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Oltre 50mila bottiglie d'acqua e 25mila litri di vino erano conservati in precarie condizioni igieniche.

Cento pedane di acqua minerale (50.000 bottiglie) tenute in condizioni igieniche del tutto precarie, all’interno di un capannone industriale abbandonato, in uso ad un noto supermercato di via del Progresso a Lamezia.

 

 

 

E, nello stesso capannone, ma in uso ad altra ditta di Lamezia, una vera e propria linea di imbottigliamento di vino (cileno) nelle cosiddette “bag in box” in versione regalo di Natale: 25.000 litri di vino conservato anch’esso in precarie condizioni igieniche e con l’utilizzo di additivi chimici di dubbia provenienza per impedirne l’irrancidimento.

È il frutto del sequestro di questa mattina portato a segno dagli uomini del Nas di Catanzaro guidati dal tenente Pizzurro, unitamente al locale Norm radiomobile della compagnia di Lamezia Terme e del personale dell’Icqrf Calabria e dell’Asp pure intervenuti sul posto.

Il sequestro si è reso necessario attese le condizioni igieniche e strutturali del capannone assolutamente inidoneo alla conservazione di alimenti di alcun genere.

Sul pavimento e sulle confezioni di acqua erano presenti finanche escrementi di animali, che facilmente possono introdursi nei detti locali.

Sull’enorme quantitativo di vino cileno, sono in corso le opportune verifiche per accertarne la provenienza effettiva e l’eventuale avvenuta sofisticazione con grave pregiudizio per la salute degli ignari consumatori.

Pubblicato in Basso Tirreno

Nell’ambito degli accertamenti svolti a tutela delle fasce deboli, i Carabinieri del NAS di Cosenza hanno ispezionato due differenti centri per anziani scoprendo, al termine delle verifiche, che entrambe le strutture erano gestite da un’associazione iscritta come onlus ma che in realtà svolgeva regolare attività imprenditoriale di assistenza agli anziani caratterizzata pertanto dal fine di lucro e dal vincolo della subordinazione dei lavoratori.

Alla luce dei riscontri avuti, i due centri risultavano ad ogni effetto case di riposo per anziani abusive perché attivate in assenza delle prescritte autorizzazioni; è stata inoltre contestata la mancata comunicazione all’autorità di P.S. delle generalità degli ospiti alloggiati in violazione del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza.

Informata dai militari del NAS, la Regione Calabria ha disposto l’immediata chiusura di entrambi i centri e il trasferimento degli anziani ospiti presso altre idonee strutture.

Il Comune di Palermo, a seguito di una segnalazione trasmessa da parte del locale NAS, ha emesso un’ordinanza di immediata cessazione attività nei confronti di una comunità alloggio per anziani.

Il provvedimento, dal valore di 300.000 euro, deriva da una precedente ispezione effettuata nei giorni scorsi da parte dei Carabinieri siculi, durante la quale i militari avevano accertato che la struttura era priva di autorizzazione.

La titolare della comunità è stata segnalata alla Procura della Repubblica di Palermo per aver omesso di comunicare, all’Autorità di Pubblica Sicurezza, le generalità delle persone alloggiate.

I carabinieri del Nucleo Antisofisticazioni e Sanità di Reggio Calabria, nell’ ambito di un servizio disposto in campo nazionale dal Comando carabinieri Tutela Salute, hanno effettuato controlli nell’intera provincia reggina.

A Bovalino, i militari hanno sorpreso un uomo esercitare un’attività dentistica senza il possesso di alcun titolo abilitativo.

 

 

 

È stata quindi sequestrata la clinica e l’uomo è stato denunciato per aver esercitato abusivamente la professione sanitaria.

A Reggio, invece, è stato denunciato il responsabile di una casa di cura e riabilitative per malattie psichiatriche poiché ha attivato la struttura in assenza di titoli autorizzativi.

