Graziano eletto in Consiglio regionale: «I calabresi hanno bisogno di vera speranza»
CORIGLIANO-ROSSANO (CS) – Lunedì, 27 Gennaio 2020 – «Ritornerò in Consiglio regionale con l’impegno assunto già nel 2014 e che rimane immutato: quello di rappresentare tutti i cittadini calabresi e di lavorare affinché questa Regione sia davvero e finalmente un orgoglio per il Paese e l’Europa. Lavorerò perché il moderatismo torni ad essere un modello ed un esempio politico per la Calabria e affinché i giovani, il merito e i diritti della gente più bisognosa vengano tutelati. Cinque anni fa da uomo dello Stato iniziai per la prima volta il mio cammino nelle istituzioni e credo di aver conseguito, seppur dai banchi dell’Opposizione e nella mia breve parentesi in Consiglio regionale, dei risultati importanti. Oggi abbiamo prospettive e responsabilità diverse perché saremo chiamati a sostenere una forza di Governo che dovrà dare subito dei segnali di cambiamento ad una Calabria ripiegata su se stessa. Ora la Calabria deve cambiare… davvero!».
Sono le parole di Giuseppe Graziano, capolista dell’Unione di Centro eletto al Consiglio regionale della Calabria nella Circoscrizione Nord nelle consultazioni di Domenica 26 Gennaio 2020.
«Innovazione e cambiamento – prosegue Graziano – saranno gli asset ideali che spingeranno la mia azione politica nei banchi della Maggioranza. C’è tanto da lavorare e ci sono tante cose da fare, a partire da subito. C’è da ridare governo e dignità a settori strategici come la sanità e l’ambiente; c’è da investire i tanti miliardi di euro che l’Unione europea ha messo in campo solo per la Calabria; c’è da avviare una persistente e storica campagna di infrastrutturazione per far uscire dall’isolamento in cui sono stati relegati i cittadini calabresi. Ma soprattutto c’è da affrontare una sfida che, credo, sia la più importante: innalzare la qualità della vita dei cittadini di questa regione e renderli orgogliosi di vivere la loro terra. Queste elezioni continuano a dirci ancora che la maggior parte dei calabresi è sfiduciata e disinteressata a quella che è la vita democratica ed istituzionale della Calabria. Questo non può farci stare tranquilli. La nostra terra, che ha risorse uniche ed un patrimonio di risorse da mettere a frutto e a sistema, non può continuare a rimanere inerme a perdersi nel pressapochismo per colpa della politica. Urge invertire la rotta e dare un segnale di cambiamento affinché al prossimo appuntamento elettorale nella casella dell’astensionismo non ci sia più quel numero macroscopico che leggiamo, purtroppo oggi. Abbiamo vinto ma adesso dobbiamo dimostrare ai calabresi di essere vincenti archiviando definitivamente anni di regionalismo che hanno prodotto solo macerie. Io sono pronto e nel mio spirito esserlo».
«Da domani sarò nuovamente a lavoro per la mia gente – conclude Graziano – per tutti quanti vogliano portare un’istanza di cambiamento all’intero della Regione. Me ne farò carico e promotore. Ringrazio, oggi, i tanti amici che mi hanno sostenuto. Il consenso raggiunto, lo posso dire con vanto ed orgoglio, è un attestato di massima stima nei miei confronti. Non avevo dietro di me alcun carrozzone ma solo l’affetto della gente. E questo è l’orgoglio più grande nell’analisi del voto».
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Calabria
CROSIA (Cs) – Sabato, 27 Aprile 2019 – Sono state depositate stamani (sabato 27 aprile), entro i termini stabiliti di legge, le liste dei candidati che concorreranno alle prossime elezioni amministrative di Domenica 26 Maggio 2019 per il rinnovo del Consiglio comunale di Crosia. Due le liste: una che fa riferimento al Sindaco Antonio Russo (Lista Civica Evoluzione) l’altra, invece, al candidato Giovanni De Vico (La Città libera che vogliamo). Il faldone è stato depositato presso l’ufficio della Terza Sotto Commissione elettorale circondariale, nominata dalla Prefettura di Cosenza e insediata presso il Comune di Corigliano-Rossano.
