Redazione TirrenoNews
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Ci dicono che stanno arrivando le mazzate inviate dalla OSL per la pubblicità degli anni passati.
Botte da migliaia di euro.
Ma se da un lato il comune tenta di recuperare crediti , dall’altro notiamo quella che –forse- alla fine potrebbe essere una sostanziale disattenzione se non carenza.
Il comune probabilmente chiede –giustamente -la tassa per le affissioni ma, stranamente, non ha un attacchino e nemmeno – a quanto pare- gli spazi propri per le affissioni.
E così vediamo:
Manifesti non bollati, il che lascia presumere il mancato pagamento della tassa.
Manifesti coperti da fogli bianchi. E questo impone di chiedersi chi li copre se il comune non ha l’attacchino.
Manifesti affissi sui muri che pur pubblici non sono riportati nel piano delle affissioni, mai approvato, dando luogo sostanzialmente al loro imbrattamento
Manifesti affissi sugli spazi privati senza che si sappia chi ne abbia autorizzato l’uso ed insieme chi abbia pagato la tassa.
Manifesti affissi direttamente da coloro che ne hanno necessità o per loro conto
Insomma una vera e propria babele.
E nessun politico si interessa del fatto che- temiamo- possa giungere a contestazioni da parte della Corte dei Conti o da parte della Procura.
Già. La buona amministrazione interessa a ben pochi in questo paese
E non è una buona cosa!
Il “miracolo” di Maria Francesca Corigliano e di Mario Oliverio
Mercoledì, 08 Agosto 2018 16:02 Pubblicato inDa non crederci.
Presso la direzione generale Musei opera una commissione, nominata con decreto del ministro , presieduta dal direttore generale Musei e composta dal presidente del comitato tecnico scientifico per i musei e l’economia della cultura, da 4 rappresentanti designati dal ministro , da sei rappresentanti designati dalla Conferenza Unificata tra Stato, Regioni, Province e Comuni, da 2 rappresentanti designati dal ICOM Italia((International Council of Museums).
I componenti sono scelti tra personalità di comprovata professionalità in materia di musei e di altri luoghi di cultura
Di questa commissione per il quadriennio 2018-2021 farà parte la dottoressa Anna Cipparrone.
Anna Cipparrone, 37 anni, è attualmente direttrice del Museo Multimediale Consentia Itinera e dal 2010 al 2017 ha ben diretto il Museo delle Arti e dei Mestieri della Provincia di Cosenza e il Sistema Museale Provinciale cosentino.
Di questa nomina si stanno facendo grande vanto il Presidente della Regione Mario Oliverio e l'Assessore alla Cultura, Maria Francesca Corigliano
Il “minculpop” della regione sostiene che “i l curriculum della Cipparrone è stato proposto alla Commissione Beni Culturali della Conferenza delle Regioni da parte del Presidente della Giunta regionale, Mario Oliverio e fortemente sostenuto dall'Assessore Maria Francesca Corigliano”.
Non solo ma afferma che “l'Assessore Maria Francesca Corigliano, è riuscita a guadagnare il consenso delle altre regioni sul profilo della giovane esperta di gestione museale calabrese”
Ed infine, sconvolge, la dichiarazione dell'Assessore Corigliano il fatto che "La designazione di Anna Cipparrone premia il talento e la preparazione dei giovani calabresi, impegnati nella valorizzazione delle risorse culturali e consentirà alla Calabria di poter vantare una voce adeguata in un organismo strategico per il riconoscimento dei musei che intendono accedere al costituendo Sistema Museale Nazionale” e che “ i colleghi assessori delle altre regioni italiane che hanno apprezzato l'indicazione di una giovane professionista, avanzata dalla Calabria e dal Presidente Oliverio, innanzitutto”.
Assessore le possiamo porgere una domanda?
Anna Cipparrone è stata nominata per le sue qualità o perché proposta”fortemente” da lei e da Oliverio?
Anche gli altri Assessori alla cultura e presidenti di regione si sono vantati delle altre nomine o lo avete fatto solo VOI?
Insomma ci si può vantare in tal modo delle qualità dei giovani calabresi?.
Arresti cautelari. Quella Nave alla ricerca di un faro.
Mercoledì, 08 Agosto 2018 09:50 Pubblicato inSiamo lieti di presentarvi un "grande" articolo di un "grande" avvocato.
La libertà di un Uomo è il faro della moderna esistenza e le regole della Giustizia penale hanno quale presupposto l'inviolabilità di quella personale.
