Ad Amantea, in Calabria, vi è una strada, lunga 700 metri, che porta un nome pieno di insidie, scomodo e in qualche misura ingannatore: Giuseppe Garibaldi. Il tanto celebrato eroe dei due mondi - che però non riuscì a diventare eroe-unificatore del Su e del nord di una penisola chiamata Italia - chiese a migliaia di cittadini del meridione di donare per quella causa il loro bene più prezioso: la vita! Una vita che veniva vissuta lavorando la terra o remando e pescando sul e nel mare di Ulisse.
A distanza di quasi un secolo e mezzo gli abitanti di questa scomoda via - che va dalle Scuole Elementari “Manzoni”, passando sotto un tunnel delle Ferrovie dello Stato senza luce, per sfociare sul lungomare dove lunghi raggi di sole all’imbrunire fendono il mare di Ulisse e finiscono su un fedele inginocchiato davanti alla statua di Santo Pio nei pressi della storica Rotonda - sono chiamati a pagare un prezzo altissimo per il semplice fatto di abitare in quella Via.
Un prezzo che in qualche maniera viene addebitato all’atto di quel Giuseppe che consegnò ad un Re Savoiardo, in quel di Teano, la terra ancora calda di sangue fumante di meridionali che ebbero fiducia in lui e ai suoi ingannevoli ideali repubblicani.
In questi giorni si “celebra” l’anniversario di una grande sceneggiata: la ‘presa di Palermo’ da parte di Garibaldi e dei mille. Gli “scrittori salariati” l’hanno descritta come una battaglia in cui l’eroe dei due mondi e il suo scalcagnato esercito di mercenari, massoni e mafiosi “si coprirono di gloria”. Tutte balle. La verità è che i garibaldini ‘vinsero’ con la corruzione, grazie al tradimento del generale borbonico Ferdinando Lanza. Pensate: 20 mila soldati super equipaggiati che si arresero a un pugno di straccioni…
Ogni singolo centimetro di questi 600 metri di “asfalto” nasconde una minacciosa trappola: voraci ratti di fogna, vampiri camuffati da zanzare, acqua che sgorga dalle sue viscere che all’ignaro sconosciuto potrebbe apparire come petrolio greggio invece di acqua inquinata e putrefatta col suo odore rancido e nauseabondo che penetra nelle narici e negli intimi indumenti.
Atti di vera prepotenza, angherie e insulti , che i circa 500 abitanti di questa “strada” hanno sempre subito fino ad oggi. E venivano elargiti di volta in volta dall’ Amministrazione comunale di turno.
Auspico a tutti noi che l’Amministrazione attuale, rompa la tradizione, e smettere di guardare con disprezzo gli abitanti della via di quel Giuseppe Garibaldi che tanto nocumento arrecò al Sud.
I notabili, per dirla alla Gaetano Salvemini, hanno da sempre elargito promesse verbali ai dannati. Promesse verbali destinate a rimanere tali fino alle ultime elezioni.
Credo che per i Dannati di Via Garibaldi e per la nuova Amministrazione comunale, sia arrivato il momento di dire basta a tutto questo!
Basta con lo schifo che fuoriesce dai tombini!
Basta con l’asfalto dissestato!
Basta con le promesse!
Gli abitanti dell’innominabile Strada vorrebbero che tutto questo cessasse, rinominando la loro strada col nome del grande filosofo arabo Averroè, anche perché un bel numero di vie della città riportano nomi savoiardi fuori contesto e nessuna in onore a quei nostri cugini venuti dall’altra sponda del Mediterraneo e che resero, per parecchi anni, Amantea un “Emirato”.
Gigino Adriano Pellegrini- G elTarik