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Sono nato a Catocastro dove ho vissuto per 18 anni quando sono emigrato per il nord Italia , prima, partendone, poi, per fare il militare presso la scuola allievi ufficiali di Foligno, ed il capostazione presso Paola e Belvedere Marittimo, infine, prima di diventare comandante della Polizia Municipale di Amantea .

Per questo i pochi catocastresi mi chiamano ancora oggi per parlarmi dei problemi dell’antico quartiere.

Lo hanno fatto quando mi hanno chiesto di evitare ai pochissimi abitanti ( come ho detto) di dover fare un lunghissimo giro, per taluni versi impossibile, per ritornate a casa.

Ogni giorno, più volte al giorno.

I commissari straordinari dott. Giorgio Criscuolo, dott. Francesco Sperti e dott. Pietro Tescione, suggeriti non si sa da chi , avevano adottato una ordinanza che rendeva via Indipendenza senso unico a scendere.

Dovetti proporre ricorso al Presidente della Repubblica, al tempo ancora possibile, prima che Berlusconi sterilizzasse questa storica e democratica possibilità.

Il ricorso costò solo 3 marche da bollo.

Ed il dr Criscuolo revocò l’ordinanza.

E fu così che da quasi10 anni salendo dal Ponte di Catocastro si trova un divieto di accesso con l’aggiunta del cartello “ Eccetto residenti autorizzati” .

Un segnale ancora esistente .

Vicino alla chiesa madre, invece, c’è un segnale doppio.

Una freccia obbligatoria

Prima c’era un segnale che faceva comprendere a chi imboccava quel pezzo di Via Indipendenza che avrebbe potuto incontrare un traffico limitato ai residenti.

Quel segnale non c’è più.

E’ stato rimosso? Da chi?.

E perché non è stato riproposto?.

Di questa mancanza si lamentano gli abitanti di Catocastro che si vedono piombare addosso automezzi a “folle” velocità come capita a chi pensa di essere in una strada a senso unico.

A chi può interessare questa rimozione abusiva di segnaletica?.

Giuseppe Marchese

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Il nome Giuseppe è di origine ebraica e sta a significare “Dio aggiunga”, estensivamente si può dire “aggiunto in famiglia”.

Può essere che l’inizio sia avvenuto col nome del figlio di Giacobbe e Rachele, venduto per gelosia come schiavo dai fratelli.

 

 

Ma è sicuramente dal padre putativo, cioè ritenuto tale, di Gesù e considerato anche come l’ultimo dei patriarchi, che il nome Giuseppe andò diventando nel tempo sempre più popolare.

In Oriente dal IV secolo e in Occidente poco prima dell’XI secolo, vale a dire da quando il suo culto cominciava a diffondersi tra i cristiani.

Non vi è dubbio tuttavia che la fama di quel nome si rafforzò in Europa dopo che nell’Ottocento e nel Novecento molti personaggi della storia e della cultura lo portarono laicamente, nel bene e nel male: da Francesco Giuseppe d’Asburgo a Garibaldi, da Verdi a Stalin, da Garibaldi ad Ungaretti e molti altri ancora.

San Giuseppe fu lo sposo di Maria, il capo della “sacra famiglia” nella quale nacque, per opera dello Spirito Santo, Gesù figlio del Dio Padre.

E orientando la propria vita sulla lieve traccia di alcuni sogni, dominati dagli angeli che recavano i messaggi del Signore, diventò una luce dell’esemplare paternità.

Certamente non fu un assente.

È vero, fu molto silenzioso, ma fino ai trent’anni della vita del Messia, fu sempre accanto al figliolo con fede, obbedienza e disponibilità ad accettare i piani di Dio.

Cominciò a scaldarlo nella povera culla della stalla, lo mise in salvo in Egitto quando fu necessario, si preoccupò nel cercarlo allorché dodicenne era “sparito’’ nel tempio, lo ebbe con sé nel lavoro di falegname, lo aiutò con Maria a crescere “in sapienza, età e grazia”.

Lasciò probabilmente Gesù poco prima che “il Figlio dell’uomo” iniziasse la vita pubblica, spirando serenamente tra le sue braccia. Non a caso quel padre da secoli viene venerato anche quale patrono della buona morte.

