Redazione TirrenoNews
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San Giovanni in Fiore. Si dimettono 5 assessori. Ora interverrà Oliverio?
Mercoledì, 05 Settembre 2018 07:58 Pubblicato in CosenzaAbbiamo scritto delle “finte” del sindaco dimissioni Giuseppe Belcastro, dimissioni, poi, rientrate , sembra, perchè la parola d’ordine del PD, a San Giovanni in Fiore ed “altrove” –ne riparleremo a giorni per Amantea- occorre arrivare alle elezioni regionali senza spaccature, compatti ed in piena “forza”.
Ma ora si sono dimessi gli assessori Gerardo Longo, Milena Lopez, Marianna Loria, Biagio Oliverio e Luigi Scarcelli contestando la presenza «In Comune logiche spartitorie e personalismi»
Gli ex assessori hanno spiegato che «Il senso di responsabilità che ha sempre guidato l’azione di questa giunta ci impone, in questo momento, di presentare ufficialmente le nostre dimissioni al sindaco.
Il clima che si è creato non consente più un lavoro sereno e produttivo.
In questi mesi di crisi politica e di aspri confronti siamo rimasti al nostro posto a garantire continuità e stabilità, portando avanti e a conclusione tutti i progetti e le attività in itinere.
Abbiamo continuato a lavorare nel rispetto del nostro ruolo, consapevoli che la politica è servizio al cittadino, cercando di ottenere il meglio e mettendo da parte orgoglio e amor proprio, nella consapevolezza di essere anche accusati di attaccamento al ruolo.
In questo triennio abbiamo realizzato oltre l’80% del programma elettorale, ognuno per le proprie deleghe e con un fattivo spirito di squadra.
Tali risultati sono descritti sinteticamente nella pubblicazione “La politica giusta: la parola ai fatti”; documento che ci proponiamo di riportare quanto prima all’attenzione della Città che ha il diritto di ricevere delle spiegazioni rispetto a quanto accaduto».
Poi continuano i 5 ex assessori «Avremmo voluto essere giudicati sul nostro operato, consapevoli che il lavoro di una giunta è sottoposto inevitabilmente a valutazioni e critiche, anche per migliorarlo e, laddove necessario, correggerlo.
Il dibattito, invece, in questi mesi, si è consumato su argomenti effimeri, dettati da logiche spartitorie e personalismi che nulla hanno a che fare con la buona amministrazione della cosa pubblica e la politica a servizio dei cittadini.
Questo modo di fare non ci appartiene e non dovrebbe appartenere neanche ai partiti di cui facciamo parte.
Non volendo, quindi, contribuire a creare un modello negativo, come squadra e coesi come sempre siamo stati, liberiamo il campo con l’auspicio che si ritrovi quella pacificazione necessaria per portare avanti l’attuale esperienza amministrativa.
È giunto il momento che ognuno di noi, ovviamente rispetto al ruolo che ha ricoperto e che ricopre, assuma la piena responsabilità delle proprie azioni davanti alla comunità di San Giovanni in Fiore. Ringraziamo i nostri elettori, il sindaco per averci accordato la sua fiducia scegliendoci, le persone con cui in questo periodo abbiamo lavorato e collaborato, ma soprattutto, quei consiglieri che in questi mesi hanno portato avanti un confronto sano e costruttivo e che per senso di responsabilità e con imbarazzo non abbandoneranno la discussione cercando di portare a termine nel migliore dei modi questa difficile esperienza amministrativa»
Omicidio Piperno, a Nicotera un 12enne spacciava col nonno
Dall’inchiesta sull’uccisione del 34enne emerge il contesto in cui avveniva lo spaccio di stupefacenti nel paese del Vibonese.
