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L'agente della polizia penitenziaria, accusato di violenze, si è suicidato questa mattina

  L’agente della polizia penitenziaria di Cassino, accusato di aver abusato della figlia 14enne per mesi, si è suicidato impiccandosi questa mattina.

Il Gip del Tribunale di Cassino, aveva allontanato l’uomo dalla casa dopo la rivelazione della figlia in un tema a scuola.

L’uomo aveva 54 anni. In attesa dell’incidente probatorio a febbraio si trovava in un paesino vicino Cassino ed era controllato con il braccialetto elettronico.

La madre della 14enne, convocata dalla dirigente scolastica avvertita dalla docente di italiano, aveva sporto denuncia.

Alla polizia aveva anche riferito di essere venuta a conoscenza degli abusi sessuali subiti dalla figlia solo dopo aver letto il tema, dove la ragazza racconta che le violenze avvenivano “ogni volta che rimanevamo io e lui soli”.

“Non restare sola con papà”, aveva detto di averle raccomandato, secondo quanto si legge nell’ordinanza del Gip.

La donna aveva anche raccontato di un episodio simile accaduto alla sua prima figlia, ora ventottenne, precisando “che in quell’occasione il marito le aveva promesso che non si sarebbero più verificati fatti analoghi”

Ennesima ed incomprensibile tragedia nell'Arma dei carabinieri.

 

Stamattina Granata Giuseppe (Brigadiere), classe 63, originario di Villaricca, in servizio presso il nucleo investigativo di Napoli, si è suicidato mentre era nella sua auto sparandosi un colpo di pistola e decedendo poco dopo.

 

Non è chiaro nemmeno il perché si sarebbe suicidato davanti la caserma dei carabinieri di Battipaglia dove non sembra presti servizio.

 

Granata negli anni ottanta ha prestato servizio ad Amantea dove ha lasciato un ottimo ricordo di sé come persona e come carabiniere.

 

Era sposato ed aveva due figli di 25 e 26 anni.

La moglie con i figli abitano ad Amantea (CS).

 

In corso accertamenti volti a comprendere le motivazioni del gesto.

Venerdì 16 Dicembre 2016, 16.12

Pubblicato in Campora San Giovanni

Bara SuicidaSuicidio a Rende. Asfissiato da debiti e problemi economici. Sarebbe questo il motivo che ha spinto un imprenditore cinquantenne di Rende, proprietario di un negozio a Roges, a suicidarsi nella sua attività commerciale.

 

Il corpo senza vita dell’uomo, molto noto nell’area urbana, è stato scoperto stamattina intorno alle 7.30. Sul posto sono intervenuti il medico legale che ha constatato il decesso e i Carabinieri della compagnia di Rende per i rilievi di rito.

 

Secondo quanto appreso, l’uomo sarebbe stato oberato da debiti con banche ed enti di riscossione che lo avrebbe stretto in una morsa fatale senza ritorno, la stessa che pressa molte imprese e famiglie a pagare debiti talvolta inesigibili.

 

Non riuscendo a vedere luce in fondo al tunnel per mantenere in vita la sua azienda, l’imprenditore ha deciso di porre fine alla sua esistenza.

Pubblicato in Cosenza

Lamezia Terme – Un sessantenne, F.R., si è tolto la vita ieri mattina con un colpo di pistola nella sua abitazione.

 

 Ancora non si conosce l’esatta dinamica dell’accaduto.

Sul posto sono intervenuti un’ambulanza e i carabinieri per effettuare i rilievi.

Si attendono adesso i risultati della scientifica mentre proseguono le indagini degli agenti dell'Arma, guidati dal comandante Fabio Vincelli.

 

Quello che csi sa, invece, è che F.R. era stato licenziato dalla Regione Calabria, di cui era stato un dipendente, dopo essere stato coinvolto in un’inchiesta per assenteismo nel 2014.

A dicembre scorso era stato condannato, insieme ad altri tre colleghi, dal gup del Tribunale di Catanzaro.

 

Il giudice aveva condannato i quattro a pene dai 10 ai 12 mesi, per le accuse di truffa ai danni dello Stato e falsità nell'utilizzazione del badge.

I quattro erano accusati di passare il badge per far rilevare la presenza in ufficio e di assentarsi poi dal posto di lavoro.

Il giudice aveva concesso la sospensione della pena per i quattro imputati che avevano scelto di essere giudicati con rito abbreviato.

 

L’uomo, poi, era stato licenziato.

 

Pubblicato in Lamezia Terme

L'ex gip del Tribunale di Palmi, Giancarlo Giusti, si è tolto la vita.

Il giudice si è impiccato nella sua abitazione di Montepaone, il centro del Catanzarese dove viveva da alcuni mesi.

