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piro scafoIl piroscafo “Cagliari”, circa ottomila tonnellate, carico di 24.000 cassette di aranci e limoni, è statocolpitola sera del 6 maggio 1941, alle ore 18:45, alla distanza di circa 4 miglia nel mare prospiciente al comune di Fuscaldo nel mar Tirreno, da due siluri nemici calando a picco in meno di tre minuti.

Il suo equipaggio era composto da 52 uomini.

I pescatori di Fuscaldo, 26 uomini con tre scialuppe, come vuole la legge del mare,subito si prodigarono con slancio fraterno per il salvataggio dei naufraghi del piroscafo.

Immediatamente salpò, con sette marinai, l’imbarcazione denominata “Onorata” il cui capo barca era Giuseppe Pollola fu Francesco,prima barca a salpare, prima barca a rientrare con 13 naufraghi, quasi tutti i feriti.

Subito dopo furono mollati gli ormeggi dell’imbarcazione “S. Lucia” con nove uomini, capo barca Damiano Piemontesi di Stefano; a seguire fu messa in mare, con 10 marinai, l’imbarcazione “S. Anna”, capo barca Carmine Piemontese di Stefano. Le due scialuppe rientrarono insieme con 28 naufraghi. Dopo sei ore di permanenza, dalle acque, riuscirono a portare a terra41 superstiti mancando all’appello 11 persone.

Il giorno dopoGiuseppe Pollola e altri, senza sorte, ripresero il mare alla ricerca di altri superstiti.

Giorno 8fu spiaggiato e rinvenuto morto da alcuni pescatori Antonio Sanfilippo, da Palermo,primo ufficiale macchinista, nella spiaggia di Acquappesa.

Tra i 41che furono tratti in salvo vi erano 11 feriti e tra questi tre gravissimi, tutti ricoverati presso l’ospedale civile di Cosenza dove uno vi morì.

I soccorritori furono segnalati al Prefetto di Cosenza per la concessione di un eventuale attestato di benemerenza civile. Ebbero in beneficenza solo il prodotto,recuperato,cheil “Cagliari” trasprtava.

Ilpiroscafo “Cagliari” era un mercantile a vapore con tre alberi sequestrato alla società di navigazione Raffaele Rubattino da Carlo Pisacane con l’intento di promuovere, nel giugno 1857,regnando Ferdinando II di Borbone, una rivolta nelle provincie meridionali del regno delle due Sicilie.

Ferruccio Policicchio

Pubblicato in Alto Tirreno

Foto partecipantiIl liceo scientifico di Amantea ebbe vita nell’anno scolastico 1960/61, come sezione staccata dello G. B. Sforza di Cosenza, essendo preside il prof. Gino Gaudio, con una sola prima, nel fabbricato di lato all’attuale Cassa di Risparmio in via E. Noto. Si trasferì in via Margherita nell’anno 1966/67.

Nell’anno 1961-62 ebbe: una seconda e due prime;

Nell’anno 1962-63 ebbe: una terza, due seconde e due prime;

Nell’anno 1963-64 ebbe: una quarta, una terza, due seconde e due prime;

Nell’anno 1964-65 ebbe: una quinta, due quarte, due terze, due seconde e due prime;

Nell’anno 1965-66, avendo raggiunto il corso completo delle classi, ebbe l’autonomia ed il primo preside fu il prof. Carlo Cimino il quale nominò come suo vice il prof.Carmelo Pesce, poi confermato dai successivi presidi che furono, fino all’anno 1970/71 il prof. Bruno Bianchi ed il prof. Dionisio Perri.

Nell’anno 1970/71, quindi, il liceo di Amantea praticava la sua undicesima “sfornata” di Maturandi e le quinte erano due, corso A e corso B.

La 5a/A era composta da 25 elementi, 13 maschi e 12 donne. Di essi, tre, purtroppo, non sono più tra noi. Il corpo docente era composto da: Rosa Ferrara (Storia dell’arte), Alfredo Grimaldi (Educazione fisica), Maria Licitri (Italiano e latino), Aldo Martire (Scienze – geografia astronomica), Antonio Notti (Matematica), don Giovanni sac. Posa (Religione), Carmelo Pesce (Storia e filosofia) e Domenico Simari (Francese).

I partecipanti alla conviviale dei cinquant’anni, avvenuta lo scorso 11 agosto, sono stati nove: Renato Bonanno, Gregorio Carratelli, Bruno Chiarello, Antonio Gaudio, Rosina Guido, Gabriele Perri, Ferruccio Policicchio, Pio Provenzano e Laura Romito, i quali si ritennero soddisfatti per aver riassaporato momenti condivisi all’età di vent’anni. Gli assenti, tutti giustificati, chi per lontananza, chi per motivi di famiglia (figli e nipoti soprattutto), chi per motivi di salute.