A Gioia Tauro infine, in un centro medico polispecialistico e laboratorio di analisi cliniche è stato denunciato un impiegato per esercizio abusivo della professione mentre il legale responsabile e il direttore sanitario sono stati denunciati per aver agevolato l’uomo ad esercitare l’attività di prelievo ematico senza abilitazione. (ANSA)

Pubblicato in Reggio Calabria

nasI Carabinieri di Vibo Valentia e gli specialisti del Nas hanno denunciato in stato di libertà la Commissaria straordinaria dell'Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia Angela Caligiuri, di 63 anni, per le "gravi carenze igienico-sanitarie riscontrate in ogni reparto dell'ospedale Iazzolino". I militari hanno adottato il provvedimento al termine di un'ispezione che rientra nei controlli avviati nelle varie strutture sanitarie della provincia e dopo avere passato al setaccio le unità operative di Utic/Cardiologia, Rianimazione, Chirurgia ostetricia, e ginecologia. Alla commissaria vengono contestate "gravi carenze di condizioni igienico strutturali".
fonte
Pubblicato in Vibo Valentia

Analisi di laboratorio a sbafo: indagate 2.300 persone a Genova, ci sono anche delle suore

Analisi di laboratorio a sbafo anche se c'era da pagare solo un mini-ticket di 6 euro.

E' invece maxi il procedimento con cui la procura di Genova ha indagato 2.300 persone

nell'ambito dell'inchiesta sulle analisi di laboratorio fatte a amici e parenti senza pagare il ticket all'ospedale San Martino di Genova.

Un abitante su 250 del capoluogo ligure, insomma.

Secondo quanto ricostruito dai carabinieri del Nas, tra il 2015 e il 2016, almeno 600 dipendenti avrebbero evitato a conoscenti, amici, parenti, e anche a loro stessi, di pagare il ticket per le analisi di laboratorio.

Le accuse, a vario titolo, sono falso, truffa ai danni dello Stato e accesso abusivo al sistema informatico.

Il sistema scoperto dai Nas era semplice: per evitare code e ticket si faceva risultare il paziente ricoverato: il dipendente accedeva al sistema dell'ospedale e immetteva i dati della persona.

Tra quelli che avrebbero usufruito delle agevolazioni anche alcune suore.

L'indagine è partita da alcuni esposti presentati in procura tre anni fa.

Secondo quanto appurato, i pazienti avrebbero evitato anche di pagare importi minimi: i militari, infatti, hanno contestato ticket non pagati per 6, 15 o 36 euro.

La Corte dei conti nel 2017 aveva condannato a un risarcimento di quasi 96 mila euro, 37 dipendenti e ex dipendenti del laboratorio di analisi dell'ospedale San Martino di Genova.

Tra loro anche il direttore del laboratorio, Michele Mussap.

Pubblicato in Italia

Nelle prime ore di stamattina 2 ottobre, in Bisignano, i militari del Comando Provinciale Carabinieri e del Nas di Cosenza, coadiuvati da personale della Compagnia di Intervento Operativo del 14° Battaglione Calabria e da unità antidroga del Nucleo Cinofili dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria, hanno dato esecuzione a 6 ordinanze di custodia cautelare (di cui 4 in carcere, 1 agli arresti domiciliari ed 1 obbligo di dimora), emesse dal Gip presso il Tribunale di Cosenza, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di altrettanti soggetti, indagati in concorso per i reati di “spaccio di sostanze stupefacenti”, “truffa in danno del Servizio sanitario nazionale”, “ricettazione” e “falsità materiale commessa dal privato”.

Sviluppo dell’attività investigativa.

L’indagine trae origine dalle dichiarazioni rese dalla madre di uno dei destinatari dei provvedimenti restrittivi, la quale, nel mese di maggio 2017, segnalava alla Stazione Carabinieri di Bisignano che il figlio era solito acquistare illegalmente, da alcuni spacciatori del luogo, un medicinale antidolorifico e narcotico, denominato “Durogesic”,in forma di cerotti transdermici contenenti quale principio attivo il “Fentanyl”, un potente analgesico oppioide sintetico avente effetti largamente superiori alla morfina.