Queste le liste:
LISTA CIVICA EVOLUZIONE – RUSSO SINDACO
1. Maria Teresa BOLLINI
2. Saverio CAPRISTO
3. Gemma CAVALLO
4. Filomena CELESTINO
5. Emilio CINELLI
6. Francesco CRETELLA
7. Serafino FORCINITI
8. Giovanni GRECO
9. Giuliana MORRONE
10. Paola NIGRO
11. Francesco RUSSO
12. Luigi SALVINO
LISTA CIVICA LA CITTÀ LIBERA CHE VOGLIAMO – DE VICO SINDACO
1. Maria Teresa AIELLO
2. Domenico BERALDI
3. Sergio BRUNO
4. Ida CASTAGNARO
5. Raffaella DE LUCA
6. Francesca DE SIMONE
7. Salvatore FILIPPELLI
8. Saverio FORCINITI
9. Natalino LORIA
10. Vincenzo ROMANO
11. Francesco SPATAFORA
12. Caterina URSO
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Chiarezza sui conteggi dei voti della Corte d’Appello
COSENZA - Venerdì, 23 Marzo 2018 – A questo punto sarebbe opportuno capire quali sono i criteri di attribuzione e – paradossalmente – di scelta con i quali la Corte d’Appello di Catanzaro stabilisce l’elezione e la nomina (o meno) dei rappresentanti delle Istituzioni. Le vicende, incomprensibili, che hanno caratterizzato le ultime elezioni dei rappresentanti calabresi alle Politiche del 4 marzo scorso chiedono chiarezza e verità dei fatti. Come avviene la conta dei voti e l’attribuzione dei seggi? Come mai la Corte d’Appello di Catanzaro ha attribuito dei voti che sono stati sovvertiti dalla “riconta”, dopo il clamore nazionale, tanto da determinare addirittura la diversa designazione dei Parlamentari in tutta Italia? E meno male che per le Politiche c’è anche la Cassazione! Differentemente dalle Regionali e dalle Amministrative calabresi dove ad avere l’ultima parola è solo la corte catanzarese (salvo ricorsi che poi ristabiliscono i giusti equilibri). Sia chiaro, senza voler dare adito a fraintendimenti, non mettiamo sotto accusa il Sistema Giustizia, che rimane per noi e per i cittadini il principale garante della democrazia. Ci aspettiamo come cittadini che le operazioni vengano svolte con accuratezza e trasparenza: oggi, domani e sempre. Visto però quanto accaduto, si può dare adito a considerazioni di negligenza e superficialità di fondo – in tal caso da correggere così da scongiurare imperdonabili errori nel decorso della democrazia – oppure – in una peggiore ipotesi – che possa esserci, infiltrata negli apparati della giustizia, qualche “manina” che, in modo sornione e all’insaputa di tutti, indirizzi ed influenzi con esclusività e a proprio piacimento gli esiti ed i responsi elettorali. È su questi dubbi e interrogativi che da cittadini, ancor prima che da rappresentanti istituzionali e politici rappresentativi dei calabresi, che chiediamo al Ministro della Giustizia e al Consiglio Superiore della Magistratura di indagare e far luce. Crediamo sia un atto dovuto - anche in vista dei prossimi ed importanti appuntamenti elettorali regionali - per continuare a garantire non solo affidabilità al Sistema Giustizia italiano ma soprattutto per consentire che la volontà democratica dei cittadini possa essere rispettata ed essere davvero sovrana.
Ennio Morrone
Presidente Commissione Speciale di Vigilanza del Consiglio Regionale della Calabria
Giuseppe Graziano
già Segretario Questore del Consiglio Regionale della Calabria
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Cosenza
Tutti conosciamo il rinnegamento di Pietro e tutti siamo sempre pronti a deprecare e a condannare questo vile atto compiuto da un discepolo di Gesù nei Suoi confronti, proprio nel momento in cui più che mai Gesù avrebbe avuto bisogno di solidarietà e di sostegno da parte di coloro che più gli erano stati vicini.
