Lo scorso 17 febbraio il procuratore antimafia Nicola Gratteri era stato intervistato da Riccardo Iacona, a ‘Presa Diretta’. “Se le proponessero di fare il ministro della Giustizia, accetterebbe?“, aveva chiesto il giornalista.
“Se avessi la certezza di poter fare le cose che ho detto e che servono, accetterei“, era stata la risposta.
Gratteri piaceva a tutti, dal basso, al popolo. Politicamente andava bene sia al Pd che a Scelta Civica e al Nuovo Centro/Destra. In tanti facevano il tifo per lui.
Matteo Renzi ha colto la palla al balzo ed ha formalmente proposto al magistrato reggino la carica di Ministro della Giustizia.
Avrebbe funzionato. Avrebbe cominciato a fare pulizia anche interna. Ne siamo certi.
Ma Napolitano non lo ha voluto. Sic!
Già il presidente della Repubblica, che è anche presidente del Csm, organo di autogoverno della magistratura, fa notare con forza che «c'è una regola non scritta per il ministero di Giustizia: mai un magistrato in quel dicastero. Mai!».
Così, in effetti, è sempre avvenuto. E’ prassi. Guai a rompere il protocollo di Corte!
Quindi non si discutono i nomi e le qualità delle persone indicate da Renzi, ma probabilmente per evitare guerre intestine nella già tanto devastata magistratura italiana, divisa i correnti e sottocorrenti, i presidenti della Repubblica hanno sempre rispettato quella norma non scritta, divenuta poi vera e propria regola al momento di comporre i governi.
La lotta alla mafia?
Aspettiamo che cambi la prassi!
Una sola domanda.
A chi faceva paura Nicola Gratteri?
Perché?
Forse non lo sapremo mai.
Lo dice con un post pubblicato su facebook Antonio Nicaso, reggino esperto esperto mondiale di ‘ndrangheta che vive e lavora da 25 anni nel nord America, noto scrittore di fama internazionale sul fenomeno delle mafie, docente universitario in Canada e Usa.