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universitàIl Comune di Trebisacce ha sottoscritto un’importante convenzione con l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”.

L’accordo, stretto con il Dipartimento di Scienze Politiche del prestigioso ateneo, crea per tutti gli studenti universitari dell’Alto Ionio nuove prospettive e opportunità.

Grazie a questa convenzione, che si affianca a quelle già esistenti, tra cui quella con l’Università degli Studi di Perugia e l’Unical di Cosenza, i tirocini universitari degli studenti, tappa obbligatoria del percorso di studio proprio degli attuali corsi di laurea, potranno essere svolti nell’ambito di una collaborazione con il Comune di Trebisacce.

Nello specifico, i tirocini derivanti dall’accordo sottoscritto con l’Università Aldo Moro di Bari sono di natura curriculare e non retribuita, e si sviluppano come tappa fondamentale dei Corsi di Laurea in Scienze del Servizio Sociale e Progettazione delle Politiche di Inclusione Sociale.

“Avere la possibilità di formarsi all’interno della macchina comunale della propria città– ha dichiarato l’Assessore all’Istruzione Roberta Romanelli– e così di completare, arricchendolo, il proprio di percorso di studi, è un’opportunità eccezionale offerta ai giovani universitari. Siamo pertanto fieri di aver sottoscritto questa convenzione, a cui ne seguiranno altre, creando le prospettive di una sinergia produttiva tra Università ed Amministrazione comunale. L’Università di Bari è una grande eccellenza del Sud, così come lo sono sicuramente gli studenti dell’Alto Ionio che la scelgono per costruirsi un proprio futuro. Ancora una volta, con atti pratici e concreti, dimostriamo la massima attenzione che la nostra amministrazione rivolge al mondo della scuola e dell’istruzione. Non solo i più piccoli sono al centro della nostra politica d’azione, ma anche tutti coloro che studiano e operano per diventare chi domani potrà scrivere le migliori pagine del futuro della nostra terra. Uno speciale ringraziamento va rivolto alla Dott.ssa Maddalena Anna Fiorello, Responsabile dell’Area Affari Generali del Comune di Trebisacce, che ha lavorato con passione e impegno alla stipula della convenzione” .

 Andrea Mazzotta

Responsabile Comunicazione Istituzionale

Comune di Trebisacce

Pubblicato in Calabria

portroneSe fosse ancora in vita Dante Alighieri avrebbe potuto intitolare questo articolo così:-Non c’è maggior dolore che ricordarsi dei tempi felici nella miseria-. Il 4 marzo scorso si sono svolte regolarmente e democraticamente le elezioni nazionali per il rinnovo della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Nessuno dei partiti in lizza è riuscito ad avere la maggioranza per poter formare da solo un nuovo governo. Comunque dalla competizione sono usciti vincitori il Movimento 5 Stelle e la Lega. Amara sconfitta del Pd di Renzi, uscito con le ossa rotte al di sotto del 20% dei voti. E Matteo Renzi, Segretario del Pd che fino al 4 marzo si vantava con orgoglio e baldanza di essere il primo partito in Italia col 40% di voti è stato costretto a dimettersi. Ha subito riconosciuto la sconfitta e si è messo momentaneamente da parte dicendo che da oggi in poi farà il semplice Senatore della Repubblica, invitando il suo partito a fare l’opposizione in Parlamento. Chi ha vinto è tenuto a fare il Governo, sempre se ci riuscirà ed avrà i numeri necessari. Ma non tutti i Deputati e Senatori del Pd vogliono fare opposizione. Non ci sono abituati. E poi non vogliono lasciare le comode poltrone che occupano. Infatti segretamente starebbero lavorando per fare fuori Renzi definitivamente e il grillino Di Maio, candidato del Movimento 5 Stelle a Presidente del Consiglio. Andrea Orlando e Dario Franceschini abbarbicati alle poltrone come l’edera hanno un piano segreto che dovrà materializzarsi dopo i fallimenti di Salvini e Di Maio a formare un nuovo Governo. Infatti stanno già interloquendo con alcuni parlamentari del Movimento grillino. Stanno pensando anche in questo senso due personaggi che il popolo italiano ricorda certamente. E i ricordi non sono belli. Uno è quel Romano Prodi che fu costretto a dimettersi sfiduciato dalla sua stessa maggioranza che per ben due volte aveva vinto le elezioni. L’altro è quel personaggio, Presidente del Consiglio da pochi mesi, che di notte tra il 9 e 10 luglio del 1992 mise le mani nelle tasche degli italiani rubando agli onesti cittadini che avevano un conto corrente bancario il 6 per mille su tutti i depositi. Mi riferisco a Giuliano Amato, il quale avendo ricevuto onori e gloria dal PSI e dal suo Segretario Bettino Craxi, non solo non è andato al suo funerale, ma neppure una sola volta è stato a depositare un garofano rosso sulla sua tomba ad Hammamet.