Molto spesso, tuttavia, si assiste, con particolare costanza, a limitazioni della citata espressione dell'essere umano per esigenze procedimentali che vedono impegnata la Giustizia a predisporre una coercizione cautelare, ancor prima che sia celebrato un processo, a carico dell'individuo.
Le ragioni sono note e ineriscono ai paradigmi delle misure cautelari personali, spesso applicate durante la fase delle indagini preliminari, fase in cui l'indagato (neppure ancora accusato, stante l'insussistenza della chiusura indagini, né consapevole della circostanza per cui su di lui si stia indagando) viene posto, a sorpresa, in vincolo carcerario ovvero domiciliare, nella prospettazione ideale, da parte dell'accusa, della verosimiglianza di un'ipotesi di reato sulla quale si sta investigando.
Questa procedura, per alcuni prospettica dell'esito del vero e proprio processo penale (che culminerà con la sentenza), si caratterizza per la consistenza di gravi indizi di colpevolezza più la costanza di una delle esigenze cautelari (pericolo di fuga, inquinamento probatorio, reiterazione del reato).
Molti, in ossequio alla presunzione di innocenza che ispira l'intero nostro sistema giustiziale, ritengono sia un'extrema ratio alla quale ricorrere nel caso in cui quella citata verosimiglianza sia così stringente da permettere un elevato giudizio prognostico sull'esito del processo futuro.
Questo giudizio di consistenza dell'ipotesi investigativa, tuttavia, non è neppure sufficiente, poiché il Legislatore, per evitare che si abusi di un arresto ancor prima di una sentenza di condanna, aggancia la probabilità della colpevolezza alla sussistenza di almeno una delle esigenze cautelari indicate.
Orbene, si può certamente affermare che il sistema codicistico dell'attuale procedura penale, in ambito cautelare, abbia certa copertura costituzionale, considerate le limitazioni che alla libertà personale possono essere imposte dall'art. 13 della Costituzione.
A ben vedere, molto spesso accade che si arresti e, parimenti, il Tribunale della Libertà, investito del potere di riesaminare tout court la vicenda, è chiamato a confermare o annullare l'ordinanza cautelare.
Com'è noto, il ricorso al citato Tribunale, costituisce uno dei due unici casi di ricorso devolutivo assoluto, tipizzati dal nostro Ordinamento Giuridico (l'altro è l'opposizione a decreto penale di condanna).
L'effetto devolutivo assoluto comporta l'insussistenza di un obbligo di motivazione da parte dell'Avvocato che redige l’atto, considerato che dall'altra parte v'è un nuovo Giudice, impegnato a riesaminare, in maniera completa e a prescindere dai motivi di doglianza del ricorrente, l'intera vicenda cautelare.
Questa speciale caratteristica non la possiede il ricorso in appello o quello in Cassazione, considerato il carattere delimitato dell'effetto devolutivo, limitato a specifici motivi.
Non a caso, in questo ordine di idee, vale il brocardo tantum devolutum quantum appellatum.
Nell'appello si vincola il Giudice a specifici elementi di valutazione giuridica e fattuale, nel ricorso in Cassazione il limite è soltanto di legittimità giuridica.
Nel riesame, invece, la cognizione del Giudice, attivabile anche soltanto con poche righe che espongano l'intenzione di una rivisitazione della vicenda, è completa e disincagliata da limiti valutativi, potendo riesaminare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e, soprattutto, la consistenza di una delle tre esigenze cautelari.
In questi casi, è bene motivarlo il ricorso, da parte dell'Avvocato, soprattutto per quel che concerne il vero punto debole di tutte le ordinanze che applicano misure cautelari, ovvero la sussistenza indiscutibile di una delle tre esigenze citate.
Nelle esigenze cautelari si riguadagna la Libertà.
Se la Giustizia è la nave ideale per la quale si deve postulare l’esistenza di un faro aderente all’assiologia costituzionale, occorre valutare come il confronto stia tra due idee valutative.
Da un lato, una visione spiccatamente orientata ad un garantismo particolarmente sensibile, dall’altro un interventismo repressivo, parimenti sensibile, corollario del monopolio legale dell’uso della forza posseduto dallo Stato.
In questi casi, in cui la libertà individuale è l’oggetto del contendere, la sensibilità valutativa, legata a parametri giuridici, rappresenta il punto di riferimento da cui prendere le mosse per capire se la limitazione della libertà personale debba essere attuata oppure rimandata.
Avvocato Francesco Bernardo