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I 7 piccoli comuni di Terravecchia, Longobucco, Pietrapaola, Laino Castello, Alessandria del Carretto, Nocarae Panettieri, tutti in provincia di Cosenza, contestano la riduzione di orario degli uffici postali e ricorrono al TAR di Catanzaro. Era il 2105

A difendere i loro interessi l’avvocato Carmelo Salerno

Poi il procedimento amministrativo è passato al TAR Lazio

Ora, dopo 3 anni, il TAR Lazio dice «No alla riduzione dell’orario delle Poste

Il TAR ha stabilito che il servizio postale universale va garantito in ogni ambito territoriale e che ogni rimodulazione della organizzazione degli orari degli uffici va effettuata coinvolgendo preliminarmente i comuni interessati dalla riduzione di orario o addirittura dalla chiusura degli Uffici.

Con specifico riferimento poi al Comune di Panettieri, il Tar ha evidenziato che “il Comune di Panettieri è un comune montano e rurale, allocato in area svantaggiata, con strade di collegamento particolarmente malandate (ed in alcuni casi fatiscenti) che impongono tempi di percorrenza estremamente elevati, con mezzi di collegamento pubblici praticamente inesistenti; ha una popolazione molto anziana che spesso non è in possesso di mezzi propri; tali aspetti concreti non sono stati valutati da Poste Italiane che ha adottato provvedimenti standardizzati laddove, invece, avrebbe dovuto valutare la specificità delle situazioni in cui versano le popolazioni; va detto, altresì, che il Comune di Panettieri è situato ad elevata altitudine e, spesso, nei mesi invernali il collegamento pubblico non può essere garantito per lunghissimi periodi, per cui la consultazione con il Sindaco e la valutazione della rimodulazione congiuntamente al rappresentante della comunità locale si rendeva particolarmente doverosa”.

Soddisfatti tutti i sindaci, tra cui quello di Panettieri che ha affermato : «Sono soddisfatto per l’annullamento del provvedimento di riduzione dell’orario dell’ufficio postale del comune di Panettieri che dal 2015, epoca in cui è entrata in vigore la riorganizzazione dell’orario, ha visto fortemente pregiudicata la possibilità dei miei concittadini di poter fruire adeguatamente di tutti i servizi offerti da Poste Italiane.

È un dato di fatto che i piccoli comuni ubicati in zone montane e svantaggiate negli ultimi anni sono destinatari di provvedimenti politici, amministrativi ed organizzativi che vanno sempre di più a danneggiare le già precarie condizioni di chi vive nelle piccole comunità.

Gli abitanti dei piccoli comuni, i sindaci e gli amministratori spesso - anzi quasi sempre - affrontando le quotidiane difficoltà in completa solitudine, senza poter contare sulla vicinanza degli enti pubblici “sovraordinati” di solito più attenti ad assecondare le esigenze e le istanze provenienti da comuni e città a più alta densità abitativa, con ciò favorendo un continuo ed inarrestabile spolpamento delle aree interne e dei comuni montani che, com’è noto a tutti, rappresentano una ricchezza inestimabile per la nostra regione ed il nostro Paese.

Un ringraziamento va all’avvocato Carmelo Salerno che ha portato avanti con professionalità le tesi in favore del Comune, dimostrando grande sensibilità ed attenzione, politica oltre che professionale, per le ragioni della comunità di Panettieri».

La innovativa sentenza sembra comunque spendibile per tutti i comuni, anche di medie dimensioni, nella parte in cui afferma la universalità del servizio postale che deve essere garantito in ogni ambito territoriale e che comunque ogni rimodulazione della organizzazione degli orari degli uffici va effettuata coinvolgendo preliminarmente i comuni interessati dalla riduzione di orario o addirittura dalla chiusura degli Uffici. Ai comuni la difesa dei servizi!

Pubblicato in Primo Piano

Tropea come Amantea ? Sembra di si!

Il Tar del Lazio ha accolto il ricorso che era stato presentato per chiedere l'annullamento dello scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Tropea.

Il ricorso era stato proposto dal sindaco, Giuseppe Rodolico, e da due assessori, assistiti dagli avvocati Alfredo Gualtieri e Demetrio Verbaro.

Lo scioglimento del Comune era stato disposto dal Consiglio dei Ministri il 10 agosto del 2016 su proposta dell'allora Ministro dell'Interno, Angelino Alfano.

Secondo gli avvocati Gualtieri e Verbaro, "mancavano del tutto gli elementi per adottare il provvedimento di scioglimento del Comune perché non c'era nulla che potesse fare presumere infiltrazioni nell'ente da parte della criminalità organizzata".

