El Tarik non può aspettare. Non so voi, ma personalmente la cosa mi sconforta.
Era bello sapere che lui era ancora in giro, che la prendeva come viene, per noi miserabili.
Accidenti! Spero proprio che alla fin fine non avrà ragione.
Con questo direi che abbiamo concluso, è praticamente tutto. Le cose sembrano essersi messe bene per lui e qualche altro onesto cittadino. È stata una bella storia, sofferta ma pulita. Non vi sembra? Mi ha fatto proprio ridere. Almeno in certi punti.
Mi è dispiaciuto che qualcuno se ne sia andato prematuramente.
Ma, d'altra parte, ho saputo che c'è un piccolo ribelle in arrivo. Credo che sia questo il modo in cui la dannata commedia umana procede e si perpetua. Di generazione in generazione, la carovana che va ad ovest attraverso il deserto, nel tempo, fino a... ma guarda un po', ho ricominciato a vaneggiare! Beh, io spero che vi siate divertiti e che ci vedremo ancora lungo il cammino.
Ehi, amico, t'è rimasta un po' di granita di fragole?
Quella buona! Sotto il cielo stellato di giugno, El Tarik si avvia, a mia insaputa, verso una nuova ed esaltante attività nel bel mezzo del Mare di Ulisse, dove non vi sono cornacchie né sparaballe a rompere le scatole, ma solo il beccheggiare dolce del mare sui fianchi della Zuby II.
Oh, aver qui una Musa di fuoco, per poterci levar sempre più in alto nell’immaginazione, verso più intense e luminose sfere!! Un oceano per scenario, principi per attori, una platea di re per spettatori di questa grande rappresentazione! Vedremmo allora agir, come dal vero, su questa scena, il bellicoso G, nel portamento simile ad un Marte, recandosi al guinzaglio come cani impazienti di agire al suo comando, la fame, il ferro, il fuoco…
Perdonate, cortesi spettatori, le nostre disadorne e anguste menti se abbiamo osato presentarvi qui, su questo nostro indegno palcoscenico, sì grandioso argomento:
I tromboni sono dei personaggi immortali della commedia umana, si annidano tra le pieghe di ogni comunità e lì allignano, rotolano nel fango e nella loro merda, s’infrattano, si gonfiano come rospi nelle notti d’estate, tutti boriosi e caproni della loro nullità e tutti verdognoli a causa del loro infinito bovarismo e così, visto che sono privi di una personalità definita, novelli Zelig, si modellano su qualsiasi evento accada, grande o piccolo che sia, per diventare concavi se quelli sono convessi e convessi se quelli sono concavi, e poter così succhiar loro linfa e sangue e umori e poi masticarli, ruminarli e trangugiarli fino a farli diventare parte di loro stessi. Far emergere, come in un testamento spirituale, tutta l’essenza di un teatro in cui la risata sgorga, amara, da una vera «poetica del cialtrone», capace di svelare senza indulgenze la sproporzione tra l’atteggiamento sbruffone e millantatore degli Amanteani e le loro reali capacità, il loro individualismo tanto generoso di parole quanto gretto nell’animo e nei fatti. Ridere delle miserie umane, infierire sui disgraziati smascherandone difetti, tabù e pregiudizi. Non sempre bisogna andare a cercare significati metaletterari dove non ci sono. Non tutto è metafora e allegoria. A volte le cose sono così e basta. Così, anche su questa “tranquilla” cittadina del Sud, la morte aleggia in sogno sulla città. Simile a un dipinto di Chagal, simile ai quattro cavalieri dell’Apocalisse che solcano i cieli in nome della storia, “Il Pensiero meridiano vuol dire fondamentalmente questo: restituire al Sud l’antica dignità di soggetto del pensiero, interrompere una lunga sequenza in cui esso è stato pensato da altri” (Franco Cassano). Dalla prua di Zuby II, all’improvviso El Tarik decide di abbandonarmi tuffandosi e a nuoto raggiungere una petroliera battente bandiera Libanese. Si è arreso davanti a tanta negligenza, buffonaggine, incapacità. Ha deciso di non rivolgere più lo sguardo verso la costa e immaginare una comunità, quella Amanteana, in perfetta armonia con il proprio passato e proiettata verso un futuro radioso per i propri figli non più costretti a vivere lontani dal luogo che li ha visti nascere. El Tarik mi ha lasciato solo in questa valle di lacrime e dabbenaggine, senza aspettare lo scontato risultato delle elezioni comunali.
Gigino A Pellegrini