Luogo della conviviale “La Tonnara n. 1”, posto, per i «maschietti», carico di ricordi perché durante il triennio finale del corso scolastico, epoca in cui i matrimoni cominciarono a festeggiarsi nei ristoranti, lo zio Nicola “imponeva” al figlio (Gabriele Perri) di portare a pranzo, il lunedì successivo al matrimonio, i compagni di scuola al fine di consumare le eccedenze. E va detto la 5a/A dell’anno scolastico 1970-71 partecipò anche a diversi dopo-matrimoni.

(Ferruccio Policicchio)

Pubblicato in Primo Piano

prof2020Il 15 maggio dell’anno passato, ad Amantea, mancava il prof. Francesco C. Volpe, circostanza che, causa il maledetto covid-19, per quasi tutti, passò sotto silenzio.

Francesco C. Volpe era un personaggio noto a tutti gli amanteoti, non solo per la professione che svolse, ma anche perché ovunque si mostrò docile, modesto e studioso. Nella vita privata è stato modello di sposo, di padre e di amicizia. Fu sempre saggio e prudente. Seguendo la tendenza del suo cuore si elevò in amabilità e grazia per i suoi modi cavallereschi e di educazione. Con la rettitudine dei suoi criteri, con l’autorità della sua parola, con la dolcezza dei suoi modi e con l’efficacia dei suoi ragionamenti, seppe frenare l’impeto delle passioni e resistere alle smodate esigenze. Quanti, nelle incertezze e nei dubbi, domandarono a lui chiarimenti di ogni sorta, in lui trovarono l’uomo di alto sapere, di fine intendimenti, di esatto criterio e di retti consigli. Con tutti fu manieroso, affabile e compiacente: col dotto come con l’ignorante, col plebeo come con il nobile. Sua compagna di allegria era la buona cucina, debolezza nota a tutti i suoi conoscenti e giunta fino all’ateneo salernitano.

Tra le molteplici attività storico-letterarie da lui svolte piace ricordarne solo due: fu membro di giuria nel premio letterario “Citta di Amantea”, manifestazione storico culturale tenutasi sempre nel piazzale antistante il complesso monumental-monastico di S. Bernardino da Siena ed ideò, nella sua qualità di Rotaryano, l’annuale giornata storica interna al prestigioso club di Amantea.

Alla storia appartiene il compito di mettere in rapporto gli uomini, di dare un ragguaglio completo delle loro vite, delle loro gesta e trasmettere, in modo indelebile, le preziose virtù dove essi brillarono nel passaggio terreno.

Egli oggi vive nella memoria dei suoi conterranei, nel culto delle figlie, nell’affetto degli amici e vivrà, attraverso i suoi scritti storici, nella lode delle generazioni che verranno!

R.I.P..

(Ferruccio Policicchio)

Pubblicato in Primo Piano

napoleone
di Ferruccio Policicchio

 

La vita di Napoleone Buonaparte ha sempre esercitato un grande fascino su biografi, storici, studiosi di tattiche e problemi militari e soprattutto per l’ascesa che portò l’oscuro ufficiale di artiglieria corso da Comandante l’Armata d’Italia a Primo Console e via via ad Imperatore. Perciò è difficile racchiudere qui, in poche righe, una biografia tanto intensa dalle origini ad una adolescenza burrascosa, dall’avventura in Francia alle prime campagne d’Italia, dal paese dei Faraoni al colpo di Stato fino alla campagna di Russia e al tramonto dell’astro.

 

Hitler visitando la sua imponente tomba di porfido rosso, in un mattino del giugno 1940, si tolse il cappello.

Ad Ajaccio, principale città della Corsica, nasceva il 15 agosto 1769, quartogenito di Carlo Maria, avvocato, e Letizia Ramolino. A nove anni entrava in un mondo nuovo, il passaggio dalla vita di famiglia a quella di un collegio militare che lo scosse profondamente. Con disciplina dovette affrontare gli urti della vita in un mondo fanciullesco dove la sua posizione era tutt’altro che privilegiata, mantenuto a distanza anche se di famiglia aristocratica ma squattrinata.

 

Durante il Decennio 1806/15, prima attraverso il fratello Giuseppe e il cognato Gioacchino Murat poi, il suo potere giunse fino in questi luoghi. Creando una monarchia amministrativa rivoltò il regno di Napoli abolendo la feudalità, sopprimendo alcuni ordini monastici e, affiancando alle preesistenti provincie, con la loro creazione, istituì i comuni, i circondari ed i distretti. Elevò la città di Amantea a sede di distretto (due anni dopo passato a Paola). Furono creati, per amministrare i comuni, i Decurionati e, a partire dal 1.1.1809, l’ufficio dello Stato Civile in ognuno di essi.

