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CONTROSTORIE: la tangentopoli napoletana 20 anni dopo

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Chi altri se non Gigi Di Fiore ( per chi non lo conosce- e perde parecchio- Gigi è l’autore della “ Controstoria della Liberazione- Ovvero Le stragi e i crimini dimenticati degli Alleati nell’Italia del sud”- edizione Rizzoli-, il più interessante libro sulle verità della seconda guerra mondiale negate dai vincitori- come quasi sempre- e che si impone siano conosciute a chi la verità la cerca per orientarsi in questo mondi di continue bugie), chi altri, dicevamo, se non Gigi per fare il punto ( ovvero la Controstoria)sulla tangentopoli napoletana 20 anni dal suo inizio? Vi proponiamo il suo articolo-saggio tratto da Il Mattino.

“Correva l'anno 1993. E anche a Napoli cominciarono a fioccare gli arresti di politici, alti burocrati, imprenditori. Correva, vent'anni fa proprio nel mese di marzo, il vento di Mani pulite che da Milano si estese in Campania.

"La rivoluzione giudiziaria in atto, come qualcuno si compiace di chiamarla, ha ormai superato il crinale; non tornerà più indietro perché è ormai sull'altro versante dell'ostacolo", disse il 15 gennaio del 1994, nel suo discorso di apertura dell'anno giudiziario, il procuratore generale di Napoli, Vincenzo Schiano di Colella Lavina. Fu troppo ottimista.

Agli inizi del marzo 1993, da Bologna furono trasmesse a Napoli 4 cassette registrate di nascosto da un assessore Dc dell'epoca, Luigi Manco. Arrestato in Emilia Romagna, mise a disposizione dei magistrati quel materiale. Contenevano anche le parole, vere e proprie ammissioni di tangenti pagate, dell'imprenditore Gabriele Serriello. Si riferivano, ma guarda un po', all'appalto per la privatizzazione del servizio di raccolta della nettezza urbana.

Scattarono gli arresti. Li firmarono tre pm, Rosario Cantelmo, Isabella Iaselli, Nicola Quatrano, e un gip, Gennaro Costagliola. Dalla Nu, si passò all'appalto per la gestione del patrimonio comunale. Altra inchiesta, un politico pentito: quell'Alfredo Vito, diventato famoso nella Dc per aver raccolto oltre centomila preferenze alle elezioni. Dal 12 marzo 1993 fino al giugno, si arrivò a oltre venti inchieste.

Nei fascicoli, praticamente quasi tutti gli appalti di quel periodo a Napoli: la ricostruzione del dopo-terremoto in Campania, i lavori di piazzale Tecchio, i lavori per l'ampliamento e ristrutturazione dello stadio San Paolo (già, era 20 anni fa e se ne riparla di nuovo oggi), i lavori della linea tranviaria rapida (sì, sempre quella su cui si indaga oggi, dopo il crollo del palazzo alla Riviera di Chiaia a Napoli), la costruzione dei parcheggi a Napoli, la malasanità con il famoso Duilio Poggiolini, la funicolare centrale, la centrale del latte, la metropolitana, le Usl, le imposte dirette. Tanto di tutto, dopo la Nu e il patrimonio comunale.

Decine di assessori, parlamentari campani. Era la cosiddetta Prima Repubblica decapitata anche a Napoli. Inutile, ora, inseguire l'esito in sentenza di quelle inchieste, la verità processuale. Restano, invece, nella storia di venti anni dopo, le considerazioni dell'allora procuratore generale: "Queste inchieste, mettendo a nudo l'esistenza anche qui a Napoli del binomio politica-affari in un contesto di sostanziale consociativismo con i partiti di opposizione, hanno svelato buona parte del vasto e incredibile sistema di corruttela e malaffare che ha governato negli ultimi dieci anni i palazzi della politica".

Molti di quei politici coinvolti hanno smesso di fare politica, altri si sono riciclati nella Seconda Repubblica. Cosa è rimasto di quel vento di "rivoluzione giudiziaria"? Forse solo speranze, subito spente. Le inchieste su P3 e P4, la Finmeccanica, le corruzioni sui passaggi da un partito all'altro, sulla gestione del Mps, sospetti sui lavori del dopo terremoto all'Aquila: la corruzione ha superato indenne il 1992 e gli anni successivi.

Nulla possono i magistrati, nulla possono le sentenze, se non c'è la voglia di rigenerazione di tutti. I politici li eleggono la gente, la gente troppo spesso spera di farsi largo sugli altri senza etica. Niente semplificazioni, niente qualunquismi, ma l'autocritica deve essere collettiva.

Se esistono segni di speranza 20 anni dopo quel vento di tangentopoli, forse sono nella rinata voglia di partecipazione alla vita politica, non più delegata in bianco ad altri. I grillini, l'indignazione che cresce tra i più giovani, ne sono una spia. Nessuno, se vogliamo guardare con fiducia al futuro, può tirarsi indietro o rifugiarsi nell'io che potevo fare, io non c'ero, gli altri hanno fatto questo o quello. Bisogna iniziare tutti dal nostro piccolo microcosmo culturale e materiale. Senza moralismi di maniera, o esercizi di scontata sfiducia e disincanto

Redazione TirrenoNews

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