I complessi approfondimenti investigativi consentivano di:

  • accertare un articolato e ben organizzato sistema di procacciamento dei menzionati cerotti da parte degli indagati, i quali, utilizzando ricettari provento di furto perpetrato in Ospedali ed Ambulatori della provincia di Cosenza e diversi timbri contraffatti, recanti i dati identificativi di un medico ormai in pensione o medici inesistenti,falsificavano le prescrizioni mediche ed acquisivano fraudolentemente, presso farmacie della Provincia di Cosenza (site nei comuni di Cosenza, Calopezzati, Castrovillari, Corigliano-Rossano, Mirto Crosia, Montalto Uffugo e San Marco Argentano) numerosissime confezioni di “Durogesic”;
  • comprovare l’esistenza di una ramificata rete di commercio illegale dei citati farmaci, rivenduti ai clienti con un prezzo variabile a seconda del taglio (cerotto intero 50€, mezzo cerotto 25€, striscia singola 10€),per un giro di affari di circa , cristallizzando le condotte delittuose degli indagati in ordine a circa 50 episodi di cessione a innumerevoli assuntori;
  • documentare una truffa, ammontante a circa , conseguente all’erogazione di medicinali interamente a carico del Servizio Sanitario Nazionale da parte di alcuni farmacisti della provincia, indotti in errore circa la genuinità delle ricette mediche.

Nell’ambito dell’indagine i militari operanti avevano già sequestrato 20cerotti transdermici, nonché 2ricettari non compilati riportanti il timbro dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza. 

Ulteriori riscontri durante l’esecuzione delle misure. 

Contestualmente alla notifica delle misure cautelari sono stati eseguiti 15 decreti di perquisizione domiciliare (9 dei quali a carico di altri soggetti indagati in stato di libertà per i medesimi reati), a seguito delle quali sono state denunciate in stato di libertà 2 persone, una per “detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti” ed una per “ricettazione”, nonché segnalati alla Prefettura di Cosenza quali assuntori di sostanze stupefacenti ulteriori 4 soggetti, procedendo complessivamente al sequestro di 5 cerotti transdermici“Durogesic”,4 prescrizioni mediche già compilate e recanti il timbro della locale azienda ospedaliera,32 confezioni di metadone, 2 grammi di eroina ed 1 grammo di hascisc.

“Fentanyl”, la nuova droga che ha invaso il mercato.

Il Fentanyl è un analgesico oppioide sintetico, più potente della morfina, utilizzato da ormai 20 anni soprattutto per le cure palliative oncologiche.

La principale caratteristica di tale prodotto è certamente quella del rapido assorbimento e quindi della capacità di produrre effetti narcotici in pochissimi minuti.

Assunto in assenza di dolore fisico e di adeguato controllo medico potrebbe determinare anche gravi effetti collaterali, generando conseguentemente uno stato di forte dipendenza, da intendersi come una sorta di necessità compulsiva di procurarsi la sostanza con ogni mezzo.

Purtroppo, si stima che la sempre più diffusa vendita illegale di farmaci oppioidi abbia prodotto un netto incremento delle morti per overdose: basti pensare che solo nel 2016, sono stati accertati oltre 42.000 casi di decessi negli Stati Uniti e circa 8.000 in Europa.

Uno di questi è il cantante Prince

Anche in provincia di Cosenza, non è una novità assoluta la diffusione di tale oppioide, già riscontrata proprio a Bisignano nel 2016 dai Carabinieri della Compagnia di Rende, nell’ambito di un’attività investigativa che aveva consentito di scoprire un vero e proprio traffico di farmaci a base di Fentanyl, illegittimamente prescritti da medici compiacenti.

Pubblicato in Cosenza

I Nas hanno acquisito una conversazione in cui il capo dell’ospedale di Reggio ammette l’uso dei bendaggi d’emergenza.

Causato dalla indisponibilità dei tutori in Pronto soccorso, malgrado la richiesta fosse stata inoltrata alla farmacia

 

Reggio Calabria. Leggiamo su IlCorrieredellacalabria che “Il dg sapeva tutto. Frank Benedetto, ancor prima dello scoppio dello scandalo a livello nazionale, era a conoscenza del fatto che nell’ospedale di Reggio Calabria, talvolta, si usavano cartoni da imballaggio per stabilizzare gli arti dei pazienti ortopedici.

E sapeva anche che questi bendaggi d’emergenza erano dovuti alla carenza dei tutori standard presenti nei Pronto soccorso.

Tutti questi dettagli sono contenuti in una chat di Whatsapp che è finita agli atti dell’indagine condotta dai Nas su mandato del ministero della Salute.