 

Biografie, aneddoti, memorie e vite romanzate dal giorno della sua morte si sono moltiplicate e sono cresciute a dismisura.

 

Alla notizia della sua morte (5 maggio 1821 nell’isola di S. Elena), Manzoni scrisse l’ode «Il cinque maggio» fra il 17 e il 20 luglio 1821. Nel grande condottiero il poeta ricerca l’uomo e il suo travaglio interiore, collocandone la vicenda terrena nella riflessione più vasta dell’intimo rapporto tra l’anima e l’eterno. La sfera religiosa è infatti centrale nel componimento.

 

Pubblicato in Mondo

Giuseppe Carratelli 1895 - 1917Quattro novembre 2020. Anniversario della fine della Grande Guerra. È parso doveroso render di pubblico dominio i nominativi de «I Valorosi di Amantea e San Pietro in Amantea».

NOMINATIVO MEDAGLIA E MOTIVAZIONE

AMATO Vincenzo

da Amantea (Cs)

soldato matr. 32330

36° regg. art. campagna

Croce al merito di guerra

Audace, in ricognizioni eseguite in terreno nemico concorreva a far prigionieri: quindi volontariamente provvedeva allo stendimento di una linea telefonica avanzata, incurante del fuoco di fucileria dell’avversario.

Pontafel, giugno-luglio 1915 – Cesclans (Tagliamento), 3 novembre 1917.

BOSCHI Attilio

da Amantea (Cs)

sottotenente

gruppo someggiato art.

Medaglia di bronzo al V. M.

Sotto il violento fuoco nemico, quale comandante di una sezione, coadiuvava il proprio comandante di batteria. Caduto ferito quest’ultimo, concorreva, col suo contegno calmo, sereno e coraggioso, a mantenere efficace il tiro dei propri pezzi.

Regione Fossanica (Alpe di Fassa), 14 settembre 1916.

CARRATELLI Giuseppe

di Francesco Maria e

Angelina Saggio

da Amantea (Cs)

aspirante ufficiale

243° reggim. fanteria

27.3.1895 – 30.5.1917

R.D. del 31.5.1923

Medaglia d’Argento al V. M.

Con tenacia e coraggio esemplari, alla testa dei suoi, trascinava all’assalto il plotone fino a raggiungere la prima posizione nemica, e continuava arditamente nell’audace avanzata, finché cadeva colpito a morte dalle mitragliatrici nemiche.

Hudi-Log Boscomalo, 23 maggio 1917.

Morto nell’ospedaletto da campo n. 102: a seguito di setticemia per ferita trasfossa della metà destra de torace da proiettile di fucile penetrante con probabile lesione del fegato. Sepolto nel cimitero comunale di Villesse (Go)

Cfr. Stato Civile Amantea. Atto di morte n.10/1917 P.II S.C

CHIOFALO Francesco

da Amantea (Cs)

sottotenente

149° reggim. fanteria

30.10.895 – 22.11.917

Medaglia d’argento al V. M.

Sotto intenso bombardamento, offertosi volontariamente di ristabilire il collegamento fra i reparti sulla linea, ripetutamente attaccata dal nemico, mentre conduceva a termine il delicato compito assuntosi, cadeva colpito a morte.

Monte Pertica, 22 novembre 1917.

CORDIALE Vincenzo

da Amantea (Cs)

sergente matr. 30718

reggimento fanteria

compagnia mitragliatrici

Medaglia di bronzo al V. M.

Si distingueva per fermezza, coraggio e calma singolare durante il combattimento e sotto l’intenso fuoco dell’artiglieria avversaria, dando bell’esempio ai dipendenti.

Monte Santo, 28 maggio 1917.

D’ALESSANDRO

Pantaleo

da Amantea (Cs)

soldato matr. 13222

201° reggim. fanteria

Medaglia di bronzo al V. M.

Durante un accanito combattimento dava prova di grande coraggio ed era di bello esempio, affrontando impavido gruppi nemici. Ferito gravemente incitava ancora i compagni a resistere e a ricacciare l’avversario.

Meolo – San Biagio Callalta (Piave), 20 giugno 1918.

FIORE Alessandro

di Luigi e

Fulvia Rosa

da Amantea (Cs)

caporal maggiore

matr. 27323

2° Regimento Granatieri

7ª Compagnia

Medaglia d’argento al V.M.

Trovandosi la sua compagnia di ricalzo e sottoposta ad un furioso bombardamento nemico, uscito dalle trincee, manteneva, sprezzante del pericolo, il perfetto ordine del suo plotone ed incitava i compagni con la parola e con l’esempio alla calma, finchè una granata lo colpiva in pieno. Sempre primo in operazioni difficili, e già altre volte distintosi per calma e coraggio.

Nad Logen, 14 settembre 1916.