Giuseppe era, come Maria, discendente della casa di Davide e di stirpe regale, una nobiltà nominale, perché la vita lo costrinse a fare l’artigiano del paese, a darsi da fare nell’accurata lavorazione del legno.

Strumenti di lavoro per contadini e pastori nonché umili mobili ed oggetti casalinghi per le povere abitazioni della Galilea uscirono dalla sua bottega, tutti costruiti dall’abilità di quelle mani ruvide e callose.

Di lui non si sanno molte cose sicure, non più di quello che canonicamente hanno riferito gli evangelisti Matteo e Luca.

Intorno alla sua figura si sbizzarrirono invece i cosiddetti vangeli apocrifi.

Da molte loro leggendarie notizie presero però le distanze personalità autorevoli quali San Girolamo (347 ca.-420), Sant’Agostino (354-430) e San Tommaso d’Aquino (1225-1274).

Vale la pena di riportare soltanto una leggenda che circolò intorno al suo matrimonio con Maria.

In quella occasione vi sarebbe stata una gara tra gli aspiranti alla mano della giovane.

Quella gara sarebbe stata vinta da Giuseppe, in quanto il bastone secco che lo rappresentava, come da regolamento, sarebbe improvvisamente e prodigiosamente fiorito.

Si voleva ovviamente con ciò significare come dal ceppo inaridito del Vecchio Testamento fosse rifiorita la grazia della Redenzione.

San Giuseppe non è solamente il patrono dei padri di famiglia come “sublime modello di vigilanza e provvidenza” nonché della Chiesa universale, con festa solenne il 19 marzo.

Egli è oggi anche molto festeggiato in campo liturgico e sociale il 1° maggio quale patrono degli artigiani e degli operai, così proclamato da papa Pio XII. Papa Giovanni XXIII gli affidò addirittura il Concilio Vaticano II.

Vuole tuttavia la tradizione che egli sia protettore in maniera specifica di falegnami, di ebanisti e di carpentieri, ma anche di pionieri, dei senzatetto, dei Monti di Pietà e relativi prestiti su pegno. Viene addirittura pregato, forse più in passato che oggi, contro le tentazioni carnali.

Che il culto di San Giuseppe abbia raggiunto in passato vette di popolarità lo dimostrano anche le dichiarazioni di moltissime chiese relative alla presenza di sue reliquie.

Per fare qualche esempio particolarmente significativo: nella chiesa di Notre-Dame di Parigi ci sarebbero gli anelli di fidanzamento, il suo e quello di Maria; Perugia possiederebbe il suo anello nuziale; nella chiesa parigina dei Foglianti si troverebbero i frammenti di una sua cintura.

Ancora: ad Aquisgrana si espongono le fasce o calzari che avrebbero avvolto le sue gambe e i camaldolesi della chiesa di S. Maria degli Angeli in Firenze dichiarano di essere in possesso del suo bastone.

È sicuramente un bel “aggiunto” di fede.( Autore: Mario Benatti )

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PD - Locandina 9 marzo 2018-page-001Venerdì 9 marzo alle ore 18.00 – nella sede del Partito Democratico di Amantea, Sezione “Moro-Berlinguer” (in Corso Vittorio Emanuele n. 71) – si terrà un Seminario di approfondimento per analizzare il voto alle elezioni politiche dello scorso 4 marzo, a cura del Prof. Roberto De Luca, Ricercatore di Sociologia Politica all’Università della Calabria.

L’obiettivo è quello di riflettere insieme sull’esito del voto e sulle prospettive che da questo derivano, ma anche quello di comprendere l’ondata emozionale che ha spinto i cittadini a preferire il Movimento Cinque Stelle nel Mezzogiorno ed il Centrodestra – con forte prevalenza della Lega – nel Nord del Paese.

Sarà l’occasione per approfondire le tematiche legate alla nuova legge elettorale, ma anche per riflettere sul valore della partecipazione al voto, sulla qualità dei processi democratici e sulla costruzione del consenso.

Il Seminario è aperto a tutti e sarà trasmesso in diretta streaming sulla pagina Facebook del Partito Democratico di Amantea: https://www.facebook.com/PartitoDemocraticoAmantea/

A seguire è convocata la Direzione del Partito.

Amantea, 7 marzo 2018

PD AMANTEA

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