Redazione TirrenoNews
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Milano. Turista beccato con quasi tre chili di eroina.
Lunedì, 17 Settembre 2018 20:00 Pubblicato in MondoA Milano esiste il Boschetto della droga di Rogoredo
In questo luogo si consuma almeno un chilo di eroina al giorno, altre a diverse centinaia di grammi di cocaina.
Un dato preoccupante che si cerca di contrastare da diverso tempo con ripetuti blitz per arginare il fenomeno.
Interessante, sotto questo aspetto, l'ultimo arresto realizzato proprio dai militari della compagnia Porta Monforte.
Gli uomini del Nucleo operativo sono riusciti a beccare un turista incensurato con quasi tre chili di eroina.
Sostanza pronta a finire nella 'piazza' del famigerato Boschetto.
L'uomo, un 35enne del tutto sconosciuto alle forze dell'ordine, era stato fermato nei pressi di Rogoredo durante il mese di giugno.
Addosso non aveva nessun tipo di sostanza stupefacente ma nascondeva un piccolo frullatore: utilizzato di solito per 'tagliare' la droga, mischiandola con paracetamolo o altri materiali.
Per questo da allora era stato tenuto 'sott'occhio'.
Il momento 'x' è arrivato nei giorni scorsi.
Lo fermano in via Pasquale Sottocorno, zona Risorgimento.
In un borsello nasconde un chilo di eroina già tagliata pronta da portare al Boschetto.
Con le chiavi dell'uomo, i militari riescono trovare il suo appartamento.
All'interno c'è un ulteriore chilo e settecento di eroina, sei chili di sostanza da taglio, ottomila euro in contanti con banconote di piccolo taglio e il 'famoso' frullatore ancora sporco di quella che apparentemente - ci sono le analisi in corso - sembra essere brown sugar, una qualità di eroina.
Il povero turista è sposato in patria ma viveva da solo a Milano.
Le indagini ora proseguono per capire a quale organizzazione fosse legato.
Per il momento è accusato di detenzione ai fini di spaccio ed è finito a San Vittore.
Si tratta di un albanese.
Diciotti: non ci fu nessun ordine formale allo stop, ma la colpa è comunque di Salvini
Lunedì, 17 Settembre 2018 19:44 Pubblicato inPer dieci giorni la nave Diciotti non ha trovato un porto in cui sbarcare i migranti salvati al largo di Malta.
A Lampedusa no.
A Catania neppure.
Alla fine tutti sono scesi a terra: prima i minori non accompagnati e le donne da curare, poi tutti gli altri.
Chi ha dato lo stop, chi ha impartito gli ordini, chi ha consentito lo sbarco?
La «catena di comando» sembra avvolta dalle nebbie.
Un ordine formale non è stato mai impartito.
Nessuno sembra avere detto chiaramente al comandante della nave, il capitano di fregata Massimo Kothmeir, quale rotta seguire e come gestire i migranti trattenuti a bordo, a parte l'assistenza umanitaria.
Una spiegazione non si trova tra le carte e le testimonianze dell'inchiesta sul ministro Matteo Salvini, unico indagato per sequestro di persona aggravato.
Il Tribunale dei ministri, presieduto da Fabio Pilato, si trova così di fronte a un nodo aggrovigliato e fumoso.
Non il primo comunque.
Da giorni i giudici stanno cercando di dare una soluzione al problema della competenza.
Resterebbe a Palermo se il luogo in cui è arrivato lo stop fosse, come finora si è creduto, il mare di Lampedusa.
Si sposterebbe a Catania se si accertasse che la disposizione sia invece arrivata in quel porto, dove la Diciotti è poi attraccata.
La questione è aperta perché l'inchiesta non è ancora risalita lungo la scala gerarchica attraverso la quale l'ordine del blocco si sarebbe diramato fino ad arrivare al comandante della nave.
Il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, si è convinto che anche in assenza di un ordine formale la responsabilità del blocco sia del ministro Salvini che sin dall'inizio si era politicamente schierato contro lo sbarco immediato e prima di un accordo sulla distribuzione dei migranti.
Salvini sarà sentito ma solo nella fase conclusiva dell'inchiesta quando il quadro delle responsabilità dovrebbe essere più chiaro.
Al momento la mancanza di un ordine comporta, come conseguenza inevitabile, un allungamento dei tempi.
I giudici stanno infatti programmando, sui vari fronti della vicenda giudiziaria, una lunga attività istruttoria.
Sul tavolo c'è la richiesta messa a punto dalla Procura distrettuale di Palermo di una serie di esami testimoniali attraverso i quali si cercherà di dare un senso ai contatti di routine tra la Diciotti, i comandi della Guardia costiera e il ministero dell'Interno.
Il nome del comandante della Diciotti, dal quale il tribunale si attende un decisivo contributo chiarificatore, apre la lista delle persone da sentire.
A palazzo di giustizia gira un elenco non ufficiale e neppure definitivo.
Comprende, tra gli altri, il capo di gabinetto di Salvini, Matteo Piantedosi, che la Procura di Agrigento aveva qualificato come indagato mentre per quella di Palermo è un teste.
E poi i comandanti delle capitanerie di porto di Porto Empedocle e di Catania, il responsabile dell'ufficio circondariale marittimo di Lampedusa, il capo del Dipartimento delle libertà civili, Gerarda Pantalone, e il suo vice Bruno Corda.
L'elenco potrebbe diventare più nutrito in relazione alle esigenze di approfondimento e di riscontro dell'inchiesta del Tribunale dei ministri.
Dopo l'interrogatorio di Salvini, che chiuderà la fase degli accertamenti, il passaggio successivo sarà l'archiviazione del caso oppure la richiesta di autorizzazione a procedere da inviare al Senato. In tutto i giudici hanno 90 giorni di tempo.
Il Mattino > Primo Piano > Cronaca
Il Pd chiude a de Magistris: «Mai pensato alla sua candidatura»
Massimo Costa e Tommaso Ederoclite, segretario metropolitano e presidente dell'assemblea del partito democratico di Napoli, dicono:
«È davvero stucchevole il dibattito che si è aperto in queste ore.
In nessun organismo provinciale, regionale o nazionale si è mai pensato a de Magistris come nostro candidato alla presidenza della regione Campania».
«A tratti fa anche sorridere questa posizione.
Il Pd di Napoli è al governo regionale con De Luca e il nostro appoggio al presidente è indiscutibile. De Magistris è un personaggio in cerca di autore, con la città in ginocchio e i servizi al minimo storico cerca sponde per poter assecondare le sue velleità politiche.
Dorma tranquillo, nessuno pensa a lui - sottolineano –
L'unica preoccupazione che abbiamo è quella di dare supporto civile e politico ai cittadini che sono stremati per la cattiva gestione della città».
«Dopo quasi otto anni di fallimenti è comprensibile che il sindaco cerchi di riposizionarsi politicamente, la sua carriera politica va verso il suo esaurimento, e tra le Europee e la Regione Campania cerca solo di trovare una poltrona e qualcuno che gliela offra.
Il Pd di Napoli - concludono - dovrà lavorare, e molto, per mettere una pezza e cercare di far uscire la città dal guado in cui è finita.
E di questa situazione de Magistris è il principale responsabile».
Intanto De Magistris attacca de Luca dicendo che cerca i voti della Lega.