_0_

Morto il 15 settembre 1916 nella località Valiki Kribach: in seguito a ferita grave da granata, sepolto a Valiki Kribach

Cfr. Stato Civile Amantea. Atto di morte n.10/1916 P.II S.C

FURGIUELE Alfonso

da Amantea (Cs)

tenente

reggimento artiglieria

addetto 7ª sez. sanità

Medaglia di bronzo al V. M.

In commutazione dell’encomio solenne concessogli con decreto luogotenenziale del 18 ottobre 1917:

Incaricato di disciplinare il servizio di sgombro dei feriti dai posti di medicazione reggimentali alle retrovie, seppe con ardimento svolgere il suo compito su strade battute dall’intenso fuoco nemico, incitando con l’esempio i propri dipendenti.

San Pietro di Vertoiba-Ciprijanisce, 14-17 novembre 1917.

IANNE Eugenio

di Pasquale e

Lucrezia Sesti

da S. Pietro in Amantea

Sottotenente

18° reggimento fanteria

15.5.1885 -

Medaglia di bronzo al V. M.

In aspro e cruento combattimento, caduto il comandante della compagnia, lo sostituiva, guidando il reparto con valore e perizia all’assalto. ferito, non lasciava il suo posto d’onore finchè, stremato di forze, dovette essere trasportato al posto di medicazione.

Castagnevizza, 19-21 agosto 1917.

LATINI Nicola

da Amantea (Cs)

capitano

reggimento alpini

Medaglia di bronzo al V. M.

Comandante di una compagnia, nonostante un violento bombardamento nemico durato parecchie ore, con serena calma disponeva i suoi uomini alla difesa, con fermezza li animava, e con rara decisione e prontezza li lanciava poi al contrattacco concorrendo efficacemente al mantenimento della posizione.

Cima Cauriol, 3 settembre 1916.

Medaglia concessa con decreto luogotenenziale del 1° luglio 1917 e, con decreto luogotenenziale del 16 agosto 1918 fu commutata in medaglia d’argento con la seguente motivazione:

Comandante di due compagnie sulla cima di un monte, nonostante il violentissimo bombardamento nemico durato parecchie ore, con calma e fermezza ammirevoli dispose i suoi uomini alla difesa, quindi, con pronta decisione, li lanciò al contrattacco, ottenendo la vittoria, che conservò ai nostri la cima aspramente dall’avversario contesa.

Cauriol, 2-3 settembre 1916

MIRABELLI Giuseppe

di Alfredo e

Beatrice Arlia

da Amantea (Cs)

tenente medico

reggimento fanteria

1889 – 1959

Medaglia di bronzo al V. M.

Quantunque sofferente per una lesione alla pupilla dell’occhio destro, non volle allontanarsi da reggimento nell’imminenza di un fatto d’arme. Potè così prestare l’opera sua coraggiose e benefica di medico durante un’intera giornata, nei pressi della linea di fuoco e sotto il tiro avversario, dando bell’esempio di sprezzo del pericolo e di alto sentimento del dovere.

Monte Zebio, 10 giugno 1917.

MOLINARI Francesco

da Amantea (Cs)

sottotenente

reggimento fanteria

Medaglia di bronzo al V. M.

Diresse con calma e perizia dei pericolosi lavori di approccio fino a circa dieci metri da una trincea nemica. Investito dal violento fuoco dell’artiglieria avversaria e ferito ad un braccio, rianimava i suoi dipendenti, mantenendoli nell’approccio fino a lavoro compiuto.

Alture di Selz, 5 maggio 1916.

PATI Alfonso

di Giovanni e

Maria Metallo

da Amantea (Cs)

aiutante di battaglia

matr. 26173

243° reggim. fanteria

1888 – 1944

Medaglia d’argento al V. M.

Rimasta la compagnia senza ufficiale, ne assumeva il comando e la portava risolutamente e con mirabile slancio alla conquista di posizioni nemiche, incitando con l’esempio e la parola i propri dipendenti.

Bosco Malo, 24-25 maggio 1917.

Medaglia di bronzo al V. M.

Comandante di un plotone seppe lodevolmente guidare i propri uomini all’assalto, sotto un violento fuoco nemico, e condurre a termine con singolare adempimento compiti affidatigli.

Vnsie, 1-9-agosto 1917

Medaglia d’argento al V. M.

Con attività e coraggio mirabili esponendosi continuamente a grave pericolo, caduti tutti gli ufficiali subalterni della compagnia, era di valido aiuto al proprio comandante, dimostrando elette doti di fermezza e valore.

Piave, 15-18 giugno 1918

POLISICCHIO Giovanni

di Michele e

Maria Gisella del Pozzo

da S. Pietro in Amantea

caporale matr. 29910

13° reggimento fanteria

2.6.1893 – 29.11.1917

Medaglia d’argento al V. M.