Quale sarebbe la condizione per formare un Governo Pd e Movimento 5 Stelle? Far fuori contemporaneamente Renzi e la sua pattuglia rimastagli fedele e Di Maio. Dicono Franceschini e Orlando che il Pd non potrà mai votare un Governo Di Maio e lo hanno fatto capire ai 5 Stelle. E lo dovrebbe capire anche Di Maio il quale dovrebbe fare un bel passo indietro: Rinunciare alla Poltrona. Ma è giusto, avrebbe detto alla Stampa uno dei registi della operazione, che ci arrivino piano piano. E chi dovrebbe essere il Premier? Un premier votabile. E chi potrebbe essere? Romano Prodi o Giuliano Amato. Mamma mia! E questi due personaggi sono la novità della XVIII Legislatura Repubblicana? Immagino che Franceschini e Orlando abbiano fatto una bella seduta spiritica alla quale abbia partecipato anche Romano Prodi come costui ha fatto 40 anni fa quando seppe dov’era prigioniero il grande uomo politico democristiano l’On. Aldo Moro. Renzi ha capito quello che si sta muovendo alle sue spalle e ha fatto dire al suo fedelissimo capogruppo al Senato Andrea Marcucci:- Il Pd non sosterrà mai nessun Governo del Movimento 5 Stelle. Se qualche dirigente vuol cambiare posizione, lo dica chiaramente-. Chiaramente non lo diranno mai. Sono, da vecchi marpioni della politica, a tramare in segreto e poi pugnalare alle spalle.

Pubblicato in Italia

La storia conosciuta è quella diffusa e comunque se non ricordata viene dimenticata.

39 anni fa veniva ucciso Aldo Moro.

In pochi a ricordarlo (avrà più fortuna nel 40° della sua morte?).

 

Tra questi l’Unical nel convegno “Aldo Moro e l’Intelligence”: svoltosi nei giorni scorsi ed in relazione al quale riceviamo e pubblichiamo il seguente comunicato:

“Lo statista e i due generali, quando Moro mediò coi golpisti

I rapporti dell'ex leader della Dc con de Lorenzo e Aloia. E spuntano retroscena sulla strategia della tensione...

Due falchi atlantisti in lotta perenne tra loro. Furono Giovanni de Lorenzo, generale dei carabinieri la cui immagine rimase legata al piano Solo, e Giuseppe Aloia, generale dell’esercito e comandante di stato maggiore della Difesa.

I due alti ufficiali, uniti dalla comune militanza nella Resistenza, furono in disaccordo praticamente su tutto: falchi che facevano a gara a chi volava più in alto.

Spregiudicato e incline al dialogo serrato con la politica che conduceva in condizioni di reciproco condizionamento, il carabiniere siciliano ebbe la carriera sfregiata dalla sua passione per l’intelligence.

Focoso ed efficientista, il generale romano tentò di ammodernare l’esercito per allineare la difesa italiana agli standard (qualitativi ma anche di fedeltà) richiesti dalla Nato. Per la sua opera organizzativa ricevette una medaglia da Kennedy mentre in patria si beccò accuse di criptofascismo (dovute anche all’istituzione dei corsi di ardimento in cui i militari venivano addestrati ad operazioni di guerriglia e controguerriglia secondo le dottrine Stay Behind).

Le loro carriere e la loro rivalità, che sfociò in inimicizia aperta, si svilupparono nel contesto delicatissimo dei primi governi di centrosinistra e delle prime riforme dei servizi segreti. Logica conseguenza di questa situazione, storica ed esistenziale, furono i rapporti piuttosto profondi con i vertici dei partiti di governo, in particolare la Democrazia cristiana. Incluso Aldo Moro.

I rapporti tra il leader della Dc e i due generali sono stati ricostruiti dallo studioso Francesco Maria Biscione della Fondazione Flamigni durante il recente convegno dell’Università della Calabria intitolato Aldo Moro e l’intelligence. Il senso dello Stato e la responsabilità del potere, organizzato da Mario Caligiuri, direttore del Master sull’intelligence.

In particolare, Biscione ha ricostruito, sulla base del corposo (e ancor oggi discusso) memoriale redatto dallo statista durante la prigionia nel covo delle Brigate Rosse, due episodi delicati della storia repubblicana, in cui Moro ebbe un ruolo determinante.

Il primo riguarda la vicenda turbolenta dell’effimero governo Tambroni (1960), che si reggeva anche grazie al supporto esterno del Msi. Nella caduta di questo esecutivo, avvenuta un anno dopo l’ascesa di Moro alla segreteria scudocrociata, ebbero un ruolo determinante le informazioni passate da de Lorenzo al leader Dc. In questo caso, la ricostruzione di Biscione è riscontrata da documenti dell’Archivio di Stato di Milano che provano l’effettivo interessamento del Sifar nella storia del governo Tambroni.