Il giudice era ai domiciliari dopo essere stato coinvolto in due inchieste delle Dda di Milano e Catanzaro su suoi presunti rapporti con esponenti della 'ndrangheta.

Sul posto sono intervenuti i carabinieri per ricostruire l'esatta dinamica dell'accaduto.

Giusti, dal 2001 giudice delle esecuzioni immobiliari a Reggio Calabria e poi dal 2010 gip a Palmi, era stato arrestato per corruzione aggravata dalle finalità mafiose il 28 marzo 2012 nell'ambito di una inchiesta della Dda di Milano sulla presunta cosca dei Valle-Lampada e, in particolare, in un filone relativo alla cosiddetta «zona grigia».

La Dda di Milano gli ha contestato di essere sostanzialmente a «libro paga» della 'ndrangheta.

In particolare, i Lampada, sempre secondo l'accusa, non solo gli avrebbero offerto «affari», ma avrebbero anche appagato quella che il gip di Milano, nell'ordinanza di custodia cautelare, aveva definito una vera e propria «ossessione per il sesso», facendogli trovare prostitute in alberghi di lusso milanesi.

Il giudice, era stato condannato dal gup di Milano il 27 settembre 2012 e il giorno successivo aveva tentato il suicidio nel carcere milanese di Opera in cui era detenuto.

Soccorso dalla polizia penitenziaria, era stato poi ricoverato in ospedale in prognosi riservata. Successivamente aveva ottenuto gli arresti domiciliari.

Giusti era stato sospeso dal Csm.

Nel novembre 2011 era stato arrestato con l'accusa di corruzione, rivelazione del segreto d'ufficio e favoreggiamento aggravato per aver agevolato le attività del clan Valle-Lampada, e poi condannato in primo grado. Sempre secondo l’accusa, da presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, Giglio avrebbe “incontrato più volte Giulio Lampada” al quale, attraverso l’ex consigliere regionale Morelli, avrebbe fornito “notizie riservate su indagini in corso”

Nel febbraio 2014, invece Giusti fu coinvolto nell’operazione “Abbraccio” e finì ai domiciliari.

Dalle indagini dirette dal procuratore distrettuale della Procura di Catanzaro, da Vincenzo Luberto, sarebbe emerso il magistrato aveva disposto, in cambio di denaro, la scarcerazione di alcuni esponenti di spicco della potente cosca di 'ndrangheta dei Bellocco.

L'accusa si riferiva alla sua qualità di componente del collegio del Tribunale del Riesame di Reggio Calabria in occasione di un'udienza del 27 agosto 2009.

Pubblicato in Italia

L'azienda, in pochi anni era passata da 300 ad appena 110 dipendenti (la stragrande maggioranza dei quali oggi in cassa integrazione) e proprio pochi giorni fa, il 9 gennaio, aveva presentato richiesta di concordato.

La azienda   era specializzata nella produzione di libri particolarmente prestigiosi (edizioni limitate anche da 2.500 euro a copia), ma da tempo versava in condizioni particolarmente difficili.

La crisi ma anche qualche imprevisto, tra cui una liquidazione particolarmente dispendiosa di alcuni soci un paio di anni fa, sembravano infatti non lasciare molte alternative.

Non usa mezzi termini Mario Grillo, amministratore unico della Zanardi Editoriale di Padova, quando dice che la azienda aveva :«Una montagna di debiti che hanno fatto emergere anche degli errori di gestione. Ormai il rischio di dover chiudere era diventato veramente alto».

Una montagna di debiti che ha stritolato Giorgio Zanardi, 74anni, titolare e fondatore dell'azienda assieme al fratello Rodolfo.

Zanardi   è stato trovato giovedì mattina con una corda legata al collo, dentro la sua azienda, poco lontano dal suo ufficio.

Sul tavolo un biglietto che parlava di ragioni economico-finanziarie all'ordine del suo gesto.

Giorgio Zanardi lascia una moglie e due figlie, entrambe dipendenti dell'azienda di famiglia ed entrambe in cassa integrazione.

A trovare il 74enne privo di vita è stato questa mattina il capo reparto. Sul posto sono immediatamente intervenuti i sanitari del Suem, i carabinieri di Padova e i vigli del fuoco. Purtroppo per l'uomo non c'è stato nulla da fare.

Nei biglietti lasciati prima del suicidio dall'imprenditore, compaiono alcuni messaggi inequivocabili sui problemi finanziari dell'azienda e su alcuni problemi di salute.

In lacrime i dipendenti dell'azienda, quegli stessi che mesi addietro avevano accettato di non percepire lo stipendio pur di permettere il pagamento dei fornitori, e quindi la sopravvivenza dell'impresa.

Pubblicato in Italia
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