Eloquenti anche le conversazioni tra i parenti di Ezio e Francesco Perfidio, padre e figlio arrestati per il delitto: «Secondo me hanno fatto “l’africa”»
Nicotera. È una storia sbagliata quella di Stefano Piperno. Una storia tragica, finita nel modo più atroce. Laureato in Lettere, impiegato in un progetto di alfabetizzazione in un Cas per migranti a Nicotera, il 34enne era affetto da bipolarismo e per questo assumeva quotidianamente degli psicofarmaci. Ma da tempo Stefano era anche vittima della dipendenza da cocaina. Le persone a lui care lo sapevano e avevano tentato in ogni modo di tirarlo fuori da certi giri. Si era indebitato spesso con gli spacciatori e i suoi genitori lo avevano convinto a farsi accreditare lo stipendio su un conto corrente cointestato. Più volte erano stati costretti a coprire alcuni di quei debiti consegnandogli somme comprese tra i 200 e i 400 euro che, secondo i suoi stessi genitori, avrebbe dovuto corrispondere a Francesco Perfidio, alias “Carrozza”. Un paio d’anni fa avevano anche telefonato a quell’uomo – 58 anni, precedenti per droga, accusato di aver concorso con il figlio Ezio all’omicidio di Stefano – invitandolo a non fornire più droga al figlio. E anche la mattina del 20 giugno, quando di Stefano non si avevano notizie da poco meno di 24 ore, erano andati a casa di “Carrozza” nella frazione Preitoni e avevano citofonato più volte, ma senza ottenere risposta. Nei giorni precedenti Stefano aveva chiesto denaro con insistenza: non grosse somme, si parla di 140 euro, ma le motivazioni con cui aveva avanzato le richieste erano poco credibili agli occhi dei genitori. Anche la mattina del giorno della scomparsa aveva chiesto soldi a una sua amica. Poi il giorno dopo (20 giugno), nella tarda mattinata, sarebbe stato ritrovato cadavere proprio a Preitoni, a due km dalla casa dei Perfidio, sul sedile passeggero della sua Punto carbonizzata. Un vicino di casa ha raccontato ai carabinieri che Stefano si faceva vedere da quelle parti anche due o tre volte alla settimana. Andava dai Perfidio, secondo gli inquirenti, a comprare cocaina o marijuana, e proprio lì stando alle ipotesi investigative sarebbe stato ucciso da Ezio con una fucilata al torace.
«SECONDO ME HANNO FATTO “L’AFRICA”» I carabinieri di Nicotera, Tropea e Vibo, coordinati dalla Procura guidata da Bruno Giordano – titolare del fascicolo è il sostituto Filomena Aliberti – hanno chiuso il cerchio attorno ai presunti responsabili dopo due mesi di indagini e riscontri incrociati su filmati e tabulati telefonici. Ma determinanti si sono rivelate anche le conversazioni carpite ai vari componenti della famiglia Perfidio nelle fasi successive al delitto. A cominciare dai dialoghi intercettati tra padre e figlio dopo essere stati convocati in caserma e dopo aver incontrato il loro avvocato. «Va studiata bene… non come dice lui…», dice Franco riferendosi probabilmente alla strategia difensiva da adottare. «In questo modo… “ci appizzi i penne puru tu”», risponde il figlio Ezio. Quest’ultimo aggiunge: «Tu come cazzo lo hai portato là… seduto… guidavi tu? (…) l’avevi già ammazzato?». Ma è un altro il passaggio più eloquente: «Ma mannaggia chi ti ha comandato…», è la domanda retorica che Franco fa al figlio, come per dire «chi te lo ha fatto fare?». Ed Ezio risponde «lo so… lo so…».
Stando a quanto emerge dall’ordinanza vergata dal gip di Vibo Graziamaria Monaco potrebbe essere stato un omicidio di impulso. Le intercettazioni restituiscono un clima di forte tensione anche tra gli stessi familiari che provano goffamente ad accordarsi per non rendere versioni contraddittorie agli inquirenti. Diversi di loro però finiscono per accusare inconsapevolmente Ezio – «u mazzau», «u cuppau» – e di lui dicono anche che «beve dalla mattina alla sera». Gli stessi parenti, intercettati, dicono che «ad un certo punto… (incomprensibile)… è successo un bordello», «tutto in un secondo», «secondo me hanno fatto “l’africa”», «perché era ubriaco marcio», «ci minò drittu… u mu su levanu» («lo ha affrontato in maniera diretta per portarselo via/ammazzare», traducono gli inquirenti).