Imperterrito, rimaneva di vedetta, nonostante che l’artiglieria nemica colpisse la trincea dove egli era stato collocato. Durante una nostra offensiva proseguiva imperterrito verso l’obiettivo indicatogli, e, incontrato un ufficiale, ferito, s’incaricava di condurlo al posto di medicazione, non curandosi del fuoco di artiglieria e mitragliatrici avversarie. Bell’esempio di soldato.

Casatgnevizza, (quota 219 sud), 24 agosto 1917.

 

Pubblicato in Primo Piano

san pietro amaFacciamo, con la mente, un salto all’indietro di quattro secoli per arrivare agli anni venti del secolo decimosettimo.

Alcuni critici letterari affermano che tra i soggetti principali del romanzo «I Promessi Sposi», vi sia, per l’illuminata rappresentazione che ne fa l’autore, la peste.

Quell’epidemia ha delle sorprendenti analogie con l’attuale del codiv-19, inspiegabili e sinistre.

Una delle analogie, per come ci tramanda il Manzoni, è quella che devastò Lombardia, Veneto ed Emilia, dimezzandone la popolazione. Ovviamente, quel morbo non risparmiò il sud dell’Italia. Ad Amantea, fu toccata donna Livia Ruffo di Calabria appartenente, all’epoca, alla famiglia più importante e potente della Calabria, sposa di don Scipione Cavallo, nobile del sedile chiuso della città e noto per aver partecipato alla battaglia di Lepanto con propria imbarcazione.

La famiglia Cavallo aveva possedimenti nel limitrofo San Pietro dell’Amantea, all’epoca casale della città di Amantea, e la N. D., per isolamento, quarantena o purga sanitaria, come dir si voglia, si trasferì nel borgo. Qui si praticava, dove ancora esiste, la venerazione alla Madonna della Grazie e l’inferma, per la guarigione, si affidò a quella Vergine. La salute le venne preservata e la N. D., per grazia ricevuta o in adempimento a promessa, fu riconoscente la Madonna.

La Vergine Madre, a San Pietro, si venerava in una piccola e umile chiesa, poco lontana dall’abitato, si dice, dove un tempo c’era una stalla trasformata in luogo di culto per una apparizione della Stessa al pastorello che vi custodiva gli animali. Non vi era scultura lignea. La venerazione si professava solamente davanti al Quadro Celeste.

Donna Lidia provvide ad ordinarne una, a Napoli, da regalare alla Chiesa che ne era sfornita ed è quella che, ancora oggi, ogni due di luglio, si porta in processione nel piccolo borgo.

Ma la N. D. non si limitò solo a questo.

Rientrata ad Amantea volle che la Chiesetta di famiglia fosse dedicata alla Madonna delle Grazie. Inoltre, entrando nell’antica città dalla porta Paraporto, si noterà che uno di primi vicolo, salendo sulla destra, è «Vico Madonna delle Grazie» il quale conduce alla Chiesetta di famiglia. Da qui l’importanza della toponomastica che, la politica moderna, con facilità, ovunque, tende a modificarla senza criterio o logica unita a giustificata motivazione.

Dall’archivio Cavallo risulta che, donna Livia fu colei che più pose, nella colletta fatta dalla locale nobiltà, per il riscatto della città dalla compra effettuata dal principe di Belmonte, Daniele Ravaschieri, col rammarico, grande, di non aver potuto riscattare anche il casale.

Infine, ogni due di luglio – da quell’epoca e fino a quando rimase in vita il compianto prof. Rocco Cavallo, cosa che certamente sarà ancora nella memoria di qualche anziano del posto – avveniva una piccola processione rionale con celebrazione di Messa nella Chiesetta di famiglia.

Donna Livia, oggi, da allora, riposa ai piedi dell’altare di detta Chiesetta di famiglia.

(Ferruccio Policicchio)

Crocerossine e cavaliere di MaltaSabato 14 marzo u.s., a mezzogiorno, gran parte degli italiani si è affacciata a finestre e balconi, per ringraziare, plaudendo, il personale sanitario, già segnato ed esausto, che spesso lavora in condizioni precarie come dei guerrieri che, in prima linea, combattono contro il nemico invisibile del codiv-19, considerati “Angeli della misericordia”. Lodevolissima iniziativa!

Questo proposta ha portato alla mente gli “Angeli della misericordia” che furono eroi durante la Grande Guerra: crocerossine o “Dame della Croce Rossa” e medici soldati del C.S.M. (Corpo della Sanità Militare).

Il sistema medico sanitario che dovette gestire il ricovero e le cure di feriti e ammalati era gestito dal C.S.M., dalla Croce Rossa Italiana e da altri comitati assistenziali quali i Cavalieri dell’Ordine di Malta, i Gesuiti e l’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Quest’ultimo è un ordine cavalleresco di Casa Savoia, nato per dare assistenza ai lebbrosi ed oggi conteso in famiglia. Il santo Lazzaro oggi torna attuale perché, secondo la parabola di Gesù, mostra agli avari dove porta la ricchezza usata per soddisfare il proprio egoismo.