In quelle conversazioni – che risalgono allo scorso 28 luglio, due giorni prima della pubblicazione dell’inchiesta del Corriere della Calabria –, il capo del Grande ospedale metropolitano avrebbe commentato una delle foto che ha fatto il giro d’Italia.

Nell’immagine sottoposta all’attenzione di Benedetto, c’è la gamba di un paziente – un uomo – avvolta in un cartone di risulta. Il dg, nella chat, avrebbe definito quella “medicazione” come una vera e propria “schifezza”, non senza manifestare tutto il proprio disappunto al suo interlocutore. Benedetto, inoltre, avrebbe dimostrato di aver ben chiari i termini della questione, al punto di “assolvere” da eventuali responsabilità il primario, Angelo Ianni, e di puntare il dito contro il medico in quel momento di guardia nel Pronto soccorso e, in secondo luogo, contro l’ufficio responsabile della mancata consegna dei materiali medici.

Il dg avrebbe dunque fornito una spiegazione in merito a quelli che lui stesso – nell’informativa inviata al presidente della Regione Oliverio – ha definito come «bendaggi d’emergenza».

La fasciatura di cartone – spiegherebbe nella chat finita nel fascicolo d’indagine – sarebbe stata dovuta all’indisponibilità delle docce pneumatiche (i tutori ortopedici), tra l’altro formalmente richieste dal Pronto soccorso alla farmacia dell’ospedale.

Il “gesso” di cartone, avrebbe aggiunto Benedetto, sarebbe stato solo una alternativa temporanea in attesa dell’intervento vero e proprio. Il dg avrebbe ammesso un altro dettaglio, ovvero che il reparto, in quel momento, non era in possesso di tutti gli strumenti ortopedici di cui dovrebbe essere fornito un Pronto soccorso. Ne consegue che i medici di guardia, in assenza di strumenti idonei, sarebbero stati costretti a utilizzare materiale di cartone per stabilizzare gli arti dei pazienti.

L’ammissione di Benedetto si incastra con quanto dichiarato dalla stesso Ianni al Corriere della Sera, lo scorso 31 luglio: «È vero, al Pronto soccorso mancavano le clip che si usano per immobilizzare gli arti infortunati, io ho fatto richiesta con lettera protocollata già nel mese di marzo».

Da qui la domanda: quante volte e per quanto tempo, negli ultimi cinque mesi o anche prima, i sanitari del Pronto soccorso sono stati obbligati ad arrangiarsi con strumenti “non convenzionali” pur di garantire ai pazienti un’assistenza medica efficace?

Saranno, molto probabilmente, le indagini dei Nas a fornire anche questa risposta.

Dalla chat in possesso dei militari emergerebbero altri dettagli. Benedetto, nel corso della conversazione, dopo aver espresso il suo rammarico per quei bendaggi ortopedici inusuali, avrebbe anche sottolineato come il ricorso alle ingessature di cartone non fosse una responsabilità né sua né del primario, bensì dell’ufficio che si occupa delle forniture dell’ospedale, alle dirette dipendenze del direttore amministrativo dell’azienda.

La chat acquisita dai Nas fornirebbe nuovi elementi di indagine per un altro motivo: la gamba ritratta nella foto commentata da Benedetto è, con ogni evidenza, quella di un uomo; non appartiene perciò alla donna, G.O., che – oltre ad aver “riconosciuto” il suo piede – è stata individuata dallo stesso dg come l’unico paziente “trattato” con il cartone in Pronto soccorso. I casi di questo tipo accertati direttamente da Benedetto, quindi, potrebbero essere almeno due. In attesa dei risultati dei Nas.”

Adesso aspettiamo le risultanze finali della indagine e poi le scuse di chi ha negato la verità mentendo perfino in parlamento!

Pubblicato in Calabria

Dura lex, sed lex, che tradotto significa “La legge è dura, ma è la legge”.

Così dice l’antico motto latino di Socrate che invita a rispettare la legge.

Ma leggiamo anche che “Dura lex, sed lex, sed etiam non”

E tradotto significa che “La legge è difficile, ma è la legge, ma anche no!”

Ma sono tante le locuzioni latine, come i proverbi, e adatte a tutte le fattispecie della vita civile.