I giudici amministrativi del Lazio accolgono il ricorso degli ex amministratori e “bocciano” l’operato della Commissione di accesso agli atti e della Prefettura di Vibo. Caso chiuso?

Il provvedimento è stato adottato dalla prima sezione del Tar Lazio.

Il decreto era stato adottato sulla scorta di una relazione redatta dalla Commissione di accesso agli atti composta dal viceprefetto Lucia Iannuzzi, dall'allora comandante della Compagnia dei carabinieri di Tropea Francesco Manzone e dal capitano della Guardia di finanza Giovanni Torino,

Ora i giudici amministrativi hanno deciso che si è in presenza di una “carenza nella fattispecie dei presupposti per lo scioglimento degli organi elettivi locali”.

Il Tar ha notato che è stata la stessa Commissione di accesso agli atti ad aver usato la parola “presumibilmente” ("presumibilmente vicini alle cosche la frase esatta") in riferimento ad alcune persone presenti all’incontro. Si tratta di un grave errore motivazionale, perché una persona o è vicina ad un clan o non lo è, lasciando invece le "presunzioni" il tempo che trovano in termini giuridici.

Per esempio i certificati penali del futuro sindaco Giuseppe Rodolico, dell’avvocato Giovanni Vecchio (cugino del sindaco), di Antonio Bretti (poi nominato assessore), e del vicesindaco Domenico Tropeano, tutti presenti alla riunione pre-elettorale all’hotel Santa Lucia di Parghelia, dimostrano per il Tar che i partecipanti alla lecita riunione non avevano alcun precedente penale per fatti di criminalità organizzata, gli unici utili a motivare un decreto di scioglimento degli organi elettivi dell’ente per infiltrazioni mafiose.

Si evince inoltre l’assenza di procedimenti penali pendenti in capo a tutti i partecipanti all’incontro pre-elettorale e l’assenza di frequentazioni con esponenti della criminalità organizzata. “Ne discende, in mancanza di prospettazione di ulteriori e puntuali elementi, l'insussistenza - scrive il Tar - a carico dello sindaco e del cugino”, cioè Giuseppe Rodolico e Giovanni Vecchio, di “elementi dotati di concreta e univoca valenza probatoria”.

Ora il ministero ha la possibilità di ricorrere al consiglio di Stato.

Lo farà?

E gli amministratori di Tropea faranno come quelli di Amantea? Chiederanno i danni morali?

Seguiremo la vicenda.

Pubblicato in Vibo Valentia

La vicenda - Il comune di Amantea in data 24 dicembre 2015 ha chiesto alla Cassa Depositi e Prestiti sette mutui( Campo sportivo Campora SG, rete fognante S Procopio, Campora , Fravitte, rete acquedottistica interna, ampliamento via PO, Prolungamento via Mazza, pavimentazione tratti stradali sottoferrovia, rotatoria Oliva).

 

La cassa DDPP con note del 29 dicembre ha comunicato di non aver concesso i mutui.

Come abbiamo scritto una scelta comune ad altri enti locali giudicati non affidabili.

Il comune con nota del 15 gennaio 2016 protocollo 790 ed ai sensi dell’art 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990 n 241 ha prodotto istanza di accesso ai documenti amministrativi della Cassa Depositi e Prestiti.

La cassa DDPP ha evaso la richiesta con nota dell’11 febbraio 2016 ed ha inviato gli atti istruttori.

Sempre il comune con delibera di giunta n 26 del 23 febbraio 2016 ha dato incarico legale allo studio Manzi di Roma per la verifica della posizione dei mutui, sostenendo che la conclusione del procedimento è consistita per tutte le posizioni in quanto segue;:” per l’anno in corso di non affidare l’ente in relazione alla suddetta posizione di prestito e per l’importo indicato” ma senza richiamare la citata nota dell’11 febbraio 2016 da parte della Cassa Depositi e Prestiti”.

Ed infatti i legali del comune hanno presentato ricorso al TAR Lazio avverso la decisione della Cassa DDPP.

Nel ricorso abbiamo letto che il “diniego della Cassa ha natura discriminatoria”!

Ed il 30 agosto relatore il dr Roberto Proietti, il TAR Lazio si è pronunciato.

 

Il TAR Lazio, seconda sezione, ha respinto l’istanza cautelare proposta da parte ricorrente ( comune di Amantea) e compensato le spese della fase cautelare.