Ritengo utile soffermarmi un po’ sui particolari di questo episodio per cercare di cogliere, come sempre, degli spunti utili.
Dopo aver arrestato Gesù, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano. Siccome avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno, anche Pietro si sedette in mezzo a loro.
Vedutolo seduto presso la fiamma, una serva fissandolo disse: “Anche questi era con lui”.
Ma egli negò dicendo: “Donna, non lo conosco!”. Poco dopo un altro lo vide e disse: “Anche tu sei di loro!”. Ma Pietro rispose: “No, non lo sono!”.
Passata circa un’ora, un altro insisteva: “In verità, anche questo era con lui; è anche lui un Galileo”.
Ma Pietro disse: “O uomo, non so quello che dici”. E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora Gesù, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: “Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte”.
Una riflessione attenta sul comportamento di Pietro dopo la cattura di Gesù e sulla facilità con cui passò da una conclamata fedeltà al rinnegamento del suo Maestro avrebbe potuto essere una preziosa lezione per il neo eletto sindaco di Amantea al quale è bastato una sola volta per rinnegare il suo mentore e ideatore della lista che ha vinto le elezioni.
“Vuoi che la tua fidanzata continui a lavorare? Allora tu, lei e la sua famiglia mi dovete votare.” È questo il ricatto che ha fatto finire in carcere il consigliere comunale di Amantea, Marcello Socievole, 53 anni, e il suo mentore politico, l’ex consigliere regionale ed ex sindaco Franco La Rupa, 61 anni.
Per i magistrati della procura di Paola sono entrambi responsabili di voto di scambio e tentata estorsione in concorso, mentre a Socievole la procura contesta anche il reato di violenza privata.
I fatti risalgono alla campagna per le ultime amministrative. All’epoca, secondo quanto emerso dalle indagini dei carabinieri del comando provinciale di Cosenza, il consigliere comunale era alla ricerca di voti che ne garantissero l’elezione, mentre La Rupa si muoveva come sostenitore-ombra della coalizione guidata dall’attuale sindaco di Amantea, Mario Pizzino.
Pur di accumulare preferenze, i due politici non avrebbero esitato ad utilizzare ricatti e minacce.
Oggetto delle pressioni un ragazzo di Amantea, obbligato a convincere la fidanzata e la famiglia di lei a votare per Socievole, pena il mancato rinnovo del contratto di lavoro che la ragazza aveva con la scuola materna gestita dal comune di Amantea attraverso una cooperativa. Un ricatto cui nessuno – né i due fidanzati, né la famiglia di lei avrebbe accettato di sottostare.
Per tentare di sottrarsi i genitori della ragazza avrebbero persino registrato di nascosto Socievole, minacciando poi di denunciarlo. Ma il consigliere comunale non avrebbe tenuto minimamente in conto la loro determinazione. Al contrario, avrebbe tentato di intimidirli prospettando un’azione giudiziaria nei loro confronti. Anche in questo caso però, le minacce del politico non avrebbero avuto effetto alcuno.
Quel nastro è stato messo a disposizione degli investigatori, che in pochi mesi hanno trovato evidenze e riscontri alla denuncia dei due fidanzati e dei genitori di lei. Elementi sufficienti a chiedere e ottenere l’arresto del politico e del suo mentore.
Se oggi abbiamo delle certezze che ci sembrano incrollabili, non è detto che in momenti di dura prova, queste certezze non vacillino e non siano più tali. Quando si guarda ad Amantea ci si può aspettare di tutto. E si può anche scoprire che i malavitosi, oltre a tessere le file del potere e della politica, è capace anche di far eleggere oppure sciogliere un consiglio comunale solo perché non gradisce le linee imposte da amministratori pubblici fedeli e lontani da logiche mafiose. Chiaramente non è questo il caso. I signori che oggi occupano il ruolo di amministratori hanno accettato di far parte del gruppo pur sapendo dove, questo loro atto volontario, li avrebbe condotti, E così, usando le regole della liberal democrazia possono esser fatti fuori da i loro mandanti: basta minacciare un buon numero di consiglieri comunali, obbligandoli a dimettersi, e il gioco è purtroppo fatto poiché di conseguenza viene decretato lo scioglimento dell'amministrazione e la decadenza del sindaco che, come se non fosse successo nulla, ha dichiarato: "Ci siamo proposti con un progetto politico chiaro, indirizzato alla legalità e alla trasparenza. Sono queste le due direttrici che segnano il nostro cammino, oggi come in futuro, nel rapporto con la comunità e con le nuove generazioni, linfa vitale della società.” Senza tentennamenti ha aggiunto “L'onestà è il nostro credo".
