti senza eguali. Conclusione: ho ripreso la mia auto e sono andato via. L'etica professionale non esiste come materia insegnata nelle scuole; prima di affrontare l'argomento relativo al comportamento che l'Agente di Polizia Municipale deve avere verso i cittadini, credo sia il caso di soffermarci sulla sua figura, sul suo modo di "apparire" e sul suo "status giuridico". E' palese che l'agente svolge il suo servizio in uniforme e in tal modo, è notato in ogni particolare. Tale abito lo dovrebbe rendere un punto di riferimento per chi di lui ha bisogno. L'agente, in sintesi, è l'Autorità Comunale sulla pubblica strada; egli è un'istituzione, poiché rappresenta verso tutti la città, per la quale svolge il suo servizio. E’ a lui che la gente si rivolge per i motivi più vari, per segnalare un fatto, per evidenziare un disservizio od un problema da rapportare all'Autorità Comunale. Il modo di apostrofare le persone, di gesticolare, di richiamare questo o quello, di camminare, di contestare le infrazioni, di tenere un comportamento sconveniente, viene focalizzato da chi è spettatore, dall'uomo della strada. Non si vuole fare un discorso retorico, ma credo che tutti noi cittadini, nell'andare in altri paesi o in altre città, vicine o lontane, abbiamo osservato e giudicato l'agente proprio dal modo in cui ci ha risposto, da come vestiva l'uniforme, da come ci ha salutato o ci ha sorriso. Attraverso questa figura si rispecchia la città di cui egli, come ho detto, è l'espressione esterna, la più esposta. L'Agente di Polizia Municipale ha una veste giuridica diversa da quella degli altri impiegati comunali anche se, come loro, appartiene e· dipende dalla Pubblica Amministrazione. I modelli comportamentali degli Operatori di Polizia devono perciò essere, necessariamente, orientati al rispetto dei vincoli imposti dalle leggi e dai principi etici. Gli atteggiamenti ed i comportamenti sono, quindi alla base dell’eticità della funzione e dell’efficienza stessa. Non esistono ragioni funzionali di servizio che possano giustificare comportamenti od atteggiamenti eticamente scorretti.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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