E’ il caso della locuzione di Cicerone “Summum ius, summa iniuria” che tradotta significa "somma giustizia, somma ingiustizia" oppure "il massimo del diritto, il massimo dell'ingiustizia".

La usiamo per indicare una applicazione acritica del diritto - che non tenga conto delle circostanze a cui le sue norme devono essere applicate nel singolo caso e delle finalità a cui esse dovrebbero tendere - ne uccide lo spirito e può facilmente portare a commettere ingiustizie o addirittura costituire strumento per perpetrare l'ingiustizia.

Non vogliamo affermare niente, ma noi siamo utenti degli esercizi pubblici e ci accorgiamo se essi sono puliti o meno.

Ed è per questo che restiamo sorpresi quando un esercizio pubblico viene chiuso.

Lo leggiamo sulla ordinanza sindacale emessa dal sindaco Mario Pizzino ( la n 19 del 4.4. 2018) notificata ieri 5 aprile donde la immediata chiusura di un qualificato esercizio pubblico amanteano.

La ragione è tutta nella parte della ordinanza nella quale è scritto: Visto che gli ambienti sopra descritti presentano criticità sostanziali che implicano i requisiti minimi previsti dalla normativa igienico-sanitaria vigente, indispensabili per la tutela della salute pubblica .il servizio ispettivo provvedeva ai sensi dell’art 8 del dlgs 507/99 alla chiusura sospensione immediata dell’attività, diffidando la gerenza a non utilizzare detti ambienti fino a quando non saranno ripristinate le condizioni minime previste dalla vigente normativa ( Reg CE 852/2004 e882/2004 e dlgs 193/2007).

Sorpresa in tutta Amantea.

Ma stando a quanto sembra i proprietari non stanno perdendo tempo ed hanno già iniziato a fare quanto disposto dai carabinieri del NAS

A giorni la riapertura.

Pubblicato in Politica

Il sindaco Mario Pizzino con ordinanza n 6 del 6.2.2107 ha disposto la chiusura dell ’ambulatorio medico” GOOD LIFE srl

L’ambulatorio aveva sede in Amantea alla Via della Libertà Centro commerciale GEFA ed aveva come amministratore unico Provenzano Carmelina nata a Cosenza il 1.2.1971, residente in Amantea alla via Stromboli

Lo ha chiesto la regione Calabria Dipartimento Tutela della salute settore n 10 con nota protocollo 26974 del 25 gennaio 2018 assunta al protocollo del comune di Amantea n 1723 del 1.2.2018

Tutto era partito dalla ispezione effettuata il 21.11.2017 dalla commissione regionale tecnica per la autorizzazione e l’accreditamento dell’ASP di Cosenza insieme ad operatori di NAS che hanno redatto verbale amministrativo

L’ ambulatorio avrebbe dovuto effettuare prestazioni odontoiatriche ma mancava della autorizzazione di cui all’art 3 della LR 24/2008

La polizia municipale provvederà a verificare la avvenuta esecuzione della ordinanza.

Pubblicato in Cronaca

I carabinieri di Pizzo, in collaborazione con i colleghi del Nucleo ispettorato del lavoro di Vibo Valentia, del Nas (Nucleo Anti-sofisticazione) di Catanzaro, del Nucleo Ambiente della sezione di Polizia giudiziaria della Procura della Repubblica di Vibo Valentia e del Comando Stazione Forestale Carabinieri di Vibo Valentia,hanno fatto un colpo grosso.

Sono andati a controllare gli impianti di depurazione delle strutture ricettive dei comuni costieri,ed hanno trovato gravi irregolarità in un noto ristorante

In particolare hanno riscontrato la presenza di 22 lavoratori non regolarmente occupati su 27

Poi hanno trovato gravi carenze igienico-sanitarie nelle cucine.

Infine hanno accertato lo scarico abusivo di acque reflue domiciliari ed industriali sul suolo.

Sul nome del locale i carabinieri mantengono al momento il più stretto riserbo per non compromettere l'esito delle indagini tuttora in corso.

Ma il ristorante è stato chiuso.

Così che basta farsi un giro per capire quale è il ristorante in questione

A seguito degli accertamenti sono state elevate contravvenzioni amministrative per un importo totale di 131.000 euro.

Pubblicato in Vibo Valentia
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