Gigino A Pellegrini & G el Tarik di ritorno dal Libano
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Primo Piano
Qualche giorno fa, durante una intervista rilasciata a “Zippa 29”, sono stato poco chiaro nell’invitare la popolazione di Amantea a non votare.
In realtà domenica bisogna votare ma mettendo nell’urna una scheda bianca.
Chiaramente, considero la scelta di votare una lista il male minore, come il vero cancro metastatizzato delle democrazie moderne.
Alcuni anni or sono, in occasione di una scadenza elettorale, un celebre giornalista italiano invitò i propri lettori a turarsi il naso e a compiere il proprio dovere di cittadini, recandosi a votare per il partito allora al potere.
Il giornalista era ben consapevole che all’olfatto della gente quel partito emanava il fetore di decenni di putridume istituzionale — soprusi, corruzione, malaffare — ma la sola alternativa politica disponibile sul mercato, la sinistra, gli sembrava ancor più nefasta. Non rimaneva quindi che turarsi il naso e votare per i governanti già al potere.
Per quanto riguarda Amantea, non tutti si rendono conto della gravità della situazione.
Gli Amanteani sembrano convinti che abbiamo grandi problemi: in particolare la disoccupazione, l’inettitudine dei politici, la stagnazione economica. Molti ci mettono anche il dissesto pubblico, ma al riguardo si dicono che, come si è fatto per il passato, si farà per l’avvenire. Comunque nessuno teme che le cose vadano peggio. Non solo, sono convinti che votando il male minore è l’unica cosa da fare. Restare nell’ambito del male minore non pone troppi problemi; il problema comincia nel momento in cui si esce da questo ambito, nel momento in cui lo si distrugge. Basta osservare che tra due mali il peggiore è sceglierne uno, ed ecco la polizia bussare alla porta. Se si è nemici di qualsiasi partito, di qualsiasi guerra, di qualsiasi ricco, di qualsiasi sfruttamento della natura, non si può che risultare sospetti all’occhio dell’autorità. In effetti, è qui che comincia la sovversione. Rifiutare la politica del male minore, rifiutare questo istinto che induce a conservare la propria esistenza invece di viverla, porta necessariamente a mettere in gioco ogni cosa in quanto il mondo reale e le sue “necessità” perdono di significato. Non che l’Utopia sia immune alla logica del male minore, no di certo. Durante i periodi rivoluzionari è proprio in questo modo che sono stati fermati gli assalti degli insorti: quando infuria la tempesta e le ondate minacciano di spazzare via tutto, c’è sempre qualche rivoluzionario più realista del Re che si affretta a dirottare la rabbia popolare verso rivendicazioni più “ragionevoli”. Dopo tutto, anche chi vuole mettere sottosopra questo mondo ha paura di perdere tutto.
Anche se di quel tutto, non c’è nulla che davvero gli appartenga. Sia chiaro, tutto ciò non impedisce a noi tutti di cogliere la nocività di quanto abbiamo di fronte. Sappiamo di scegliere comunque un male. Ciò che ci manca — e ci manca perché ci è stata sottratta — non è tanto la capacità di giudicare il mondo che ci circonda, la cui infamia si impone con l’immediatezza di un pugno in faccia, quanto quella di andare al di là delle possibilità date.
Dire “meglio” invece che “meno peggio” è un po’ come dire “è il meno peggio e mi dà anche soddisfazione”.
Dire semplicemente “meno peggio” significa omettere la parte sulla soddisfazione, perché la soddisfazione non c’è o non è granché.