La missione volontaria delle crocerossine fu riservato, ignorando se fosse sentimento patriottico o volersi sentire protagoniste, alla nobiltà e all’aristocrazia.

I compiti erano vari. Il principale fu l’assistenza alle operazioni chirurgiche e l’assidua cura post operatoria, aiuto al malato o al ferito; seguivano sostegno e incoraggiamento, con i rischi che ne derivavano a seconda dei posti dove si agiva.

Detto personale sanitario, impegnato negli ospedali o negli ospedaletti da campo, o anche in prima linea appena dietro la linea del fuoco nei punti di primo soccorso, tentò di lenire le pene atroci che dalla guerra scaturivano.

Tutte persone che, come quelle odierne, furono altamente eroiche.

Se il sud fu quasi totalmente assente dal volontariato femminile, non lo fu dal punto di vista medico. Anche in questo settore, i medici della provincia cosentina parteciparono generosamente alla vita di guerra contribuendo alla cura di numerosi feriti.

Di seguito le motivazioni di venti medici della provincia, tra cui un amanteota, e quelle di cinque crocerossine, con le quali, evidenziandosi i rispettivi qualificati atteggiamenti, fu loro assegnata una medaglia al valor militare.

(Ferruccio Policicchio)

Pubblicato in Calabria

Oggi, 4 novembre 2019, ricorrendo il 101° anniversario della fine della Grande Guerra, mi pare doveroso ricordare almeno un Valoroso nato ad Amantea, Nicola Latini, capitano degli alpini, il quale fu decorato col bronzo e successivamente il bronzo fu trasformato in argento.

Quasi certamente nacque ad Amantea in quanto figlio di un funzionario della costruenda ferrovia.

Motivazione della medaglia di bronzo al Valor Militare, concessa con decreto luogotenenziale del 1° luglio 1917, al capitano Nicola Latini.

 

 

 

 

Comandante di una compagnia, nonostante un violento bombardamento nemico durato parecchie ore, con serena calma disponeva i suoi uomini alla difesa, con fermezza li animava, e con rara decisione e prontezza li lanciava poi al contrattacco concorrendo efficacemente al mantenimento della posizione.

Cima Cauriol, 3 settembre 1916.

La detta medaglia di bronzo, con decreto luogotenenziale del 16 agosto 1918 fu commutata in medaglia d’argento con la seguente motivazione:

Comandante di due compagnie sulla cima di un monte, nonostante il violentissimo bombardamento nemico durato parecchie ore, con calma e fermezza ammirevoli dispose i suoi uomini alla difesa, quindi, con pronta decisione, li lanciò al contrattacco, ottenendo la vittoria, che conservò ai nostri la cima aspramente dall’avversario contesa.

Cauriol, 2-3 settembre 1916

 

Pubblicato in Cronaca

Egr. Sig. Direttore, mi conceda breve spazio per una doverosa notizia sul conto di un amanteota valoroso durante la Grande Guerra, e oggi dimenticato.

Alfonso Pati nacque ad Amantea (Cs) il 25 maggio 1888 in contrada Camoli al civico 27, risultando essere l’81° bimbo nato in quell’anno, figlio di Giovanni e Maria Metallo.

Chiamato alle armi il 18 ottobre 1908, non vi giunse perché all’estero, negli USA, in Pennsylvania a Pittsburgh.

Rientrato dagli USA, com’era d’uso all’epoca comprò un terreno in contrada Chiaje e corse a conseguire la propria ferma.

 

Si presentò con cinque anni di ritardo partendo col primo scaglione della classe 1913, il 9 gennaio e arruolato nel 58° reggimento fanteria dal quale fu congedato al compimento del biennio di ferma: il 9 gennaio 1915, dopo aver tenuto «Buona condotta ed aver servito con fedeltà e onore».

Ma da lì a poco, il giorno 8 maggio seguente fu richiamato alle armi giungendo, con giustificato ritardo, il 28 maggio ed il giorno dopo fu incorporato nel 142° reggimento fanteria (famigerata brigata Catanzaro) e dove, il 24 agosto, fu nominato caporale perché sapeva ben leggere e scrivere nonostante fosse stato arruolato come contadino, di statura un metro e 60, torace 0,95, capelli castani e di forma lisci, dentatura sana, occhi castani, colorito buono e come segni particolari nei in viso.

Il 17 febbraio 1916 lasciò il fronte perché ammalato.

Tornò in guerra un mese dopo, il 23 marzo 1916, ed il seguente 24 maggio fu nominato caporal maggiore per meriti di guerra.

Il 16 agosto 1916 rientrò a casa perché ferito sul monte San Michele.