Il secondo episodio, decisamente più inquietante per via del contesto, è legato alla strategia della tensione. Siamo nel 1969 e Moro, stando alla ricostruzione di Biscione, avrebbe collegato l’inizio di questa strategia a un’iniziativa di Aloia rivolta alla Dc. Questa iniziativa, poco conosciuta e dal contenuto non ancora noto, divise i vertici Dc in due blocchi: tra i favorevoli vi furono Flaminio Piccoli e Mariano Rumor, tra i contrari lo stesso Moro.

La vicenda proverebbe, secondo Biscione, che alcuni settori dell’esecutivo sapessero della matrice nera delle bombe sin dal 12 dicembre 1969.

Resta una domanda: come mai Moro, che nel decennio successivo avrebbe iniziato il faticoso dialogo con il Pci, in quegli anni aveva rapporti così stretti con alcuni settori particolari del mondo militare?

Per Biscione la strategia dello statista si basava sulla consapevolezza che lo Stato contenesse anche l’antistato e, quindi, sulla necessità di trovare un punto di equilibrio il più avanzato possibile - nel partito, nella società e nei rapporti internazionale - perché eventuali rotture avrebbero precipitato il Paese in mano ai settori più reazionari.

Riteniamo comunque e sempre lì’importanza di tutte le memorie e per questo vi riportiamo le parola del giudice Ferdinando Imposimato, al tempo giudice istruttore della vicenda del sequestro e dell'uccisione di Moro, interviene sul Caso Moro. E lo fa da Reggio Calabria, sul palco della rassegna Tabularasa dell'associazione Urba/Strill.it.

"L'uccisione di Moro è avvenuta per mano delle Brigate Rosse, ma anche e soprattutto per il volere di Giulio Andreotti, Francesco Cossiga e del sottosegretario Nicola Lettieri.

Se non mi fossero stati nascosti alcuni documenti - ha aggiunto - li avrei incriminati per concorso in associazione per il fatto.

I servizi segreti avevano scoperto dove le Br lo nascondevano, così come i carabinieri.

Il generale Dalla Chiesa avrebbe voluto intervenire con i suoi uomini e la Polizia per liberarlo in tutta sicurezza, ma due giorni prima dell'uccisione ricevettero l'ordine di abbandonare il luogo attiguo a quello della prigionia".

Pubblicato in Italia

La ricorrenza del 16 marzo con il rapimento dell’On Aldo Moro e la barbara uccisione degli Uomini della sua scorta, rappresenta per me un momento di ricordo e di riflessione sul modo di fare politica nei giorni d’oggi. Partire da Moro per arrivare ed abolire l’attuale consociativismo becero e fallimentare e ricordare ,a noi tutti, che collocarsi all’opposizione non deve spaventarci ma serve per impostare una politica dell’alternanza di governo.

Alternanza appunto non “Accorduni” !

Purtroppo oggi tutto cambia perché nulla cambi!!!!!!!!!!!!!!!!

Governare a tutti i costi e soprattutto nello stato di necessità e di bisogno si potrebbe incorrere nel più grave errore che la Politica possa produrre : lo sfascio del paese, delle regioni, dei comuni. In parole semplici una pessima amministrazione di governo.

Come non mai ,oggi ,l’insegnamento di Aldo Moro è attuale ed oserei dire profetico. Ma quanti di noi cercano di identificarsi ,salvo che citarlo solamente ed impropriamente,nel pensiero politico di uno dei più grandi statisti che l’Italia abbia avuto? Quanti politici dirigono persuadendo oppure comandano affermando ,in modo marcato, la superiorità dell’intelligenza dell’uomo ? Dubito che ce ne siano tanti. Oggi prevale la “mediocrità “ a tutti i livelli:partendo da Roma e contagiando   la nostra cara amata terra di Calabria.

Allora sarebbe opportuno,sulla scia degli insegnamenti di un grande statista come Moro , intendere la politica come arte superiore ,capacità di unire forze eterogenee ,piuttosto che soffermarsi ad iniziative sterili e a misere creazioni .Sono certo che questo modello è impossibile da applicare in Italia ma ancor di più   nella nostra terra di Calabria, dove le forze politiche di governo regionali e comunali , così detti ” potentati “,sono insieme solo per vincere ,appropriarsi della cosa pubblica,gestirla famelicamente per i propri diretti interressi,senza nessuna remora , senza nessuna coscienza, con l’aggravante di   rallentare, se non bloccare   totalmente , ogni possibilità   di Crescita Civile e Democratica!

E’ questo il modo che Aldo Moro intendeva la Politica ? Giudicate Voi!

Per quel che mi riguarda posso affermare categoricamente NO.

Belmonte Calabro Li 16 Marzo 2015                                                  

                Dott. Giancarlo Pellegrino (già Consigliere Provinciale di Cosenza)

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