Ma dal punto di vista del confronto tra i candidati non cambia nulla: il meglio è sempre, immancabilmente, il meno peggio. Chiarito questo equivoco, il discorso dovrebbe spostarsi sul perché e il percome Tizio sia meglio (o meno peggio) di Caia, o se invece sia vero il contrario, o se invece ancora sia meglio votare scheda bianca come atto cosciente di ribellione al sistema. Invece in tanti rimangono intrappolati nell’equivoco e si mettono a dibattere di un problema inesistente, come se ci fossero due diverse filosofie e logiche del voto e della vita – votare per il meglio o votare per il meno peggio.
Questo dibattito è fuorviante.
L’argomento del “male minore” è un argomento che puntualmente salta fuori quando vi sono da prendere determinate decisioni politiche o legislative.
I favorevoli, la stragrande maggioranza, al “male minore” si pongono sulla linea del “cedere per non perdere”, sulla necessità di “limitare i danni”. Chi sposa questa prospettiva afferma che è doveroso scegliere un “male minore” se questo può servire a evitare un “male maggiore”.
Oppure, trovandosi di fronte a due mali, si afferma l’obbligo di scegliere il minore perché bisogna avere il coraggio di “sporcarsi le mani”, mentre non scegliere affatto è considerata una condotta da irresponsabili. La logica del “meno peggio”, il ricatto morale sulle conseguenze, l’adattarsi a un’offerta scarsa, sono da sempre l’arma vincente delle politiche povere, pigre, mediocri, e delle scelte di persone inadeguate e indigeste. L’aberrante soluzione del minore dei mali.
L'opzione "Non voto" fa schifo in qualunque caso, perché come dicevo prima ognuno può interpretare questa cosa come meglio crede, e comunque chi ha votato decide (e ha più potere per capita). Qualcuno dice che il pragmatismo ci ha portato qui... Io dico che il pragmatismo è la migliore soluzione realisticamente possibile. La migliore in assoluto è l'ideologia, che però non è realistica e applicata in piccolo numero non serve a niente e fa gli interessi del più forte (chi ha più voti in teoria). A meno di essere proprio organizzati per votare in bianco, una specie di partito/movimento della scheda bianca. In questo modo l’elettore si reca comunque a votare, ma sceglie di non dare alcuna indicazione di voto.
Le schede bianche saranno comunque valide pur non contenendo alcuna preferenza e influendo, come ovvio, sul risultato finale. Voglio svegliarmi lunedì 12 giugno con la notizia che gli Amanteani hanno depositato nell'urna il 50% delle schede bianche. L’inizio di una vera e propria rivoluzione.
Gigino A Pellegrini
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Amantea Futura
Sono bastati poco più di due mesi e con la complicità della memoria corta dei concittadini, sono di nuovo sulla cresta dell’onda.
Pronti a riproporsi alla guida della città come se fossero il nuovo che avanza. Questi sono i Cialtroni post-moderni. E, che ci piaccia o no, in parte siamo noi la causa di noi stessi e della loro esistenza. Nascendo in questo mondo, cadiamo nell'illusione dei sensi; crediamo a ciò che appare. Ignoriamo il tutto con, all’occorrenza, la nostra cecità e sordità. Allora ci assale la paura e dimentichiamo che possiamo fare qualcosa, che possiamo modificare il corso degli eventi. Quando scoppio a ridere è raramente a causa di una situazione comica deliberata è perché mi trovo davanti a una realtà che mi provoca una reazione allergica. È la conseguenza di una realtà caricaturale che collassa. Sono i codici poco permissivi che determinano questo tipo di reazione per sfuggire a un comportamento previsto in anticipo, alla pietrificazione. Ci si sente brutalizzati, traumatizzati, stuprati e, all’improvviso, la natura irreprimibile si manifesta e spasmodicamente cerca dov’è possibile una fuga dai Cialtroni che hanno la faccia come il culo. Nella mia terra natia, la Calabria, avere la faccia come il culo significa non conoscere vergogna, far qualunque cosa senza scrupoli e senza