Rientrò in territorio di guerra l’11 novembre 1916. Il primo febbraio 1917 passò nel 243° reggimento fanteria dove, il primo maggio, fu nominato aiutante di battaglia.

Durante la campagna di guerra 1915/1918 fu due volte decorato con l’argento al valor militare e una volta col bronzo con le seguenti motivazioni:

1ª Medaglia d’argento al V. M. :

Rimasta la compagnia senza ufficiale, ne assumeva il comando e la portava risolutamente e con mirabile slancio alla conquista di posizioni nemiche, incitando con l’esempio e la parola i propri dipendenti. Bosco Malo, 24-25 maggio 1917.

(Bollettino Ufficiale per le ricompense al V. M., dispensa n. 15 del 8.3.1918)

Medaglia di bronzo al V. M. :

Comandante di un plotone seppe lodevolmente guidare i propri uomini all’assalto, sotto un violento fuoco nemico, e condurre a termine con singolare adempimento i compiti affidatigli. Vnsie, 1-9-agosto 1917.

(Bollettino Ufficiale per le ricompense al V. M., dispensa n. 84 del 28.12.1918)

2ª Medaglia d’argento al V. M. :

Con attività e coraggio mirabili esponendosi continuamente a grave pericolo, caduti tutti gli ufficiali subalterni della compagnia, era di valido aiuto al proprio comandante, dimostrando elette doti di fermezza e valore. Piave, 15-18 giugno 1918.

(Bollettino Ufficiale per le ricompense al V. M., dispensa 83 del 16.9.1919)

Fu posto in congedo l’8 ottobre 1919 col grado di maresciallo.

Chiusa la guerra e tornato a casa non fece mancare la sua presenza nella locale formazione dell’associazione “Combattenti e Reduci”, fu eletto tra i probiviri.

Partecipò alle lotte politica cittadine, soprattutto durante le elezioni dell’ottobre 1920, sostenendo,

ovviamente, la lista presentata dagli ex combattenti.

Contrasse matrimonio il 13 ottobre 1923 con Onorina Fera (zia del compianto Enzo Fera).

Dalla loro unione nacquero: Ida, Maria e Iolanda.

Dal 31 ottobre 1934, per effetto della legge n. 1144 del 27.6.1929 fu messo a disposizione della M.V.S.N. (Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale) e come tale mobilitato il 7 aprile 1937 – epoca in cui si diceva:

«Osteria numero sette, in Italia ci stiamo stretti, allunghiamo lo stivale, verso l’Africa Orientale» – partendo il seguente 20 aprile per l’Africa.

Fu ancora richiamato l’11 giugno 1940 per partecipare alle operazioni della nuova guerra mondiale. Fu fatto prigioniero dagli inglesi il 25 marzo 1941. Morì in prigionia il 30 luglio 1944.

Nessun addebito fu elevato a suo carico in merito alle circostanze della sua cattura ed al comportamento tenuto durante la prigionia.

I suoi resti, rientrati, oggi riposano nella cappella di famiglia della figlia Iolanda, nel cimitero di Amantea.

Sarebbe molto, oggi, domandare agli amministratori della città, di governo e di opposizione, che venisse a lui dedicata una via di Amantea?

Fonti:

Archivio storico comunale Amantea, (Stato Civile);

Archivio di Stato Cosenza, ruoli matricola anno 1888, matricola n. 18792;

Bollettini Ufficiali, Ministero della Guerra, per le ricompense al Valor Militare;

A. Lorelli: Amantea nel XX secolo, Rubettino,, 2008, pp. 60, 64, 86, 107.

Pubblicato in Primo Piano

Riceviamo e pubblichiamo la seguente nota:

“Egr. Sig. Direttore, torno a Lei con la solita richiesta di ospitalità perché tra le attese deluse del sindaco di San Pietro in Amantea vi fu la richiesta di rispetto a chi chiede dei diritti, nello specifico il diritto a sapere e, non rendendosi conto del peso delle parole espresse, tentò di rispondere senza rispondere.

Ero partito dalla convinzione che, più che parlare forte e lanciare anatemi, fosse stato necessario parlare chiaro e perciò avevo posto a pilastro del mio atteggiamento la dignità della persona, indipendentemente dal suo orientamento politico. Poiché ciò è stato ritenuto minimale; della nota allegata, depositata il 17.9 2018 al n. 2281 del protocollo del comune di S. Pietro in Amantea, avrei preferito non parlarne né, tanto meno, renderla pubblica.

Un primo cittadino, anche se vince con il 71,2% dei voti non può negarsi, né comportarsi elargendo “edulcorate” valutazioni, come fece. Ciò potrà capirsi, credo, attraverso la lettura della nota allegata che spero avrà la bontà di pubblicare”.