PUSHER A 12 ANNI Agli inquirenti è apparso «verosimile» sin dalle prime indagini che l’omicidio fosse maturato in un contesto di spaccio di stupefacenti. Un contesto paesano ma comunque pieno di ombre, in cui può capitare anche che, stando alle ricostruzioni degli inquirenti, nonno e nipote si occupino insieme della vendita al dettaglio degli stupefacenti. È il caso di Francesco Perfidio – indagato anche per possesso di marijuana ai fini di spaccio – e di uno dei suoi nipoti, intercettati mentre si recano in un fossato sulla strada provinciale 23 per prelevare della marijuana – indicata come «insalata» – da cedere subito dopo a un terzo soggetto. Nell’ordinanza del gip vengono riportate alcune conversazioni tra i due: «Nonno il marsupio…», «ce ne andiamo? (si sentono rumori di buste di plastica…) nonno aspetta che viene una macchina…». Il nipote di Franco Perfidio è nato nel 2006, ha solo 12 anni.
DaIlCorrieredellaCalabria Sergio Pelaia
La incredibile operazione sanitaria della Forestale
Mercoledì, 05 Settembre 2018 07:26 Pubblicato in CosenzaRiceviamo e pubblichiamo:
Cariati 4 settembre 2018 – Il personale della Stazione Carabinieri Forestale di Rossano (CS) in località “Nica” del comune di Cariati (CS), ha accertato che all’interno delle strutture e le pertinenze dell’ex mattatoio comunale,
ormai in disuso, di proprietà dell'Ente Locale, la presenza di uno stoccaggio di rifiuti indifferenziati sul suolo con altri all’interno di un container.
Nelle aree di pertinenza del plesso, agli occhi dei militari, si è configurata una vera e propria discarica abusiva con circa 40 cassonetti tipo R.S.U. fatiscenti con all’interno accumuli di rifiuti di vario genere, evidentemente presenti da molto tempo, per la presenza di erbe infestanti in superficie.
E’ stata inoltre rilevata la presenza di una ampia e densa macchia, estesa decine di metri quadri di percolato, in prossimità della quale avveniva addirittura la combustione illecita dei rifiuti, evidentemente sprigionando gas e altre sostanze dannose, senza tener conto della salvaguardia della salute e sanità pubblica e dell’ambiente, considerata la particolarità della zona.
Dalle indagini effettuate è stato accertato che l’area e’nella disponibilità delle imprese, proprietaria del container, aggiudicataria dei lavori del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani del territorio di Cariati e della ditta affidataria del pubblico servizio di “pulizia spiaggia e arenile 2018”dello stesso Comune.
In violazione alla normativa ascritta veniva effettuato il sequestro preventivo con finalità probatorie dell’intera area per una superficie di circa 3000mq, contenente le strutture, i cassonetti, il container e la totalità dei rifiuti abbandonati;
Sono stati deferiti in stato di libertà per violazione alla normativa ambientale le imprese coinvolte, tra cui una impresa agricola, non abilitata alla gestione dei rifiuti in quanto non iscritta nell’albo dei gestori ambientali con il legale rappresentante del comune di Cariati in quanto titolare giuridico e di fatto dell’area ex mattatoio comunale.
Il tutto sotto il costante coordinamento del Sostituto Dott. Luigi Spina, P.M. di turno presso la Procura della Repubblica di Castrovillari, diretta dal Procuratore Capo Dr Eugenio Facciolla, il quale considerato che per giungere al depuratore comunale adiacente, è necessario attraversare l’area in sequestro, ne disponeva la facoltà d’uso esclusivamente per il solo passaggio dell’Impresa che gestisce l’impianto di depurazione.