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Redazione TirrenoNews

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Non mi faccio mettere in croce, né mi lascio friggere, sembra dire Scopelliti con il suo annuncio di dimissioni in massa e con il conseguente ritorno alle urne entro giugno.

Praticamente una soluzione invocata da tutti, e soprattutto dal PD.

Qualcosa non torna.

Bisognerebbe esser dentro per meglio capire a chi sta parlando Scopelliti con questa scelta.

Una sola cosa sembra certa e cioè che il governatore non ci sta.

Non ci sta quando afferma che «Ad oggi non è emerso un solo elemento probatorio che consenta di individuare la certezza della mia responsabilità. Credo che ci siano anche delle riflessioni da fare. Ho firmato gli stessi atti che ha firmato il sindaco facente funzione che mi ha sostituito», sibillinamente chiedendo come mai solo lui sia stato giudicato.

Non ci sta quando ha commentato la decisione del collegio giudicante, parlando di una «sentenza clamorosa», che considera «un messaggio inquietante per tutti coloro che rivestono una carica istituzionale».

Non ci sta quando sussurra «Non gioisca il centrosinistra rispetto a queste scelte e a queste sentenze perché non vince la politica»

Certo resta da cambiare la legge regionale sul numero dei consiglieri regionali stabiliti in 30 dalla legge e confermati dalla Corte costituzionale . occorre approvare immediatamente la nuova legge.

E comunque Scopelliti resta incandidabile, come Berlusconi.

Anche alle europee: sarebbe ben strano una sentenza che vieta in Italia e permette in Europa.

Che significa allora quel «Torneremo, non ci arrendiamo», che Scopelliti ha dichiarata davanti a palazzo Alemanni, dove si è svolto il vertice politico che ha assunto la decisione?.

Già! A chi sta parlando l’ormai ex governatore Scopelliti?

La Commissione Ue ha deferito l'Italia alla Corte di Giustizia europea per non aver recepito la normativa comunitaria in materia di diritti dei passeggeri nel trasporto ferroviario.

Il regolamento Ue sui diritti dei passeggeri stabilisce obblighi vincolanti per gli Stati membri che dovevano essere applicati entro il 3 dicembre 2009.

Secondo quanto spiega Bruxelles, l'Italia non ha ancora istituito un organismo ufficiale e autorizzato a vigilare sulla corretta applicazione del regolamento sul suo territorio, nè ha stabilito norme volte a sanzionare violazioni della legge.

Senza queste due azioni necessarie, «i passeggeri che viaggiano in treno in Italia o verso altri Paesi dell'Ue non possono far rispettare i loro diritti in caso di problemi».

«La protezione dei passeggeri che viaggiano in Europa è una delle pietre miliari della politica dei trasporti Ue - osserva il vicepresidente della Commissione, Siim Kallas, responsabile per i Trasporti -. Tutti gli Stati membri devono garantire la messa in atto di strutture a cui i passeggeri possano rivolgersi per far rispettare i loro diritti e sanzionare le violazioni. Così si garantisce anche un clima di concorrenza equa per il settore ferroviario in tutta l'Europa».

Insomma una Italia che si preoccupa di ridurre lo stipendio dell’AD Moretti ma nessuno, Moretti compreso, si preoccupa dei diritti dei pendolari

In queste condizioni appaiono giustificati tali stipendi?

Ecco gli stipendi degli AD delle ferrovie:

Dice Moretti “All’inizio prendevo 1,1 milioni e chi mi ha preceduto ne prendeva anche 1,6”

Ora ne prende 873.000, praticamente 2391 euro al giorno, Natale e Pasqua compresi, praticamente 100 euro ad ora, comprese quelle mentre dorme, mangia , si fa la barba, la doccia e fa tutto il resto.

Con metà di quanto guadagna al giorno agli Italiani fortunati è chiesto di vivere un mese, famiglia compresa!

E senza diritti se dovesse prendere il treno!

Come dico spesso: voglio scendere!

Ora che gli chiedono di percepire quanto percepisce il Presidente della Repubblica cioè 239.181, praticamente 20 mila euro per 12 mesi, lui si incazza e minaccia di andare via!

Se va via chissà se prenderà il treno?

Ah, che sia chiaro, non c’è solo lui!

La spending review entra nel vivo.

Come evidenziato dal ministro Marianna Madia occorre alleggerire la macchina statale di 85 mila posti anche al fine di sostituire i vecchi dirigenti con giovani che diversamente non troverebbero mai lavoro fino a quando gli statali non vengono mandati via

Già bello non fare nulla o fare poco ed essere pagati anche lautamente!

Ma il problema comincia diventare spinoso anche per i dipendenti di Roma

Roma vorrebbe accompagnare in uscita circa 4 mila propri dipendenti per far fronte alle difficoltà di bilancio ed aspetta la circolare che spieghi come fare.

Strano, visto che il sottosegretario alla Pubblica amministrazione Rughetti ha spiegato nei giorni scorsi che a livello locale sono stati già autorizzati prepensionamenti relativamente al Comune di Novara.

Aspettano anche Inps e Inail che hanno esuberi rispettivamente pari a 3.200 e 1.100 persone. Anche loro aspettano la circolare della Funzione Pubblica; il ministero più misterioso d’Italia!

Facciamo chiarezza.

La materia è trattata da una serie di norme inapplicate od applicate ad usum delphini

La legge prevedeva infatti il collocamento in pensione obbligatorio per chi avesse raggiunto al 31 dicembre 2011 il trattamento pensionistico( parliamo di 35 anni di contributi e 62 anni e 3 mesi di età ) ma ci risultano trattenimento in servizio che potrebbe essere illeciti.

Tanto è vero che ora si manderebbero in pensione anche coloro che alla data del 31 dicembre non avessero raggiunto i su richiamati parametri.

Si parla secondo i calcoli del ministero di 11000 persone in esubero nelle amministrazioni centrali (di cui 5.600 nei soli ministeri) e di 13.000 negli enti locali.

Secondo le valutazioni della Ragioneria sono collocabili , avendoi già conseguito il diritto entro fine 2011, 6.000 lavoratori di ministeri ed enti pubblici e 2.000 delle amministrazioni locali. In tutto dunque 8.000. Per queste persone l’onere sui conti pubblici si limiterebbe alle sole liquidazioni visto che le pensioni in più sarebbero compensate dagli stipendi in meno, ovviamente nell’ipotesi di non assumere nessuno in sostituzione.

Ora non resta che attendere la circolare e chiarire soprattutto la liceità dei trattenimenti in servizio a domanda.

È lecito che uno Stato permetta tanto a pochi e poi prepensioni molti.

Quale è il diritto da applicare ? Quello finanziario o quella della legge ?

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