pudore. Non paga di non conoscere vergogna per quel che fa. Chiude il suo regno da barzelletta con un colpo di mano che a lui sembra probabilmente un capolavoro di sagacia. Poveraccio, alle prossime elezioni è auspicabile che rimanga col culo – pardon, con la faccia – per terra, garantendosi una cattedra adeguata alle sue capacità professionali. All'ombra della giustizia e del potere, delle “libertà” democratiche, il Cialtrone moderno, nega di esser tale; talvolta per deviare l'attenzione da sé, dà significati geografici alla cialtroneria: ad es. soprastante, i cialtroni sono chiamati solo i meridionali d'Italia; in altre circostanze, sono solo i nazi-fascisti, oppure solo i comunisti, o solo gli Ebrei o solo gli omofobi che si oppongono alle famiglie gay...ecc. ecc.In realtà questi cialtroni e parassiti sanguisughe non sono individuabili né da una geografia, né da un popolo né da una classe; ma soltanto da un modo di essere e operare, il cui fondamento sostanziale è l'antidecalogo e l’odio degli altri essere umani che ne determinano la loro esistenza. Non perché tutti gli antisociali siano cialtroni, ma la condotta tipica del cialtrone moderno (molto più di quello passato), è sostanzialmente un’antisocialità, e a me sembra specialmente, un anti-tutti gli altri. In conclusione il cialtrone attuale, nella sua versione completa e radicale, è in ultimo, un tifoso della prepotenza parassitaria. Egli non è mai localizzabile da ciò che dice, ma soltanto da ciò che fa, dalla sua condotta, dai frutti non buoni del suo operare. Qualità preminente del cialtrone è la mediocrità. Egli ne ha fatto una regola di vita. Anzi, la regola. Il cialtrone non spicca in nulla, neppure nella cialtroneria; al massimo può arrivare a essere un mediocre cialtrone, essendogli l’eccellenza, foss’anche in negativo, preclusa per definizione. A lui si attaglia perfettamente quel che Leo Longanesi diceva per insultare qualcuno, attribuendogli l’appellativo di “testina di manzo numero due”, per non concedere il primato neppure in negativo. Di perfezione, quindi, nemmeno a parlarne, essendo la dimensione dell’apprendimento, con la sottesa tensione al miglioramento, fondamentalmente estranea alla natura di questo tipo umano. Qualcuno ha scritto chela cialtroneria non si crea né si distrugge, si può solo distribuire. Dalle dimissioni della Giunta sono passati solo pochi mesi, ma molta acqua è passata sotto il ponte di Catocastro. L’altra sera ho sentito pontificare uno di questi cialtroni ex amministratore: “Io credo che la politica stia vivendo uno dei momenti più bassi anche dal punto di vista del linguaggio oltre che dei comportamenti, e che questo non aiuti la nostra bella cittadina”. Ma ora è diverso, i tempi sono cambiati: prima sul tavolo c’erano i guai semplici di un sindaco. Invece ora si può, anzi si deve cambiare: qui si parla di comandare ancora il paese, e serve un linguaggio più appropriato. E ‘auspicabile che buona parte degli Amanteani non abbiano più voglia di giocare al passatempo di commentare, sia in tono ironico che scandalizzato, le ultime sparate di questi cialtroni, meschinità, offese, stronzate, menzogne, provocazioni o vigliaccate.
Son cose che si commentano da sole, da sempre, e alla lunga spero che i miei concittadini si siano rotto i coglioni, avendo scoperto il vostro sporco e patetico gioco. Avete dimostrato, ancora ce ne fosse bisogno, la vostra smisurata voglia di protagonismo a tutti i costi che niente ha a che vedere con il raggiungimento del bene comune.
Cosa potrà esserci di peggio di queste creature nauseabondi che fanno politica con una stupidità tutta umana. Bisognerebbe decidere a capire in fretta che se continua così non esiste alcun dubbio su come andrà a finire. Non resta che “sperare” che nella nostra età demonica siano sopravvissute altre qualità umane, a parte la stupida cialtroneria e l’oblio.
Gigino A Pellegrini & G el Tarik
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Amantea