         Ferruccio Policicchio         Vico Bellavista, 4 87030 S. Pietro in Amantea (Cs)

Al sig. sindaco Comune di S. Pietro in Amantea (Cs)

(Rif. nota n. 1572 del 22.08.2016)

Oggetto: Per saperne di più, ma anche per ridere un po’ in un giorno di mezza estate tra canti,  

             mangiate e ballate.

Con ritardo, e me ne scuso, riscontro alla nota citata a margine, a sua volta risposta alla lettera aperta dello scrivente, datata 15.8.2016, avente il medesimo oggetto.

Lei, in detta nota, asserendo “che il ridere fa bene alla salute”, senza soddisfare alcuna delle domande poste ha usato espressioni quali:

  1. 1)(…) legge con rassegnazione e poco gusto le cose che scrive, tant’è che, in merito alla nota ultima, non intende rispondere (…). Infatti, non ha dato alcuna risposta agli interrogativi.
  2. 2)(…) Avrebbe, però, argomenti e capacità per rispondere alle basse volgari insinuazioni che solo in una mente piena di perfidia e cattiveria possono albergare … Non ti curar di loro (…).

Devo riconoscere che ha chiuso, con una metafora ottima, anche se in modo incompleto.

Sulla porta – prima di entrare «ne la città dolente, tra la perduta gente» – il Sommo notò, non capendone il significato, la scritta: «Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate» e il Maestro così spiegò: «Qui si convien lasciare ogne sospetto;ogne viltà convien che qui sia morta» e solo più avanti dice: «non ragioniam di loro ma guarda e passa».

Infatti, pur avendo “argomenti” e “capacità” non ha dato alcuna risposta ai quesiti posti, né tantomeno ha intrapreso altre vie per difendersi dalle basse volgari insinuazioni che solo in una mente piena di perfidia e cattiveria possono albergare.

  1. 3)(…) Quanto al contenuto degli atti la Sua nota intelligenza è tale che ogni risposta è superflua (…).

Potrebbe spiegarsi meglio?

  1. 4)(…) Le do un consiglio (non richiesto): si legga bene gli atti troverà risposta alle sue domande che, verosimilmente La tengono sveglia la notte e si faccia quattro risate, anzi otto sedici … (…).

Dio, quanto è buono! Ho accolto il consiglio, questo il motivo del ritardo, ma lei non deve dare consigli non richiesti deve dare risposte alle istanze poste dai cittadini.

  1. 5)(…) Tanto rispondere a Lei è inutile, anche perché il Popolo, i Cittadini quelli che devono (dovevano) capire, cioè quelli che né Lei né qualche accolito, avete capito ne capirete mai, hanno capito e capito bene e la valanga di voti, confluiti sulla persona di che le scrive e dei suoi collaboratori, bastano e avanzano a capire tutte le risate che da qui all’eternità può farsi in beata solitudine.

Potrebbe essere più chiaro sulla dizione “qualche accolito”? Quanti e chi sarebbero?

In queste sue parole c’è il botto finale che a me danno il sapore di un puerile entusiasmo. Considerandosi un Unto dal Signore grazie alla valanga di voti ricevuti, di essi se ne fa scudo autorizzando sé stesso a non rispondere. Sono rabbrividito perché mi ha fatto tornare alla mente un altro politico miracolato, il quale, per la valanga di voti confluiti sulla sua persona, non intendeva rispondere alla Giustizia. E ciò, secondo il suo pensiero, l’ha autorizzata ad esimersi – anche se legge con rassegnazione e poco gusto le cose che scrivo – dal dare risposte ad un cittadino (che sa di non sapere) ritenendo lei che: rispondergli è inutile.

La sua elezione, avvenuta in modo bulgaro, non fu messa in dubbio, il suo operato si !

S’è scappato dalle domande significa che c’è qualcosa da cui scappare.

Insomma, si è sforzato ad esporre nulla di che andare fiero se non avrà dato risposta:

  1. Alla determinazione n. 1 del 12.01.2016, del segretario comunale di S. Pietro in Amantea, mal posta in albo on-line e da lei definita “pagliuzza”;
  2. Alla determinazione n. 31 del 22.07.2016, del segretario comunale di Falconara Albanese (Cs), dove viene trattato l’acquisto delle corone “rubate” alla scultura della Madonna delle Grazie del nostro paese;
  3. Alla sua denuncia circa i danni arrecati alla suddetta scultura della Madonna delle Grazie.

Resto in attesa di risposta agli interrogativi già posti e a quelli che qui si pongono.

Se vuole può esporre la presente nota in albo on-line del Comune; da parte mia verrà inviata al blog Tirreno news.

Per brevità e una più spedita e facile comprensione, allego copia della nota posta a riferimento.

San Pietro in Amantea 16.9.2018.                                        (Ferruccio Policicchio)

Pubblicato in Belmonte Calabro
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