Ha sostenuto il tribunale amministrativo che “ non ricorrono nella fattispecie i presupposti utili per la concessione della richiesta misura cautelare, in quanto non sono stati forniti idonei elementi di prova in ordine alla ricorrenza di un pregiudizio grave ed irrevocabile che conseguirebbe all’esecuzione degli atti impugnati, posto che è stato dedotto un danno generico inerente alla realizzazione di opere pubbliche ed allo svolgimento di servizi essenziali, senza fornire adeguati elementi di valutazione circa la concreta incidenza negativa degli atti impugnati”.

Questa prima soccombenza non dimostra che il TAR Lazio non possa in fase finale del giudizio dare ragione al comune di Amantea ove questi dimostrasse che dalla mancata o ritardata esecuzione delle OOPP per le quali erano stati richiesti i mutui derivassero gravi danni, ma certo sono un primo passo per riconoscere che la Cassa Depositi e prestiti non è stata faziosa o discriminante verso il comune di Amantea.

Ormai la storia degli scioglimenti dei consigli comunali annullati dai Tribunali amministrativi può permettere un serial televisivo ( chissà che qualcuno non lo faccia, prima o poi).

Dal 1991 al 2014 sono stati sciolti 241 Consigli comunali per infiltrazioni mafiose, di cui 14 annullati a seguito di ricorso.

Sono quindi tanti i casi di ripristino di cariche elettive al punto da doversi chiedere se non sia il caso di incaricare direttamente il TAR di competenza o da rivedere la normativa applicata.

Parliamo ovviamente di Amantea, di Botricello, di Strongoli, di Africo,di Cirò,di Bagaladi ed oggi di Joppolo. La metà dei 14 ricorsi accolti sono dunque calabresi.

L’ultimo ricorso accolto è quello di Joppolo per il quale il Tar Lazio dice che:

-«la tesi della sussistenza di elementi probanti di condizionamento e collegamento è rimasta indimostrata, perché non emergono concrete azioni di interferenza amministrativa poste in essere da appartenenti a cosche operanti nel territorio …».

- gli elementi che hanno portato allo scioglimento del civico consesso non possono dimostrare quella «consistenza e unidirezionalità necessaria a permettere una fondata percezione della loro forte e decisa valenza rivelatrice dei collegamenti esistenti tra gli amministratori locali e la criminalità organizzata».

-non è «di per sé non particolarmente significativo» il rapporto di parentela di uno dei consiglieri eletti nella maggioranza con un genero di una delle famiglie della cosca egemone nel territorio, tratto in arresto durante l’operazione della Dda di Catanzaro Black Money e poi prosciolto per non aver commesso il fatto.

-«deve ritenersi che gli episodi riferiti sono privi della pretesa valenza di prova da parte della criminalità organizzata del risultato elettorale, essendo basati su fatti privi della necessaria univocità e di rilevanza».

- «appare pacifico il fatto che l’indagine concernente il sindaco, diversamente da quanto riferito nella proposta ministeriale, non si riferisce ad ipotesi di reato riconducibili alla criminalità mafiosa».

-«nessuna realtà locale deve scontare, in linea di principio, la mera appartenenza a un più vasto territorio ritenuto pervasivamente interessato dalla presenza di fenomeni criminali radicati e organizzati nel territorio»

- “le vicende relative alle rilevate irregolarità amministrative non appaiono significative di condizionamento”

Concludendo va richiamata la recente sentenza del Consiglio di Stato ( III sez. C.d.S. n. 2054 del 2015, riguardante il comune di Augusta) secondo la quale” lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose non presuppone la commissione di reati da parte degli amministratori né l’esistenza di prove inconfutabili sui collegamenti tra l’amministrazione e le organizzazioni criminali, anche se le risultanze delle indagine penali ovvero l’adozione di misure individuali di prevenzione possono certamente costituire la base per la proposta di scioglimento dell’ente”.

Insomma, aspettiamo che la giustizia penale faccia il suo ( lungo) corso e poi sciogliamo( se ancora in vita) il consiglio comunale!

Vai su : http://www.avvisopubblico.it/home/documentazione/comuni-sciolti-per-mafia/lo-scioglimento-delle-amministrazioni-locali-nella-giurisprudenza-amministrativa/

Pubblicato in Politica

Prima la notizia e poi la riflessione sui costi

La notizia è quella che oggi mercoledì 21 gennaio il Tribunale amministrativo del Lazio ha accolto il ricorso presentato dall’allora sindaco Mario Caruso contro la decisione del Ministero degli interni, dell’ottobre 2013, di sciogliere il Consiglio comunale di Cirò per infiltrazioni mafiose.

 

Il consiglio era stato eletto da appena sei mesi.

Ora la giustizia amministrativa ha dichiarato che non c’è stata alcuna infiltrazione mafiosa e che lo scioglimento era sbagliato!

Ovviamente il Tar ha disposto la reintegra del Consiglio

Al tempo la commissione di accesso nominata dalla Prefettura di Crotone era composta dal vice prefetto Maria Carolina Ippolito, dal funzionario amministrativo contabile Giuseppe Belpanno e dal capitano Fabio Falco, comandante della Compagnia dei carabinieri di Cirò Marina.

La commissione aveva preso in esame gli atti della precedente amministrazione comunale guidata, sempre, da Caruso.

Coerentemente con la relazione della commissione, il prefetto Maria Tirone prima e il ministro degli interni Alfano, poi, motivarono la scelta dello scioglimento del consiglio con la necessità di “consentire le operazioni di risanamento delle istituzioni locali” e denunciarono “l’uso distorto della cosa pubblica si sia concretizzato, nel tempo, nel favorire soggetti o imprese collegate direttamente o indirettamente ad ambienti mafiosi”.

Tuttavia, già alla prima lettura della relazione si evidenziava che alcune delle tesi a supporto dello scioglimento del Consiglio erano molto traballanti.

Per esempio la famosa laurea pagata dal comune ad un dipendente comunale. Vicenda che finì sulle prime pagine di giornali nazionali, salvo poi scoprire che ad avviare quella disposizione, prevista da una legge dello Stato, era stata una commissione prefettizia (presieduta dal prefetto Gullotti) negli anni che precedettero l’Amministrazione Caruso.

Già a novembre scorso il Tribunale di Crotone (Maria Luisa Mingrone presidente, Rossella Nocera e Vladimiro Gloria giudici) aveva rigettato la richiesta di incandidabilità degli ex consiglieri comunale di Cirò formulata dal ministero dell’Interno dopo lo scioglimento del Consiglio comunale.

Anche in quell’occasione il Tribunale smontò punto per punto la tesi del ministero e della prefettura crotonese.

E proprio a quella sentenza si è rifatto il Tar del Lazio che ha smontato il dossier messo in piedi dalla Prefettura di Crotone e dal ministero degli interni, accogliendo il ricorso e disponendo il reintegro del Consiglio comunale nelle sue funzioni.

Mario Caruso contento dichiara “Era una battaglia giusta da fare per noi, ma soprattutto per togliere un’altra macchia alla comunità che non meritava una cosa del genere. Noi stavamo lavorando per rompere l’equazione Cirò-mafia e qualcuno ci ha voluto fermare”.

Ecco un sindaco che si preoccupa di sciogliere la macchia alla comunità!

Ora le domande.

Anche il sindaco di Cirò farà causa per aver riconosciuto la indennità per danni morali?

E quale sarà la indennità riconosciuta?

1,5 volte la indennità di amministratore come a Botricello o 6 volte come ad Amantea? ( vedi in Primo Piano “Ecco le “disparita'” italiane in materia di indennita' agli amministratori!”)

Pubblicato in Calabria

«Le cartelle di Equitalia e gli avvisi delle Agenzie delle Entrate sono per lo più nulli». Tutto deriva da una sentenza del TAR LAZIO.

Tutto nasce dalla richiesta, da parte di un contribuente, di conoscere il nome del funzionario che si occupava della sua pratica, per poter meglio valutare la sua strategia di difesa ed è in parallelo con quello di 767 dirigenti dello stesso ente la cui nomina è avvenuta attraverso procedure non corrette e quindi è stata decretata come nulla. 767 funzionari di Equitalia su 1146 sarebbero “abusivi”, quindi i loro atti nulli. Ma non è dato sapere chi siano.

«La questione è stata affrontata anche dalla stessa Corte dei Conti e dal Consiglio di Stato. Quest’ultimo sostiene, tra le righe, che Equitalia S.p.a. agendo in qualità di agente della riscossione, in quanto concessionario di un pubblico servizio, deve utilizzare, per tutte le incombenze, personale che opera in regime di diritto pubblico, ossia Dirigenti della Pubblica Amministrazione.Così, i restanti posti sono stati coperti con incarichi fiduciari, conferiti in barba alla legge secondo logiche clientelari. A coprire carichi dirigenziali sono stati chiamati semplici impiegati, che non avevano neanche la qualifica di funzionari e neanche quelli che sono stati retrocessi alla nona qualifica

Il Tar del Lazio ha stabilito che, all'interno delle Agenzie delle Entrate, gran parte del personale che firma gli accertamenti non ha i requisiti di "dirigente" per cui le cartelle di Equitalia e gli avvisi delle Agenzie delle Entrate sono tutti nulli.

Ora il Presidente letta è pregato di non trovare soluzioni vergognose a questa vergogna e semmai di trovare il coraggio di chiudere Equitalia!

Pubblicato in Italia
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